Perché guardare al rapporto spesa/PIL (e non altro)
In generale il livello della spesa pubblica in un paese dipende da molte variabili e le comparazioni internazionali vanno sempre fatte con cautela; non è affatto detto che paesi anche simili in termini di reddito pro-capite debbano avere spesa pubblica uguale per livello e composizione. Tuttavia, fare comparazioni internazionali può essere utile per capire qual è lo sforzo fiscale che viene fatto da un paese. A questo fine la variabile che più ha senso guardare è il rapporto tra spesa pubblica e PIL, piuttosto che il livello assoluto di spesa pro-capite.
Le motivazioni sono state accennate nel post precedente, ma è meglio ribadirle: in generale la spesa assoluta per la produzione di beni pubblici e per l'assicurazione sociale non può che dipendere dal reddito pro-capite del paese. Tra le principali voci di spesa per la produzione di servizi, educazione e sanità hanno una forte componente di costo del lavoro il cui valore assoluto dipende dal reddito pro capite (e quindi dal livello dei salari) del paese. Il livello delle pensioni dipende anche esso dai contributi versati e dai salari percepiti, entrambe variabili correlate positivamente con il reddito pro capite. Lo stesso vale per altri tipi di assicurazione sociale, come l'indennità di disoccupazione.
Anche ignorando tutti i problemi legati al diverso livello dei prezzi interni e (in alcuni casi) al tasso di cambio, non è ben chiaro quali conclusioni si dovrebbero trarre dal fatto che la spesa pubblica pro capite è più bassa nei paesi con più basso reddito pro-capite. Per intenderci, consideriamo la seguente tabella, che esprime la spesa delle famiglie per beni durevoli in euro correnti (niente PPA, ''dati deflazionati al PIL'' o altre cose più o meno complicate, semplicemente gli euro che usiamo tutti i giorni). Visto che i dati sono recenti e relativi a un peridodo di bassa inflazione esso sono molto facilmente interpretabili. La fonte è sempre il database di Eurostat (guardare la sezione ''Final Consumpion Aggregates, current prices'').
Spesa delle famiglie per beni durevoli, euro per abitante | 2010 | 2011 | 2012 |
Germania | 1700 | 1900 | 1900 |
Francia | 1500 | 1500 | 1400 |
Italia | 1300 | 1300 | 1100 |
Gli italiani consumano meno beni durevoli per capita di francesi e tedeschi. Il consumo di questi beni è calato negli ultimi 3 anni in Italia e Francia (ma di più in Italia) mentre è aumentato in Germania. Questo riflette principalmente il fatto che gli italiani hanno un reddito pro capite inferiore di francesi e tedeschi e il fatto che l'Italia ha subito una contrazione del PIL negli ultimi tre anni. Ora la domanda per Fassina è: che dovrebbero fare le famiglie italiane che vengono rese edotte di questi dati? Se ragionassimo nello stsso modo che Fassina fa per la spesa pubblica, occorrerebbe ingiungere loro di correre a comprare automobili e frigoriferi firmando cambiali, in modo da portarsi a pari almeno della Francia. Ma spero che risulti chiaro a tutti che tale conclusione è abbastanza assurda. Il semplice dato di fatto è che quando hai un reddito più basso, non solo la spesa pubblica ma anche la spesa privata tende a essere più bassa. Come detto prima, se proprio comparazioni internazionali vogliamo fare occorre farle in rapporto al reddito nazionale.
Suggerisco un esercizio ulteriore per i volenterosi: se, usando i dati esposti da Fassina nel suo articolo, si concludesse che l'Italia dovrebbe aumentare del 25% la propria spesa primaria in modo da portarla allo stesso livello pro-capite della Germania, di quanto dovrebbe salire il rapporto spesa pubblica/PIL? Esiste in tutta Europa qualche altro paese con simili livelli di spesa? E se si volesse mantenere al tempo stesso il rapporto deficit/PIL al di sotto del 3%, di quanto dovrebbe crescere la pressione fiscale? Provate a fare due conti e vi renderete immediatamente conto dell'assurdità della cosa.
Uno sguardo all'Italia
Stabilto che è meglio guardare alle variabili in rapporto al PIL anziché in valori assoluti, prima di passare a comparazioni internazionali vorrei focalizzarmi esclusivamente sull'Italia, perché sia più chiaro qual è stato nell'ultimo mezzo secolo il percorso delle finanze pubbliche. Per quanto riguarda la spesa, il suo andamento è mostrato in questo grafico.
La linea rossa è la spesa primaria, ossia quella al netto degli interessi. Quello che è successo si può brevemente raccontare così. Nei venti anni tra il 1960 e il 1980 l'Italia ha aumentato la spesa primaria di 10 punti, passando dal 30% al 40% del PIL. Negli anni 80 il processo di crescita è continuato ed è esplosa la spesa per interessi, conseguenza da un lato degli elevati tassi dell'epoca e del perdurare di disavanzi primari (ossia, anche al netto degli interessi, i governi italiani continuavano a spendere più di quello che incassavano). Il processo di crescita si ferma con la crisi del 1992. Nel periodo 1992-2001 la spesa primaria rimase poco sopra il 40% del PIL. La riduzione della spesa complessiva fu essenzialmente una riduzione della spesa per interessi. Da un lato siamo stati beneficiati dai minori tassi e dall'altro il governo italiano ha iniziato ad avere avanzi primari, ossia ha fatto aumentare la pressione fiscale fiino a far sì che le entrate superassero la spesa primaria. Poi, con il nuovo secolo, arrivò al governo il centrodestra (a parte il biennio prodiano) che riprese le vecchie abitudini craxiane, tornando a far crescere la spesa primaria ed evitando di abbassare la pressione fiscale. Finché e scoppiata la crisi, e siamo stati costretti in fretta e furia a tagliare la spesa e aumentare la pressione fiscale nel peggior momento e nelle peggiori condizioni possibili.
Che gli avanzi primari siano stati ottenuti principalmente mediante un aumento della pressione fiscale si può apprezzare dal seguente grafico.
La pressione fiscale ha seguito l'aumento della spesa ma solo con ritardo, dando tempo e modo di accumulare il debito pubblico che ora pesa come un macigno sull'economia. La pressione fiscale ha superato il 40% nel 1992 (quando risultò pari al 41,7%), ossia circa un decennio più tardi della spesa primaria. Da allora non è mai scesa sotto tale soglia. Lo sforzo di risanamento è quindi stato fatto massicciamente sul lato delle entrate (e in parte dalle privatizzazioni, che pure hanno avuto una certa importanza).
La storia degli ultimi 3 anni, a partire dal momento in cui le classi dirigenti di questo paese hanno preso paura che tutto andasse a gambe all'aria, non è tanto differente, anche se credo sia giusto riconoscere uno sforzo per contenere l'aumento della spesa pubblica, ma la discuterò nel post successivo.
Tirando le somme, questa non è esattamente una storia di frugalità del settore pubblico. Al contrario, gli unici vincoli alla crescita della spesa primaria sembrano essere stati dati dall'eccessivo debito accumulato. Quando si è trattato di imporre sacrifici, questi sono stati imposti principalmente mediante un aumento della pressione fiscale piuttosto che riducendo la spesa primaria. E appena la spesa per interessi ha iniziato a scendere la spesa primaria è ripartita.
Comparazioni internazionali
Considerata in rapporto al PIL, com'è la spesa pubblica italiana rispetto ad altri paesi? In breve direi che una risposta corretta dovrebbe essere: più alta della media, ma non così tanto più alta rispetto ai principali paesi europei. Siccome i dati li hanno già elaborati i colleghi de lavoce.info nel corso della famosa polemica bersaniana sulla spesa pubblica al netto di pensioni e interessi, mi limito qui a richiamare il loro articolo e ripubblicare i loro grafici. Cominciamo dalla spesa pubblica complessiva.
La fonte dei dati è Eurostat; lavoce.info non scrive l'anno di riferimento ma credo sia il 2010 (non cambia molto). L'Italia spende di più della Germania (il paese al quale vorremmo assomigliare) e della Spagna (il paese cui siamo più vicini per reddito pro capite), ma spende meno della Francia e dei paesi scandinavi (ignorate il dato irlandese che è falsato da fattori temporanei connessi ai salvataggi bancari).
La spesa pubblica italiana è anormalmente più alta degli altri paesi principalmente per due voci: pensioni e interessi sul debito. Senza queste due voci la spesa pubblica italiana non appare eccessiva, comparata con altro paesi dell'Unione Europea. Anche qui, i colleghi de lavoce.info hanno già fatto le elaborazioni grafiche che mi limito a ripubblicare.
