Buon anno a Papa Francesco

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Che questo Papa che tutti dicono rivoluzionario porti un po' di logica economica al pensiero della Chiesa. 

Sento solo parlar bene di Papa Francesco, anche da alcuni che so fortemente anti-clericali. Io sono sempre dubbioso di questi tempi e su questi temi, ma non è certo di questo che voglio parlare che non importa a nessuno. Sperando di avere torto, offro modestamente un piccoliissimo contributo alla rivoluzione di Papa Francesco, senza nemmeno aspirare ad una telefonata (battutaccia pure vecchia, lo so, non ho resistito). 

Visto che apparentemente il Papa si accinge a ripulire lo Ior, opera grandemente meritoria, perché non ripulire anche il pensiero della Chiesa dalle incrostazioni retoriche di secoli? A questo proposito, si discute molto in questi giorni del fatto che l'enciclica Evangelii Gaudium contenga affermazioni discutibili, tipo che  l'impoverimento di tanta gente in tutto il mondo sia il risultato di "un'ideologia che difende l'assoluta autonomia del mercato e della speculazione finanziaria". Vari hanno in un modo o nell'altro, direttamente o indirettamente, criticato l'enciclica per questo, dal Financial Times al Sole24Ore (l'articolo di Carlo Stagnaro non ha l'enciclica a riferimento esplicito, ma potrebbe averla).

Io non aspiro a tanto. Vorrei discutere invece solo di una di quelle incrostazioni. Intanto perché mi sta a cuore e poi perché mi pare sia abbastanza centrale. In particolare, ho sentito il Papa riprendere recentemente un'argomentazione di questo tipo (parole mie): 

 

c'è abbastanza cibo per tutti sulla terra e quindi nessuno dovrebbe aver fame.  

 

Ovviamente questa è argomentazione abbastanza comune, da parte di questo Papa, di altri prima di lui, così come da parte di molti altri alti prelati, pensatori comunisti e non, e tante altre persone di buona volontà. 

L'argomentazione, nella mia interpretazione (ripeto le parole sono mie, ma cerco di rappresentarla correttamente), consiste in due affermazioni, i) c'è abbastanza cibo per tutti sulla terra  e ii) nessuno dovrebbe aver fame, legate in un rapporto di causa-effetto dal quindi. La prima è una affermazione fattuale e la seconda una aspirazione morale. Entrambe le affermazioni sono corrette. Riguardo alla prima, la Fao stima che nel mondo oggi si producano almeno 2,720 kilocalorie (kcal) per persona al giorno, ma che circa 870 milioni di persona vivano in situazione di malnutrizione cronica. Naturalmente le stime sono discutibili (e io non sono un esperto), ma non ho ragione di pensare che non rappresentino una ragionevole approssimazione. Oltretutto se la produzione agricola fosse organizzata in modo da massimizzare le calorie invece che i profitti si potrebbe senza dubbio produrne molte di più di calorie allo stato presente della tecnologia. Il sistema più semplice di aumentare la produzione di calorie è diventare tutti vegetariani: la produzione di una caloria di carne richiede da 4 a 8 calorie di cereali per nutrire la bestia, ma i consumatori vogliono carne, non (solo) pasta o pane o tortillas. Riguardo alla seconda affermazione, non conosco nessuno in disaccordo con l'obiettivo di eliminare la fame nel mondo... e sì che di amici tra i peggiori turbo-liberisti ne ho tanti.

Se entrambe le affermazioni sono corrette, tutta la questione sta nel quindi. Implicitamente, con quel quindi, si argomenta che la fame sia il risultato della distribuzione ineguale del cibo, del fatto che molti hanno accesso a più calorie di quante non siano loro necessarie per vivere. Anche questo è vero, cioé è vero che molti hanno accesso a più calorie di quante non siano loro necessarie per vivere: semplice implicazione aritmetica dell'esistenza di cibo sufficiente e allo stesso tempo di molte persone malnutrite. Ma ciò non significa che la fame sia il risultato della distribuzione ineguale del cibo.

