Fassina, leggi Krugman

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Ciò che pensa Krugman della tesi secondo cui la crisi è stata determinata da un aumento della disuguaglianza.

Una tesi che viene spesso ripetuta soprattutto negli ambienti della sinistra italiana è che la crisi finanziaria ed economica è stata causata dall'aumento della disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Si tratta di una tesi teoricamente ed empiricamente assai debole, come ha ben spiegato Marcello Miccoli. Ma, come spesso accade in ambito politico, il fatto che una tesi sia illogica e implausibile sembra contare poco, quando la tesi stessa è attraente dal punto di vista politico (gli esempi abbondano, e certo non solo a sinistra). Per la sinistra italiana infatti tale tesi ha l'ovvio corollario che, al fine di promuovere la crescita, occorre mettere in atto politiche di redistribuzione del reddito. Botte piena e moglie ubriaca, quindi. La tassazione a fini redistributivi, lungi dal creare problemi, è al contrario un elemento chiave per la crescita dell'economia.

Ora, ci rendiamo conto che finché a sollevare dubbi su tale tesi sono (così ci classificano nella tassonomia italica) dei selvaggi liberisti come noi, Fassina e compagnia si sentiranno autorizzati a scrollare le spalle e ignorarci. Per questo vorremmo richiamare l'attenzione su un recente pezzo che Paul Krugman, di cui tutto si può dire tranne che sia un selvaggio liberista, ha scritto sul suo blog. All'interno di una diatriba sull'evidenza empirica a favore delle politiche keynesiane di espansione della domanda aggregata, Krugman spiega che la sua convinzione sulla bontà di tali politiche non deriva dai suoi pregiudizi ideologici. A testimonianza del fatto che non sempre la sua analisi lo conduce dove lo porta il cuore politico, Krugman fa il seguente esempio.

 

Here’s an example: is economic inequality the source of our macroeconomic malaise? Many people think so — and I’ve written a lot about the evils of soaring inequality. But I have not gone that route. I’m not ruling out a connection between inequality and the mess we’re in, but for now I don’t see a clear mechanism, and I often annoy liberal audiences by saying that it’s probably possible to have a full-employment economy largely producing luxury goods for the richest 1 percent. More equality would be good, but not, as far as I can tell, because it would restore full employment.

[Traduzione: Ecco un esempio: la disuguaglianza economica è la fonte del nostro malessere economico? Molti lo pensano — e io ho scritto parecchio sui mali della disuguaglianza crescente. Ma non ho seguito quella strada. Non escludo che ci sia una connessione tra la disuguaglianza e i guai in cui siamo, ma per ora non vedo un chiaro meccanismo, e spesso infastidisco le platee progressiste affermando che è probabilmente possibile raggiungere la piena occupazione producendo in larga misura beni di lusso per l'1% più ricco. Più uguaglianza sarebbe una buona cosa ma non, per quel che ne so, perchè ripristinerebbe la piena occupazione]

 

Possiamo solo suggerire a Fassina e compagnia di prendere nota. Forse un giorno qualcuno produrrà teorie coerenti ed evidenza empirica per legare disuguaglianza e crisi economico-finanziaria, ma finora questo non è successo. È legittimo che una forza politica punti a una società più ugualitaria. Non è legittimo che si basino le proprie prescrizioni di politica economica su tesi raffazzonate e prive di evidenza fattuale, per quanto politicamente convenienti. Non è legittimo e si paga, quando poi si arriva al governo e si scopre che le politiche basate su tali raffazzonate tesi non producono gli effetti sperati.

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Commenti

Ci sono 308 commenti

Sembrano avere le idee confuse sul tema.

Gli indignados protestano contro le banche ed in particolare contro Draghi ( uno dei pochi Italiani apprezzati all'estero ). Anche loro credono nella bufala del signoraggio?

Ditemi se sbaglio:implicitamente si richiamano i teoremi del benessere?

Direi di no. Il primo e secondo teorema dell'economia del benessere mettono in relazione gli equilibri concorrenziali con le allocazioni pareto-efficienti, non hanno nulla a che vedere con la crescita.

Quello che si dice qui è che non esiste, che si sappia, un modello teorico coerente in cui l'aumento della disuguaglianza causa un crollo del PIL. Questo non vuol dire che la disuguaglianza sia buona o cattiva. Semplicemente, come dice Krugman, il meccanismo che porta dalla disuguaglianza alla crisi non è chiaro. Quindi, se si vuole argomentare in favore o contro la disuguaglianza è bene usare altri argomenti. E se si argomenta che politiche contro la disuguaglianza, qualunque siano altri possibili meriti, fanno aumentare il PIL si è nelle sabbie mobili.

