Commento 1: Effetti diretti e indiretti dei tagli. Nelle varie ricette è quasi sempre compreso un ridimensionamento della spesa per il pubblico impiego da realizzare sia riducendo il costo del lavoro pubblico, o con una riduzione degli organici o tosando le retribuzioni, sia risparmiando sugli acquisti di beni e servizi. La stragrande maggioranza dei commentatori, calcolando gli effetti di possibili tagli al pubblico impiego, commette però l'errore di non considerare gli effetti fiscali che scaturiscono dal taglio della spesa. Se il fine di un taglio è infatti produrre un miglioramento del saldo primario e una riduzione del deficit, allora vanno anche considerati i suoi effetti sulle entrate. Questi effetti fiscali dei tagli al lavoro pubblico sono notevoli e ne riducono pesantemente l'effetto finale.
Su nFA la materia è stata recentemente trattata in modo diretto da Marco Esposito lo scorso 6 aprile in Tasso alcoolico o tasso glicemico ? Tasso e basta e il giorno seguente, in modo indirettto citando un articolo sull'argomento di Oscar Giannino, nelle letture per il fine settimana. Oscar Giannino, ad esempio, scrive:
la massa salariale pubblica [è stata] stabilizzata in questi anni grazie al blocco del turnover intorno a 175 miliardi di euro l'anno. Dopo la stabilizzazione, occorre la riduzione. Senza buttare nessuno per strada. ..... un taglio ..... del 15%, comporta in 3 anni un taglio alla spesa di 35 miliardi di euro rispetto aivalori a bilancio 2011. Il risparmio è superiore al valore percentuale dei lavoratori che escono dal perimetro [il grassetto è nostro; suggerisce che Giannino abbia in mente licenziamenti, non un taglio ai salari, come peraltro anche confermato in seguito quando propone la ricollocazione del 60% dei licenziati presso una società privata di servizi; ndr] perché i dirigenti pubblici costano molto di più dei loro dipendenti.
Tabella 1
I dati di partenza stanno qui; il tfr/tfs stimato e i contributi sociali dipendenti qui; il calcolo IRPEF qui da qui (ingrandimento tabella qui); la distribuzione è stata costruita sulla base di un dirigente ogni 12 impiegati
Applichiamo i dati della Tabella 1 ad una ipotesi di 35 miliardi di riduzione della spesa attraverso riduzione del personale, come suggerito da Giannino. Questa riduzione della spesa pubblica comporta nello stesso istante una perdita di gettito contributivo e fiscale che dipende dalla situazione del mercato del lavoro e da quella del sistema pensionistico. In particolare, se una frazione x dei dipendenti pubblici licenziati non trova lavoro nel settore privato (supponiamo che chi invece trova lavoro lo faccia ad identiche condizioni salariali e contributive)
i) la perdita indiretta di trattenuta IRPEF sarebbe pari a 6,3 miliardi moltiplicati per x
ii) l costo di eventuali ammortizzatori sociali sarebbe dell'ordine di 6 miliardi per x
iii) la perdita indiretta di contributi dello stato e del lavoratore sarebbe, 10,7 + 2,7 miliardi moltiplicati per x e per un coefficiente y che cattura la riduzione dei benefici, ad esempio pensionistici, dovuta alla riduzione dei contributi. [Nota: per la precisione, il coefficiente y si applica a rigore solo solo sulla componente previdenziale (2/3) dei contributi sociali; inoltre, la riduzione dei benefici inizierà per scaglioni alla data del pensionamento, cioé da un minimo di due a un massimo di 35 anni dalla data del taglio.]
Nel caso estremo in cui nessuno dei licenziati trovi lavoro (x=1) e che i benefici siano indipendenti dai contributi (y=1), il risparmio finale si riduce da 35 a 9,3 miliardi, e cioé poco meno del 27% del taglio. Se ve ne fosse bisogno questo calcolo prova, una volta ancora, come sia vero che il costo del lavoro in Italia consiste soprattutto di imposte e contributi previdenziali, non di redditi dei lavoratori: da questo punto di vista il pubblico ed il privato son trattati ugualmente!
Nel caso estremo opposto, in cui tutti i licenziati trovano lavoro (x=0), la stima di Giannino è corretta, indipendentemente da y.
Supponiamo poi di procedere, come pare suggerire Giannino, esternalizzando i servizi non più coperti ad una società privata tenuta ad assumere il 60% dei licenziati. Nelle ipotesi che:
1) la società riassuma ad uno stipendio pari al 70% del precedente,
2) si accontenti di un mark up sui costi del 10%,
3) x e y siano =1 per il 40% dei non riassunti dalla società privata
il risparmio si ridurrebbe ulteriormente a 7,1 miliardi, pari a poco più del 20% del taglio. Trovate qui le stime dei costi degli ammortizzatori sociali e dell'outplacemet usati.
Prendiamo invece ad esempio il taglio suggerito da Marco:
A fronte di un salario medio privato di € 28.380 abbiamo un salario medio pubblico di € 31.608, riportando i dati del settore pubblico a quello privato avremmo un risparmio di € 3,227,5 per ognuno dei 3.500.000 dipendenti pubblici, pari a circa 12 miliardi
Sempre dalla tabella precedente (e sempre sotto l'ipotesi che i benefici siano indipendenti dai contributi) 12 miliardi di lordo erogati in meno comportano ipso facto un mancato gettito di 4,8 miliardi (1,3 di contributi sociali dei lavoratori e 3,5 di minore IRPEF, che trattandosi di un haircut è calcolata con le aliquote marginali.) Il risparmio netto diviene quindi 7,2 miliardi, il 60% del taglio.
Commento 2: L'evoluzione del costo del lavoro pubblico. La tabella 2 mostra alcuni dati relativi al lavoro pubblico nel trentennio 1980-2010.
Tabella 2
Per comodità ecco i links alle fonti: pil - IV tavola, foglio t1, spesa lavoro pubblico - tavola 1, rivalutazioni a €2010
Si noti che:
i) da tre decenni gli organici crescono di circa il 7% ogni decennio;
ii) dal 1990 al 2000 la spesa in €2010 è addirittura diminuita (nonostante la costante crescita degli organici): complimenti ad Amato, Ciampi e anche a Prodi anzi a Giarda (un protagonista del primo governo Prodi);
iii) l'ultimo decennio ha visto una crescita della spesa del lavoro a € 2010 di 17,6% contro una crescita del Pil, sempre a € 2010 di solo lo 6,3% (nonostante la spesa per lavoro nel 2009 e 2010 sia rimasta praticamente costante in termini nominali al livello 2008; il male è stato fatto nel lustro terribile 2001-2006).
iv) il lordo erogato al personale degli enti locali valeva nel 1980 il 37.8% del totale: nel 2010 è salito al 45,6%. La spesa è aumentata sopratutto negli enti locali (in particolare regioni/sanità). L'elefante nella stanza è il federalismo. Difficile discutere di tagli al settore pubblico senza discutere di federalismo.
Sfogo finale. Il rapporto risparmio/taglio può anche essere modesto e maggiore attaccando i salari più bassi, ma questo non vuol dire che non sia il caso di tagliare, né che si debba partire dai salari più bassi. Fare i conti a questo modo, senza una misura della produttività relativa del lavoro, può non portare a tagli efficienti. E se fosse che un dirigente ogni dodici impiegati è troppo? Se questo rapporto tradisse il fatto che uno su tre dei burocrati di alto livello scaldano la poltrona (sorry le poltrone: Mastrapasqua, presidente dell'INPS, ne occupa ben 23) per meriti politici, per "meriti" familiari o per frequentazione del giro giusto? Sfoltire il numero dei dirigenti, ridimensionarne la retribuzione e proibire incarichi (e retribuzioni) multiple? Non c'è via d'uscita alla spending review.
Ma hai voglia ad aspettare G...iarda e la sua review. E allora tiriamo fuori due idee dal cappello, mentre aspettiamo. Una riduzione di organico si potrbbe ottenere con gli accorpamenti. Anche qui Mario Monti con la manovra ha accorpato INPS, INPDAP ed ENPALS ma i risparmi che si otterranno saranno peanuts (100 milioni all'anno a regime) rispetto a quelli che deriverebbero accorpando Carabinieri, P.S. e G.F. (il nostro indice di addetti alla pubblica sicurezza per 1000 abitanti è scandaloso ma loro sono armati per cui meglio tacere). In questa area andrebbero ridotte all'osso anche le scorte e il dispiego di uomini per eventi privati. Parte delle risorse recuperate andrebbero girate alla magistratura dopo averla riorganizzata. Ogni ministero ha almeno un un suo Ufficio Studi (per lo più elaboratore di dati ISTAT esattamente come quello accanto), il M.E.F. ne ha quattro o cinque e si foraggiano tre o quattro uffici studi semi-privati. Abbiamo almeno due sistemi di contabilità. Mi chiedo se non possiamo avere un solo ufficio studi efficiente e un solo sistema di contabilità. Questa ultima azione libererebbe grandi spazi di uffici rendendoli disponibili per per la vendita o riducendo la spesa per affitti: libererebbe anche materiale informatico da girare anzitutto alla magistratura. E le authorities sono troppe e costano un occhio e quasi tutte hanno a che fare con la concorrenza: si accorpino quindi che magari ci si guadagna pure in efficienza. Andrebbe anche controllata la spesa per il personale degli enti locali: al sud sopratutto anche se il mitico nord non scherza. Fino a pochi anni fa ai piccoli comuni (< 3000 abitanti) bastava il segretario, due impiegati,lo spazzino/becchino e un geometra ad ore. Ora hanno tutti decuplicato il personale, creato almemo tre dipartimenti ciascuno affidato a un dirigente. Il geometra ad ore è stato sostituito da un architetto in pianta stabile. Occhio anche alle regioni: Formigoni non ha costruito il grattacielo per farci atletica indoor, bensì per riempirlo di persone, fra le quali molte amiche. E con le retribuzioni non scherzano. Ci sono quindi spazi per risparmi.
Insomma, diciamocelo, la "spending review" è una presa per il culo: con tre corpi di polizia da unificare, tre gradi di giudizio da ridurre a due, i tribunali decentrati da chiudere, sedi universitarie pubbliche in ogni città sopre i 50k abitanti con costi ridicoli per l'utenza, con CDA pubblici e di società miste affollattissimi, andare in fino con la spending review è come misurare il pezzo che esce dalla fonderia da finire con il micrometro.
O, forse, è solo l'ammissione che i veri tagli non si possono fare nè oggi nè mai.
Da Spending Review a "salary cap". I dirigenti (TUTTI) dello Stato si vedono decurtare lo stipendio o gli stipendi fino a 80.000/100.000 EURO irpef /anno. Se loro pensano che siano pochi, si licenziano e vanno nel LIBERO MERCATO a procacicarsi un contratto. Se trovano qualcuno nel privato che glieli dà' , vuol dire che se li meritano. Senno' stanno a casa e allora NON se li meritavano. E' esattamente lo stesso discorso dei camerieri della buvette del Senato in esubero: il lavoro è dietro l'angolo (forse con stipendio inferiore). Ecco, ai dirigenti (diciamo a molti) piace lo stipendio elevato, le comodità, e il "posto fisso noioso" all'interno del recinto della Pubblica Amministrazione. Un dirigente deve dirigere: stabilire procedure chiare, benchmark per misurare le performance dei dipendenti e magari anche sue, stabilire obiettivi, pensare agli improvements dell'ufficio, spostare personale una volta migliorato il servizio e la produttività (che significa processare piu' "pratiche" , con meno personale, in meno tempo perchè le procedure sono chiare, tracciando chi processa la pratica e in quanto tempo, cosi' vedo i bottlenecks).
"Laddove c'è arbitrio, c'è la corruzione". La corruzione, il furto, la concussione dovrebbero essere SEMPRE giusta causa per licenziamento in tronco senza reintegro del giudice, cioè stabilito per legge, cosi' il giudice non si deve affannare a reintegrare.
Sono d'accordo. Il tetto alle retribuzioni imposto da M.M. non è sufficiente. Non diminuirà di molto la media dei compensi degli alti dirigenti che sono più alti che altrove (elaborazione dati OCSE)