Guido Rossi e’ un giurista di fama ed esponente di primo piano di quella tradizione italiana di managers e banchieri di raffinata cultura umanistica. Guido Rossi rappresenta anche da anni una coscienza critica della finanza italiana, chiamato ad operare in situazioni difficili, quando fanno premio professionalita’ e indipendenza di giudizio, da Montedison a Telecom, fino alla Federazione Italiana Gioco Calcio.
Il suo ultimo libro, Perche’ filosofia, Editrice San Raffaele 2008, raccoglie una serie di lezioni universitarie alla Universita’ Vita-Salute San Raffaele e alla Bocconi. Con passione intellettuale e civile le lezioni costituiscono una critica all’economia, intesa sia come disciplina accademica e visione del mondo che come ordine economico e organizzazione istituzionale dei mercati. (Tale critica e’ compito proprio alla filosofia, secondo Guido Rossi, da cui il titolo). Il libro e’ scritto in un bell’italiano elegante. Le argomentazioni sono accompagnate da moltissime citazioni colte e spesso anche da interessanti esempi tratti dalla pratica del diritto societario nel mondo italiano e anglosassone.
Ne risulta un libro che scorre agilmente ma dall’impianto analitico difficile da identificare, nascosto dallo stile letterario coinvolgente. A costo di un rigido schematismo, utile pero’ a comprendere il libro, a me pare che l’analisi di Guido Rossi sia riassumibile in una componente distruttiva e una costruttiva. La parte distruttiva e’ a sua volta composta da una critica dell’economia politica come disciplina che propone una giustificazione intellettuale dell’ordine economico contemporaneo; e da una critica dell’ordine economico contemporaneo stesso, visto come fase finale, auto-distruttiva, del capitalismo.La parte costruttiva dell’analisi di Guido Rossi vede invece nell’unione europea la capacita’ di sviluppo delle culture dei diritti e la possibilita’ di attuazione delle politiche di regolamentazione dei mercati necessarie al fine di governare l’ordine economico contemporaneo.
Provero’ di seguito a smontare e ricostruire tale impianto analitico, ad uso del lettore. Nella prefazione il libro e’ metaforicamente rappresentato come un “bel sasso in piccionaia”. Come economista, i miei commenti rappresentano quindi la reazione di un piccione, colpito dal sasso.
L’economia politica nella visione del libro e’ null’altro che l’affermazione dell’efficienza dei mercati, che Guido Rossi sembra considera un “imbroglio” intellettuale. L’affermazione dell’efficienza dei mercati e’ uno dei risultati fondamentali della teoria economica. Nella sua formulazione matematica corrente questo risultato e’ chiamato Primo Teorema del Benessere. Il vantaggio della sua formulazione matematica e’ la chiarezza e la precisione: il concetto di efficienza e’ definito con precisione, cosi’ come lo sono le ipotesi necessarie del teorema. L’efficienza dei mercati segue quindi necessariamente, logicamente, dalle ipotesi stesse. Il teorema e’ importante perche’ isola la caratteristica fondamentale del funzionamento dei mercati, l’efficienza. Il teorema e’ importante pero’ anche in senso negativo, perche’ evidenzia quanto il concetto di efficienza adottato sia debole (societa’ la cui ricchezza sia distribuita in modo sommamente ineguale possono essere efficienti nel senso del teorema). Ma soprattutto il teorema identifica sotto quali condizioni i mercati non siano affatto efficienti. Queste condizioni includono il potere di mercato delle imprese, mercati finanziari incompleti, asimmetrie informative, limiti alla razionalita’ degli individui, beni pubblici, e cosi’ via. L’economia politica come disciplina accademica da decenni studia queste condizioni da un punto di vista sia positivo che normativo, sia teorico che empirico. In questo senso, assogettare l’economia, ed in particolare l’analisi economica del diritto, alla
legittimazione del “dio mercato”, dell’efficienza e del rapporto costi/benefici, in cui il mercato e’ dio soltanto perche’ efficiente
appare certamente incorretto.
Una attenta analisi delle assunzioni che implicano l’efficienza dei mercati potrebbe costituire una fondazione concettuale efficace e coerente per la critica dell’ordine economico contemporaneo, la seconda componente della parte distruttiva dell’impianto analitico del libro. Pur senza il supporto di tale impianto concettuale, pero’, il libro contiene una analisi acuta del funzionamento mercati finanziari globali e degli effetti pervasivi delle asimmetrie informative tra operatori e investitori. Particolarmente interessante e’ la disamina del concetto di privacy, condotta dal punto di vista giuridico e al contempo dal punto di vista dellafinanza d’impresa. Ma anche l’analisi della “overcriminalization” del diritto commerciale nei paesi anglosassoni, di cui i recenti arresti a Wall Street sono esempio, e’ piena di spunti sottili e stimolanti. Nella sua analisi critica dell’ordine economico il libro utilizza anche ampiamente il concetto di “supercapitalismo” di Robert Reich. A me questa pare la parte piu’ debole dell’impianto critico per due ragioni fondamentali. La prima e’ che un concetto come questo rimanda necessariamente a forme di storicismo nell’analisi dei fenomeni socio-economici che hanno da tempo dimostrato limiti analitici evidenti: i corsi e ricorsi storici, le fasi dello sviluppo del capitalismo, fino alla caduta tendenziale del saggio di profitto e alla corda che i capitalisti venderanno a chi li appendera’. La seconda ragione di debolezza del concetto di supercapitalismo e’ il suo fondamento nella divisione “schizofrenica” della persona umana in “consumatore/investitore” da una parte e in“cittadino” dall’altra. Questa divisione porta necessariamente (direi, per definizione) a forme di paternalismo intelletualmente pericolose. Dalla considerazione del consumatore/investitore come parte meno nobile della persona e soggetta a forme di controllo e falsificazione della coscienza tende a conseguire infatti la negazione illiberale delle scelte di coloro che vogliono “acquistare ogni oggetto a sempre minor prezzo”.
La parte costruttiva del libro di Guido Rossi e’ meno sviluppata di quella distruttiva, forse perche’ riprende argomenti e proposte contenuti nel suo bel libro precedente, Il mercato d’azzardo, Adelphi 2008. Ma il punto e’ chiaro. Mercati finanziari globali, innovazioni negli strumenti di finanza pubblica,e forme di corporate governance che eludono il controllo societario da parte della maggioranza degli azionisti richiedono forme di regolamentazione piu’ efficaci. A questo proposito Guido Rossi argomenta lucidamente e convincentemente a favore di una autorita’ europea di controllo e di regolamentazione della finanza “con precisi poteri di tutela degli investitori”.
In conclusione, Perche’ filosofia e’ lettura affascinante. Se ad un economista l’impianto critico non appare sufficientemente solido, raramente l’economia e il diritto dimostrano una tale passione civile e raffinatezza intellettuale.
Ho letto anche io il libro di Rossi, me l'ha regalato
mio suocero. Avevo buttato giù delle note per una recensione: il libro rispecchia molto bene la cultura di una certa elite italiana. Erano parecchie note perché (nella sua brevità: poco più di 100 pagine, ma sembrano 400) il libro è denso di
affermazioni che meritano di essere sottolineate. Alberto mi ha preceduto
con il suo commento, il che mi stimola a completare il
mio. Ci pensiamo la settimana prossima.
La sintesi della mia opinione è, comunque, qui anticipata: "Trattasi di una cagata
pazzesca", ma rivelatrice.