Dal mio punto di vista la cosa impressionante è la velocità con cui settori della sinistra italiana hanno abbracciato una tesi priva di qualunque consenso nella comunità scientifica solo perché politicamente conveniente. È un atteggiamento che ricorda molto da vicino quello di molti repubblicani USA sulla teoria dell'evoluzione.

Tra quelli che propongono la tesi della disuguaglianza come causa della crisi c'è M. Leonardi (citato nell'articolo di Miccoli linkato). Sostiene che la crescita della disuguaglianza è stata una causa della crisi finanziaria in USA, affrettandosi poi ad aggiungere perché in Italia ciò non vale. Ma le argomentazioni prodotte sembrano più che altro spiegazioni ad hoc, e i rilievi di Miccoli aiutano a comprenderlo.

Tra l'altro in Italia la disuguaglianza nei redditi non è cresciuta negli ultimi anni (dopo l'aumento del 92-93), ma c'è stato un aumento aprezzabile dei top incomes, analogamente a quanto successo in Usa, GB e altri paesi (sebbene da noi il fenomeno è stato molto più ridotto). Qui c'è un sito interessante per vedere dei dati sui super-redditi

Ma se la disuguaglianza della distribuzione del reddito nasce principalmente dai redditi da capitale che recentemente  hanno superato enormemente quelli da lavoro, impresa ecc..

questo trend potrà solo continuare se indisturbato.

Partendo dall'ipotesi che  nascendo gli uomini tutti uguali in condizioni di parità di mercato mi aspetto a tendere anche partendo da una condizione di disuguaglianza una distribuzione del reddito simile a una gaussiana una volta a regime (se non è corretta fatemelo presente).

al contrario se prendo risiko come estrema semplificazione dove il capitale rende automaticamente per il solo fatto di averlo (compro i terreni quindi gli altri mi pagano) tipicamente chi per varie ragioni (anche per il caso) si ritorva con un capitale maggiore arriva a cannibalizzare gli altri...fino a che il gioco finisce purtroppo

 

Chiedo a chi + competente di me

Per quale motivo ci stiamo avvicinando + a risiko che alla gaussiana? Mercato, assenza di regole,manipolazione delle leggi tramite lobby..

 

Per quel che ci vedo io l'unico motivo per ritenere che sia male lavorare tutti per produrre beni per l'1% piu ricco è che ho pochi clienti e come tali possono fare il bello cattivo tempo compreso decidere di bloccare tutto perche' quella mattina si svegliano senza voglia di spendere. Soldi distribuiti significano rischio distribuito

 

una distribuzione del reddito simile a una gaussiana

 

Non se n'è mai vista una (correggetemi se sbaglio), sono tutte asimmetriche le distribuzioni del reddito.

Cmq sono d'accordo che non è il massimo specializzarsi a produrre solo per l'1% più ricco. Ma quella è una boutade. Il restante 99% dovrà pur consumare qualcosa e quel qualcosa non glielo produrrà l'1%...

Luca:

1) per quel che ne so, l'evidenza disponibile ci dice che l'aumento della disuguaglianza avvenuto negli ultimi trenta anni è principalmente dovuto a un aumento della disuguaglianza dei salari. Atkinson, Piketty e Saez hanno scritto un articolo per il Journal of Economic Literature riassumendo l'evidenza empirica sull'andamento della quota che va ai redditi più alti.

2) Da quando si prova a misurarla, in nessun paese la distribuzione del reddito è approssimativamente gaussiana. La verità è che non ci sono ragioni teoriche per attendersi un simile risultato. Pensa, per semplicità, a un mondo in cui tutti fanno gli attori e le acting skills sono distruite secondo una normale. Prima dell'invenzione della televisione, tutti lavorano in teatro e guadagnano in proporzione al talento, per cui anche i guadagni sono gaussiani. Ma se viene introdotta la televisione solo i più talented avranno accesso, e costoro guadagneranno cifre spropositate, mentre il resto del mondo si arrabatta nei circhi e nei teatri di periferia. Anche una distribuzione normale dei talenti può generare una distribuzione skewed dei guadagni, a seconda dell'ambiente economico.

