Referendum costituzionale: le mie ragioni per votare NO

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Al referendum mi turerò il naso (per la pessima compagnia che dovrò sopportare) e voterò NO. Non lo farò né per far un dispetto a Renzi&Boschi, né per far cadere questo governo e sostituirlo con uno grillino, né per far contenti i sinistri apologeti della costituzione più figa del mondo. Lo farò perché questa riforma è dannosa. La riforma (in combinazione con la legge elettorale chiamata Italicum) disegna un sistema istituzionale che nasce già vecchio, che sarebbe stato utile 40, forse 50, anni fa per evitare gli errori ed i compromessi che si son fatti a partire da metà anni '60 e che sono stati la causa principale del declino. Ma, nella situazione attuale, se approvata questa riforma costituzionale porterebbe ad ancora meno governabilità e, soprattutto, a maggiori conflitti sociali e a gravi rischi politici. Tanto per essere concreti, renderebbe molto più probabile il rischio di un Donald Trump italico. E questa mi sembra ragione sufficiente per dire NO.

Il testo della riforma lo trovate, fra i tanti, in questo sito. I riferimenti nell'articolo sono alle pagine di quel documento. Riassumo brevemente il contenuto solo per le parti che mi interessano. La riforma è infatti vasta e comprende molti aspetti dell'assetto costituzionale. Alcuni sembrano secondari e forse lo sono (per esempio, nel Titolo III, articoli 92-99, pagg. 24-27) ma non ho né il tempo né la capacità per cercare di valutarli. Mi sembrano comunque secondari, inclusa la tanto sbandierata eliminazione del CNEL. Qui trovate un riassunto più lungo e completo della riforma.

- Modifiche a Parte I: restringono elettorato attivo (estero) alla sola Camera dei Deputati. Puramente ancillare al fatto che la riforma prevede elezione diretta solo della Camera.

- Modifiche a Parte II: introduzione quote di genere nell'elezione della Camera, definizione dei ruoli separati di Camera e Senato, definizione del Senato come organo a elezione indiretta da parte di Consigli Regionali e Provinciali (Bolzano e Trento). Di particolare rilevanza gli articoli 70-71 (pp. 9-12) che definiscono le competenze di Camera e Senato. Vi sono poi una serie di altre modifiche, alcune molto tecniche altre francamente a me non facilmente comprensibili che (ma qui entriamo nel campo della valutazione) fanno assomigliare la nuova costituzione ad un regolamento parlamentare, oltre ad una nuova regolamentazione dei referendum popolari. Non avendo il tempo tralascio questi elementi, in quanto mi sembrano, alla fin fine, di secondo ordine. Vale la pena notare la materia relativa ai trattati UE rimane "bicamerale", nel senso che deve essere approvata sia da Camera che da Senato (art. 80). Per dichiarare guerra, invece, basta la maggioranza della Camera (art. 78). Nel Titolo V spariscono le province e compaiono le città metropolitane, esattamente laddove prima c'erano le province; vengono poi ridefinite le competenze degli enti locali. Non le riassumo, se volete capirle (sono rilevanti) dovete leggere da pagina 27 a pagina 41, concentrandovi sugli articoli 116-119.

- Vi è poi la questione della legge elettorale nota come Italicumla quale non è oggetto di referendum perché non è parte della legge che riforma la Costituzione. Ma è ovviamente integrata con essa e componente essenziale d'un unico disegno di riforma istituzionale. Nel mio giudizio, quindi, la legge elettorale conta. Mi rendo conto che, così facendo, mi espongo alla critica di mischiare temi fra loro tecnicamente separati. Certo, tecnicamente separati ma politicamente collegati, come ormai anche lo stesso Renzi ha capito. E nemmeno del tutto tecnicamente separati: se la riforma istituzionale che, come visto, rende solo la Camera dei Deputati elettiva, venisse cancellata da una vittoria del NO la legge elettorale (che passi o meno il vaglio della Corte Costituzionale attesa per inizio ottobre) diventerebbe inutilizzabile perché detta norme solo per l'elezione della Camera dei deputati. Se la riforma costituzionale non passa il Senato rimane e... come lo eleggiamo? Con la legge elettorale precedente? Ci troveremo di fronte non solo ad un sistema ancora perfettamente bicamerale ma anche all'assurdo di avere i due rami eletti in base a leggi elettorali totalmente incompatibili. Un'autentica follia. 

