La Presidente della Camera ha risposto a questa osservazione con una lettera al Foglio, ribadendo la sua posizione: “Confermo la tesi parola per parola – dice Boldrini - Non vale a smontarla, infatti, l’argomento che il Foglio mi oppone, quando ricorda che “i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Banca Mondiale dicono che nei paesi maggiormente colpiti dall’epidemia la spesa sanitaria è costantemente cresciuta”. Questa obiezione trascura di specificare se la spesa è destinata al pubblico o al privato. Infatti il costo complessivo della sanità non è mai, da solo, un indicatore sufficiente di efficienza e di qualità”. La Presidente della Camera dice che a essere rilevante non è l’aumento della spesa sanitaria, ma la quota di spesa pubblica sul totale: “Secondo i dati Oms e Bm, dove la sanità è prevalentemente pubblica – come in Svezia o in Francia – i risultati sono migliori, ad esempio nell’aspettativa di vita e nella mortalità infantile, di quelli degli Stati Uniti, che pure spendono di più ma destinano al pubblico meno risorse. Nei paesi più colpiti da Ebola, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica è di gran lunga inferiore rispetto a quella privata. In questa spinta verso il privato c’entrano non poco le politiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale”. Boldrini inoltre ricorda, citando l’Economist, che quei paesi hanno sottovalutato il problema, non si interessano ai problemi della sanità e sono tra i peggio governati al mondo e chiude con una domanda “non sarebbe meglio discutere di un tema così serio come la diffusione di Ebola senza inforcare le lenti dell’ideologia, e guardare in faccia con realismo gli esiti di determinate politiche?”, intendendo che gli occhiali dell’ideologia siano inforcati da chi ha opposto dubbi sulla sua ricostruzione.
Se la Presidente della Camera conferma la sua tesi “parola per parola”, sbaglia. Non perché dia una diversa interpretazione dei fatti, ma perché dà un’errata lettura dei dati: la spesa pubblica, tralasciando quella privata, è in questi paesi costantemente aumentata. Non ci sono stati tagli brutali alla spesa pubblica sanitaria per il semplice fatto che era impossibile farlo in paesi in cui questa spesa era pressoché nulla fino a pochi anni fa. Valga come esempio la Liberia, che esce da una lunga e sanguinosa guerra civile che ha distrutto oltre il 90% delle strutture sanitarie. Parliamo di uno dei paesi più poveri al mondo, con un’aspettativa di vita tra le più basse, dove mancano medici, infermieri e professionisti sanitari, dove si stanno faticosamente costruendo strutture che però coprono solo alcune aree, a cui si sommano nell’affrontare un problema così grande come l’epidemia di ebola anche grossi limiti di tipo culturale: molte popolazioni per tradizione e convinzioni religiose sono contrarie alla cremazione dei cadaveri e la gran parte dei contagi è avvenuta proprio durante le tradizionali cerimonie di sepoltura in cui si toccano e baciano le salme, molti si rivolgono ai santoni piuttosto che al personale sanitario, i parenti spesso continuano ad assistere i familiari colpiti dal virus esponendosi al contagio e altri non si fidano dei medici stranieri, ritenuti degli untori piuttosto che dei guaritori. Trascurare il contesto economico (circa il 90% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno), politico (paesi dilaniati da guerre civili e con governi incompetenti quando non corrotti), culturale (tradizioni che agevolano la diffusione del virus) e di competenze (i paesi e il personale medico non sapevano come limitare il contagio perché per loro è la prima epidemia d’ebola) per trarre nessi di causalità da un’unica variabile come la percentuale di spesa sanitaria privata in rapporto a quella pubblica, è quantomeno imprudente.
