La geografia della giustizia in Italia

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La geografia giudiziaria del nostro paese è sostanzialmente la stessa dei tempi in cui il nostro paese ancora non c'era. Gli effetti sull'efficienza del sistema giudiziario sono facili da immaginare. Che sia ora di ridisegnare questa geografia? Ecco un'ottima opportunita' per il governo Monti, che ha in mano una delega in materia da esercitare entro la fine dell'estate 2012.

Nel 2008 ho iniziato l’analisi sulle cause dell’inefficienza della giustizia italiana su nFA. Ho parlato di magistrati e procedure (mentre questo aticolo di Alberto parlava specificamente di carriera dei magistrati), poi mi sono fermato. La ragione è principalmente la necessità di dati difficilmente reperibili o, comunque, non reperibili per uno zappatore informatico come il sottoscritto.

Di una delle cause dell'inefficienza della giustizia italiana, tuttavia, e' utile parlare perché si vuole finalmente mettervi mano. Mi riferisco alla struttura geografica del "giudice ordinario", cioè del giudice civile e penale. Questa si compone di tribunali, a loro volta suddivisi in sezioni distaccate. I Tribunali sono accorpati all’interno di un distretto cui fa capo una Corte d’appello, dopodiché c’è la Corte di Cassazione, con sede a Roma.

Sul sito internet del Consiglio superiore della magistratura si trova un’interessante cartina geografica con la distribuzione dei vari Uffici giudiziari, le rispettive piante organiche ed i magistrati presenti negli uffici. Così, ad esempio, si scopre che in Piemonte ci sono ben 7 Tribunali che non si trovano presso una sede di provincia (Ivrea, Casale Monferrato, Pinerolo, Saluzzo, Acqui Terme, Alba, Mondovì). Per fare un paragone, nel Veneto, vi è il solo Tribunale di Bassano del Grappa. Un’analoga concentrazione di uffici di piccole dimensioni si riscontra in Sicilia, dove ne ho contati 8, salvo correzioni da parte di lettori più attenti di me. Nella cartina delle regioni sul sito del CSM, sulla sinistra a fianco di ogni regione, sono elencate le rispettive Corti d’appello. E così scopriamo che in Sicilia, con una popolazione di 5.051.075 di abitanti, ve ne sono ben quattro mentre in Veneto, con una popolazione di 4.937.854 di abitanti, ve ne è solo una.

Nella distribuzione della geografia giudiziaria si dovrebbe tenere conto anche del PIL, laddove, sempre per rimanere alla comparazione tra la Sicilia ed il Veneto, quest’ultima, ha un PIL complessivo di 68.741, mln € ed un PIL procapite di 13.631,00 €. mentre il Veneto raggiunge un PIL complessivo di  113.904,6 mln € ed un PIL procapite di 23.187,00 €. Il PIL misura l'attivita' economica e quindi e' correlato postivamente al contenzioso di natura civilistica. D'altra parte e' vero che il piu' basso PIL al Sud va di pari passo con una maggiore incidenza criminosa (microcriminalità e criminalità organizzata).

Un altro aspetto che dovrebbe essere considerato nella distribuzione sul territorio degli Uffici è quello della loro accessibilità geografica, laddove la presenza di certi piccoli Tribunali può essere giustificata dalla distanza dal capoluogo di Provincia e dall’assenza di comode arterie stradali e mezzi pubblici. Così, ad esempio, può giustificarsi il mantenimento in vita di un piccolo Tribunale, come quello di Lanusei, al di là del fatto che esso comunque fa capo alla “provincia” dell’Ogliastra, mentre appare completamente illogica la mancata soppressione del Tribunale di Rovereto che dista da Trento soli 29 km, comodamente percorribili, a fondo valle, in autostrada, con il treno o in bicicletta, lungo l’apposita pista ciclabile (per i salutisti).

 

Fatte queste premesse, appare evidente come vi sia una distribuzione completamente irrazionale degli uffici giudiziari sul territorio nazionale. Da una delibera del CSM sul punto emerge come

L’attuale assetto delle circoscrizioni giudiziarie deriva dalla configurazione che delle stesse disegnava la legge Rattazzi del 13 novembre 1859, n. 3781, nell’incorporare progressivamente le diverse realtà regionali al nuovo Stato unitario. Senza percorrere i complessi passaggi legislativi di questo contrastato processo, va evidenziato che il procedimento si concluse con i rr.dd. 6 dicembre 1865, n. 2626 e 14 dicembre 1865, n. 2641; nella sostanza “si conservarono le circoscrizioni giudiziarie delle vecchie province, si riformarono quelle della nuove”, prescindendo “totalmente da un’analisi approfondita, attraverso una valutazione statistica del movimento degli affari giudiziari, in rapporto alle attività sociali ed economiche” [così M. D’Addio, Politica e Magistratura (1848-1876), Milano 1966, pp. 164-5]. Già in quell'epoca la classe politica ne discusse a lungo, non riuscendo ad eliminare il difetto d’origine, vale a dire l’assenza di un rapporto equilibrato tra i giudici dello Stato e le comunità territoriali. (e te pareva dico io…)

È, altresì, facilmente intuibile come i piccoli tribunali, scontino notevoli problemi organizzativi che, un ufficio di medie dimensioni è in grado di gestire meglio e con maggiori economie di scala. Difatti, sempre la citata delibera, fa presente come, nel libro verde sulla spesa pubblica fatto redigere dall’allora ministro dell’economia Tommaso Padoa Schioppa, a pag 42, si evidenzia che

