Pochi giorni addietro, la stampa ha dato un certo risalto alla presentazione dello studio del sistema aeroportuale italiano ad opera della European House Ambrosetti. Con ogni probabilità, l'evento ha destato un'attenzione particolare perché il ministro dello sviluppo economico Corrado Passera ha dichiarato di condividere la proposta principale dello studio, ovvero l'idea che il governo si adoperi per la valorizzazione dell'aeroporto di Malpensa attraverso la limitazione delle attività dello scalo di Linate. Si noti che il dicastero diretto dallo stesso Passera sta ultimando la preparazione del nuovo piano aeroporti, il documento che fornirà le linee guida per lo sviluppo del sistema aeroportuale italiano nei prossimi decenni.
Nota al margine: chiunque abbia voglia di consultare il documento scoprirà ( si veda pagina 112 ) che lo studio e' stato confezionato in collaborazione con la SEA stessa e si è avvalso dei contributi del suo presidente, di esponenti di due tra i suoi principali azionisti, vale a dire il fondo F2i e il Comune di Milano, nonché di due dirigenti della direzione generale del trasporto aereo presso il ministero guidato da Passera. Pare lecito sospettare che lo studio sia stato commissionato da SEA e sia stato sottoposto all'approvazione preventiva del ministro.
A seguito del decreto Burlando, che nell'autunno 1998 ordinò il trasferimento della maggior parte dei voli da Linate a Malpensa, i passeggeri in transito su quest'ultimo aeroporto raggiunsero già nell'anno 2000 i venti milioni circa, mentre nello stesso anno il traffico sullo scalo cittadino fu di poco più di 6 milioni, con un decremento del 60% rispetto al 1997. Nello stesso anno 2000, il decreto Bersani rivoluzionò i criteri per l'utilizzo di Linate, aumentando decisamente le possibilità di accesso alle compagnie. Che le stesse abbiano approfittato di queste nuove possibilità è testimoniato dall'andamento del traffico su Linate negli anni successivi: un pressoché costante aumento, fino a superare i 9 milioni di passeggeri nel 2011. Nel corso dello stesso anno, Malpensa ha registrato poco più di 19 millioni di passeggeri, un dato inferiore rispetto a quello dell'anno 2000.
La diagnosi dello studio è che Linate stia cannibalizzando Malpensa, ovvero che il mancato sviluppo del traffico su Malpensa dipenda principalmente dal perdurante successo di Linate. La terapia proposta è che il governo si adoperi per via amministrativa a limitare nuovamente l'attività di Linate, così come fece con successo circa 14 anni fa. La tesi di questo pezzo è che tale terapia sortirebbe effetti positivi unicamente per la SEA, la società a capitale misto pubblico-privato che gestisce entrambi gli aeroporti milanesi. I consumatori (viaggiatori), al contrario, ne sarebbero gravemente danneggiati.
Le domande da porsi sono: 1) è così ovvio che il mancato sviluppo di Malpensa si debba ascrivere al successo di Linate? 2) quale sarebbe l'impatto di una limitazione dell'accesso a Linate sul traffico aeroportuale italiano? 3) chi tra i vari stakeholders trarrebbe vantaggi da un simile intervento? 4) chi ne soffrirebbe?
Colpa di Linate? Non scherziamo. Il mancato sviluppo di Malpensa dipende principalmente dall'evoluzione del mercato aereo internazionale, in particolare per quanto concerne l'assetto proprietario e organizzativo del settore e da una serie di svantaggi competitivi che in parte erano noti prima che l'aeroporto venisse ampliato.
La speranza che Malpensa potesse diventare hub per una delle maggiori compagnie aeree è tramontata da tempo. L'altissimo livello di concentrazione del mercato aereo fa sì che oggigiorno in Europa vi siano solamente tre grandi compagnie, British Airways, Air France-KLM e Lufthansa, ciascuna delle quali ha il proprio aeroporto di riferimento. Le altre aerolinee, tra cui Alitalia, sono diventate compagnie regionali che servono pochissime destinazioni intercontinentali e convogliano traffico presso l'hub della compagnia major con cui sono associate.
Per una grande compagnia, la decisione di avere un aeroporto hub è dettata da considerazioni di efficienza. In altre parole, convogliare il traffico su di un aeroporto massimizza i profitti. Tra le caratteristiche che le compagnie desiderano quando scelgono il proprio hub, vi è il volume di traffico che l'area in cui l'aeroporto è localizzato può generare (esclusi i transiti). Con o senza Linate, il volume di traffico generabile da Malpensa non si avvicina neanche a quelli di Heathrow, Charles de Gaulle, o Francoforte.
Mentre lo studio condivide la visione secondo cui Malpensa non ha un futuro come hub di una compagnia, indica che lo scalo avrebbe una vocazione di hub multivettore. La congettura avanzata è che a patto di ottenere i voli a medio e corto raggio che ora gravitano su Linate, diverrebbe attraente per compagnie extraeuropee che operano nel lungo raggio. L'idea è fallace, perché tutti i grandi vettori extra-europei partecipano ad una delle tre grandi associazioni di aerolinee -- Skyteam, One World e Star Alliance -- e quindi alimentano gli hubs di Air France, British e Lufthansa, rispettivamente. Questi grandi vettori extraeuropei hanno interesse a volare in Italia unicamente se l'aeroporto di arrivo è appetibile come destinazione finale. Ecco perché ritengono vantaggioso volare su Fiumicino e non su Malpensa.