È la famosa battuta della ''carbonara al netto di pancetta e uova'' di Carlo Stagnaro. Se escludiamo pensioni e interessi la spesa pubblica italiana è bassa. Peccato che pensioni e interessi contino per più del 20% del PIL e per poco meno della metà della spesa pubblica complessiva.
Come ultimo elemento di evidenza, propongo il seguente grafico tratto da dati OCSE, per dare uno sguardo più completo che include anche paesi non europei.
La spesa italiana è nettamente superiore alla media OCSE. Svizzera e Australia hanno una spesa pubblica nettamente inferiore alla nostra, di circa 15 punti di PIL; hanno anche un livello di disuguaglianza, come misurato dall'indice di Gini, inferiore al nostro. Lo so che non vuol dire molto, ma lo faccio notare giusto per mettere in guardia chi fa connessioni meccaniche tra aumento della spesa pubblica e riduzione della disguaglianza.
Ma veramente la spesa pubblica non si può tagliare?
Nella testa di Fassina e della sinistra ''non subalterna al neoliberismo'' la spesa pubblica ha sostituito il salario come variabile indipendente. Il modo di ragionare sembra essere il seguente. In Italia abbiamo una alta spesa per interessi, circa il 5% del PIL. Non possiamo fare nulla per ridurla. Abbiamo anche una alta spesa per pensioni. Qui, tutto quello che volevamo fare per ridurla, a anche un po' di più, è stato fatto da Elsa Fornero, per cui ora ce la teniamo così. Per quanto riguarda tutte le altre voci, vogliamo comunque spendere come gli altri. Fassina, con scarsa competenza, richiama i livelli assoluti della spesa pubblica pro-capite. Una versione più sensata guarda ai livelli di spesa in rapporto al PIL. Era questo il senso della affermazione di Bersani sulla spesa pubblica ''al netto di pensioni e interessi''.
Visto che la spesa per pensioni e interessi non si può toccare e che il resto della spesa non si vuole toccare, le uniche valvole di sfogo restano l'incremento del debito e/o della pressione fiscale. Agli eroi che ci governano piacerebbe spendere a debito, ma incomprensibilmente i cattivoni tedeschi non ce lo lasciano fare. Non resta quindi che adeguare la pressione fiscale, che finisce per assumere il ruolo di variabile residuale. Per inciso, questo non è solo il pensiero della sinistra ''non subalterna al neoliberismo''. Tremonti, un altro che non era subalterno, diceva e soprattutto faceva le stesse cose. E con lui praticamente tutto il centrodestra reale, quello degli atti di governo e non dei proclami ideologici (peraltro grottescamente ignoranti e confusi). Il ruolo di variabile residuale della pressione fiscale è stato in alcuni casi esplicitamente previsto in provvedimenti legislativi tremontiani, per esempio quello che ha condotto all'aumento dell'IVA: si chiede al parlamento di contenere la spesa ma se non ci si riece si aumentano automaticamente le tasse.
Ma a differenza di quello che dice Fassina non è affatto vero che la spesa sia irriducibile. Occorre fare scelte politiche. Fassina (in numerosa, se non buona, compagnia di tutto lo spettro politico) ha optato per la scelta di tenere alta la spesa e la pressione fiscale. Hanno preso i voti e hanno il diritto di farlo. Non raccontino però che è l'unica cosa possibile.
Il 2001 fu l'ultimo anno di governo del centrosinistra. In quell'anno la spesa primaria, come frazione del PIL, risulto èssere pari al 41,6%. Nel 2013, secondo i dati contenuti nella Nota di aggiornamento al DEF elaborata lo scorso settembre dal governo di cui Fassina fa parte, è risultata pari al 46,5%. Veramente sarebbe macelleria sociale riportare la spesa primaria dove era al termine dell'esperienza dei governi di centrosinistra degli anni '90, prima che Tremonti riprendesse a farla crescere? Qui è utile dare un'occhiata a quali voci di spesa sono cresciute. Useremo i dati della classificazione per classi di spesa elaborati dall'eurostat (per chi è interessato a un'analisi comparativa più sistematica consigliamo la pubblicazione sulla spesa pubblica in europa della Ragioneria Generale). Il 2011 è l'ultimo anno disponibile a un sufficiente livello di disaggregazione. La seguente tabella mostra l'andamento della spesa primaria, per interessi e totale.