Elaborazioni svolte dalla Commissione Tecnica per la Spesa Pubblica del Ministero del Tesoro su dati disaggregati per singolo ufficio giudiziario e per tipo di materia del contendere evidenziano l’esistenza nell’organizzazione giudiziaria di rilevanti economie di scala non sfruttate. I risultati di tale analisi e di successivi approfondimenti svolti in letteratura portano a ritenere che un importante elemento di inefficienza dell’offerta di giustizia in Italia risieda nella dimensione troppo limitata degli uffici giudiziari

Ed ancora

Nel 1996 oltre l’85% dei tribunali era sottodimensionato. L’introduzione del giudice unico di primo grado, prevedendo la fusione di tribunali e preture, ha comportato un recupero di efficienza (i tribunali sottodimensionati sono ora circa il 72%): si tratta di un risultato importante, ma ancora troppo modesto. Un maggiore recupero di efficienza sarebbe possibile introducendo una revisione della geografia giudiziaria volta ad accorpare gli uffici di minori dimensioni (le revisioni finora introdotte hanno aumentato e non diminuito il numero degli uffici).

Le ragioni dell’inefficienza dei piccoli uffici sono presto spiegate. La prima è connessa alla specializzazione. Un ufficio di medie dimensioni può organizzarsi per settori di specializzazione, per cui alcuni giudici si occupano prevalentemente di contratti, altri di diritti reali ed altri ancora di questioni familiari. Più un giudice è specializzato più è in grado di affrontare con rapidità ed efficienza le questioni. Il giudice di un piccolo tribunale deve fare di tutto, dal diritto civile, al diritto del lavoro, al diritto penale. Ogni questione è nuova e deve essere approfondita con inevitabile perdita di tempo e maggiore margine di errori. La seconda causa di inefficienza è dovuta alla esistenza normativa di una serie di incompatibilità per cui, ad esempio, il giudice delle indagini preliminari che ha seguito un procedimento nelle indagini preliminari, non può fare il giudice dell’udienza preliminare, perché lo si ritiene prevenuto. A sua volta il giudice dell’udienza preliminare non può seguire il dibattimento per le medesime ragioni. Se, poniamo, il processo si deve celebrare avanti ad un collegio di tre giudici, servono ben cinque giudici diversi per trattare la medesima vicenda. La terza ragione è dovuta al basso numero di personale presente, per cui la mancanza di una persona determina un’immediata e drammatica scopertura dell’intero ufficio. Prendiamo, ad esempio, il Tribunale e la Procura di Crema. Il Tribunale ha una pianta organica di 6 giudici più un presidente. Attualmente sono coperti solo quattro posti, quindi, in tutto il tribunale, è presente un totale di quattro giudici ed un presidente. Se prendiamo l’esempio appena fatto GIP, GUP, collegio, abbiamo occupato tutto il personale giudicante del Tribunale per un solo processo. Nel contempo, questi giudici devono affrontare tutta la vastissima materia civile, commerciale e del diritto del lavoro. Anche la Procura della medesima cittadina non se la passa tanto bene. La pianta organica prevede la presenza di un procuratore e due sostituti. Attualmente è coperto un solo posto di sostituto e, da una mail, che la Procuratrice ha inviato ai colleghi alcune settimane fa, risulta che anche quel collega sta per essere trasferito e così lei si troverà ad essere il capo di sé stessa…

Una classe politica degna di questo nome, che abbia a cuore gli interessi generali del Paese, dovrebbe, dunque, porsi il problema di come ridistribuire gli uffici giudiziari sul territorio, laddove l’evoluzione demografica ed economica del paese risulta leggermente cambiata dall’unità d’Italia ad oggi. La magistratura, quanto meno conscia del problema, lo evidenzia ormai da molti anni, chiedendo una revisione delle circoscrizioni. E’ chiaro che la chiusura di un qualsiasi ufficio giudiziario determina le immediate resistenze del rispettivo territorio. Tanto per fare un esempio, si è arrivati al punto che gli avvocati del foro di Avezzano, Tribunale, di cui si prospetta la soppressione, hanno occupato il palazzo di giustizia.

Tanto per spiegare come la politica ha, fino ad oggi, gestito questo tipo di situazioni, posso raccontare il seguente aneddoto. Fino alla fine degli anni ’90, oltre ai Tribunali, esistevano anche le Preture. Queste, nel 1999, furono soppresse con l’istituzione del c.d. “giudice unico”. Si poneva, dunque, il problema di cosa fare delle preture distribuite sul territorio, chiuderle tutte, tenerle tutte aperte facendone delle sezioni distaccate di tribunale, ovvero sopprimere quelle non rispondenti ai criteri di cui sopra, tenendo aperte le altre. Un magistrato che, all’epoca si trovava al Ministero della giustizia, venne a Bolzano per presentarci la riforma e ci disse che il governo era orientato ad adottare il seguente criterio: per non avere resistenze da parte del Parlamento, si sarebbero mantenute tutte le sezioni distaccate sulle quali c’era il veto di un qualsiasi parlamentare, il tutto in vista di una successiva chiusura delle stesse in via amministrativa e quindi liberi da condizionamenti politici. Al momento dell’entrata in vigore della riforma ebbi immediato riscontro della cosa, laddove, in Alto Adige dovevano essere chiuse due sezioni distaccate. Una di esse era, all’epoca, rappresentata da un senatore. Lascio indovinare se furono soppresse tutte e due o solo una di esse ed, in tal caso, quale. Lascio altresì indovinare il lettore se quella sezione, a distanza di 12 anni dall’entrata in vigore della riforma, sia stata, nel frattempo, soppressa o meno, come promesso da quel magistrato del ministero.

Apparentemente, a smuovere la situazione ha pensato lo spread. Difatti, nella legge 14 settembre 2011 n. 148 che ha convertito in legge la manovra di ferragosto Dl 13 agosto 2011 n. 138 è stata rilasciata al governo una delega a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza. Il decreto, tuttavia, fissa i paletti ai quali il governo si dovrà attenere. E così si comincia con la lettera a), dei “principi e criteri direttivi”, la quale prevede che vengano ridotti:

gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;

e quindi non potrà essere chiuso nessun Tribunale che appartenga ad un capoluogo di provincia e, soprattutto, non verrà soppressa nessuna corte d’appello (Sicilia versus Veneto 4 : 1, sia ben chiaro che io, qui non intendo minimamente alimentare la polemica nord-sud. Ritengo che i piccoli uffici del nord, per morofologia del territorio ed uniformità criminale ed economica, vadano tutti soppressi, senza eccezione alcuna, ma, nel contempo, ritengo che 4 Corti d'appello in Sicilia siano francamente eccessive). Questo ha un effetto diretto sul successivo “principio e criterio direttivo” di cui alla lettera f) della delega, per cui il Governo dovrà

garantire che, all’esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d’appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica;

e qui, passatemi l'espressione, siamo al demenziale andante. Ogni distretto di Corte d’appello devenecessariamente mantenere almeno tre tribunali anche se piccoli, inefficienti e vicinissimi al tribunale del capoluogo. L’esempio emblematico è proprio quello del distretto di Trento, dove non si potrà chiudere il Tribunale di Rovereto, del quale si è detto sopra. Di riflesso, e dall’altra parte del paese, se in Sicilia ci sono 4 Corti d’appello ed 8 Tribunali che non fanno capo ad un capoluogo di provincia, non potranno essere soppressi tutti e 8, perché bisognerà verificare quanti ve ne sono nel rispettivo distretto. Così, ad esempio, nel distretto di Messina - peraltro collegata con Palermo sia da un’autostrada, sia da una linea ferroviaria - dove si contano ben tre piccoli uffici (Barcellona Pozzo di Gotto, Patti e Mistretta), se ne potrà chiudere solo uno.

Insomma, il gattopardo ha colpito ancora: “che tutto cambi affinché nulla cambi”. Comunque, il Governo la delega ce l’ha, deve esercitarla entro 12 mesi. Trattandosi di un governo tecnico, non soggetto a ricatti elettorali, potrebbe intervenire seriamente e sopprimere tutto il tagliabile nei limiti fissati dalla legge delega, fra l’altro senza dover passare attraverso le forche caudine di un Parlamento riottoso.

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Commenti

Ci sono 79 commenti

ecco chi si oppone alla razionalizzazione: penso che gli avvocati della zona ricavino una rendita di posizione dall'esistenza di una sezione che temono di perdere.

Alla soppressione di Corti di Appello in Sicilia potrebbero opporsi invece gli aspiranti avvocati del nord: quando c'è il concorso a Catania è problematico trovare una camera d'albergo 

da una interrogazione della Lega Nord

La II Commissione,
premesso che:
il presidente del tribunale di Milano ha di recente avanzato la proposta di accorpare alla sede di Milano tutte le cause ora trattate dalla sezione distaccata di Legnano (e delle altre due sedi distaccate di Rho e Cassano d'Adda);
la citata proposta ha visto il voto favorevole, a maggioranza, del consiglio giudiziario, mentre per converso, hanno espresso parere contrario sia il presidente dell'ordine degli avvocati di Milano 

Una giustizia efficiente porterebbe meta' degli avvocati (i numeri sono noti, 150k in IT e solo 40k in FR) alla disoccupazione. Non vedo come si possa far accettare loro una simile prospettiva senza fornire una alternativa, un altro sbocco professionale o qualcosa del genere (per esempio assumerne 20k in magistratura ).

1 parlamentare su 7 e' avvocato. Non passera' mai una legge che li danneggi.

penso che gli avvocati della zona ricavino una rendita di posizione dall'esistenza di una sezione che temono di perdere.

Non solo gli avvocati. Gli interessi in campo sono molteplici. Solitamente è tutto un territorio che si attiva, a partire da quelli comunali che perdono un’infrastruttura così come perde di prestigio ed importanza la loro città. 

Alla soppressione di Corti di Appello in Sicilia potrebbero opporsi invece gli aspiranti avvocati del nord: quando c'è il concorso a Catania è problematico trovare una camera d'albergo

 Una stanza di quelle, come è noto, era occupata anche da un ex ministro… Quei tempi comunque sono finiti. Da quello che mi risulta, le commissioni di un distretto correggono quelle di un altro (per fare un esempio Bologna corregge Palermo, Palermo corregge Torino, Torino corregge Ancona, ecc.)

Sull'inefficenza pesa solo la dispersione geografica oppure ci sono altri fattori: informatizzazione, risorse umane e quant'altro? Mi sembra che i giudici siano 10'000. Sono abbastanza - considerati i vari gradi di giudizio - per un paese con 2 milioni e 850'000 reati annunciati all'anno?