3) il tuo esempio si riferisce a risiko o monopoly? È a monopoly che gli altri mi pagano quando vanno sui mie terreni. A risiko il controllo degli stati genera rendite in termini di carrarmatini, ma questi sono ''pagati'' dal banco. :-)

 

al contrario se prendo risiko come estrema semplificazione dove il capitale rende automaticamente per il solo fatto di averlo (compro i terreni quindi gli altri mi pagano) tipicamente chi per varie ragioni (anche per il caso) si ritorva con un capitale maggiore arriva a cannibalizzare gli altri...fino a che il gioco finisce purtroppo

 

Suppongo ti intendessi riferire al Monopoli...non confondiamo la lana con la seta!

 

 

Per quel che ci vedo io l'unico motivo per ritenere che sia male lavorare tutti per produrre beni per l'1% piu ricco è che ho pochi clienti

 

 

Oppure perche` semplicemente mi da` fastidio che debbano esistere (o che io non sia uno di quelli) e decido di "accorciarli" alla giacobina...

 

redditi da capitale che recentemente  hanno superato enormemente quelli da lavoro, impresa ecc..

Una precisazione, Luca: non so cosa tu intendessi, ma come l'hai scritto non puo' essere vero: i redditi da lavoro sono ovunque nel mondo (con l'eccezione di pochi casi speciali che sono troppo speciali) sistematicamente superiori al 50% del Pil.

Copio qui due pezzetti di un'intervista a Sargent del 2010: www.minneapolisfed.org/pubs/region/10-09/sargent.pdf

"If a government sets up deposit insurance and doesn’t regulate bank portfolios to prevent them
from taking too much risk, the government is setting the stage for a financial crisis."

"Jack Kareken wrote a paper in the Federal Reserve Bank of Minneapolis Quarterly Review referring
to the “cart before the horse.” He pointed out that if you’re going to deregulate financial institutions, which we in the United States did in the late ’70s and early ’80s (deregulation is the
cart), you’d better reform deposit insurance first (that’s the horse). You’d better make it clear that financial institutions that take these risks are not allowed to have access to lender-of-last-resort
facilities. But the U.S. government didn’t do that."

Così ragiona un economista (vero) quando affronta le tematiche relative alla crisi. Spero che Fassina abbia spiegato la crisi a bersani in questi termini.

Il problema ancora oggi aperto e che prima o poi adrà affrontato è uno solo: come si fa a regolare efficacemente il sistema finanziario liberalizzato? I guai non dipendono dalla liberalizzazione in se, ma da come è stata implementata. Negli anni 70 le autorità pubbliche non avevano precedenti su cui basarsi e anche per questo avranno commesso degli errori. Oggi abbiamo un sacco di esempi di liberalizzazioni andate storte, ma sembra che i politici siano troppo ottusi per capire coem vadano fatte le cose (vedi autostrade, telecomunicazioni, ferrovie etc.) E' più facile fargli credere che è tutto un problema di disuguaglianza tra i redditi.

Così ragiona un economista (vero) quando affronta le tematiche relative alla crisi. Spero che Fassina abbia spiegato la crisi a bersani in questi termini.

Ma stefano Fassina corrisponde alla definizione di "economista vero"?  Ha scritto qualcosa di notevole in campo accademico? Dal suo sito non si capisce; qualcuno ha dati attendibili?

"Jack Kareken wrote a paper in the Federal Reserve Bank of Minneapolis Quarterly Review referring
to the “cart before the horse.” He pointed out that if you’re going to deregulate financial institutions, which we in the United States did in the late ’70s and early ’80s (deregulation is the
cart), you’d better reform deposit insurance first (that’s the horse). You’d better make it clear that financial institutions that take these risks are not allowed to have access to lender-of-last-resort
facilities. But the U.S. government didn’t do that."

Il problema vero non è l'assicurazione sui depositi che al massimo può coprire qualche default isolato, ma la garanzia ultima che presta lo stato.

Tuttavia, come insegna il caso Lehman, la situazione attuale richiederebbe anche un intervento radicale sulle procedure di default, che non garantiscono un recupero adeguato da parte dei creditori. Nel citato caso Lehman a distanza di 3 anni non si è ancora chiusa la procedura fallimentare e il 'recovery rate' atteso è inferiore al 30%.

In altri termini, con le attuali procedure fallimentari (che in Italia sono probabilmente ancora più inefficienti che in US) è assai probabile che una impresa che passa dallo stato di funzionamento a quello di default depauperi istantaneamente almeno un terzo del proprio valore residuo, che si traduce in una perdita secca per i creditori (una sorta di payoff digitale negativo), e qs fatto è piuttosto 'strano' per una società finanziaria che dovrebbe avere un portafoglio di asset liquidabili con relativa facilità. Immagino che qualcuno osserverà: "it' the leverage, stupid!", tuttavia è assai più prosaicamente probabile che si tratti di un lavoro  fatto fare a chi non è in grado di farlo oppure non ha gli incentivi per farlo. 

Lo Stato, che non è in grado di garantire procedure legali efficienti, preferisce garantire implicitamente o esplicitamente le obbligazioni contratte dalle banche, generando moral hazard

Secondo me che non esista relazione di causa effetto fra diseguaglianza e crescita è vero in un sistema chiuso cioè il mondo.

ma se i top earners di un paese "esportano" i loro redditi quel paese crescerà meno che se i redditi fossero distribuiti più equamente. Minore crescita compensata dalla maggiore dei paesi ove i capitali vengono esportati.

Mi pare che in tutte le dittature succeda più o meno questo se si sostituiscono i top earners con la nomenklatura e i risultati sono noti. Esistono poi certamente paesi ove questi redditi restano.

Per dare un giudizio sull'Italia bisognerebbe vedere dove si colloca fra gli estremi precedenti. 

Interessante, ma cosa intendi esattamente per esportano i loro redditi?

Perché se esportano da A per acquistare merci in un'altro paese B dovresti anche dimostrare che non esiste un flusso simile da B verso A oppure verso un terzo C che poi rientra in A. L'analisi potrebbe essere complessa ma forse guardare in aggregato la bilancia commerciale potrebbe aiutare. Esiste una correlazione fra Gini index e sbilanciamento della bilancia commerciale? Senza contare che comunque, in un paese come l'Italia dove i produttori spesso praticano una politica di price differentiation, vedo più probabile sia la fascia con reddito più basso ad acquistare all'estero beni con prezzi inferiori man mano che diventano più poveri. Comunque il ragionamento non dovrebbe cambiare.

Se invece intendi che i top earners accumulano capitale (risparmiano) e questo capitale viene poi investito all'estero, la cosa potrebbe avere senso, ma non sono convinto che il problema di crescita del PIL possa essere imputato all'aumento di diseguaglianza, anzi. In linea di principio la disuguaglianza dovrebbe aiutare a creare un surplus di reddito che si trasforma in capitale concentrato nelle mani di poche persone che poi lo utilizzano per investire. Il punto è che questi capitalisti investiranno dove vedono maggiori opportunità di guadagno, quindi la causa della scarsa crescita sarebbe la scarsa attrattività per gli investimenti, non la disuguaglianza.

Non so se quanto ho scritto abbia senso, a me pare di sì ma attendo feedback dai prof...

Ma non è che state dando troppa importanza a Fassina, come faceste tempo fa con Vendola?

Quando il cs ha governato, chi dettava la linea economica erano i prodi ciampi visco tps, non certo i fassina di turno.

quello che voglio dire è che in un ipotetico governo a guida pd, non ce lo vedo proprio fassina ministro del tesoro oppure a dettare la linea economica. poi magari mi sbaglio.

Questo è un buon punto. A dir la verità Fassina è il responsabile economico del PD, quindi un certo peso lo ha. Ma sono d'accordo che probabilmente il suo peso è assai inferiore a quello, che so, di Visco.

Però qua si fa più che altro una battaglia culturale. Fassina, Vendola, e altri, possono non contare molto individualmente ma segnalano in modo abbastanza chiaro gli umori e le idee che attraversano una parte consistente del paese. E la battaglia va fatta quando tali idee sono irrimediabilmente assurde e sbagliate, come con questa storiella della disuguaglianza che causa la crisi. Vero è che poi quando il centrosinistra andrà al governo probabilmente sarà più pragmatico, ma le idee sbagliate alla lunga fanno danni. Impediscono di vedere i problemi veri e impediscono di individuare le soluzioni.  Quindi sì, ce la prendiamo con Vendola, con Fassina, e con chiunque altro dica sciocchezze ideologiche non sostenute dall'analisi e dai fatti. Le cazzate vanno smontate subito, prima che diventino senso comune. E se vuoi vedere più chiaramente quanto danni possono fare idee confuse e sbagliate che diventano senso comune basta che guardi a Tremonti e al tremontismo.

