Non ho nessuna pretesa corporativa di difendere i miei colleghi economisti italiani. In questo sito del resto, non abbiamo mai perso l'occasione di evidenziare le carenze dell'università italiana e di alcuni suoi esponenti nella materia che più conosciamo, anche denunciando pubblicamente molte sconcezze riscontrate in fase concorsuale. Non ho la pretesa di dire l'ultima parola sul tema, ma vorrei mettere almeno sollevare qualche punto interrogativo a beneficio di chi legge quanto scrivono e sostentono i sostenitori del suddetto mito. Se qualcuno ha dati migliori di questi, che ce li mostri e saremo ben contenti del sapere che in Italia siamo fra i primi al mondo in qualche disciplina. La qual cosa non smentirebbe, in ogni caso, la mia tesi di fondo: nell'università italiana si sprecano risorse, ed è urgente (ancorpiù se il sottoscritto avesse torto) redistribuirle da parassiti a produttivi.
Le critiche al post precendente miravano ad un bersaglio diverso, quello della produttivita' scientifica del sistema universitario, che richiede dati ulteriori per essere valutata. Qualcuno se ne è poi accorto: meglio tardi che mai, anche se il tema è complesso e dubito sia esauribile nell'ambito di un blog post. Focalizziamoci allora ancora sulla produzione e chiediamoci se, almeno in qualche disciplina, l'Italia abbia una produzione scientifica commensurabile alle sue dimensioni socio-economiche .
Ho usato lo stesso criterio del post precedente calcolando la produzione di ricerca (articoli e citazioni), pro capite e per euro di PIL, per dodici diverse aree scientifiche. Pur con i suoi limiti (ampiamente evidenziati) di essere una misura imperfetta della produttivita', confrontare la quantità di ricerca prodotta con la dimensione di un paese in termini economici e di popolazione è certamente un criterio utile per comparare la produzione di ricerca nelle varie discipline. I dati provengono originariamente dal database SCOPUS e sono stati scaricati da SCIMAGO; le aree riportate in quel sito sono state aggregate in modo da rispecchiare il più possibile la classificazione delle aree tematiche dell'ANVUR. I dati scaricati riguardano articoli e citazioni prodotti nel periodo 1996-2010. I dati su PIL e popolazione sono stati estratti da PENN World Table, usando l'anno 2000 come riferimento.
La tabella sottostante riporta la posizione dell'Italia nella classifiche mondiali del numero di citazioni e di articoli, pro capite e per dollaro di reddito prodotto. Per confrontare queste posizioni, si ricordi che l'Italia è l'ottavo paese al mondo in termini di PIL (al decimo aggiustando per potere d'acquisto) e al diciannovesimo per popolazione. Più popolosi di noi sono i seguenti nove simpatici paesi: Indonesia, Pakistan, Nigeria, Bangladesh, Vietnam, Filippine, Etiopia, Congo, Tailandia, oltre ad altri quattro paesi cui non sono sicuro vogliamo paragonarci nel campo della produzione scientifica (Messico, Egitto, Iran, Turchia). Insomma, volendo essere benevolenti, per dichiararci soddisfatti vorremmo nella tabella numeri non troppo lontani dal 10, e possibilmente qualche casella con numeri sotto il 10.
Materia | % Doc mondiali | Cit/PIL rank | Cit/Pop rank | NrDoc/PIL rank | NrDoc/Pop rank |
---|---|---|---|---|---|
Scienze matematiche e informatiche | 4.02 | 31 | 24 | 39 | 27 |
Scienze fisiche | 3.83 | 30 | 19 | 37 | 19 |
Scienze chimiche | 3.29 | 32 | 24 | 50 | 27 |
Scienze della terra | 3.17 | 39 | 23 | 53 | 25 |
Scienze biologiche | 3.90 | 24 | 20 | 31 | 21 |
Scienze mediche | 4.06 | 22 | 19 | 32 | 21 |
Scienze agricole e veterinarie | 2.70 | 60 | 27 | 76 | 29 |
Ingegneria civile/architettura | 2.69 | 39 | 28 | 47 | 27 |
Ingegneria industriale | 2.50 | 42 | 28 | 54 | 32 |
Scienze dell'antichità, letterarie, artistiche | 2.56 | 35 | 24 | 45 | 31 |
Altre scienze sociali* | 1.65 | 47 | 29 | 73 | 36 |
Economia e statistica | 2.29 | 38 | 30 | 49 | 32 |
*Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Legge; Scienze politiche
La tabella parla da sola. Chiaramente nessuna disciplina si trova in una posizione che rispecchi le dimensioni economiche e di popolazione dell'Italia. Qualche disciplina fa meglio e qualche altra fa peggio, come è ovvio che sia, ma non vedo differenze sistematiche fra economia e statistica e le mitiche scienze naturali dove, a sentir qualcuno, saremmo in vetta al mondo. La posizione italiana, nelle 4 classifiche che riporto, mi sembra mediocre ovunque: il valore migliore (19esimo posto) è ottenuto da Scienze mediche e fisiche nell'indice delle citazioni per capita mentre la peggiore (76esimo posto) è quella di Scienze agricole e veterinarie nell'indice del numero di documenti per capita. Fra questi due estremi c'è un po' di tutto e la varianza campionaria è vasta assai.