Se scorri questo rapporto del CEPEJ vedrai quanti pregiudizi sulla giustizia italiana cadono

riguardo la dispersione territoriale sembrerebbe che mentre gli altri accentrano noi (e il Portogallo tanto per dire) disperdiamo

 

Sull'inefficenza pesa solo la dispersione geografica oppure ci sono altri fattori: informatizzazione, risorse umane e quant'altro? Mi sembra che i giudici siano 10'000. Sono abbastanza - considerati i vari gradi di giudizio - per un paese con 2 milioni e 850'000 reati annunciati all'anno?

Corretto, ci sono anche quei fattori, ci sono troppo pochi magistrati, per fare un paragone, in Italia siamo circa 10000, per 60 milioni di abitanti, per di più allocati male sul territorio e per uffici, in Germania sono circa 22000 per 80 milioni di abitanti. Considera, tuttavia, che in questo calcolo non si tiene conto della magistratura onoraria, giudici di pace, giudici onorari di Tribunale e viceprocuratori onorari, che aiutano a mandare avanti la baracca. Non mi risulta che in Germania ci siano figure analoghe, nel qual caso il numero cambierebbe considerevolmente.

L’informatizzazione è antidiluviana ed, in generale, le procedure sono inutilmente burocratiche, ferme anch’esse al millennio precedente. Lo Stato, giustamente, ha bloccato il turn over degli statali, tuttavia, se non si rimpiazza il personale che va in pensione, è necessario aumentare la produttività di quello che rimane, cosa che, purtroppo nessuno si sogna di fare.

Come sovente avviene, si commenta seguendo il primo impulso e si fanno affermazioni azzardate, demagogiche ed offensive.

Premesso che non conoscevo il rapporto del CEPEJ, eviterò di esprimere valutazioni di portata generale, limitandomi ad alcune osservazioni.

A me risulta che la c.d. razionalizzazione mediante accorpamento dei piccoli tribunali presso i tribunali maggiori non sia vista di buon occhio da parte dell'avvocatura organizzata, ma probabilmente vi sono vari motivi, non tutti privi di peso. Certo, a sentire Bisignano, Rovereto è un caso esemplare, ma forse vi sono altre sedi per le quali la scelta potrebbe essere più difficile: la c.d giustizia di prossimità potrebbe rispondere ad un'esigenza effettiva della popolazione e, perché no, anche dei professionisti locali. Per fare un esempio: accorpare il Tribunale di Sondrio a quello di Lecco costringerebbe i professionisti valtellinesi ad un percorso di circa 80 + 80 km per partecipare alle udienze, di cui metà su strada molto trafficata: per essere al Tribunale di Lecco alle 9 dovrebbero partire, credo, alle 6:30. Qualora partecipassero a più udienze nella stessa giornata, potrebbero tornare in sede nel tardo pomeriggio e consumare la cena con i clienti, dedicando la notte allo studio delle pratiche ed alla redazione delle memorie.

D'altro canto, quasi tutti i Tribunali che conosco soffrono di carenza di spazio, per cui una conseguenza dell'accorpamento sarebbe la condivisione degli uffici da parte di più magistrati. Sarebbe necessario edificare nuove sedi, con inevitabili costi crescenti. Non sempre condivido le idee del presidente del mio Ordine, ma non faccio fatica a pensare che temesse proprio un peggioramento della situazione logistica nel Tribunale di Milano: meglio che siano gli avvocati a spostarsi, vista la vicinanza delle sezioni distaccate alla sede principale.

Un collega di Lecce, con il quale ho trattato alcune cause negli scorsi anni, si doleva invece dell'esigenza di recarsi presso sedi distaccate piuttosto lontane. Ma la loro soppressione potrebbe essere fonte di difficoltà per i cittadini che devono recarsi presso gli uffici giudiziari!

In definitiva: è probabile che qualche razionalizzazione della geografia giudiziaria sia necessaria, soprattutto per evitare le scoperture d'organico ricordate da Bisignano. Però dubito che questo sia il rimedio vero alla crisi della giustizia: a mio avviso, si dovrebbero ridurre gli spostamenti fisici delle persone e ridurre i volumi cartacei dei fascicoli. Dare maggiore impulso al processo telematico, soprattutto quello civile, ridurre il numero delle udienze, incentivare l'impiego dei riti abbreviati o sommari: sono tre linee d'indirizzo che probabilmente ridurrebbero la congestione degli uffici (a Milano ci sono cancellerie sommerse dai fascicoli) e consentirebbero risparmio di tempo.

 

 

dal link postato da Axel parrebbe che Lecco e Sondrio siano due tribunali e non uno sede distaccata dell'altro e sia Sondrio che Lecco sono capoluoghi di provincia

 

Guarda, non credo che razionalizzare la geografia della giustizia voglia dire costringere parte della popolazione (e i relativi avvocati) a fare 2 ore di strada dissestata per presenziare alle udienze... perchè se così fosse non si tratterebbe più di razionalizzazione.

E' un dato di fatto che ci sono sedi di tribunale e corte d'appello poco "spiegabili". Esempi che conosco: in sicilia a 30km di AUTOSTRADA da Palermo c'è il tribunale di Termini Imerese... a 100km di AUTOSTRADA dalla Corte d'Appello di Palermo, c'è la Corte d'Appello di Caltanissetta...

Io credo che le resistenze degli avvocati (non saprei quelle di eventuali altre categorie) si spiegano meglio, invece, con il fatto che l'eliminazione di alcune sedi di tribunale comporterebbe l'eliminazione dei relativi consigli dell'ordine... gira che ti rigira, andiamo sempre a cozzare su questo punto...