 

Da banale laureato in economia e commercio non ci ho messo nulla a trovare i riferimenti empirici che di solito fa Brancaccio sul legame tra distribuzione e crescita. Sono tutti pubblicati sul Cambridge Journal of Economics:

cje.oxfordjournals.org/content/32/3/479.abstract

cje.oxfordjournals.org/content/33/1/139.abstract

Visto che Brusco è anche autore della strana definizione di "modello superfisso", gli consiglio di leggere questo articolo di Brancaccio pubblicato sulla Review of Political Economy, dove i coefficienti, guarda un po', sono FLESSIBILI:

www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/09538259.2010.491288

 

Da sempre sono convinto della necessità di difendere le libertà di mercato, e soprattutto il libero scambio internazionale. Se permettete, mi considero anche un liberale. Ho seguito nFA per cercare soddisfazione in un periodo in cui le mie convinzioni venivano pesantemente attaccate. Spesso leggo gli articoli e mi sento convinto e appagato. Altre volte trovo considerazioni di basso livello, come per esempio in alcuni dei commenti a questo articolo.

Devo aggiungere che, quando ho letto il confronto su quella pessima rivista che si chiama Micromega tra Boldrin e Brancaccio mi aspettavo che il primo INFILZASSE il secondo. Non è accaduto, anzi: Brancaccio rispondeva in modo accurato e convincente, mentre il demagogo sembrava l'altro. La cosa non mi è piaciuta perché Brancaccio, che rispetto, è un protezionista, e secondo me sbaglia di grosso!

Spero che la redazione capisca che gli atteggiamenti da saputelli non se li può permettere più nessuno. Spero che liberismo e liberalismo vengano difesi da questa rivista in modo più pacato e CONVINCENTE.

 

 

 

Sono tutti pubblicati sul Cambridge Journal of Economics

 

 

e questo forse spiega giá molto

dimmi che quello è l'articolo dove parla "dell'inversione dell'asse del tempo".... Classic!

 

Ermanno, abbiamo capito che sei stato preso dalla sindrome di Stoccolma e che sei rimasto affascinato dal nemico ;-).... Però non mi sembra il caso che ti scaldi tanto solo per qualche battuta di Boldrin. Ti ricordo che in questa intervista:

www.emilianobrancaccio.it/2010/07/10/liberisti-amerikani-contro-la-lettera/

anche Brancaccio va giù pesante e definisce Boldrin "una specie di morto vivente uscito da un film di Romero".

 

Vediamo di stare sul merito. E sul merito ti faccio notare che su facebook un ragazzo gli ha chiesto di commentare Krugman, e Brancaccio gli dà in parte ragione e ridimensiona i risultati dei post-keynesiani tedeschi. Leggere per credere!

 

 

 

Emiliano Brancaccio. Alcuni economisti postkeynesiani e kaleckiani come Stockhammer, Hein, Vogel ed altri (pubblicati sul CJE 2008, 2009 ecc.) hanno evidenziato l'esistenza di una correlazione non eccezionale ma tutt'altro che trascurabile tra distribuzione funzionale del reddito e crescita del Pil. La cosa non deve meravigliare: le ricerche empriche confermano l'esistenza di uno scarto rilevante tra elasticità dei consumi rispetto ai salari ed elasticità rispetto ai profitti. Inoltre la correlazione sembra crescere quanto meno aperta sia l'economia considerata, dal momento che l'impatto positivo sui consumi di un aumento della quota salari tende a prevalere sull'impatto tendenzialmente negativo sulle esportazioni nette. Ad ogni modo, personalmente ho sempre ritenuto che le analisi in termini di pura distribuzione funzionale siano alquanto limitate, nel senso che è un po' difficile discutere di nessi tra distribuzione, propensioni alla spesa e Pil senza tener conto degli effetti distributivi interni al bilancio pubblico, e alla capacità o meno dello stato di produrre "merci salario". Detto ciò, per valutare seriamente l'opinione di Krugman bisognerebbe entrare più nel merito della sua analisi teorica. Se lui affronta il problema alla luce di un modello mainstream contemporaneo, nel quale vengono ammessi effetti di breve ma vengono esclusi effetti di lungo periodo della domanda effettiva sul Pil, allora non mi sento di condividerlo. Se invece Krugman riconosce l'esistenza degli effetti di lungo periodo ma ritiene che in linea di principio sarebbe possibile creare una economia "malthusiana", nella quale i consumi di lusso trainano la crescita, allora direi che sul piano politico sarebbe un orrore ma che sul piano concettuale si può anche ragionare, al riguardo. La questione teorica sulla quale sarebbe il caso di approfondire, a mio avviso, è che se si esamina il problema adottando un modello di analisi Sraffa-Keynes, per generare crescita trainata dal lusso bisognerebbe fare in modo che le spese di lusso rientrino nelle componenti autonome della domanda. Perché se sono finanziate dai redditi si ricade nel problema della maggiore elasticità dei consumi ai salari e, più in generale, ai redditi più bassi. Sia come sia, sebbene in termini un po' diversi rispetto a Krugman, una critica a una certa "idea di sinistra della crisi" l'ho avanzata pure io, in questi mesi. Ho infatti sempre cercato di spiegare che sarebbe risibile pensare che esista una "quota salari di crescita in equilibrio di piena occupazione". I kaleckiani non debbono cadere in questo errore che, sia pure partendo da basi logiche opposte, finirebbe per risultare simmetrico alla idea fallace di un salario reale di equilibrio inteso come indice di scarsità relativa generato, per esempio, da un equilibrio di crescita stazionaria alla Solow. Chiedo scusa per la tecnicalità del linguaggio ma vado di fretta. Poi magari ci si torna, se serve (ma mi pare che abbiamo qualche altra priorità, al momento)