È qui che entra in gioco la logica economica. L'aritmetica implica solo che a parità di produzione mondiale di cibo il problema è un problema di distribuzione. Ma la produzione di cibo e la distribuzione non sono indipendenti l'una dall'altra.  È possibile che l'effetto di richiedere una più equa distribuzione sia quello di ridurne la produzione. Questa semplice e ovvia possibilità rende il quindi è semplicemente errato: l'argomentazione così come l'ho presentata è un non sequitur logico. (I nostri lettori più fedeli riconosceranno nell'argomentazione dei tratti del modello superfisso).  

In realtà la situazione è anche un po' più grave, nel senso che non solo l'argomentazione è errata logicamente, ma l'analisi economica tende a suggerirci che il fatto che la redistribuzione possa portare ad una diminuzione della produzione sia più di una semplice possibilità logica, che possa avverarsi con alta probabilità. Innanzitutto, la produzione agricola oggi (e le innovazioni tecnologiche passate che l'hanno resa possibile) è essenzialmente il frutto di un sistema di mercato, per quanto molto regolato. Nei paesi avanzati, ed in particolare nell'Unione Europea, la regolazione è soprattutto a favore dei produttori, in quelli più arretrati a favore dei consumatori urbani a danno dei produttori - i contadini poveri. Ma se la produzione agricola segue la logica del profitto, si produce per chi ha risorse e non per chi non ne ha. Redistribuire significa produrre per chi non ha risorse, la domanda (pagante) crolla e lo stesso fa l'offerta. Certo, in principio si potrebbe lasciare la produzione agricola e la distribuzione delle risorse in mano a meccanismi non di mercato. Ma gli esperimenti sociali in questa direzione hanno avuto effetti catastrofici; mi riferisco alle carestie che i piani di ispirazione comunista hanno generato. Non sto facendo un discorso ideologico, né sto semplicemente estrapolando da alcuni pur notevoli avvenimenti storici: ci sono ragioni serie di analisi economica per cui questi piani non hanno funzionato, in generale, e hanno occasionalmente generato drammatiche carestie, appunto: dalla questione della dispersione dell'informazione a quella della carenza di incentivi per i produttori. Non sono ordini di problemi questi che si risolvano con buona volontà ed elevate aspirazioni morali. Purtroppo: la storia e l'analisi economica ci insegnano che la pianificazione centralizzata della produzione agricola porterebbe con elevata probabilità ad una notevole diminuzione della produzione totale di cibo ed a una maggiore diseguaglianza nella sua distribuzione. 

In buona sostanza, le calorie sono 'sufficienti' grazie alla crescita della produzione che negli ultimi 70-80 anni riflette quasi solo il progresso tecnico. La fame si sconfigge con sistemi economici che continuino questo progresso, non (solo, ne' in misura rilevante) redistribuendo una fissa quantita' di cibo, che fissa non e'.  Tutto questo non significa che l'aspirazione a eradicare la fame del mondo tale debba rimanere, un'aspirazione etica, e nulla possa essere fatto. Assolutamente no. Innanzitutto potrebbe anche essere che la riduzione della produzione agricola dovuta alla redistribuzione non sia quantitativamente così rilevante da lasciare una parte della popolazione mondiale senza calorie sufficienti ad una appropriata nutrizione (come dicevo, mi pare poco probabile che questo avvenga a seguito di una pianificazione centralizzata della produzione). Ma soprattutto, e questo è molto importante, ho implicitamente assunto che la redistribuzione del cibo avvenga ex-post, dopo che esso sia stato prodotto (perché così è costruito l'argomento che sto discutendo) ma vi sono altre forme di redistribuzione che in alcune condizioni possono addirittura aumentare anziché diminuire la produzione agricole. Mi riferisco soprattutto alla redistribuzione della terra coltivabile. La dimensione ottimale, dal punto di vista dell'efficienza produttiva, delle industrie agrarie cambia col tempo, la geografia, il bene che si produce. La eliminazione dei latifondi in molte epoche storiche e luoghi geografici è stato un meccanismo estremamente positivo, che ha generato capacità produttiva assieme a maggiore eguaglianza. Ma Giovanni Federico, che e' un esperto (vedi il libro citato sotto) mi fa notare che il caso più clamoroso di inefficienza delle grandi aziende non sono i latifondi nelle società capitalistiche, ma le aziende collettive nei regimi socialisti. Nel 1979  Deng Xiao-Ping ha dato la terra in affitto di lunga scadenza ai contadini cinesi (household responsability system) e la produttivita' totale dei fattori  in agricoltura è cresciuta del 3-8% all'anno per dieci anni. Alcuni lavori di Abjiit Banerjee Lakshmi Iyer (questo, ad esempio) mi pare suggeriscano che in alcune parti dell'India la riforma agraria dopo la colonizzazione. abbia avuto effetti positivi di notevole entita'. 