Forse c'è una soluzione "tecnica" (ovvero, una azzeccagarbugliata) ma non mi son curato di cercarla perché, a mio avviso, se cade la riforma costituzionale DEVE per forza essere rifatta la legge elettorale. Quindi votare SI o NO alla Riforma Costituzionale implica, di fatto, anche votare SI o NO alla legge elettorale. Questo articolo si fonda su tale ipotesi politica che trovo difficile rigettare. Se la rigettate cade il 49% del mio argomento, ma rimane comunque il restante 51%.

Sulla legge elettorale, da un punto di vista puramente tecnico, ho già detto. Da allora (giugno 2014) molte cose son cambiate ed il testo finalmente approvatoè diverso da quello che io a suo tempo discussi. Ma la sostanza non cambia e credo che il lettore attento possa fare l'operazione "mutatis mutandis" per intendere come le critiche del 2014 valgano ancora, fondamentalmente, per il testo del 2015. Se qualcosa di essenziale fosse oscuro o erroneo lo discuteremo dei commenti.

Questo perché mi preme venire ai punti che mi interessano e che la lunga introduzione - difensiva per evitare commenti e critiche su dettagli irrilevanti - ha solo ritardato. Che sono i seguenti due.

  1. L'intero disegno di riforma istituzionale (costituzione + legge elettorale) si fonda sull'idea che il bicameralismo e la proporzionalità siano la causa dei nostri mali passati e presenti e che occorre costruire un sistema di fatto presidenziale, con una sola Camera in cui la maggioranza viene comunque assegnata automaticamente (e non sulla base di trattative politiche fra partiti) ad una coalizione guidata da un candidato premier. Non solo, la legge elettorale è mirata a "generare" o facilitare il bipartitismo: due grandi partiti o coalizioni stabili che, ad ogni tornata elettorale, competono per la guida del paese. L'idea di fondo essendo che il bipartitismo fa bene e che la logica conseguenza del medesimo è che il vincitore governa e l'altro fa l'opposizione di sua maestà, lealmente aspettando il proprio turno 5 anni dopo. 
  2. Parte cruciale di questo disegno è il ritorno di ciò che conta a Roma e l'eliminazione del pseudo-federalismo all'italiana che è risultato essere un evidente fallimento. Essendo il federalismo fallito lasciamo a comuni, nuove province e regioni, alcune piccole funzioni di gestione locale e riportiamo al centro le cose importanti, controllo di spesa e tassazione in primis eliminando le follie delle competenze "condivise" del federalismo all'italiana. Il federalismo, in Italia, non funziona e fa solo disastri. Tutto il potere a Roma, altro che soviet regionali.

Bene, dissento.

Che io dissenta su 2) è cosa vecchia e stranota. Cercherò di risolverla, quindi, con poche frasi perché la cosa che maggiormente mi preme è il primo punto, un punto sul quale ho cambiato di opinione negli ultimi tre o quattro anni anche grazie, forse soprattutto, al fallimento dell'avventura politica di Fare per Fermare il Declino.

Federalismo. Si, la riforma del 2001 fu uno schifo quasi unico. Per mille ragioni ma, soprattutto, perché non creava nulla di federale, non creava alcun incentivo ad un ridisegno di comuni e regioni tali da renderli sostenibili ed efficienti, mischiava orrendamente le competenze ma, soprattutto e crucialmente, perché non costringeva regioni e comuni a finanziare le proprie spese e non distribuiva la responsabilità fiscale laddove deve stare: alle entità istituzionali che hanno la responsabilità della spesa. Sull'argomento abbiamo scritto così tante volte e così chiaramente che non intendo ritornarci. La riforma fu uno schifo, perché fatta da un centro-sinistra che del federalismo ha terrore e poi attuata da una destra in via di fascistizzazione che del federalismo non ha mai compreso nulla, fatti salvi i mobili affittati per far finta di aver spostato i ministeri a Monza.

