Nessuno ne parla, come se non si vedesse. Nemmeno la Costituzione ne parla. Ma un vizio della democrazia italiana è come la trave nell’occhio.
Quando si sente parlare del sistema istituzionale italiano, si sente dire che è fondato su tre componenti indipendenti: parlamento, governo e magistratura. Questa è la grande bufala: parlamento e governo non sono indipendenti. E non faccio riferimento a quell’istituto stranissimo e tutto italiano che è il decreto legge. Passi. Mi riferisco al fatto che circa un centinaio di membri del governo - tra ministri e sottosegretari – sono anche membri del parlamento e, quando lo ritengono utile, vanno a votare leggi, fiducia, e autorizzazioni a procedere.
Su circa 950 membri del parlamento, dunque, un centinaio fa parte del governo, più del 10 percento. Questo discorso è rilevante nel momento che le maggioranze sono risicate, come è successo quasi sempre e in particolare negli ultimi due mesi.
Nei paesi cosidetti democratici che conosco (e sono pochi), quando un membro del parlamento viene chiamato al governo si deve dimettere e al suo posto subentra un’altra persona. Ma non in Italia. Probabilmente si dirà che con la presente porcata di legge elettorale non farebbe differenza, ma non è questo il punto. La legge elettorale si potrebbe cambiare. Rimane il fatto che dal dopoguerra nessun partito abbia posto il problema ritenendo, probabilmente, che questo sistema sarebbe stato di tornaconto un giorno o l’altro.
Il cumulo delle cariche – altro esiziale costume del sistema italiano – sembra essere il corollario (o la metastasi) di questo cancro istituzionale voluto e mantenuto da tutte le forze politiche.
E' davvero un passo indietro che il parlamento, che è nato come controllore dell'esecutivo, esprima il governo dall'interno della sua maggioranza. E' ovvio che dovrebbero essere due corpi il più possibile separati e anche eletti separatamente.
Sembra un po' come il governo dei professori nell'Università.