Concludo con tre punti. Il primo consiste nel ribadire che si può e si deve far meglio e di più per ridurre la fame nel mondo, assolutamente. Però questo è lavoro duro e faticoso. Non è solo lavoro duro e faticoso sul campo, lavoro che missioni religiose e organizzazioni non-governative fanno tutti i giorni, e di cui io so poco o nulla. Ma è anche, nel nostro piccolo di minuscoli economisti, lavoro intellettuale duro e faticoso. Semplificare per mezzo di argomentazioni come quella qui discussa, ridurre il tutto ad una questione re-distributiva è semplicistico. Forse è retoricamente efficace ma certo è dannoso perché distoglie dalle questioni vere, che sono spesso questioni molto micro-economiche, di incentivi e rapporti sociali ed economici. La questione degli effetti economici e sociali degli aiuti allo sviluppo, che sono spesso negativi (generano dipendenza, agguerrite lobby di potere e relative guerre, accentramento della ricchezza in chi ha accesso agli aiuti stessi, eccetera eccetera) è fondamentale, e non deve essere persa di vista. Altre questioni riguardano lo spreco delle risorse. Dice Giovanni Federico che molte calorie sono sprecate in un sistema di conservazione e distribuzione dei prodotti inefficiente. Nei paesi in via di sviluppo le maggiori cause di spreco di calorie sono i roditori e gli altri animali e la difettosa conservazione dei prodotti deperibili. Nei paesi avanzati le calorie sono sprecate perchè i prodotti sono scartati prima della vendita in quanto non perfetti, per esempio frutta e verdura, o sono buttati nella spazzatura dai consumatori o dai negozianti (tutti i prodotti vicino o dopo la scadenza).

Queste sono questioni che gli economisti dello sviluppo conoscono bene ed affrontano con un certo successo, sia da un punto di vista teorico che empirico. Ma sono questioni difficili, ribadisco, da non banalizzare in pure questioni redistributive. A livello macroeconomico, poi, andrebbe fatta una riflessione sul ruolo della regolamentazione del settore agricolo nei paesi ricchi (Unione Europea ed USA in primis) e a quali logiche sia sottoposta (non certo a quelle del benessere dei consumatori locali e dei paesi poveri)

Il secondo punto è che, contrariamente all'opinione generalizzata, ci sono molte ragioni per essere ottimisti riguardo alla fame nel mondo. Alcuni dati a proposito (i dati sono elaborazioni da dati Ocse da parte di Francois Bourguignon, ex-direttore del centro studi della Banca Mondiale ed economista eccellente; si veda sotto per la citazione del libro): 1) se il rapporto tra il il reddito 10% più ricco della popolazione al mondo e il 10% piu povero si è moltiplicato per 3 dal 1820 al 1980, esso dal 1989 ad oggi è sceso al livello degl 1900 (essenzialmente lo stesso risultato si ha se si usa il coefficiente di Gini sui redditi come misura della diseguaglianza mondiale); 2) la percentuale di poveri estremi (definiti come persone il cui reddito giornaliero è inferiore al potere d'acquisto di 1 dollaro nel 1900) è passata dal 70% della popolazione mondiale nel 1900 al 20% oggi; 3) a causa dell'aumento della popolazione il numero di poveri estremi è rimasto essenzialmente invariato in termini assoluti dal 1900 al 1989, ma è sceso di mezzo milione di individui, per la prima volta dalla rivoluzione industriale dal 1990 ad oggi. Ovvio che tutto questo è in larga parte dovuto alla crescita di India e Cina e alle relative condizioni economiche favorevoli dell'America Latina (Brasile soprattutto); ma anche l'Africa sembra iniziare a muoversi nella giusta direzione. Tutto questo naturalmente (naturalmente per chiunque guardi le cose senza paraocchi ideologici) è avvenuto mentre la distribuzione del reddito in India e in Cina è diventata (secondo alcune metriche) più ineguale: la crescita in questi paesi ha portato aumenti del reddito per tutti (questo è ciò che ha diminuito la diseguaglianza a livello mondiale) anche se ha favorito enormemente un piccolo gruppo di nuovi ricchi (da qui l'aumento della diseguaglianza interna). 