Il problema "federale" in Italia esiste ed è infatti sempre più grande. Visto che ho passato l'estate a guardare il Sud Italia e a chiedermi per quale maledetta ragione è quella roba sottosviluppata che è e non il paradiso che potrebbe essere, mi salto questo passaggio (ci scriverò quando la vita me lo permetterà, spero presto). Ma pensare che in Italia si possa rifomare alcunché, tagliare le tasse, rendere efficiente l'apparato dello stato, ridurre i trasferimenti parassitari, creare concorrenza e meritocrazia e ritornare a crescere, senza responsabilizzare fiscalmente e finanziariamente le diverse aree del paese, senza renderle padrone dei propri destini, è pura follia. Questa riforma è folle anche solo per questo: riporta il controllo di tutto a Roma e dice che chi non si comporta bene verrà punito dall'inflessibile e onniscente burocrate romane. Keep dreaming, and I rest my argument.

Bipolarismo. Sì, un sistema bipolare che avesse dato ad una parte, quella che prendeva la maggioranza relativa o assoluta dei voti nel caso puro di due soli partiti, il diritto di tranquillamente governare per cinque anni sotto il controllo dell'opposizione, sarebbe stato utilissimo all'Italia degli anni '60, '70, '80 e forse anche '90. Ci saremmo evitati tutti quegli assurdi governi di coalizioni variabili, i mille compromessi fondati sulla spesa pubblica, i continui rinvii di riforme necessarie che mai vennero fatte causando così il declino perché il paese, invece di cambiare adattandosi al mondo che cambiava, rimaneva fermo al mondo del 1950-60. Com'è fermo, fondamentalmente, anche oggi. Ma non venne e, se ci pensate, non sarebbe mai potuto venire perché c'era il PCI e c'era la guerra fredda. Un sistema bipolare con premio di maggioranza avrebbe rischiato di dare il governo ad una coalizione PCI-PSI ed allora apriti cielo. Oppure avrebbe costretto la DC ad allearsi con (integrare) il MSI rischiando una fuga a sinistra che avrebbe, appunto, reso possibile una vittoria della sinistra, punto e a capo.

O forse no, non importa. Fatto sta che il bipolarismo fondato su una delle tante versioni possibili del maggioritario sarebbe stata molto utile allora. Ma non ora anche se tutti noi (io compreso sino a non molto tempo fa) siamo ancora convinti, sulla base di quell'esperienza storica e di quelle analisi, che sarebbe la soluzione di molti mali. 

Non lo è. Per la semplice ragione che il bipolarismo (uso un termine per denotare il tutto, alla fine il senso della legge elettorale quello è) si fonda sull'idea che esiste un bipolarismo ideologico e di interessi che domina su tutto ed aggrega spontaneamente la "destra" contro la "sinistra" definendo due compagini elettorali capaci di stare unite, internamente, nonostante i dissidi su questo o quell'altro punto secondario. Questo era vero sino a non molti anni fa, ma la fine della guerra fredda, la globalizzazione, l'emergere dei cosidetti "diritti civili", il cambio tecnologico che ha fatto sparire l'operaio massa ed il capitalista marxiano, lo sfilettarsi delle ideologie ottocentesche in minestroni di chiacchiere alla fusaro (lower case f, please), il cambio demografico che mette in conflitto economico "vecchi" e "giovani" ... hanno dissolto i fondamenti sociali, economici e culturali di quel mondo politico "semplice" in cui l'Occidente ha vissuto (e prosperato) durante il XX secolo, nonostante le due guerre mondiali.

Si, è successo proprio così: piaccia o meno la "sinistra" e la "destra" non ci sono più e non sarà certo una legge elettorale e ricostruirle in forza di un "teorema Miller-Modigliani alla rovescia per effetto Duverger" della politica. Le aggregazioni politiche durature - alla faccia di tante chiacchiere sui leader telegenici e le idee-forza che aggregano - nascono da agglomerati socio-culturali omogenei e li rappresentano, non viceversa. I fondamentali, anche in politica, son ciò che conta nel lungo periodo. 

