Nel 2008 abbiamo iniziato assieme il viaggio attraverso la giustizia italiana. Il suo malfunzionamento è una delle, molteplici, cause del declino del paese. Tutti ne sono - o, forse, è meglio dire dovrebbero esserne - consapevoli. Abbiamo parlato di magistrati, procedure, ed altro. Tra le cause del disastro rientra anche una geografia giudiziaria completamente irrazionale, concepita in un’epoca in cui si girava in calesse e, su questo blog, ne abbiamo parlato nel dicembre 2011. Difatti, nell’agosto di quell’anno, complice lo spread, manovrato dalla spectre dei mercati finanziari, una classe di politici impaurita ha messo in mano al governo dell’epoca la formidabile arma del rimodulazione della geografia giudiziaria. Certo non mancarono colpi di mano di astuti parlamentari e, nel contempo, manco a dirlo, avvocati, che introdussero demenziali criteri nella legge delega quali quello della c.d. “regola del tre”, finalizzati a salvare specifici uffici giudiziari, così come si mantennero in vita tutte le Corti d’appello anche qui a dispetto della logica. Dall’agosto 2011 è passata parecchia acqua sotto i ponti e si sono succeduti due Governi, di cui uno tecnico ed un altro, attuale, politico. Il Governo tecnico ha emanato il decreto legislativo di attuazione della legge delega e disposto la chiusura di tutte le sezioni distaccate dei tribunali (corrispondenti alle vecchie preture mantenute in vita con l’istituzione del Giudice unico) e di numerosi tribunali di piccole dimensioni. Ovviamente, un simile intervento andava a scontrarsi con gli interessi dei territori coinvolti, delle, rispettive, avvocature, del personale amministrativo e dei magistrati che dovevano trasferirsi e via discorrendo. La resistenza passa da forme di protesta più o meno colorite, a scioperi dell’avvocatura, a ricorsi al giudice amministrativo, ad eccezioni di incostituzionalità. C’è anche un’interessante analisi corredata di cifre che dimostra il danno economico che la chiusura degli uffici determinerebbe. Peccato che mister orizzonte48 sia anonimo, credo che mi contenderebbe il premio nobel per l’economia.
Proprio in considerazione delle pressioni territoriali esercitate in perfetto ossequio al principio nimby, il Governo tecnico, non assillato da preoccupazioni di natura elettoralistica, ha optato per la scelta radicale di chiudere tutte le sezioni distaccate e più tribunali possibili. La deadline per l’entrata in vigore della riforma è stata fissata per la data del 13 settembre 2013, e, quindi, in quel giorno fatidico, tra poco più di tre mesi, con quello di agosto di mezzo, devono essere chiusi i tribunali e le sezioni distaccate soppresse, predisposti i nuovi uffici, trasferito il personale, gli arredamenti, gli archivi e quant’altro. In tempi di spending review, ovviamente, ci sono state le, inevitabili, difficoltà considerato che una simile operazione comporta, necessariamente, dei costi. E così ci sono uffici giudiziari, anche nel meridione, che hanno avviato per tempo le trattative con i competenti, enti territoriali, reperito le risorse economiche, le aule, trasferito il personale ecc. ed altri uffici, che, viceversa, si trovano nel bel mezzo del caos organizzativo. Ma anche questi ultimi, come sempre in Italy, gettati nell’acqua fredda, non possono esimersi dal nuotare... Nel contempo, il CSM non ha più coperto i posti di uffici giudiziari che dovevano essere soppressi ed ha destinato i vincitori dell’ultimo concorso agli uffici più grandi. Magistrati e personale amministrativo hanno già iniziato a trasferirsi. Tutti i processi pendenti negli uffici sopprimendi, da quelli semplici a quelli più complessi con molte parti o imputati, rinviati a dopo le estate, sono stati rinviati alle nuove sedi, con relativi costi di notifiche e quant’altro. Insomma, il treno, pur con tutti i suoi difetti, è in corsa ed in prossimità della stazione. Ormai è tutto avviato ed il processo non può più essere fermato, almeno, così dovrebbe dettare la logica delle cose…
Purtroppo dimenticavo un piccolo particolare…: siamo in Italy ed il governo tecnico non c’è più. Anche l’ex presidente del governo tecnico è sceso nell’agone elettorale ed è diventato un politico.