Il terzo punto è che, come giustamente mi fa notare Giulio Zanella, il Papa ha in mente "le comunità cristiane dove, infatti, l'ideale è che non ci sono né ricchi né poveri
perché i primi danno ai secondi. Il Papa (questo Papa, specialmente) parla alle coscienze" e quindi non si pone il problema di come esportare l'ideale all'esistente. Credo di capire il punto. Ma le comunità cristiane essenzialmente non esistono, al di fuori delle esperienze monastiche, e non è un caso che sia così: mi sembra incontrovertibile che storicamente il successo economico sia stato associato in larga parte ad incentivi materiali. Il Papa giustamente si pone come obiettivo quello di cambiare la natura umana, ma non è chiaro che questo possa accadere, e in misura sostanziale (Marco Boninu ed Andrea Moro lo dubitano, in un post di qualche tempo fa a commento di un'enciclica del precedente papa). Quindi, l'analisi economica cui ho fatto riferimento in questo post (che si fonda sulla razionalità individuale associata a forme limitate di altruismo, essenzialmento a livello familiare) resta valida. 

Il lettore interessato ad una trattazione divulgativa delle maggiori questioni di economia dello sviluppo appena accennate in questo post è rimandato ai libri seguenti (in inglese e in francese, mi spiace):

That's all, folks. Buon anno a Papa Francesco e a tutti gli uomini e le donne di buona volonta'.  

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Commenti

Ci sono 58 commenti

Ottimo articolo (e grazie della citazione).

Sulla Cina segnalo questo straordinario contributo di Coase che, ancora una volta, ha dimostrato di avere occhi più lucidi lui a cent'anni che molti altri molto più giovani:

http://www.amazon.com/China-Became-Capitalist-Ronald-Coase/dp/1137351438

il vero collo di bottiglia per portare cibo agli affamati non e' la produzione, ma molto spesso la distribuzione e l'immagazinamento. In Africa ci sono territori immensi e fertili che non sono accessibili. Mancano impianti di refrigerazione nei porti e nei territori di produzione. In India il 40% della produzione agricola marcisce per questo motivo

http://articles.timesofindia.indiatimes.com/2013-01-10/india/36257227_1_wastage-india-wastes-tonnes

Al compagno Bergoglio 
va spiegato che per fare la farina anche il diavolo necessita di mulini e magazzini, che purtroppo non si costruiscono con le giaculatorie.

Interessante storia dall'India. Interessante anche che faccia meno clamore delle briciole di pane, ricordate?

Non sottovalueterei anche il dilemma del desco comune, cioè (per come ricordo di aver letto e capito) il fatto che alla crescita di prodizione agricola ha come effetto la crescita delle bocche da sfamare attorno al tavolo. In effetti la popolazione mondiale del 1900 era stimata a 1'650 milioni e dopo 111 anni abbiamo superato soglia 7 miliardi (il 31.10.2011).

Un simile aumento della popolazione (piu' che quadruplicata in circa un secolo) non è mai avvenuto in tutta la storia dell'umanità e come detto nell'articolo è dovuta alle metodologie produttive di tipo industriale applicate all'agricoltura ma anche alle scoperte della medicina (che ha debellato numerose malattie di tipo epidemico) e della biologia (prima gli ibridi F1 in agricoltura, ora gli OGM). 

Probabilmente sono ora gli OGM che potranno dare una risposta alle sfide del futuro (progressiva desertificazione e salinizzazione del terreno) dando la possibilità di produrre generi alimentari modificati che resistano ai climi equatoriali, sia come crescita sia come immagazzinamento.

Senza dover per forza passare come quello che "tifa contro" almeno le fesserie sugli OGM che sfamano il pianeta ce le potremmo risparmiare?

Gli OGM sono "mirati": possono essere creati per resistere a specifiche malattie oppure a prodotti creati dall'uomo, consentendo nelle stesse zone di coltura rese maggiori a parità di superfice coltivata.