Il futuro di Malpensa non può che essere quello di un aeroporto regionale che funzioni da feeder per aeroporti maggiori e da destinazione finale per un numero di voli a medio e lungo raggio. Quanto sia grande questo numero, dipenderà in larga parte dallo sviluppo economico dell'area di riferimento e dal risultato della competizione con Linate e Orio al Serio.
Gli anni che hanno marcato la sconfitta di Malpensa e il pareggino di Linate sono stati anche gli anni delle goleade dello scalo bergamasco, il cui traffico passeggeri è salito da 590 mila nel 1998 e 1 milione e 240 mila nel 2000, a ben 8 milioni e 400 mila nel 2011. Perché negli anni del fallito sviluppo di Malpensa, Orio al Serio ha visto aumentare i propri passeggeri di circa 14 volte? Malpensa e Orio sono essenzialmente equidistanti da Milano. Una differenza fondamentale tra i due è che, come recita una brochure dell'aeroporto bergamasco, Orio è al centro della Lombardia. La Malpensa, no. Non solo, l'area raggiungibile da Orio in un'ora racchiude nove milioni di abitanti e 800 mila imprese, che producono più del 20% del PIL italiano.
La conclusione abbastanza ovvia che un osservatore indipendente dovrebbe trarre dai dati a disposizione è che, molto semplicemente, una moltitudine di viaggiatori preferiscono Orio e Linate a Malpensa. Chi suggerisce che in realtà ai milanesi piacerebbe viaggiare su Malpensa, ma il comportamento collusivo delle compagnie aeree non lo rende possibile, è in mala fede. Se ci fossero profitti da fare spostando voli da Orio a Malpensa, per esempio, EasyJet lo farebbe istantaneamente. Allo stesso tempo, non si capisce perché Alitalia non dovrebbe spostere i propri voli da Linate per Catania se così facendo prevedesse di aumentare i profitti. Lo stesso, per Aer Lingus e i suoi voli su Dublino.
Nessuno ha un'idea migliore del management di SEA circa gli svantaggi competitivi dello scalo di Malpensa. Non solo rispetto a Linate, ma anche rispetto ad Orio al Serio. Tant'è che nello studio Ambrosetti si legge che ''... dovrà poi essere posta la massima attenzione affinché un simile provvedimento [la limitazione dell'accesso a Linate] non possa essere ancora una volta aggirato attraverso un diverso utilizzo dello scalo di Bergamo (attualmente classificato dal Piano Nazionale degli Aeroporti come aeroporto low cost) da parte delle compagnie tradizionali che potrebbero progressivamente posizionare nuovi collegamenti da quello scalo verso i propri hub''.
Se si destinasse Linate unicamente alla navetta con Fiumicino, come suggerito dallo studio Ambrosetti, gli operatori esclusi si troverebbero a decidere se trasferire tutti i voli a Malpensa, trasferirne una parte, o abbandonare Milano. Sicuramente non aumenterebbero i voli, perché se convenisse loro l'avrebbero già fatto in passato (vista la capacità non sfruttata a Malpensa). Con ogni probabilità, solo una parte dei voli sarebbe trasferita. Inoltre -- vale la pena reiterarlo -- la speranza che lo spostamento dei voli causi un aumento dei voli intercontinentali da e per Malpensa è destinata ad essere delusa.
Non è chiaro se l'incremento del traffico sul Linate-Fiumicino che si registrerebbe sarebbe maggiore del traffico sulle altre destinazioni che l'area milanese perderebbe a causa del trasferimento. Visto che la proposta di limitare l'accesso a Linate viene dalla SEA, bisogna desumere che l'azienda stimi di incrementare i propri profitti.
Quali le conseguenze per i viaggiatori e per le compagnie aeree (e quindi i loro azionisti)? È ovvio che tutti i viaggiatori che ora utilizzano Linate, a esclusione di quelli che viaggiano su Fiumicino, trarranno un danno dalla proposta dello studio Ambrosetti. Per quanto riguarda le compagnie, occorre premettere che dalla famigerata semi-privatizzazione ad ora, Alitalia ha goduto di un monopolio ex-legis sulla tratta Linate-Fiumicino, ma la situazione dovrebbe cambiare a breve. Ragioniamo dunque considerando come status quo lo scenario futuro più probabile, quello in cui non vi sarà monopolio. Sicuramente vi saranno aerolinee tuttora operanti a Linate che non avranno interesse (o gli slot adatti) a servire la tratta per Fiumicino. I loro profitti ne verranno a soffrire. Altre tra le compagnie già operanti a Linate utilizzeranno tutti i loro slot per servire Fiumicino. Per queste nulla cambierà, perché in assenza di monopolio Alitalia già lo potrebbero fare. Infine vi saranno compagnie che vorrebbero servire la rotta per Fiumicino, ma ora ne sono escluse. Per queste, la proposta sortirà dei guadagni.
In conclusione, l'idea avanzata dallo studio Ambrosetti e sottoscritta dal ministro Passera è veramente pessima. Andrebbe a danneggiare la maggior parte dei viaggiatori che utilizxano Linate, per portare vantaggi principalmente alla SEA.
Condivido con lo studio che l'assegnazione degli slot a Linate è subottimale. Contrariamente a quanto sostenuto dallo studio stesso, il problema non è l'assenza di regolamentazione, bensì un eccesso. Infatti l'assegnazione attuale è il risultato di grand-father rules (chi aveva gli slot se li è tenuti) e decreti governativi. La maniera efficiente di assegnare gli slot sarebbe attraverso aste competitive, in cui le compagnie aeree presentano offerte (di denaro, ovviamente) per ogni singlo slot.
Come si inscrive la proposta nel quadro del possibile sviluppo futuro del traffico point to point?