E così, siccome dopo un anno e fischia di assenza di un governo politico, finalmente siamo tornati ad avere un governo legittimato democraticamente, in questi giorni i padri della patria, in perfetta intesa bipartisan, compresi i membri del movimento fondato dal tecnico ex presidente del consiglio passati attraverso il battesimo elettorale, ed addirittura con il placet di tutte le opposizioni, si stanno muovendo per “sospendere”, solo per alcuni mesi, ci mancherebbe, l’entrata in vigore della legge. Esistono due disegni di legge, uno dell’ex magistrato Felice Casson, senatore in quota PD, ed uno del senatore Malan in quota PDL.
Non è difficile immaginare cosa significhi e quale sia il, recondito, scopo di questa “sospensione”. Basti considerare uno degli argomenti che si leggono nelle ragioni del provvedimento legislativo enunciati nel disegno di legge Malan
Il fatto che poi non si sia, neppure per accenno, considerato i maggiori costi di tempo e di viaggio che graveranno sui cittadini è indice di un concetto stato-centrico di società.
Se utilizziamo questo argomento, di sedi non ne possiamo sopprimere nessuna, anzi ne dobbiamo introdurre di altre, in nome dell’autonomia che, quando si tratta di spendere, va sempre benissimo. Ognuno che non appartenga alla classe politica nostrana e alle varie figure interessate al mantenimento dello status quo, può comprendere quale danno, sotto il profilo economico, immediato (in termini di risorse spese per avviare la riforma ed in termini di, ulteriori, risorse necessarie per fare marcia indietro), ma anche per il, già disastrato, funzionamento della giustizia italiana, determinerà questa misura.
Se c’è ancora qualcuno che si domanda chi sia il principale responsabile dell’inefficienza dell’italica giustizia, può cercare qualche risposta in questa vicenda. Non resta che sperare un’altra volta nella spectre…
Nessuno abbia fatto qualche calcolo sulla distribuzione ottimale delle sedi giudiziarie? Se partitamo dalla posizione preconcetta che sia meglio ridurre le sedi, tanto vale lasciarne una sola, a Roma, e celebrare lì tutti i processi.
Bisogna quindi sedersi e valutare ogni scenario. Una sede di un giudice civile non costa quasi niente: i comuni hanno a disposizione locali da prestare (e il costo dei locali in un piccolo centro è una frazione di quelli in una grossa città) il poco personale necessario non è un problema.
l giudice lavora con il portatile, quindi non servono grosse attrezzature, potendo appoggiarsi, in caso di necessità, a quelle del comune. Le parti e gli avvocati non devono percorrere grosse distanze, e questo riduce il costo a carico dei cittadini.
Insomma, centralizzare avrebbe il solo effetto di scoraggiare i cittadini distanti dalla sede giudiziaria dal far valere i propri diritti. Un servizio peggiore e probabilmente più costoso.
To my knowledge, qualcosa in D. Marchesi, “Giustizia civile: buoni obiettivi e occasioni mancate” , in M.C. Guerra e A. Zanardi, La finanza pubblica italiana. Rapporto 2008, Bologna.
Editoriale più che ELOQUENTE. Sarebbe importante proseguire in questa direzione: riorganizzazione delle competenze territoriali e per materia e favorire una maggiore specializzazione dell’attività degli uffici giudiziari.
Figurarsi, al solo pensiero di doversi spostare di 15 km....ih non sia mai----e chi pensa ai poveri "capponi"?...a quali inenarrabili sofferenze e sollecitazioni verrebbero sottoposti?
Non solo. Ho visto il lavoro del Dott. D'Urso, molto interessante e condivisibili le misure proposte. Vogliamo ricordare i 250 K avvocati?
Ciao
grazie