Basta guardarsi attorno, basta guardare ai grandi paesi occidentali che di un sistema fondamentalmente bipolare (nonostante avessero ed abbiano assetti costituzionali e leggi elettorali diverse ma alla fine convergenti) hanno goduto dalla seconda guerra mondiale in avanti. L'Inghilterra: Labour è l'ombra di se stesso, i Lib-Dem sono una forza oramai permanente e c'è UKIP che riduce la forza elettorale dei Tories e vince il referendum. La Germania: c'è AfD che sta a "destra" di CDU-CSU ma con programmi economici nazional-socialistoidi, ci sono i Verdi, c'è Die Link e c'è SPD: quattro partiti dove una volta c'era solo destra vs sinistra. Ed in Francia, lo stesso, non credo debba raccontare io la storia della famiglia Le Pen. Nella neo-arrivata (alla democrazia) Spagna che - dal 1978 a cinque anni - fa aveva funzionato su PSOE vs PP con i piccoli partiti locali (Pais Vasco e Catalunya) come contorno, ora è cambiato tutto, La Spagna è ora politicamente paralizzata dalla presenza di quattro partiti (Ciudadanos e Podemos oltre a PP e PSOE) quasi equivalenti! E non trova soluzione perché ha un sistema costituzionale pensato per il bipolarismo dove quello che ha la maggioranza, pur relativa, dei voti, comunque governa. Impossibile: vanno alla terza elezione consecutiva in un anno!

E, ovviamente, il caso più macroscopico perché tutto è successo così all'improvviso anche se (fossimo stati più attenti, noi "scienziati sociali") l'esperienza di Perot nel 1992 il segnale l'aveva mandato: gli USA. Non tanto perché Trump si è inventato il suo partito mangiandosi il partito repubblicano ma perché la signora Clinton rischia di perdere le elezioni in forza del fatto che, dentro al Democratic Party, esiste un altro partito che, nelle primarie, si è fatto rappresentare da Sanders e non la vuole comunque. Non a caso, nelle polls recenti, i due candidati di solito invisibili (e totalmente trascurati dai media) appaiono con numeri mai visti! Se oggi negli USA corriamo il rischio d'avere un folle come Trump alla White House è perché abbiamo un sistema elettorale e costituzionale totalmente bipolare che non riesce a mappare la domanda politica e sociale esistente e rischia, quindi, di far alloggiare un coglione a 1600 Pennsylvania Avenue!

That's the point my friends. In tutto questo noi italiani, ovviamente, siamo un passo avanti a tutti. Abbiamo i comunisti-guevaristi nascosti dentro al PD, che sono di fatto un altro partito; abbiamo la Lega Nord che manda a fare in culo (non che mi dispiaccia) il dipendente di BS il quale cerca di ricostruirgli il partito, e abbiamo l'enorme massa di persone (il vero partito di maggioranza relativa oggi nel paese) che votano M5S, un partito di scampati di casa guidati da un buffone. E stiamo qui a chiederci se vogliamo ridisegnare la nostra costituzione per un sistema politico bipolare considerandolo un passo avanti?

Come ho argomentato sopra, sarebbe stato un passo avanti 40 o 50 anni fa, senza dubbio alcuno. Sarebbe stato utilissimo allora e forse ci avrebbe persino evitato il declino. Ma oggi questo pseudo passo avanti è solo un gigantesco passo indietro, figlio dell'arretratezza e del provincialismo del dibattito politico e culturale italiano che prende per progresso un tentativo tutto "legalistico" di ritorno ad un mondo passato che non c'è più. Questa riforma costituzionale è figlia della pochezza intellettuale, morale e anche personale di questa classe politica che altro non fa che riflettere l'arretratezza e la confusione sociale e culturale del paese.
A questo punto il lettore serio ed interessato mi chiederà se ho l'alternativa. No, non ce l'ho. Non ho il ''model beating the model'' di Boschi-Renzi-Verdini, anche perché averlo in teoria serve a poco visto che non ho le famosi divisioni (elettorali) di Joseph Vissarionovich buonanima. Ma, in questo caso, il fatto di non avere il modello alternativo immediatamente implementabile non mi può prevenire dal dire pubblicamente che questa riforma sarebbe non solo un passo indietro ma anche e soprattutto un enorme e pericoloso passo verso uno strapiombo dove albergano i mostri della politica. Ed hanno la faccia dell'autarchico con il padre fascista il cui cognome non ricordo e di quello che usa i congiuntivi some se fossero freccette da tirare a caso.