Questo implica che, mentre è vero che la media campionaria di matematica+fisica+biologia è leggermente migliore di quella di economia+statistica (relativamente parlando quelle tre scienze fanno meglio in Italia che le altre due), è pure vero che essere attorno alla 20esima (o 30esima) posizione mondiale implica (1) essere MOLTO al di sotto di dove di dovrebbe essere dato il ranking dell'Italia in termini di PIL per capita e popolazione e, (2), non essere poi molto meglio di chi è in 30esima (o 40esima) posizione mondiale. Sempre paese di seconda categoria si è, in entrambi i casi. Non indico, per pudore, i paesi che ci stanno accanto.
Due precisazioni per evitare dibattiti inutili. I dati bibliometrici (la quantità di articoli e citazioni) vanno usati con cautela: è facile scrivere un articolo, più difficile scrivere un articolo che abbia impatto scientifico e questo secondo fatto è più difficile da misurare. Serve però come base di partenza per un ragionamento che poi può essere sviluppato con considerazioni più precise. È possibile che una scarsa posizione in classifica per una materia mascheri un valore speciale dei pochi articoli pubblicati. Ma questo va provato con altri dati, che non ho al momento a disposizione.
Come quello precedente, anche questo post vuole semplicemente sbugiardare una specifica affermazione fatta da molti teorici del "va tutto bene, madama la marchesa, abbiamo solo bisogno di più fondi", che è la posizione dominante nell'accademia italiana. Nel post precedente volevo dimostrare falso che l'ottava posizione nelle classifiche mondiali del numero di articoli pubblicati e citazioni ricevute costituisca un risultato positivo. È, invece, un risultato men che mediocre perché ci piazza all'ultimissimo posto fra i paesi industrializzati, superati da un paese molto più piccolo di noi quale il Canada. Soprattutto: è un risultato negativo perché, una volta che si controlli per reddito e popolazione l'Italia fa molto peggio di quanto ci si dovrebbe aspettare viste le perfomances degli altri paesi. Chiunque voglia argomentare che è solo una questione di fondi e non di altro dovrebbe, d'ora in poi, partire dalla constatazione che la quantità di ricerca prodotta in Italia è, in tutti i campi, di gran lunga inferiore a quella che il paese dovrebbe saper produrre.
Questo secondo post toglie anche di mezzo un altro mito, ossia che gli "economisti parlano male" dell'università italiana perché in preda ad un attacco di "invidia penis" per le scienze naturali. Come ho detto sopra, cosa facciano, in media, i nostri "colleghi" italiani ci interessa davvero pochino, credetemi: siamo andati a studiare all'estero e ci siamo rimasti proprio perché l'italia non era esattamente il posto migliore né per studiare né per lavorare. Di difendere l'onorabilità del barone di economia e commercio vis-a-vis, per dire, quella del barone in medicina, m'interessa meno di niente. Le statistiche dimostrano semplicemente che, in media, "questo o quello, per me pari sono ...". Del resto, una ricerca ha suggerito che anche in fisica le procedure di reclutamento italiane sono molto influenzate dall'anzianità di servizio e poco dalla produttività scientifica. E storie come questa, l'ultima, dello scenziato fuggito all'estero saranno anche aneddotiche, ma quando gli aneddoti sono così tanti una regolarità spiegabile ci sarà pure. Sarà anche a causa delle risorse, ma perché allora non chiederle ai colleghi improduttivi prima che alla collettività?
Infine, ribadisco che anche in questo caso non intendo fare inferenza sulla produttività scientifica del sistema-Italia, tantomeno dell'università italiana, né globalmente né per singoli campi. Per farlo, occorrerebbe (i) depurare dai dati gli articoli prodotti in enti non-universitari, (ii) conoscere le risorse effettivamente spese in ricerca universitaria globalmente ed in ogni settore e, (iii) decidere come trattare articoli scritti da ricercatori con affiliazioni in diversi paesi (i quali sono probabilmente fra i più produttivi). Visto che mi ci son messo, azzardo comunque due ipotesi. Se depurassimo i dati italiani da quelli extra-universitari scopriremmo che negli enti come il CNR (i quali contribuiscono in modo sostanziale ad evitare all'Italia un'ancor peggior figura a livello internazionale) si fa relativamente molta meno ricerca nelle scienze sociali che nelle scienze naturali. Quanto al denominatore, nel calcolo della produttività si scoprirebbe che, a causa dell'uniformità salariale, gli scienziati sociali italiani (in particolare economisti, giuristi e scienziati politici) sono pagati relativamente meno in Italia che all'estero rispetto agli scienziati naturali il che farebbe aumentare la loro posizione nella classifica della produttività (per euro investito) rispetto alle altre discipline. Ma, ripeto, queste sono solo congetture che hanno bisogno d'un notevole lavoro di pulizia dei dati micro per essere testate, lavoro di pulizia che richiede tempo, pazienza e, soprattutto, le informazioni adeguate. Lo farò o lo faremo quando la ricerca (quella vera) ce ne concederà il tempo.