Ci sono pochi avvocati che io chiamo "di serie A", dal profilo tipico: non più giovanissimi (o se giovani, figli di avvocati già molto rinomati), piuttosto inseriti in un contesto di amicizie e rapporti che gli assicura un parco clienti di un certo livello. Questi avvocati combattono con i denti e con le unghie contro qualsiasi proposta che abbia l'effetto (attuale o potenziale) di peggiorare la loro posizione di rendita.

Uno degli strumenti più importanti attraverso i quali gli avvocati di serie A rafforzano la loro posizione è l'ordine professionale, c'è poco da fare.

Eliminare il tribunale di termini imerese (giusto per fare un esempio), significherebbe eliminare il consiglio dell'ordine degli avvocati di termini imerese (con tutti i suoi consiglieri, presidente ecc. ecc.)... devo dire altro?

Senza contare che nelle piccole sedi si creano spesso dei rapporti di amicizia (...o eccessiva "cortesia") tra giudici, cancellieri ed avvocati, che fanno tutt'altro che bene alla giustizia.

Io, sinceramente, sono stanco di sentire tutte queste improbabili giustificazioni dello status quo da parte dei soliti dinosauri.

Sabato scorso ho preso parte all'assemblea straordinaria (nel senso che era finalizzata ad elaborare una linea di difesa contro Monti e le sue annunciate liberalizzazioni...) degli avvocati di Palermo... e quello che ho sentito mi ha dato il voltastomaco... l'ex presidente del consiglio dell'ordine di Palermo, Avv. Gallo ha addirittura proposto di fondare il partito degli avvocati...

 

Certo, a sentire Bisignano, Rovereto è un caso esemplare, ma forse vi sono altre sedi per le quali la scelta potrebbe essere più difficile: la c.d giustizia di prossimità potrebbe rispondere ad un'esigenza effettiva della popolazione e, perché no, anche dei professionisti locali. 

 Per quanto riguarda il nord stiamo parlando solamente degli uffici non capoluoghi di provincia e non di Lecco e Sondrio. Senza arrivare fino in Piemonte, partendo da est ci sono Tolmezzo che dista da Udine km 55 (di cui 40 su autostrada), Bassano del Grappa che dista da Vicenza km 40, Crema che dista da Cremona km 43, Busto Arsizio che dista da Varese km 28, di cui 20 di autostrada. Non c’è solo Rovereto come vede. 

D'altro canto, quasi tutti i Tribunali che conosco soffrono di carenza di spazio, per cui una conseguenza dell'accorpamento sarebbe la condivisione degli uffici da parte di più magistrati. 

 Questo è un problema reale, ma che sorge in un secondo momento e che si potrebbe e dovrebbe affrontare con i rispettivi enti locali, che gestiscono gli spazi della giustizia, senza troppi aggravi di spesa. 

Però dubito che questo sia il rimedio vero alla crisi della giustizia:

 difatti, nessuno ha sostenuto che sia questo il rimedio. E’ solo una tra le tante cause del male, compresi gli interessi corporativi della magistratura. 

a mio avviso, si dovrebbero ridurre gli spostamenti fisici delle persone e ridurre i volumi cartacei dei fascicoli. Dare maggiore impulso al processo telematico, soprattutto quello civile,

 concordo, rimando alla risposta fatta a Francesco Forti. 

incentivare l'impiego dei riti abbreviati o sommari

 Giustissimo, ma questo presupporrebbe l’eliminazione di tutti gli incentivi che ci sono a scegliere il dibattimento e che prevalgono su quelli di scegliere i riti alternativi, a partire dall’istituto della prescrizione, come ho spiegato nell’articolo sulla procedura. I penalisti a questo si oppongono con le unghie e con i denti.

 

Bisogna però far notare alcune cose sulla geografia della Sicilia:

  • Per buona parte della mia vita, per andare da Palermo a Messina in auto via SS113 (255km) ho impiegato più di 6 ore. Vero è che dall'apertura della A19 (1975) si poteva fare via Catania (305km) in 4 ore, traffico permettendo (la A18 è in realtà la tangenziale della conurbazione dell'Arco etneo), ma per chi vive sul versante nord dei Nebrodi (ad esempio Barcellona Pozzo di Gotto e Patti), la A19 è sempre rimasta irraggiungibile (la SS116, la SS117 e la SS289 sono percorsi di montagna), per cui fino a pochi anni fa da queste aree per raggiungere Palermo si facevano almeno 5 ore di viaggio in auto. Nel 2005 hanno finalmente completato l'autostrada A20, dopo 36 anni di lavoro, ma a quanto pare è stata fatta troppo in economia, 4 mln di euro al km (confrontare prego con i costi per le autostrade padane, dove per fare autostrade in pianura si investe un ordine di grandezza in più), c'è già chi la chiama l'autostrada di cartapesta (l'articolo si guarda bene di far notare quanto poco sia costata), e non è esattamente la più praticabile ed affidabile delle autostrade.
  • Nonostante quanto sopra, vero è che Barcellona Pozzo di Gotto e Patti sono eccezionalmente l'un con l'altra vicine, ma in realtà servono territori distinti (ed essere vicine sono le sedi, il distretto di BPdG dovrebbe includere la fascia ionica). La divisione in 4 distretti è dovuta alla Costituzione Siciliana del 1812 (dove invece che BPdG, che nascerà soltanto nel 1835 dopo la fusione tra Barcellona e Pozzo di Gotto, sede di distretto era Castru, oggi Castroreale), e fu decisa da un Valtellinese (di Ponte in Valtellina), Don Giuseppe Piazzi.