Ragione per cui, da buon ex arrampicatore, quando capisco che il tiro di corda "innovativo" che mi viene proposto ha un'alta probabilità di farmi volare con il rischio che i rinvii non tengano, io dico: sto fermo qui in sosta, agganciato a quel poco che ho e ci rifletto assieme al compagno di cordata. Un altro passaggio, fuori da questo incubo, deve esserci che non rischi di farmi morire di trumpismo in poco tempo. Parliamone, magari passeremo la notte in parete al freddo ma parliamone prima di prendere quel diedro scuro e pieno d'acqua. Walter, ti vol 'na Marlboro?

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Commenti

Ci sono 77 commenti

Sicuro che restare così non avrà lo stesso esito?restare così vuol dire paralisi. e non mi riferisco solo alla "navetta" e tutto il resto. Significa governi di larghe coalizioni inefficienti, che non faranno altro di far crescere i consensi per i partiti anti sistema secondo l'ormai colaudato meccanismo sistema vs anti-sistema. Tema delicato, apetto di leggere i futuri commenti.

Ps: sicuramente l'avrai già letto,in caso contrario sul sud ti consiglio l'ottimo libro di Emanuele Felice

centrosinistra e centrodestra, il federalismo non lo vogliono (e ne hanno terrore) perché quando arrivano al potere nazionale, lo vogliono tutto, da Livigno a Lampedusa, senza dividerlo con nessuno. Questo forse ci fa capire perché invece la nazione ne avrebbe tanto bisogno.

Ma ne riparleremo.
Magari anche io riprendo la tastiera appesa al chiodo e scrivo un pezzo per nFA.

Michele, in un referendum si sceglie in base all'argomento, non in base a chi vota. Non si fanno alleanze, se non nella mentalità distorta di troppi italiani.

Ciò detto, gli errori tecnici e le molteplici imprecisioni ed ambiguità della riforma sono tali da giustificare da soli il NO. Il passo indietro rispetto al "federalismo" del 2001 avrebbe qualche merito, perché era estremamente pasticciato e fonte di contenziosi tra stato e regioni: ma, come giustamente rilevi, si risolve in nuovo accentramento, non nella correzione degli errori di allora.

In definitiva, nel merito il progetto di riforma merita una solenne bocciatura. Poi, ci sarà - forse - spazio per una riforma più lineare e più equilibrata: quanto meno, chi ci proverà potrà fare tesoro del fallimento degli ambiziosi tentativi di riforma rigettati dagli elettori.

 

Poi, ci sarà - forse - spazio per una riforma più lineare e più equilibrata: quanto meno, chi ci proverà potrà fare tesoro del fallimento degli ambiziosi tentativi di riforma rigettati dagli elettori.

 

ecco, questo  non mi sembra proprio possibile. il SI eil NO non sono situazioni simmetriche, il no è un macigno che bloccherà omnia saecula saeculorum anche solo l'idea di ripetere il faticoso iter parlamentare di un progetto di riforma; troppi rischi politici derivano dall'insuccesso secco, pochi invece i meriti attribuiti al riformatore vincente, e dluiti nel tempo.

si considerino ad es. i referendum abrogativi che si sono già tenuti, ove il il no costituzionale corrisponde al sì all'abrogazione. dire no o abrogare è sempre facile, comodo e aggregante. col sì, si afferma anche che cambiare è possibile.

sulla legge ronchi, o referendum sull'acqua, quante iniziative di riforma del settore sono state semplicemente avanzate dopo la sconfitta al referendum? ettecredo, ormai vigilano instancabili i guardiani dell'acqua pubblica, che si sono ricavati una robustissima rendita di posizione da esercitare semplicemente col veto continuo.

(adesso vado a leggermi l'articolo di michele boldrin. azzardo il contenuto: vota no perchè lui la riforma l'avrebbe fatta meglio. ne sono convinto anch'io, ma voterò sì)

la mia motivazione, di ordine esclusivamente politco e non tecnico, è che il Parlamento l'ha votata, seppure non con la maggioranza prevista dalla Costituzione in vigore. Siccome ho memoria di come si formano le maggioranze parlamentari, credo che in Italia non si giungerà mai alla maggioranza oggi prevista. Inoltre il Governo Renzi ha portato a casa alcune riforme difficili. Moltissime restano da fare, ma dobbiamo rischiare di costruire un nuovo corso,  passando per quel diedro. L'unica cosa preoccupante è la masnada dei 5S e la loro democrazia, sé dicente diretta; ma sono stati già scelti dal popolo sovrano.

Una volta che hai eliminato il bicameralismo e hai accentrato le decisioni sulle infrastrutture, ossia quando (se si segue questa narrazione) hai reso il potere centrale finalmente “svelto” (svelto nelle decisioni, si intende, che è la condizione solo necessaria per applicare le decisioni “giuste”, purché le trovi …), hai bisogno (abbiamo qui un salto logico?) di accentrare anche il sistema politico. Potresti, infatti, avere, al contrario, un sistema politico proporzionalistico le cui decisioni, se hai una maggioranza, diventano finalmente svelte grazie all'assenza del bicameralismo, eccetera. E invece no. Si ha così nelle intenzioni (dell'Italicum prima di ogni possibile riforma) un sistema politico che premia chi passa per primo alle elezioni (al primo o al secondo turno), con alcune decisioni che sono condivise col nuovo Senato (che avrà probabilmente una maggioranza omogenea con quella della Camera). Se quanto detto è un buona sintesi della sintesi, che cos'è che non va? Lo spazio “decisionista” è, infatti, ampio, ma - e qui sta il dubbio - il tutto è centrato sulla scommessa che al potere vadano i “buoni”. Se i buoni vincono il sistema porta al Bene. Ma se vincono i “cattivi”, oppure se i buoni diventano nel tempo meno buoni? Non per caso il vecchio sistema – l'orrido proporzionalista e bicameralista - impediva che comandassero “troppo” o i buoni, oppure i cattivi (dipende dalle preferenze di ognuno). La paura della non “reversibilità” del potere dei buoni oppure dei cattivi ha portato dagli anni Sessanta in poi al condominio “buoni-cattivi”, col bilancio dello stato come luogo dove si trovava un qualche equilibrio. E va beh, questa è storia, e mò che famo? Lasciamo le cose come sono (voto NO) e poi si vede, oppure facciamo il salto nella terra incognita (voto SI)? La mia tesi è che non si hanno delle motivazioni tali che convincano definitivamente a favore del NO o del SI, ossia si può argomentare (ecco Carneade come modello) a favore di entrambe le scelte. Dovendo scegliere, e non potendo sempre non scegliere, voterò per la terra incognita. Non lasciamo le cose come sono e poi si vede.

Di fronte ad una questione complessa e articolata dovremo esprimere (chi lo farà) una solo Sì o un solo No (per quanto ne so), condizione che certo non aiuta l'analisi. Prendere tutto o lasciare tutto. Le argomentazioni e i timori che rappresenti sono ampiamente condivisibili, ma nella scelta tra il sì o il no continuo ad oscillare su un dubbio.
In una nazione in cui la staticità rappresenta comunque uno dei mali, quanto lo stato di attesa sarebbe effettivamente utilizzato nella ricerca di una soluzione migliore? Dell'appiglio giusto o piuttosto speso solo per cercare altre nuove giustificazioni verso gli errori che ci hanno condotto nella situazione in cui ci troviamo. Restando comunque lì, ma probabilmente beandoci del fatto che non è colpa nostra.
D'altro canto un passo falso potrebbe essere utile, qualora non mortale. Sarebbe però un passo in aggiunta ad altri, altrettanto falsi. Quanti mai potranno essere i jolly che ci possiamo giocare? Quanti passi falsi ci sono concessi per comprendere finalmente quali siano i principi che garantirebbero di percorrrere un percorso più sicuro?
Solo domande è nessuna risposta, lo so.

Non c'è dubbio. Anche io credo che bisognerà lavorare su una base di valori e di principi che il popolo, ormai sopito, non considera neanche più

(intanto grazie prof, il primo parere ponderato che leggo sul NO).

