L'antefatto. Con la Legge 4 novembre 2010, n. 183 (il cosiddetto "collegato lavoro"), il governo aveva fissato al 23 gennaio 2011 il termine entro il quale lavoratori con un contratto a termine scaduto e non rinnovato potevano presentare ricorso contro quello che avessero ritenuto, di fatto, un licenziamento illegittimo.
Facciamo un esempio. Se voglio licenziare un lavoratore a tempo determinato basta che aspetti qualche mese: il contratto scade e io sono libero di non rinnovarlo. Se però non lo rinnovo perché ho scoperto che il lavoratore in questione ha un orientamento sessuale, politico o religioso che non mi piace e lo rimpiazzo con un altro lavoratore che ha un orientamento che invece mi piace, sto chiaramente violando un diritto costituzionale del primo lavoratore. Fine dell'esempio.
Un emendamento del PD al "decreto milleproroghe", approvato dal parlamento (con il parere favorevole del governo) a inizio febbraio, ha reso inapplicabile questa norma per tutto il 2011. Detto altrimenti, ha esteso il termine dal 23 gennaio a, almeno, il 31 dicembre, 2011. Molti precari hanno in questo modo (almeno per quest'anno) una tutela equivalente a quella dei non precari contro licenziamenti senza giusta causa. Qui trovate un riassunto più dettagliato.
Il fatto. Questo emendamento deve aver turbato i sonni di più di un amministratore pubblico. Molte amministrazioni pubbliche, si sa, usano i contratti a tempo determinato a manetta. In questo modo basta un decreto per tagliare il costo del lavoro nella PA: gli ultimi arrivati (tendenzialmente giovani e più istruiti) se la prendono in saccoccia, quelli assunti quando i governi della "Milano da bere" gestivano con nonchalance bilanci pubblici in deficit per il 10% del prodotto interno lordo (tendenzialmente vecchi e meno istruiti) continuano a godere la propria rendita. Niente di sorprendente: solo una manifestazione del dannoso dualismo che da anni caratterizza il mercato del lavoro italiano.
Qual è il fatto, dunque? Il fatto è che il FormezPA (un ente che è parte integrante del Dipartimento della Funzione Pubblica e che quindi fa in ultima istanza capo a Renato Brunetta) ha ben pensato di correre ai ripari, facendo ciò che non poté la maggioranza di fronte all'emendamento del PD. Ovvero ha preso carta e penna e ha vergato una dichiarazione di rinuncia al diritto di ricorrere contro un "licenziamento" illegittimo (e già che c'erano hanno aggiunto qualcosa nello spirito di "e anche a tutti gli altri eventuali diritti di cui ora non ci ricordiamo") da far firmare ai propri dipendenti a tempo determinato e collaboratori a progetto prima di accordare il rinnovo del contratto. La scena non è difficile da immaginare: in una mano il contratto, nell'altra la dichiarazione di rinuncia a questi diritti; due firme, bellezza, e potrai continuare a portare a casa la miseria che ti paghiamo.
Il misfatto. Il misfatto è già evidente dal fatto, ma c'è un misfatto ancora più misfatto in questa vicenda: alla suddescritta scena parteciperebbero in modo tutt'altro che passivo diverse sigle sindacali. La dichiarazione di rinuncia si chiama infatti ufficialmente "verbale di conciliazione sindacale" e sarebbe già stato sottoscritto in svariate occasioni nelle passate settimane da UIL-PA, CISL-FP e UGL-Intesa. Pare che la FP-CGIL si sia fin qui rifiutata di sottoscrivere questi verbali. Per i miei standard, rifiutarsi di sottoscrivere senza denunciare pubblicamente (perché è impossibile che la FP-CGIL non sia al corrente della vicenda) l'evidente misfatto delle altre sigle implica una responsabilità solo di poco inferiore a quella di chi sottoscrive.
Dice bene il vecchio adagio: non credere a quello che la gente dice, credi solo a quello che fa. Per i sindacati che si riempiono la bocca di parole a difesa dei precari e contro il precariato, questa vicenda è quantomeno imbarazzante. Se si tratta di un ammutinamento di rappresentanti locali, i leader nazionali dovrebbero prendere provvedimenti contro l'avallo di quella che è di fatto una vessazione di un gruppo di lavoratori deboli. E sarebbe bene che qualche provvedimento lo prendesse anche il Ministro Brunetta.
Per me questa è solo la conferma che tutti quei lavoratori che classifichiamo come "precari" non sono rappresentati dai sindacati. I bassi salari percepiti dai lavoratori a tempo determinato sono per me il riflesso di questa mancanza di rappresentanza. Se no non si spiega come, a parità di altre caratteristiche, un gruppo di lavoratori che si assume un rischio in più (il rischio che il contratto non venga rinnovato vs. la sicurezza del posto a tempo indeterminato) possa avere uno stipendio più basso di chi non corre questo rischio.
La prova. Come faccio a sapere queste cose? Beh, me le ha raccontate un gruppo di "deep throats", persone che da diverso tempo lavorano in forma precaria al FormezPA. Mi hanno mandato una copia del "verbale di conciliazione sindacale" che devono firmare per avere il rinnovo del contratto. Lo riproduco qui sotto assieme al racconto che mi hanno inviato.
Il FormezPA è un ente in house del Dipartimento della Funzione Pubblica nato negli anni ’60 per assistere le PA del mezzogiorno e tornato recentemente alla ribalta grazie ad alcune iniziative sponsorizzate dal Ministro Renato Brunetta sulla promozione della trasparenza e dell’efficienza nella pubblica amministrazione (ultima in ordine di tempo è la rete “Linea Amica” che connette gli URP ed i Contact Center delle PA italiane).
Il FormezPA, come tutte le PA e gli enti parastatali del bel paese, si avvale da tempo massicciamente per le sue attività istituzionali di lavoratori precari e atipici (soprattutto di Dipendenti a tempo determinato e collaboratori a progetto – CTD e COCOPRO).
Nelle ultime settimane i lavoratori atipici che si sono trovati a rinnovare i loro contratti di lavoro hanno fatto una brutta scoperta. Il FormezPA ha infatti introdotto una nuova prassi che subordina la firma del contratto alla sottoscrizione preliminare di un cosiddetto “verbale di conciliazione sindacale”. Con tale verbale si chiede al lavoratore, sia esso collaboratore o CTD, di accettare transattivamente il nuovo incarico rinunciando a qualsiasi diritto o pretesa relativi ai precedenti rapporti di lavoro con l’Istituto: in questo modo, in cambio di un incarico – che nella maggior parte dei casi non ha durata superiore a sei mesi – viene chiesto di rinunciare a diritti maturati in anni di lavoro!
Ma la cosa più grave è che, nonostante il palese carattere vessatorio del verbale nei confronti dei lavoratori, i delegati sindacali di UIL-PA, CISL -FP e UGL-Intesa hanno deciso di sottoscriverlo, avallando di fatto il ricatto a cui sono sottoposti i lavoratori. L’unica sigla che al momento (ancora) si astiene dal sottoscrivere i verbali di conciliazione sindacale è la FP-CGIL.
A causa del clima di sospetto creato dal “collegato lavoro”, varato dal Governo assieme alla finanziaria, le relazioni all’interno dei luoghi di lavoro stanno velocemente degenerando. Nei confronti di FormezPA, ad es., negli ultimi mesi sono state avviate decine di cause di lavoro da parte di lavoratori atipici “scaduti” che dopo anni di servizio non sono stati più rinnovati. Ora l’Istituto introduce, senza incontrare alcuna opposizione da parte dei principali sindacati, il ricatto del verbale di conciliazione. Domani chissà. I precari, o lavori atipici che dir si voglia, continuano a pagare il prezzo della crisi con la cancellazione dei diritti maturati nel corso degli anni…
Nonostante qualunque ottimismo della volontà, comincio a perdere la speranza che da qualche parte esista una riserva di energia ed orgoglio per risollevare questa povera Italia da indecenze continue e per di più autolesioniste che la stanno devastando moralmente e materialmente. Emerge l'atmosfera collusiva di tipo mafioso che prelude a scambi il cui prezzo lo pagano quelli che i sindacati dovrebbero difendere.