Beh si potrebbe accorpare la CdA di Messina a Catania, km 114 tutti su autostrada, e la CdA di Caltanissetta a Palermo, km 133 di cui 114 su autostrada.

Nell'ultimo consiglio dei ministri del 16.12.2011, il governo ha cominciato a utilizzare la delega di cui parla Axel. Come si legge nel comuinicato stampa:

E' stato approvato in prima lettura lo schema del primo dei decreti legislativi di attuazione della delega sulla revisione delle circoscrizioni giudiziarie, riferito agli uffici dei giudici di pace. Il decreto, che sarà trasmesso alle Camere per i relativi pareri, prevede l'accorpamento di diversi uffici, consentendo di recuperare 1944 giudici di pace, 2104 unità di personale amministrativo, con un risparmio di spesa, a regime, pari a 28 milioni di euro l'anno.

Hanno iniziato dai giudici di pace, ma da qualche parte bisogna pure iniziare...

 

En passant, il cancro dei concorsi va estirpatato (e sostituito con qualcosa di più civile) anche per i giudici.

 

 

Riolo, anche quello che hai indicato come "più civile" è un concorso pubblico con tanto di domandine alle quali rispondere per dimostrare se le cose si sanno o non si sanno, se il quoziente intellettivo è sopra o sotto una soglia accettabile.

 

Se un avvocato che ha esercitato per 5 anni non può fare il giudice, non vedo sinceramente chi possa farlo.

 

Faresti la stessa affermazione per una professione medica? "se un dermatologo che ha esercitato per 5 anni non può fare il neurochirurgo/cardiochirurgo, non vedo sincermente chi possa farlo".

anche quello che hai indicato come "più civile" è un concorso pubblico con tanto di domandine alle quali rispondere per dimostrare se le cose si sanno o non si sanno, se il quoziente intellettivo è sopra o sotto una soglia accettabile.

Ma non è una di quelle cose indegne che si vedono nella RI, con migliaia di candidati in stadi o palazzetti. Nella fattispecie rispondevo anche ai dati riportati da SP, non riesco a capire come per 350 posti si siano presentati soltanto in 4840 (ci sono troppo pochi laureati in giurisprudenza nella RI?), e come la commissione non sia riuscita a ammetterne agli orali più di 343. C'è ovviamente qualcosa di spaventosamente marcio in un paese che tra 60 milioni di abitanti non riesce a trovare 350 candidati per un esame orale per diventare giudice. Mi pare impossibile che non ci siano milioni di persone che abbiano le qualità e le capacità necessarie.

Faresti la stessa affermazione per una professione medica? "se un dermatologo che ha esercitato per 5 anni non può fare il neurochirurgo/cardiochirurgo, non vedo sincermente chi possa farlo".

In termini di conoscenze necessarie, la distanza tra il dermatologo ed il neurochirurgo è molto maggiore di quella tra il giudice e l'avvocato. Molti avvocati che abbiano esercitato per 5 anni, avranno imparato sul campo buona parte delle conoscenze che gli servono per fare i giudici. Se fai il dermatologo per 5 anni, dubito che avrai imparato molto che ti potrebbe servire per fare il neurochirurgo.

Nel libro verde sulla spesa pubblica (tabelle 2.3 e 2.4 alle pagine 37 e 38) viene riportato come il numero dei magistrati per abitante sia al sud più alto che al nord; i magistrati con maggior esperienza però si collocano in maggioranza al centro nord, e molti hanno un ruolo superiore alle funzioni svolte.

 Nell'ambito della delega concessa al governo, è prevista la possibilità di favorire una razionalizzazione della distribuzione dei magistrati sul territorio italiano, o tale compito spetta esclusivamente al CSM?

Forse mi sbaglio, ma a me sembrerebbe una modfica fattibile senza aggravi di costi, che potrebbe essere assai utile, e forse sarebbe opportuno farla quando si decide di riorganizzare gli uffici giudiziari.

ma sei sicuro che l'indice da equilibrare sia magistrati/abitanti e non magistrati/# di procedimenti.

Considerata la criminalità organizzata almeno nel penale è giusto che l'indice per abitante sia più alto al sud.  

 

Nel libro verde sulla spesa pubblica (tabelle 2.3 e 2.4 alle pagine 37 e 38) viene riportato come il numero dei magistrati per abitante sia al sud più alto che al nord; i magistrati con maggior esperienza però si collocano in maggioranza al centro nord, e molti hanno un ruolo superiore alle funzioni svolte.

 

Oltre a questi dati si dovrebbero anche considerare i dati sulla molto diversa produttivita' dei diversi tribunali e dei diversi magistrati, e introdurre opportuni incentivi e penalizzazioni per cercare di ridurre le inefficienze e premiare chi fa molto meglio della media.

 

Dall'esterno ho la sensazione che instaurare una controversia costi parecchio ma la parte soccombente non sia disincentivata/penalizzata abbastanza.

 

 

Più che altro nel nostro Paese è penalizzato il creditore.

Instaurare un giudizio civile costa ogni giorno di più, ma "subirlo" non costa nulla, o costa molto meno.

Il risultato è che nel nostro paese un creditore ci deve pensare 100 volte prima di tentare di ottenere quello che gli spetta, mentre il debitore ha tutto da guadagnare nel perserverare con la sua inadempienza.