Tanto più che l'incidenza della spesa sanitaria pubblica rispetto a quella privata è un indicatore difficile da interpretare. Non ci risulta infatti che esso sia utilizzato nel mondo scientifico per analisi di causazione, come fatto da Boldrini. Il motivo è semplice: sono talmente tante le variabili in gioco quando si confrontano paesi molto diversi che sarebbe quantomeno azzardato imputare le differenza a questo rapporto. Stesso discorso quando la Presidente della Camera dice che “dove la sanità è prevalentemente pubblica come in Svezia o in Francia” ci sono risultati migliori nell’aspettativa di vita e nella mortalità infantile “di quelli degli Stati Uniti, che pure spendono di più ma destinano al pubblico meno risorse”. Questo nesso, senza considerare tantissime altre variabili, non dimostra alcunché. Anzi, quest’affermazione è un evidente caso di quello che gli anglo-sassoni chiamano cherry-picking, ovvero l’errore logico di chi tenta di dimostrare una tesi pescando solo i dati che confermano la propria posizione. Sicuramente in questo caso non si tratta di una manipolazione volontaria, più probabilmente di una distorsione visiva causata da quelle “lenti dell’ideologia” di cui sopra. Per smentire la tesi della Presidente basta vedere i dati sulla composizione della spesa sanitaria dei paesi Ocse, che sono assimilabili per caratteristiche socio-economiche. Tralasciando il fatto che negli Stati Uniti la spesa pubblica sanitaria pro-capite è più alta che in Svezia e in Francia, basta prendere un paese come la Svizzera, dove la quota di spesa sanitaria privata è più alta che in Francia e Svezia, per notare che lì c’è un’aspettativa di vita più alta, la più alta del mondo per la precisione. Stesso discorso per la mortalità infantile. In Danimarca e Olanda, dove la quota di spesa pubblica è molto alta c’è una mortalità infantile superiore a quella di Spagna, Portogallo, Corea del Sud e tanti altri paesi dove c’è una quota di spesa privata più elevata. Questi dati suggeriscono che stiamo parlando di una questione molto complessa, che non può essere ridotta al gioco di una sola variabile e al ruolo delle “politiche liberiste” e che pertanto è ardito, soprattutto da parte di rappresentanti della Repubblica italiana, accusare istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale di avere responsabilità per la diffusione dell’ebola sulla base di correlazioni scivolose.
Per il resto, è condivisibile l’idea della Presidente della Camera che il sistema sanitario svedese sia preferibile a quello liberiano, ma parliamo del risultato e dell’approdo di un lungo percorso di sviluppo sociale, istituzionale ed economico e non di un modello trapiantabile ad altre latitudini e in contesti completamente diversi. Se Monrovia avesse gli ospedali svedesi sarebbe una piccola Stoccolma. Ma se così non è, la causa è da ricercarsi in povertà, guerre e miseria, non in presunte “politiche liberiste”.
'sta cosa mi fa venire in mente uno studio di Max Weber, "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", dove in qualche modo mette in relazione il calvinismo e il capitalismo. Non ovviamente nel senso che la fede protestante sia stata il motore del capitalismo, ma uno dei suoi (possibili) volani. Forse anche nel senso che mentre i protestanti promuovevano la lettura della Bibbia, cosa che di fatto includeva direttamente la capacità di leggere e di commentare acriticamente (o criticamente? bah!) e quindi di dare un nuovo senso al lavoro, al suo sviluppo, all'onestà, alla moralità e finanche al tempo "misurato", la fede cattolica quasi censurava la lettura diretta di quel testo sacro che veniva invece commentato e "liberamente" interpretato dall'ordine sacerdotale. E mentre i protestanti, più o meno involontariamente, davano una nuova interpretazione al concetto di lavoro (per questo forse in senso liberista e capitalista), i cattolici continuavano a teorizzare un lavoro concettualmente basato sulla fatica in senso anche conservativo.
E un po' la Boldrini fa un'operazione invece inversa. Mentre Weber propone il capitalismo come funzione del calvinismo, la Presidente della Camera teorizza l'ebola come una funzione del capitalismo.
E siccome al peggio non c'è mai fine, domani qualche illustre parlamentare (magari Paolo bernini del m5s) si affretterà a ipotizzare la spinosa questione di una "funzione di funzione" dove l'ebola è il prodotto della fede protestante.
abbiamo già discusso in maniera accanita sulla tesi di Max Weber qualche settimana fa, preferirei evitare un bis.