Fine delle potenzialità della tecnica? No di certo ma non ci sono nè a breve ci saranno colture OGM che crescano nel deserto, è la stessa differenza che passa tra andare sulla Luna e pensare di farlo a piedi.

 

P.S.

Convincere il papa che il dio è il denaro merita davvero un plauso.

Ho forti dubbi sul fatto che "l'economia dello sviluppo" sia più reale dell'acqua che non bagna: i paesi sottosviluppati storicamente restano sottosviluppati anche quando il loro PIL cresce (che poi la ricchezza materiale sia premessa per lo sviluppo civile andrebbe dimostrato prima di spacciarla come regola).

"Se dovessimo descrivere due secoli e mezzo con una battuta diremmo, rubando le parole a David Friedman, che il capitalismo ha reso i ricchi più ricchi, e i poveri più ricchi."

...affinchè i ricchi diventino sempre più ricchi è condizione necessaria che anche i poveri siano più ricchi.

Con buona pace del battutista.

Solo una precisazione puntigliosa: il massimo di produzione di calorie non si ha con produzione zero di animali: ci sono terreni marginali che sono piu' efficienti se sfruttati come pascolo che non come campo (pensa a certe zone impervie e fredde di montagna), per non parlare di pesca, caccia ed apicultura.

Direi quasi vegetariani :)

meglio sfruttare i pascoli di montagna per vacche e bersi il latte che per carne. Vegetariani soft

Ridistribuzione non significa necessariamente produrre beni in economia programmata e distribuirli gratuitamente. Si può al contrario dare del denaro a chi è povero e lasciare la produzione e la distribuzione di beni e servizi a meccanismi di mercato.

Chi è povero generalmente ha idea di cosa gli serve più urgentemente e dove andarlo a comprare, quindi distribuire denaro è più efficiente che distribuire beni perché riduce la possibilità di errori di pianificazione e distorsione dei mercati.

Questa è l'idea alla base di organizzazioni caritatevoli private come GiveDirectly, o se vogliamo anche dei sussidi pubblici di disoccupazione/reddito minimo garantito dei paesi sviluppati. In linea di principio si potrebbero fornire sussidi al reddito dei poveri finanziati in modo istituzionale a livello internazionale.

Ovviamente c'è un problema di fondo: aiutare i poveri a non morire di fame può tendere ad accelerare la crescita della popolazione mondiale, potenzialmente fino al punto in cui non ci sarà cibo a sufficenza per tutti. Un programma di aiuti eticamente ragionevole non può, a mio avviso, prescindere da prendere misure contro la crescita indiscriminata della popolazione.

Oltre ad un livello di benessere al di sopra della soglia di sussistenza occorre garantire l'educazione, il rispetto della Rule of law, la presenza di un sistema di welfare affidabile, e l'accesso ai metodi contraccettivi, per fare in modo che le persone scelgano di loro volontà di limitare il numero dei figli.

Al limite, politiche "comuniste", come la politica del figlio unico, per quanto facciano storcere il naso anche a me, potrebbero essere soluzioni efficaci.

 

Chi è povero generalmente ha idea di cosa gli serve più urgentemente e dove andarlo a comprare, quindi distribuire denaro è più efficiente che ...

 

Non sono tanto sicuro. Credo che molto dipenda dal mercato locale. Se è asfitico (come possiamo immaginare in un posto in cui ci sono tanti poveri) o limitato a pochi operatori, anche questi ultimi sanno cosa serve piu' urgentemente a a quale prezzo venderlo e naturalmente possono avere idee di prezzo, come venditori, molto diverse da chi compra.

Mi pare che in passato già in questo blog si faceva notare che se fosse cosi' facile far partire (o ripartire) un 'economia buttandoci dentro tanti soldi, bastava provare a dare miliardi all'africa e vedere cosa sarebbe successo. Il risultato di tale abbondanza credo sia inflazione e corruzione. Sono pessimista?

 

Sign. NV per la sua idea di distribuire denaro ai poveri si dovrebbe tenere conto che alcuni di questi potrebbero decidere di utilizzare il denaro dato a loro ed ai loro figli per comprare qualcosa di diverso rispetto al cibo tipo alcol o qualche altra sostanza non esattamente utile alle loro famiglie.