La disciplina della condanna alle spese prima invocata da luciano pontiroli è un deterrente solo in teoria. Nella pratica, molto spesso i giudici tendono a compensare le spese anche quando non dovrebbero e le condanne per lite temeraria sono rarissime.

Gli effetti di questa situazione sulla voglia di investire nel nostro paese da parte delle aziende sono ovvi...

Questo discorso mi fa venire in mente una cosetta che sicuramente chi non è avvocato non sa e che si ricollega a quello che dicevo prima sulla rendita di posizione che sta dietro il consiglio dell'ordine.

Quando il creditore è l'avvocato... cioè quando un cliente non mi paga la parcella e voglio chiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo, prima devo ottenere un parere di congruità da parte del consiglio dell'ordine al quale appartengo, avente ad oggetto la parcella che ho intenzione di mettere in riscossione.

In pratica il consiglio dell'ordine ha il potere di sindacare i miei prezzi. Niente parere di congruità, niente decreto ingiuntivo.

Ovviamente, però, il consiglio dell'ordine mica mi fa il piacere di mettere il naso nei miei prezzi gratuitamente, deve essere pagato... si chiama "tassa di opinamento" ed è espressa in percentuale (non mi ricordo di preciso quanto) sulla parcella stessa... cioè se il mio onorario è 100.000 € il consiglio dell'ordine si becca la sua cresta sulle 100.000€....

Ovviamente se riesco a recuperare i soldi, questa tassa di opinamento la paga il cliente... cioè il consumatore.

Se poi io non riesco a recuperarli i soldi, ho solo fatto un regalino al consiglio dell'ordine...

Si potrebbero riempire pagine e pagine di queste "piccole" cose... ma non vorrei esagerare con  la demagogia, altrimenti luca pontiroli si infastidisce.

 

No, questa è una stortura corporativa che si giustifica solo perché attribuisce all'avvocato un privilegio processuale. Ma, in definitiva, incide sugli avvocati ed i loro clienti morosi.

 

Più che altro nel nostro Paese è penalizzato il creditore.

Instaurare un giudizio civile costa ogni giorno di più, ma "subirlo" non costa nulla, o costa molto meno.

Il risultato è che nel nostro paese un creditore ci deve pensare 100 volte prima di tentare di ottenere quello che gli spetta, mentre il debitore ha tutto da guadagnare nel perserverare con la sua inadempienza.

La disciplina della condanna alle spese prima invocata da luciano pontiroli è un deterrente solo in teoria. Nella pratica, molto spesso i giudici tendono a compensare le spese anche quando non dovrebbero e le condanne per lite temeraria sono rarissime.

Gli effetti di questa situazione sulla voglia di investire nel nostro paese da parte delle aziende sono ovvi...

 

Sono curioso e interessato all'argomento. Dal vostro punto di vista di avvocati** addetti ai lavori, qual è la vostra opinione al riguardo? Cioè, secondo voi, cosa si dovrebbe fare per cambiare la situazione descritta sopra?

PS

**non è plurale majestatis, cerco di coinvolgere anche Luciano Pontiroli :-) 

 

Temo che le cose non siano così semplici come parrebbe dalle osservazioni di Capaneo. 

La compensazione delle spese è stata già ristretta dalla attuale versione dell'art. 92 c.p.c., che impone al giudice di indicare specificamente le "gravi ed eccezionali ragioni" che la giustificano, quando non vi è soccombenza reciproca. Questa norma si può intendere come un rafforzamento delle ragioni del creditore - o, in via più generale, di chi fa valere un diritto contro chi lo ha violato; però lo stesso codice prevede, nella nuova versione dell'art. 91, un incentivo a conciliare e non insistere per il riconoscimento pieno del diritto: se in corso di causa si prospetta una conciliazione ed il creditore la respinge, insiste per la sentenza ed ottiene il riconoscimento di un credito non superiore a quello che sarebbe stato soddisfatto dalla conciliazione, il giudice che ritenga in giustificato il rifiuto lo condanna al pagamento delle spese successive al rifiuto stesso (disposizione analoga nella disciplina della mediazione - conciliazione). Il sistema sembra, allora, esprimere un compromesso tra la protezione del creditore e la limitazione dei carichi giudiziari: il creditore è premiato se si accontenta! Nota bene che le anticipazioni dei media in merito a provvedimenti governativi sulla giustizia, con particolare riguardo al sovraindebitamento, fanno pensare ad ulteriori sacrifici per i creditori.

L'idea di unificare cognizione ed esecuzione mi sembra problematica: sicuramente complicherebbe la prima fase, richiedendo non solo l'indicazione dei cespiti espropriabili e la prova della loro esistenza, ma anche l'adozione in via generale di misure cautelari (sequestri di beni) per impedirne la sottrazione o la dispersione in corso di causa. Nel sistema vigente, si lascia al creditore vittorioso l'individuazione dei beni da espropriare, nell'eventualità che il debitore soccombente non paghi: la proposta di Capaneo, palesemente ispirata a sfiducia nell'adempimento spontaneo, richiederebbe il blocco dei beni del debitore sin dall'inizio della causa, destinato a durare anni ed anni. Quando il debitore è un'imprenditore, si risolverebbe in uno stimolo al fallimento! 

Per altro verso, in un sistema che offre la garanzia costituzionale del diritto di difesa, un processo di esecuzione senza giudice sarebbe di dubbia legittimità.