Quindi, Ermanno, vedi di non essere più realista del re! ;-)


 

 

Marcello Miccoli si sarà pure ben spiegato, ma l'argomentazione è assai debole.

Che i debiti dei poveri siano maggiori di quelli dei ricchi (in proporzione al reddito) e che siano aumentati di più negli ultimi 20 anni è scritto nei dati, con buona pace della "teoria economia", ad esempio nelle Surveys of Consumer Finances.

Io personalmente continuo a pensare che la relazione causale sia quantomeno debole, tuttavia stiamo attenti a giustificare affermazioni con la "teoria economica", perchè poi quando i dati empirici ci contraddicono non facciamo proprio un figurone.

Salvatore, ti posso chiedere esattamente che dati hai in mente? Mi hai incuriosito e ho guardato la SCF del 2004, che contiene dati sull'aumento di debito tra 2001 e 2004 (dovrebbe essere il periodo rilevante, giusto?). Da quel che posso vedere (vedi tabella 11 a partire da pag. 26) a me non pare molto chiaro che il debito sia cresciuto di più per i più poveri. C'è qualcosa che non capisco?

[EDIT] Ho sbagliato a rispondere, non c'è la possibilità di cancellare ? [EDIT]

 

 

 

Non è legittimo e si paga, quando poi si arriva al governo e si scopre che le politiche basate su tali raffazzonate tesi non producono gli effetti sperati.

 

Io credo che la priorita' sia andare al governo per poter gestire e godere del potere che deriva dal controllo delle risorse pubbliche, degli enti di Stato e delle istituzioni.

Le politiche, come i programmi sono fumo negli occhi per i gonzi. Infatti il Pd e' stato contro il referendum per la "privatizzazione dell'acqua" e poi a favore. Per il nucleare e poi contro. E mi limito ai mesi scorsi. Se volessi volgere lo sguardo alle vicende Fiat, ricordo Fassino & Chiamparino pro Marchionne mentre tanti altri si professavano pro-CGIL.

In conclusione nel Pd aualsiasi idea che possa far agguantare una poltrona e' valida. Se poi servono due idee magari in contraddizione poco male. L'importante e' che chi li vota non se ne accorga o non sen lamenti. Che una politica sia praticabile o meno o che produca gli effetti sbandierati e' del tutto irrilevante. Arrivati al potere chi mai si ricordera' le promesse elettorali?

 

 

Io credo che la priorita' sia andare al governo per poter gestire e godere del potere che deriva dal controllo delle risorse pubbliche, degli enti di Stato e delle istituzioni.

 

Vero, ma non comprendo come tu possa individuare questa tendenza solo nel centrosinistra o nel PD e non, come appare palese, anche nel centrodestra e nel PdL. In fondo basta prendere atto cosa c'era scritto nel programma stilato da Martino nel 1994 e cosa è stato realizzato quando il cd è stato al governo. Almeno una piccola parte, ma importante, di quando proposto dal centro sinistra (penso all'agganciamento con L'Euro) è stato raggiunto ma del programma "liberale" di Martino io non vedo proprio nulla.

Tutto vero, ma cio nulla toglie alla validità della frase di Sandro Brusco.

Ci sarà ben una differenza, in come verrà governato un paese, tra chi si fa eleggere propagandando l'idea che la crisi sia dovuta agli sprechi e tra chi da la colpa al sistema capitalista o ai banchieri ebrei ?