 

Se si vuole evitare che i popoli poveri del mondo facciano figli come conigli ci sarebbe una soluzione che senza arrivare alla soluzione estrema della legge del figlio unico e senza aspettare decenni perché l'istruzione faccia il suo corso si potrebbe semplicemente pagare le donne che hanno già 2 figli perché prendano la pillola anticoncezionale.

 

Ad esempio si potrebbe agire così in una zona/nazione ad alta natalità si individuano tutte le donne che hanno già 2 o più figli, dopo averle informate di tutti i rischi del farmaco, gli si offre 1 o 2 dollari al giorno in cambio esse si dovranno sottoporre a una somministrazione controllata della pillola anticoncezionale. In questo modo se alcune di loro in seguito vorranno potranno comunque fare altri figli ma il tasso di natalità si ridurrà comunque a livelli più sostenibili.

Sign. Alberto Bisin io mi ricordavo che il numero di persone uscite dalla povertà estrema fosse un tantino più elevato di mezzo milione:

 

 

www.camilloblog.it/archivio/2013/06/02/leconomist-la-poverta-gli-anni-90-e-i-nostri-giovani-turchi/

 

Sentite voi avete ragione ma pensate davvero che la chiesa riuscirà ad accettare ragionamenti di tipo razionalistico e utilitaristico? Pensate davvero che il popolarissimo Che Bergoglio che ha costruito la sua popolarità a colpi di buon giorno, buona sera, buon pranzo, sorrisi e strette di mano. Roba da politico statunitense di una volta.

 

Poi al di là di Bergoglio la chiesa ha sempre mantenuto sulle questioni economiche e non solo in quelle economiche un atteggiamento ambiguo e irrazionale, se fosse un partito politico lo chiameremo demagogico, se non ci credete controllate pure le varie dottrine sociali della chiesa.

 

Mettiamoci l'animo in pace e rendiamoci conto che la chiesa è convinta che la ricchezza sia un peccato e che la ricchezza guadagnata sia peggio di quella ereditata. Non si più cavare sangue da una rapa!

 

 

it.wikipedia.org/wiki/Dottrina_sociale_della_Chiesa_cattolica

Il caso di Bergoglio in realtà è ancora più peculiare, perché è un Papa di origini sudamericane e purtroppo quella parte del mondo non ha di fatto mai conosciuto una politica autenticamente liberale, almeno in tempi ragionevolmente recenti.  Quando l'unica cosa che la gente comune associa al "capitalismo", al "mercato", al "neoliberalismo" è la corruzione diffusa o addirittura la dittatura militare, non c'è da stupirsi se certi atteggiamenti persistono in modo così tenace, e vengono anche cinicamente sfruttati dal punto di vista politico, portando a dei risultati che ben conosciamo.

Buongiorno!

Contesto alcune frasi:

"...quindi non si pone il problema di come esportare l'ideale all'esistente" 

questa affermazione mi lascia stupefatto!! L'unica che fa qualche cosa per i poveri concretamente in Italia oggi è proprio la Chiesa...boh!

poi

"...le comunità cristiane essenzialmente non esistono, al di fuori delle esperienze monastiche, e non è un caso che sia così: mi sembra incontrovertibile che storicamente il successo economico sia stato associato in larga parte ad incentivi materiali."

anche qui... boh, ... e le famiglie cristiane dove si cerca il volto di Dio e dove si insegnano valori come donazione di se, coraggio nel fare il bene e soprattutto dove si insegna il perdono? E le associazioni di famiglie?  senza considerare che poi talvolta esistono comunità monastiche che invece sono degli inferni... è proprio vero che gli uomini guardano solo all'apparenza.

 "Il Papa giustamente si pone come obiettivo quello di cambiare la natura umana, ..."

Qui l'autore ha preso una cantonata. Questo è assolutamente errato per chi conosce il cristianesimo; chi voleva cambiare la natura umana sono state ben altre ideologie! (i comunisti per esempio)

Gesù non è ventuo a cambiarci ma a salvarci; la natura umana, infatti, è quella che è; è per questa ragione che ci vuole un salvatore; e la parola Gesù vuole proprio dire... Salvatore!

 

Cordiali saluti

 

Gesù non è ventuo a cambiarci ma a salvarci; la natura umana, infatti, è quella che è; è per questa ragione che ci vuole un salvatore; e la parola Gesù vuole proprio dire... Salvatore!