Mi rendo conto che il panorama è cupo. Ma si tratta di una tendenza ormai risalente nel tempo: i codici del 1942 erano ispirati alle ragioni del credito, a partire dagli anni '90 si è affermata una preoccupazione per la tutela dei debitori, soprattutto se debitori di banche: nuove norme sull'usura, norme sulla trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie che limitano le possibilità di azione dei creditori, norme protettive dei consumatori operanti nello stesso senso, giurisprudenza sulla responsabilità per "abusiva" concessione di credito o per "recesso brutale" dagli affidamenti bancari, giurisprudenza sull'anatocismo, e così via. La riforma berlusconiana della legge fallimentare va nello stesso senso, frantumando la parità tra i creditori ed ammettendo un'agevole esdebitazione del fallito.

Poi ci si meraviglia se gli investimenti stranieri stagnano.

 

 

 

Poi ci si meraviglia se gli investimenti stranieri stagnano

 

Grazie!

Certo che il panorama è oltremodo cupo.

Soprattutto perchè sono convinto che la lunghezza di queste cause, sia alla base di molti problemi perchè ne conseguono tutta una serie di comportamenti e procedure che ostacolano il nostro sviluppo economic.

Non conoscete soluzioni, mutuabili da altri paesi, che potrebbero funzionare anche da noi?

 

L'idea di unificare cognizione ed esecuzione mi sembra problematica: sicuramente complicherebbe la prima fase, richiedendo non solo l'indicazione dei cespiti espropriabili e la prova della loro esistenza, ma anche l'adozione in via generale di misure cautelari (sequestri di beni) per impedirne la sottrazione o la dispersione in corso di causa. Nel sistema vigente, si lascia al creditore vittorioso l'individuazione dei beni da espropriare, nell'eventualità che il debitore soccombente non paghi: la proposta di Capaneo, palesemente ispirata a sfiducia nell'adempimento spontaneo, richiederebbe il blocco dei beni del debitore sin dall'inizio della causa, destinato a durare anni ed anni. Quando il debitore è un'imprenditore, si risolverebbe in uno stimolo al fallimento!

 

L'indicazione dei cespiti e la prova della loro esistenza è la stessa identica attività che si compie in fase d'esecuzione. Anticiparla alla memoria conclusionale del processo di cognizione non sarebbe così complicato.

Non capisco, poi, perchè mai il sequestro conservativo debba conseguire AUTOMATICAMENTE ad una fusione tra fase di cognizione e fase di esecuzione. In realtà le misure cautelari le puoi lasciare esattamente come sono per adesso... ogni creditore avrebbe la facoltà di attivarle o meno.

La mia proposta non richiede il blocco dei beni del debitore sin dall'inizio della causa, ma dalla sentenza, che è cosa diversa.

L'effetto che cerco è di evitare tutta la fase sostanzialmente burocratica (e costosa), che segue alla vittoria della causa. Spedizione in formula esecutiva, notifica del precetto, fila dall'ufficiale giudiziario, pignoramento sono tutte attività che possono essere evitate se si desse la possibilità al giudice di disporre direttamente il pignoramento. Specialmente nei casi di pignoramento presso terzi si risparmierebbe una infinità di tempo e denaro, a costo zero per il debitore tra l'altro.

Per esempio, nella memoria conclusionale le parti indicano il conto corrente da pignorare, il giudice nell'emettere la sentenza dà 15 giorni di tempo per l'adempimento spontaneo, trascorsi i quali le somme si intendono immediatamente assegnate al creditore. Il creditore, se entro 15 giorni non riceve i soldi, notifica la sentenza direttamente al terzo e fine, soldi in tasca, niente spese inutili (che poi alla fine le spese inutili ricadono sul debitore).

Quale è il problema? Io credo che non ci si debba mai affezionare ai concetti ed agli istituti vigenti, quasi come fossero dogmi... in Italia la procedura civile la modifichiamo in continuazione, ma facciamo solo piccoli ritocchi, senza mai ripensarne i cardini.

Poi il debitore ha la possibilità di distrarre i suoi beni anche nell'attuale sistema e la avrebbe sempre e comunque, questo è inevitabile.

 

Per altro verso, in un sistema che offre la garanzia costituzionale del diritto di difesa, un processo di esecuzione senza giudice sarebbe di dubbia legittimità

 

Il diritto di difesa è garantito nel momento stesso in cui sorge una contestazione. Non ho mai scritto che l'esecuzione debba svolgersi SENZA giudice. Ho scritto che il giudice deve intervenire solo ed esclusivamente nel caso di contestazione.

Ad oggi, il giudice deve intervenire sin dall'inizio della procedura di espropriazione immobiliare, anche quando non ce n'è alcun bisogno. Giusto per fare un esempio, è veramente necessaria un'udienza (che significa perdere mesi e mesi!) per nominare un perito e fargli pronunciare la formuletta d'impegno con la mano sul cuore? Non lo è! Nel 2012 bisogna essere scemi per pensare che lo sia!

Del resto,  l'agente per la riscossione, secondo precisa disposizione di legge, può metterti all'asta la casa, senza nemmeno farla stimare... solo sulla base della rendita catastale e senza intervento di alcun giudice... ed è tutto perfettamente costituzionale, per il semplice motivo che se il debitore ha motivo di contestare l'operato dell'agente, ha tutti i mezzi di questo mondo per rivolgersi all'autorità giudiziaria.

Io pertanto credo proprio che si possa discutere di una fusione tra i due processi. Secondo me farebbe guadagnare molto, molto tempo.