2001 | 2011 | |
Spesa primaria | 41,5 | 45,1 |
Spesa per interessi | 6,2 | 4,8 |
Spesa totale | 47,7 | 49,9 |
Come si vede, il decennio ha visto un calo della spesa per interessi più che controbilanciato da un aumento della spesa primaria. Il dato 2011 è influenzato dalla recessione, che ha ridotto denominatore del rapporto spesa/PIL, ma lo stesso è abbastanza evidente che tutto questo sforzo di risanamento non c'è stato. Questa è la principale ragione del panico che si è verificato nei mercati quando i tassi d'interesse sul nostro debito hanno iniziato a salire. Nel decennio precedente l'Italia si era dimostrata incapace di controllare l'espansione della spesa primaria e aveva garantito l'equilibrio di bilancio con alta pressione fiscale e decrescente spesa per interessi. Essendo i margini per un uteriore aumento della tassazione ormai ridotti, l'aumento della spesa per interessi rischiava di rimettere il debito pubblico su un sentiero esplosivo.
Stablito che la spesa primaria è aumentata, quali sono le voci che più sono cresciute? Ecco la ripartizione.
Categoria di spesa | 2001 | 2011 |
Servizi generali (esclusa spesa interessi) | 3,4 | 3,8 |
Difesa | 1,1 | 1,5 |
Ordine pubblico e sicurezza | 1,9 | 2,0 |
Affari economici | 4,3 | 3,6 |
Protezione ambiente | 0,9 | 0,9 |
Abitazioni e territorio | 0,8 | 0,7 |
Sanità | 6,3 | 7,4 |
Cultura, tempo libero, religione | 0,9 | 0,6 |
Istruzione | 4,7 | 4,2 |
Pensioni e previdenza | 17,3 | 20,5 |
Qui si capisce meglio l'amnesia selettiva di Fassina, che nel suo articolo si è dimenticato di analizzare tra le voci di spesa proprio quella che pesa di più e che è cresciuta di più, la spesa per pensioni e previdenza.
Questo articolo è già troppo lungo, quindi vado alle conclusioni. L'affermazione per cui la spesa pubblica italiana è drammaticamente inferiore a quella dei principali paesi europei è falsa. Quando misurata in rapporto al PIL l'Italia mostra un livello di spesa elevata, anche quando si guarda solo alla spesa primaria. Ed è vero che la nostra spesa è mal distribuita. Nell'ultimo decennio abbiamo ridotto la spesa per istruzione per aumentare la spesa per pensioni, oltre a mangiarci il risparmio della spesa per interessi. Prima della ''grande paura'' durante l'ultima recessione non c'è stato alcuno sforzo serio di contenimento della spesa primaria. Ma sapete qual è la cosa più buffa di tutto questo? Che la colpa di questo andamento dissennato è principalmente del centro destra. Che, come Fassina, evidentemente non è subalterno al neoliberismo.
Nella prossima e ultima puntata tirerò le somme e spiegherò perché è giusto e necessario parlare di bancarotta intellettuale e morale per quel pezzo di sinistra che si rifà a Fassina.
Si', un/a volenteroso/a si faccia avanti, esercizio interessante. Magari da spedire a Fassina.
Grazie al Prof. Brusco, innanzitutto. Editoriale utilissimo ('salvifico' in tempi in cui tutti affannosamente sono dediti a presentarsi quali'Veltri' danteschi.) Esercizio ulteriore?
Classification of the Functions of Government) by country, potrebbe essere l'esercizio ulteriore.
Confronto analitico, in termini relativi, con la Germania; se ne vedrebbero delle belle
Un semplice spreadsheet Xl.
Gia' solo di servizi generali: DE 6.1. ITA 8.3 Sono 2.2 punti in piu' di servizi generali. Non vivo piu' in Italia (o Itaglia/Italide, secondo la sconfortante...'vulgata' odierna) ma mi sfuggiva che i servizi Italiani fossero superiori a quelli tedeschi...Chissa', forse Voltremont direbbe il contrario...
Il tema reale, pare sia anche quello della qualita' della spesa e dei servizi...(su Marte, circola la strana voce per cui occorrerebbe lavorare, per avere servizi migliori a costi inferiori...)
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Glossary:Classification_of_the_functions_of_government_(COFOG)
http://www.oecd-ilibrary.org/docserver/download/4211011ec011.pdf?expires=1382771741&id=id&accname=guest&checksum=AC78C29988C0205F35D1524AD60A1CBA
Mi riferivo a questo invito di Sandro (ma sono stato troppo implicito):