 

Gesù, se mai è esistito, è stato un uomo come tutti gli altri.

Generalmente cerco di evitare di infilarmi in diatribe religiose, a livello personale ognuno è libero di credere a quello che vuole, ma se vogliamo discutere di politiche economiche per favore evitiamo di tirare in ballo gli spiriti.

 

Il Papa giustamente si pone come obiettivo quello di cambiare la natura umana, ..."

Qui l'autore ha preso una cantonata. Questo è assolutamente errato per chi conosce il cristianesimo; chi voleva cambiare la natura umana sono state ben altre ideologie! (i comunisti per esempio)

Gesù non è ventuo a cambiarci ma a salvarci; la natura umana, infatti, è quella che è; è per questa ragione che ci vuole un salvatore; e la parola Gesù vuole proprio dire... Salvatore!

 

 

Il catechismo che ho fatto io è diverso dal tuo (sarà il rito Ambrosiano ?) . Secondo la religione Cattolica, Dio ha concesso la Grazia a tutti gli uomini tramite il sacrificio di Cristo.

Grazia che ogni uomo ha facoltà di rifiutare, ad esempio non entrando a far parte della chiesa cattolica, non facendo penitenza, ecc ecc

Tutte cose che, direi, comportano un cambiamento.

La grazia per predestinazione ( a prescindere) è un concetto luterano e calvinista non cattolico.

in realtà, è molto più antica.La sostenne anche Sant'Agostino che è uno dei dottori della Chiesa: Lutero, già monaco agostiniano, la diffuse in ambito protestante.

comportano una scelta, che è differente.

per quel che riguarda la natura umana, da quel poco che ricordo, per la Chiesa è buona per cui non c'è alcuna necessità di cambiarla ma solo di farla riemergere in quelli che hanno smarrito la retta via. In questo senso, quindi , la frase è errata anche se il discorso di fondo è perfettamente comprensibile.

Inserisco questo interessante articolo dove Bill Gates "smonta" tre miti sulla povertà. Uno dei 3 è quello della sovrappopolazione:

online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702304149404579324530112590864

Bill Gates smonta tre tesi ultra-semplicistiche, che nessun esperto serio sosterrebbe. La terza, "Saving lives leads to overpopulation", non equivale affatto alla tesi che in certi casi (Cina ad esempio) una politica di controllo delle nascite abbia contribuito a ridurre la miseria. Anche quest'ultima è una tesi sotto qualche aspetto opinabile, ma non è evidentemente falsa come quella che Gates prende a facile bersaglio.

Il problema non è quello che pensano gli esperti ma quello che pensa la maggioranza. Altrimenti possiamo chiudere noisefromamerika dato che gli esperti lo sanno che non è l'euro la causa della crisi italiana, e che il riscaldamento globale non è un'invenzione dei comunisti. Nello specifico del punto tre, Gates nello spiegare questo

 

Going back at least to Thomas Malthus in 1798, people have worried about doomsday scenarios in which food supply can't keep up with population growth. This kind of thinking has gotten the world in a lot of trouble. Anxiety about the size of the world population has a dangerous tendency to override concern for the human beings who make up that population.

Letting children die now so they don't starve later isn't just heartless. It also doesn't work, thank goodness.

It may be counterintuitive, but the countries with the most death have among the fastest-growing populations in the world. This is because the women in these countries tend to have the most births too.

When more children survive, parents decide to have smaller families. Consider Thailand. Around 1960, child mortality started going down. Then around 1970, after the government invested in a strong family planning program, birthrates started to drop. In the course of just two decades, Thai women went from having six children on average to having just two. Today, child mortality in Thailand is almost as low as it is in the U.S., and Thai women have an average of 1.6 children. This pattern of falling death rates followed by falling birthrates applies for the vast majority of the world.

Saving lives doesn't lead to overpopulation. Just the opposite. Creating societies where people enjoy basic health, relative prosperity, fundamental equality and access to contraceptives is the only way to a sustainable world.

 

 

chiarisce, secondo me, come il controllo delle nascite sia un falso problema, anzi una falsa soluzione. E' risolvendo il problema della povertà che si risolve il "problema" delle nascite, non il contrario.