Una volta al potere questi (chiunque siano) oltre a goderne i privilegi dovranno, piaccia loro o meno, gestire le incombenze. Nel farlo la visione del mondo che hanno, e le aspettative che hanno creato nell'elettorato, avranno un'influenza e in certi casi questa potrebbe essere nefasta.

 

Un ragionamento che ho letto su un testo pubblicato dalla Harvard Un. Press (stranamente, pensavo che Harvard fosse una istituzione rispettabile) e che non è nè plausibile nè convincente è che per evitare la perdita di consenso delle classi medie e popolari penalizzate dalla crescente diseguaglianza nella distribuzione dei redditi e favorire la stabilità sociale "le classi dominanti" e i politici sia repubblicani come Bush o democratici come Clinton avessero spinto con metodi poco ortodossi, fra cui i mutui subprime e le eccessive garanzie fornite da Fanny Mae ecc. l' acquisizione della proprietà immobiliare anche da parte di chi non se la poteva permettere, creando la bolla immobiliare. Il che a contrario significa che senza l' incremento delle diseguaglianze non l' avrebbero fatto.

Certo che voi economisti siete spettacolari. Se Scarlett Johansson vi incontrasse per strada e vi invitasse fuori a cena non accettereste finché non trovate un "modello coerente" da cu si evince che è una gran gnocca. Questo approccio pseudo scientifico a un sistema che non opera in base a leggi scientifiche è il vostro persitente, originario e immutabile errore che genera mostri. E infatti su 10 economisti dite 11 cose diverse. Più sociologia, psicologia, storia, letteratura e meno fisica. Così finalmente mce la fate a capire che con uno stipendio di 1000 euro non si vive, con tutto ciò che ne consegue e ne conseguirà.

 

Nearco, io sono cresciuto in una famiglia operaia. Per un buon periodo si viveva con meno di 1000 euro al mese (in termini reali). Non ci si indebitava. Semplicemente si consumava meno. Così facevano milioni di famiglie; se vai a guardare i tassi di risparmio italiani nel dopoguerra, in un perido in cui i salari e il reddito reale erano molto più bassi di adesso te ne renderai conto. Vivevo anche con (molto meno) di 1000 euro al mese quando facevo il graduate student. Anche lì, trucco semplice: consumare meno. Quasi mai al ristorante, mai a teatro, macchina scassata in comproprietà con altro studente etc. etc. 

Posso invece chiederti tu da dove trai la certezza che a) l'unico modo di reagire a un reddito basso è indebitarsi b) è facile trovare qualcuno che ti presta i soldi? La mia esperienza diretta, non quella dei modelli, mi dice che è vero esattamente il contrario. In particolare, trovare qualcuno che ti finanzi quando hai pochi soldi e poca probabilità che il tuo reddito aumenti è complicatissimo.

 

con uno stipendio di 1000 euro non si vive

 

Certo che si vive. Milioni di pensionati lo fanno. Anche di lavoratori precari. O meglio si sopravvive, si tira avanti, sperando che non succeda nulla di grave. Certo che a pensare che con un prelievo previdenziale piu' leggero (per esempio abolendole pensioni di anziantà) e con un prelievo fiscale piu' basso (oggi la spesa pubblica sul PIL supera il 50%) quei 1000 euro potrebbero diventare 1300, c'è da chiedersi perché abbiamo (avete, io sono via da 23 anni) sostenuto un sistema che vi rapina mese per mese di cosi' tante risorse.

Forse la risposta è in una famosa storiella genovese.

Si dice che al porto di genova ci fossero due contratti.

1) 20 palanche, ma "zitto e mosca"

2) 10 palanche, ma con "diritto al mugugno"

Gli italiani pare preferiscano il secondo.

 

 

Caro Nearco, quando suggerisci che la gente con mille euro al mese non ce la fa e prima o poi si indebita, forse non lo sai, ma stai utilizzando un modello. E' l'unico modo che ci è dato per dire qualcosa nelle scienze sociali (se preferisci: discipline, non-scienze, antani...). Per le stesse ottime ragioni che citi "contro" l'economia-scienza: che la realtà è un bordello e la gente si ostina a fare quel che le pare.

Quindi se la tua indicazione è: poiché nulla si può dire senza modelli, stiamo zitti, please, lead by example!; se è: poiché la realtà non è scientificamente conoscibile, una cazzata vale l'altra (+letteratura-gnocco fritto &co), allora fai tuo il consiglio di GianniCiardo. Se invece hai un modello o delle critiche sensate, fatti avanti.