Nel frattempo vale però la pena ricordare che è inutile seguire le scorciatoie proposte da un poeta nel post precedente. Suggerisco due banali riflessioni a chi, protetto dall'anonimato, sperimenta l'imbarazzo nella solitudine del proprio schermo. Va ricordato come quei dati siano costruiti: "Between 2006 and 2010, Thomson Reuters indexed 237,713 papers that listed at least one author address in Italy". Tale metodologia andrebbe rapportata alle differenti modalità affiliative nelle distinte discipline, modalità altamente non omogenee. Consiglio poi di fare attenzione alle apparenti anomalie in quei dati - davvero l'Italia ha un vantaggio comparato nelle scienze spaziali? - riflettendo su COSA vogliano dire quelle deviazioni dalla media MONDIALE nei diversi campi del sapere. Per iniziare a capirlo suggerisco di dare un'occhiata alle medesime statistiche per gli altri paesi europei; aiutino: ecco Francia, Germania, UK e Spagna. Forse, così facendo, l'acuto occhio poetico prestato alla statistica sociale sarà capace d'individuare il pattern rilevante ...
Si capirebbe forse allora che dietro all'altisonante retorica della baronia italiana si nasconde la solita per niente gradevole caratteristica: l'ignoranza. Ci spiace per chi, in buona fede, vive la situazione penosa dell'università italiana e chiede, sempre in buona fede, di poter lavorare con strumenti e risorse degne di un paese moderno. Questa richiesta di maggiori fondi funge purtroppo da copertura per l'ulteriore spreco di risorse da parte della baronia parassitica. Alcuni ricercatori e professori che fanno capo al gruppo Roars sono fra i più produttivi in Italia e fra i più riconosciuti all'estero. Farebbero bene a capire il prima possibile che il loro laboratorio o dipartimento e' un'oasi nel deserto descritto dalla tabella precedente e che l'unico modo di essere credibili nella richiesta di maggiori risorse (delle quali sono certo che l'università ha bisogno) è la rottura dello status quo per creare una situazione in cui i fondi possano essere fruiti dai laboratori ed i ricercatori che siano in grado di usarli al meglio. Focalizzarsi sull'aumento delle risorse invece che sullo spreco significa, alla fine, aumentare gli sprechi e fare arrivare ai bravi solo le briciole. Le risorse vanno prima redistribuite meritocraticamente, e vanno redistribuite tutte: stipendi, fondi di ricerca ed insegnamento.
Infine, trovo sgradevole la denigrazione sistematica che alcuni operano nei confronti di chi, come questo blog, cerca di esporre dati utili alla comprensione della situazione. Si vorrebbe forse nascondere questi dati? Protestate con Scimago che li pubblica, io li ho solo copiati e rapportati alla popolazione. Anche in questo post, la tabella fotografa una situazione spiacevole: se non vi piace la mia banalissima "interpretazione" saltatevela e guardatevi semplicemente i numeri. Quelli non si possono occultare.
Non capisco assolutamente la procedura adottata (fossi un refereee per questo articolo chiederei pesanti correzioni): l'affermazione che il numero di pubblicazioni/citazioni per euro di PIL in Italia sia bassa è un dato e non ho motivi per metterlo in dubbio. Quello che non mi torna è la conclusione: l'efficienza di un qualcosa, che sia una macchina o un sistema scientifico, è sempre un rapporto tra quanto gli si da e quanto ne si ottiene. Il rapporto sopra citato non è sicuramente questo: si è offerto il risultato CIT/PIL quando servirebbe il risultato CIT/SPESA. Si potrebbe quindi affermare da questi dati che l'italia scientifica produce troppo poco rispetto al PIL. Che è peraltro esattamente ciò che dice chi afferma che l'Italia spende troppo poco in ricerca. Infatti visto che detta F=SPESA/PIL la frazione di PIL investita in ricerca quello che si è mostrato è riscrivibile come CIT*F/SPESA e un suo lavoro troppo basso può risultare SIA da un eccesso in SPESA SIA da un F troppo scarso. Mostrare i dati CIT/SPESA chiarirebbero (parzialmente) questa situazione.
Insomma, grazie per i dati ma le conclusioni mi sembrano quantomeno affrettate.
Uno studente di fisica in Francia dove la ricerca Italiana è molto apprezzata (forse troppo).
Giuro che se arriva un altro di questi commenti, comincio a cancellarli di sana pianta. Cito dal post: