Limitandosi alla logica (e tralasciando questioni di equità intergenerazionale)
Domanda: Segretario, da cosa sarebbe ossessionato Boeri?
Camusso "Dal ricalcolo contributivo. Come se i contributi versati dai lavoratori dessero vita a una proprietà ingiusta."
Sembra una frase fatta per confondere. Il sistema contributivo (pensione calcolata in base a quanto hai versato) è equivalente ad un diritto di proprietà su quanto versato (nel sistema creato dalla Riforma Dini del 1995/96 non è proprio così, ma semplificando molto è quasi così), e Boeri lo ritiene giusto, mentre ritiene il sistema retributivo (prendi in base a quanto hai percepito di salario, soprattutto negli ultimi anni di lavoro, e non in base a quel che hai versato in forma di contributi pensionistici) ingiusto. Quindi la risposta corretta sarebbe questa. Boeri è ossessionato dal calcolo contributivo perché pensa che i contributi versati dai lavoratori (giovani) diano vita a una proprietà futura (giusta), mentre il calcolo retributivo, sul quale si fondano la gran parte delle pensioni in essere, corrisponde ad una espropriazione (ingiusta) dei contributi dei lavoratori attuali che tali pensioni finanziano.
Domanda: Non c’è nulla in quella proposta che la convince?
Camusso: «C’è la possibilità di riscattare in modo non oneroso i contributi versati a casse diverse, una nostra battaglia. Manca però un cosa fondamentale, lo sguardo verso il futuro. Ci dobbiamo arrendere all’idea che i giovani, quelli che oggi hanno uno stipendio basso e un lavoro discontinuo, devono rinunciare alla pensione futura, a un minimo dignitoso di vita?».
Il sistema attuale (solo in parte corretto dalle riforme degli anni passati) risulta in un trasferimento di risorse da chi in futuro dovrebbe ricevere la pensione con il metodo contributivo (i giovani) a quelli che la ricevono con il metodo retributivo (anziani) usando come fonte di finanziamento i contributi dei giovani lavoratori di oggi. Quindi è vero il contrario di quello che dice la Camusso. Sulla base dell'attuale sistema ci dobbiamo arrendere all'idea che i giovani con stipendio basso e lavoro discontinuo riceveranno una pensione inferiore e una vita meno dignitosa degli anziani con simili esperienze lavorative e pari (o inferiori) contributi.
Ma nella proposta c’è la flessibilità che voi chiedete, cioè la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo. «A che prezzo, però? Le risorse per avviare la flessibilità non possono venire tutte dal sistema previdenziale anche se nel tempo i costi si ripagano. Un conto è un tetto oltre il quale le pensioni in essere possono contribuire alla solidarietà. Altro è fare un ricalcolo generale o considerarle sullo stesso piano dei vitalizi dei parlamentari.
Non è chiaro perché i vitalizi non possano essere considerati sullo stesso piano delle pensioni (retributive). I vitalizi sono il classico esempio di "metodo retributivo" e cioé di "pensioni" date con criteri totalmente disassociati da quanto versato. Boeri vuole riconsiderarle i vitalizi per equipararli alle pensioni che percepiranno i giovani.
... E poi non si può ragionare solo in termini di età anagrafica, senza considerare se uno ha cominciato a lavorare a 15 anni oppure a 30.
Un sistema contributivo "puro" infatti ignora l'età anagrafica e considera la somma di quanto versato nel corso degli anni, quindi tiene completamente in conto sia quando uno ha cominciato a lavorare (e contribuire) sia la sua età al momento del pensionamento.
... Senza fare distinzioni sul tipo di lavoro: a 70 anni puoi fare il professore universitario, non il muratore».
Ehm.. si può, in effetti, ma non è detto che i risultati siano meno dannosi
Domanda: D’accordo, ma da dove si prendono i soldi?
Camusso: «Nella nostra piattaforma c’è l’imposta sui patrimoni immobiliari al di sopra del milione di euro. Stiamo parlando di meno del 5% delle famiglie italiane, di un’aliquota progressiva tra lo 0,5 e il 2%. Ci sarebbero risorse sufficienti non solo per le pensioni ma anche per un vero piano che ci consenta di dare lavoro ai giovani».
L'imposta di cui parla la Camusso c'era già, con aliquote più basse, e si chiamava IMU. Se sta pensando di re-introdurla, con aliquote più alte, dovrebbe dirlo chiaramente. Idea che in questo sito abbiamo condiviso (qui e qui) ma per altre ragioni e con ben altre finalità. Anche perché, seconda affermazione erronea della Camusso nella frase appena citata, una imposta immobiliare dell'entità da lei descritta non potrebbe assolutamente finanziare il tipo di spese che menziona. Neanche per sogno, basta fare due conti banali.