Ma di questa cantilena sui modelli irrealistici e la scienza-o-mica-scienza, che salta fuori ormai ad ogni post, non se ne può più. E' l'ultimo rifugio di chi non vuole fare nemmeno lo sforzo di interrogare i propri argomenti ballerini.

Dai, facci su un modellocoerente che magari vinci un altro nobel geniaccio.

e questo post di Furio Colombo,è in tema o va fuori?

www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/17/riprendiamoci-la-ricchezza/164174/

Per carità, abbiamo già discusso di questo signore!

Articolo e argomento molto interessante.  Ho visto recentemente questo modello sul link diseguaglianza dei redditi - crisi economica e vorrei sapere se puo essere valido o meno.

www.voxeu.org/index.php

 

so che non c'entra niente,pero' oggi sono uscite le revisioni del PIL...ci sono scostamenti rispetto ai dati precedenti,il dato base ora è il 2005 e non piu' il 2000...per carità,si tratta di decimi di punto,pero' fa un po' effetto vedere modificate le cifre che fino a ieri utilizzavamo per parlare del PIL italiano.

www.istat.it/it/archivio/43009

la nuova serie di crescita del PIL dal 2001 è la seguente:

2001 + 1,9

2002 +0,5

2003     0

2004 +1,7

2005 +0,9

2006 +2,2

2007 +1,7

2008 -1,2

2009 -5,1

2010 +1,5

ad esempio,dando un occhiata veloce,risulta prendendo i dati del 2010,che nelle serie precedenti le iimportazioni superavano le esportazioni di circa il 2,1%,in queste nuove serie,il dato è diventato dell'1,1%...non mi pare una cosa da poco,qui ci balla un 1% e altra cosa,sempre riguardo esportazioni ed importazioni:dalla vecchia seria,risultava che fossimo in disavanzo tra esportazioni e importazioni nel 2006,2007 e 2008,nella nuova serie,invece siamo in avanzo...

 

qui le serie vecchie

www.istat.it/it/archivio/25004

 

 

 

ad esempio,dando un occhiata veloce,risulta prendendo i dati del 2010,che nelle serie precedenti le iimportazioni superavano le esportazioni di circa il 2,1%,in queste nuove serie,il dato è diventato dell'1,1%..

 

Roberto, la bilancia commerciale (2008-2010) varia cosi' (su PIL)

prima della revisione  -0,7 -,4 -1,8

dopo revisione -,8 -,05 -1,9

bisogna calcolarla (export-import)/pil; Istat dà le variazioni non la % / pil

almeno mi pare ma vorrei conferma

Posso sapere la vostra opinione in merito a questo articolo?

 

<em>Secondo Lazonik, economista del MIT e vincitore del premio Schumpeter,...che ha vinto il prestigioso premio Schumpeter nel 2010<em>

 

Mah, intanto si chiama Lazonick, e insegna all'Universita del Massachusetts. Il riassunto del libro (che non ho letto) mi pare un po confuso.

E' vero che nelle aziende della New Economy (Google nel 2010) i sindacati non ci sono, mentre nelle acciaierie (US Steel nel 1910) avevano un grosso peso. Ma ne segue cha al giorno d'oggi il lavoratore medio non ce la fa... mi sembra troppo semplice. E comunque, anche se fosse vero come si fa a tornare indietro nel tempo...

 

In realtà Krugman non dice niente di risolutivo. Egli dice :

1) La diseguaglianza economica è la causa della crisi  ?
2) Non escludo che ci siano connessioni, ma non vedo un meccanismo chiaro
3) Più uguaglianza è un bene ma non per ristabilire la piena occupazione

Si tratta di una espressione confusa perchè poi mette in mezzo la piena occupazione, ma prima della crisi non c'era piena occupazione, nè la crisi consiste in una diminuzione dell'occupazione per quanto dalla crisi discenda un ulteriore diminuzione dell'occupazione. In realtà si è scelta una citazione di Krugman particolarmente infelice e confusa. Anche il buon Omero a volte dormiva.
Inoltre Krugman della possibilità della crisi si è accorto relativamente tardi, anche se il mondo editoriale ha ripubblicato un suo vecchio libro che parlava della crisi asiatica di fine anni Novanta.

 

un interessante paper fresco di stampa sulla relazione tra disuguaglianza e crisi, qui www.voxeu.org/index.php

con lo stesso riferimento ho postato da un'altra parte (erroneamente)

 

domanda tecnica: non è più possibile il link al singolo commento?