Questa settimana: ancora sul ''jobs act''; l'intervista di Passera al Corriere; l'incertezza sulla politica tributaria; le radici psicologiche delle preferenze politiche.
Buona lettura e buon fine settimana.
- Marco Leonardi su Linkiesta offre alcune riflessioni sul jobs act, dopo i primi decreti attuativi. La tesi è che l'obiettivo principale è favorire l'accordo tra le parti, evitando il ricorso al sistema giudiziario. C'è anche un originale incentivo fiscale: ''A questo fine non solo l’importo della conciliazione è esente da tasse, ma anche il possibile indennizzo in caso di giudizio è stato limitato ad una cifra doppia di quella ottenibile in sede di conciliazione. Il lavoratore può rifiutare l’offerta di conciliazione e cercare in tribunale un indennizzo maggiore, ma oltre al rischio di perdere la causa non può comunque in nessun caso ottenere più del doppio della cifra stabilita dalla conciliazione. Le spese per un avvocato e le tasse da pagare sull’eventuale indennizzo ottenuto in sede di giudizio (che a differenza dell’importo della conciliazione è soggetto a tassazione) dovrebbero dissuadere la maggior parte delle cause di lavoro.''
- Corrado Passera continua a promuovere il suo movimento. Io continuo a restare scettico. I sogni di ''destra civile'' in Italia si infrangono sempre alla prima elezione. e temo che così sarà anche per il movimento di Passera. Ma noto che almeno ha smesso di parlare dello ''shock da 400 milardi''. Immagino la ragione principale sia che i 100 milardi della liquidazione anticipata (un quarto dello ''shock'') sono stati appropriati da Renzi. Per chi voglia leggere una critica allo ''shock da 400 miliardi'' e più in generale al programma di Italia Unica rimando ai miei articoli pubblicati a settembre dell'anno scorso (qui, qui e qui). Le critiche non hanno mai ricevuto risposta.
- Mario Seminerio fornisce un quadro a mio avviso corretto di quanta sia aumentata l'incertezza sulla politica tributaria dopo le lezioni del 2013, a partire dall'idiotissima abolizione (per un anno) della tassa sulla prima casa. Visto che il governo sembra essere convinto che dalla crisi si esce convincendo gli italiani a consumare di più, ossia a risparmiare meno, consigliamo almeno di ripassare il concetto di ''risparmio precauzionale'' e dell'effetto sullo stesso di un aumento dell'incertezza sul profilo temporale e l'entità dei pagamenti tributari.
- Per quel poco che conosco della materia, c'è un ampio dibattito in psicologia sull'associazione tra tratti caratteriali-culturali e preferenze politiche. Per chi, come me, è abbastanza ignorante sui termini del dibattito l'articolo di Malka e Inzlicht sul New York Times di oggi può costituire una utile introduzione. Questo il pezzo interessante: ''Analyzing responses from over 70,000 people from 51 countries, we found that people with a conservative personality did indeed tend to adopt culturally conservative attitudes on matters like abortion, homosexuality and immigration. On this count, the rigidity of the right model seems to be valid. But when it came to economic matters related to social welfare policy and economic intervention — the central feature of the left-right divide in much of the world — the results were far different. People with a conservative personality tended to lean slightly to the left.''
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Io ho l'impressione che l'articolo sia confuso, forse perchè gli autori non riesccono ad armonizzare i dati provenienti da molti paesi diversi Prendiamo ad esempio un personaggio come Geert Wilders oppure, sempre per restare in Olanda, il defunto Pim Fortuyn le cui idee politiche (differenti fra i due) sono ben conosciute: come si collocherebbero nel quadro tratteggiato da Malka Inzlich? Un po' meglio andrebbe in Italia: Camusso & Landini sarebbero collocati a pieno titolo fra le "personalità conservatrici", ma chi glielo dice?