La patrimoniale non soffocherebbe la domanda interna, proprio adesso che ci sono i primi segnali di ripresa? «Se in famiglia entrano 160 euro in più perché è stata abolita la Tasi ma ci sono due figli disoccupati, secondo lei quella famiglia pensa alla Tasi, e si mette a spendere più di prima? O continua a pensare ai figli disoccupati?».
Frase contorta. Probabilmente userà i 160 euro anche per aiutare i figli disoccupati, cui pensava sia prima che dopo l'abolizione della Tasi. Ma questo che c'entra con la domanda interna
Un commento a margine. Boeri ha intelligentemente pubblicizzato la sua proposta come una questione di equità, spostando insomma la discussione sul piano etico. Ottima idea, ma qualcuno ha usato lo stesso piano per rispondere criticamente. Qualcuno più intelligente di Camusso, per esempio Pietro Ichino, ha sostenuto (in modo un po' contorto) che il sistema pensionistico attuale è parte di un "patto sociale" che lo Stato si è (magari erroneamente) impegnato a mantenere, e che tale patto si può rompere solo in eccezionali circostanze. Facciamo finta sia vero, Ichino dovrebbe spiegare perché quelle circostanze "eccezionali" valevano per Dini (1995-96) e per Fornero (2011-12) ma, apparentemente, non valgono ora per Renzi visto che la situazione pensionistica è tanto grave ora come allora. I fatti dimostrano che, purtroppo, Renzi concorda con Ichino (e con Camusso) visto che ha cestinato senza molta discussione la proposta di Boeri ...
Opinione legittima, in ogni caso, ma non condivisibile. Per il semplice fatto che lo stato cambia le regole in corso d'opera in continuazione, in ogni materia, non solo economico-finanziaria o pensionistica. E che la discussione politica dovrebber riguardare come farlo in modo equo e come gestire la transizione (punti sempre opinabili). Forse che non si era, lo stato, impegnato ad eseguire periodicamente scatti di anzianità nel settore pubblico poi bloccati per anni? Il punto qui è che le regole per qualcuno vanno cambiate e la discussione è su chi debba sopportarne i costi.
Trovo spiacevole che si sposti la discussione sul piano etico quando le riforme sono state fatte come sono fatte per semplici motivi di "political economy". Cioé, sia nel 1995-96 che nel 2011-12, in considerazione del fatto che chi ha dovuto pagare e paga i costi della riforma era gente che, al tempo in cui le riforme sono state fatte, non votava o, comunque, non aveva una rappresentanza politica forte. I referenti di Camusso & co. sono invece pensionati che beneficiano dello status quo e che sono ancora politicamente forti abbastanza per impedire qualsiasi riforma.
la mia pensione verrà calcolata con il metodo contributivo. D'altra parte penso di andare in pensione con 45 anni di contributi sempre alti, e quindi anche se passassi al contributivo perderei qualche spicciolo, ma niente di drammatico.
Il problema per il "patto sociale" menzionato da Ichino è che prevdede obblighi da parte di soggetti (i giovani) che non sono stati interpellati al momento della stipula Immaginate che la questione fosse posta adesso: "volete voi pagare contributi del 33% del vostro salario lordo e andare in pensione a 67-70 anni con il 40-50% del vostro ultimo stipendio per permettere ad altri che hanno pagato contributi più bassi di andare in pensione a 55 anni con il 70-80%?" Cosa pensate che risponderebbero gli interessati?
Il problema per me è un altro: dedotti contributi e tasse (anche queste aumentate negli ultimi decenni) ai giovani che lavorano non rimangono abbastanza soldi per mettere su famiglia e fare figli. Questa situazione mi ricorda vagamente the iron law of wages di David Ricardo, con la differenza che nel XVIII secolo i bambini nascevano e morivano di fame, nel XXI grazie alla contraccezione non nascono proprio; la situazione è meno straziante, ma il risultato economico sociale è lo stesso.
Credo volessi scrivere che la tua pensione verra' calcolata con il metodo retributivo :)
Se posso permettermi, Massimo, la contraccezione non c'entra.
Nel XVIII secolo i bambini sarebbero nati pure se fossero piovuti preservativi dal cielo.
Perché per qualche motivo psicologico (che sarebbe off-topic discutere) pure nella miseria più nera e nelle condizioni più misere allora uomini e donne non potevano neppure immaginare di rinunciare a fare dei figli.
Allo stesso modo, se oggi non se ne fanno quasi più non è perché ai giovani non rimangono abbastanza soldi per colpa delle tasse e dei contributi, ma perché per qualche altro motivo psicologico (come sopra) il fare figli è divenuto obiettivo secondario rispetto a molti diversi obiettivi individuali, se non addirittura un impiccio.