Questa settimana: il famoso piano Juncker; gli ultimi dati Istat sull'occupazione; la ''crisi provocata dalla disuguaglianza'', edizione scandinava; una letture seria sull'ebola; miglioramenti in Grecia?
Buona lettura e buon fine settimana.
- Il Post si caratterizza e differenzia da altri media italiani per gli articoli ''didattici'', ossia articoli in cui si forniscono informazioni base sulle vicende contemporanee. Questo articolo sul piano Juncker è un ottimo esempio. La trovo un'eccellente abitudine e ritengo che il valore aggiunto sia estremamente alto. Nel dibattito politico che avviene per slogan sembra che il piano Juncker sia la pallottola d'argento contro tutti i mali europei. Capire cosa è e quali tempi richiede aiuta molto a dare la giusta dimensione alla cosa, al di là delle incertezze che permangono sulla sua realizzazione. Una cosa che non si capisce bene, ma sospetto sia soprattutto colpa delle persistenti ambiguità del piano e non degli estensori dell'articolo, è da dove dovrebbero arrivare i profitti per remunerare gli investimenti privati che costituiscono il grosso del piano [aggiunta: Tito Boeri su lavoce.info articola le perplessità sul piano Juncker molto meglio di come sarei in grado di fare io; forse sono troppo cattivo, ma il piano Juncker mi pare della stessa qualità del piano ''da 400 miliardi'' di Passera.].
- Bisogna sempre resistere alla tentazione di dare peso eccessivo a un singolo dato mensile o trimestrale; era vero per il mese di settembre, quando un dato positivo sull'occupaizone generò la solita esuberanza renziana, ed è vero per il dato di ottobre, che si è prontamente incaricato di smentire i facili ottimismi. Chi cerca soluzione facili e rapide è destinato a restare deluso. La ripresa dell'occupazione richiederà tempo, ed è sempre a rischio.
- All'inizio della crisi andavano di moda in certi ambienti (quelli della ''sinistra non subalterna al neoliberismo'', per dirla con Fassina) la teoria secondo cui la crisi finanziaria è stata causata dall'aumento della disuguaglianza. Non esisteva né un modello teorico né chiara evidenza empirica di questo nesso; era semplicemente una tesi politicamente comoda. Paul Krugman ce lo ricorda con un esempio in più: all'inizio degli anni Novanta la Svezia ebbe una crisi finanziaria che ricorda molto da vicino quella del 2008; ma naturalmente la Svezia è un paese in cui la disuguaglianza è decisamente bassa secondo tutti i criteri. Si può discutere sull'effetto della disuguaglianza sulla crescita di lungo periodo, ma al momento continuiamo a non avere né evidenza empirica né modelli teorici che leghino le crisi finanziarie all'aumento della disuguaglianza. In effetti perfino Fassina e i suoi amici non-subalterni si sono messi a cercare altre tesi politicamente convenienti; va molto ultimamente l'uscita dall'euro (pardon, il superamento).
- L'ebola è una cosa maledettamente seria, anche se certi presidenti della camera la usano per coprirsi di ridicolo. Nella serie degli articoli ''didattici'' de Il Post, ho trovato veramente eccellente questo articolo di Davide De Luca sulle origini e la diffusione della malattia.
- Nicholas Gage è un giornalista e scrittore greco-americano di una certa fama. Ha scritto un interessante articolo sul New York Times riguardo i progressi che si sono fatti in Grecia sul fronte fiscale ed economico. Bicchiere mezzo pieno: il paese ha ora un avanzo primario e il PIL è tornato a crescere (ma, di nuovo, attenti a mettere eccessiva enfasi su un singolo dato). Bicchiere mezzo vuoto: la primavera prossima può andare tutto a ramengo se c'è una crisi politica e Tsipras vince le elezioni.
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...In sostanza dice che le cose vanno bene, ma i Greci sono troppo stupidi per accorgersene, quindi non sia mai ci siano elezioni, meglio lasciare le decisioni all'elite.
Mi pare un'atteggiamento un tantino elitario e antidemocratico. E non capisco, "se le cose vanno meglio", come mai l'autore e' cosi' convinto che la maggioranza della popolazione non voterebbe i partiti responsabili del miglioramento.
Quello che dice Gage è che le cose stanno migliorando (non che vanno bene) ma che la vittoria di Tsipras alle prossime elezioni potrebbe bloccare il progresso. Si può essere d'accordo o meno, ma non ci vedo niente di elitario o antidemocratico (mica sta dicendo che non vanno fatte le elezioni).
Alternativamente, possiamo ridefinire i termini e decidere che chiunque sia scontento del risultato di una elezione, passata o futura, è elitario e antidemocratico. Visto che tu sei sicuramente democratico immagino ti siano piaciute le passate vittorie di Berlusconi in Italia. A me non sono mai piaciute e le ho sempre considerate una sciagura per il paese, ma io ovviamente sono un elitario antidemocratico.