Concordo su quanto di cui sopra, la tentazione dell'immobilismo in Italia è forte e la vittoria del NO rischia di passare come una vittoria della ginoria male assortita dei "la-costituzione-più-bella-del-mondo non-si-tocca!".

D'altra parte far vincere il SI e poi trovarsi il paese eterodiretto da un blog di un folle è una prospettiva delirante.

Grazie ancora.

 

Io credo che si stia commettendo lo stesso errore fatto con Fare per le elezioni europee: cercare apparentamenti anzicchè proporre un programma ben definito.

Pur condividendo nell'essenziale le ragioni espresse per il NO, non credo si possa non indicare un'alternativa. E' dal 1956 che la politica italiana (alcune frange popolari semplicemente dal 1948) sente il bisogno di cambiare la Costituzione, in particolare la legge elettorale, per uscire fuori dal quel guano compromissorio comunisti-cristiani, basato sul principio della "equa" e "supercontrollata" ripatizione del potere.

Per le Europee, seguendo il populismo politico imperversante, anzicchè andare verso una condanna dell'attuale sistema UE e presentarsi come forza politica di innovazione (magari a contenuto realmente federalista, come era stato proposto) del sistema di direzione e gestione della UE, condannando definitivamente quell'obbrobrio del trattato di Lisbona, tutte le forze politiche, senza distinzione, hanno preferito la conferma del sistema partitocratico referenziale UE, cercando di aggiustare il tiro chiedendo maggiori poteri da una parte per la Commissione (politiche comunitarie e immigrazione) e dall'altra allargando la forbice  in materia finanziaria per i singoli stati.

Al fallimento di quelle elezioni assistiamo quasi impotenti oggi, con una destra xenofoba in crescente crescita. Ed è sempre più difficile che qualcuno riuscirà a fermarla. E' la fine dell'UE e si corre il rischio di andare sempre più verso un brexit molto più consistente.

Quanto sta accadendo negli USA, inoltre, è significativo: ancora un paio di attentati e Trump sarà il prossimo presidente, che lo si voglia o meno. Ancora oggi nessuno, dico nessun politico, ha mai considerato quanto il sentimento di "paura" (neanche insicurezza!) stia lavorando nel sottobosco sociale, sia negli usa (dove dopo l'11 settembre la cosa è sentuita molto di più), ma ora anche in Europa, con le grandi enclavi islamiche: in Francia, in Belgio (nessuno ne parla ma è la nazione europea dove il cambiamento sociale, in senso islamico (incluso i molti casi di poligamia non dichiarati, ma silenziosamente accettati!), in Norvegia , in Inghilterra etc. Si, l'insicurezza di non poter più vivere secondo gli schemi di libertà e democrazia cui siamo stati abituati, non è più latente. La paura" spinge sempre più verso l'intolleranza e l'America ce lo sta dimostrando, cosi' come ce lo ha già dimostrato l'Inghilterra con la sua brexit!!!!! No, lo imploro a pieni polmoni: c'è bisogno impellente di qualcuno che "indichi" un nuovo percorso da seguire. Una linea guida che possa diventare anche fonte di ritrovato senso del comune convivere.

Purtroppo, per mia natura, sono portato istintivamente a lavorare in controtendenza. Ecco quindi che con tutti i problemi che l'Italia stà vivendo in questo momento, io proporrei di guardare un po' più al di la del nostro naso e cercare soluzioni che, insieme al NO, possano dare una certa credibilità ad un futuro sempre più orientato alal centralità dell'uomo e del cittadino. Se di progetto per una UE Federata non se nu puo' parlare (non è il caso, visto che soprattutto Germania e Francia non ne vogliono sentir parlare per il momento!), beh almeno un progettino per una Italia di "grandi Regioni" autonome (ci sarebbe spazio per rilanciare anche il sud borbonico-mafioso!) e Federate ... non farebbe male a nessuno e creerebbe, per contro, un interesse univoco anche per i deviati dei 5S e gli sbandati dell'astensione! Se si continua con la politica del "no, questo non si deve fare perchè è brutto!" non solo non andremo più da nessuna parte, ma si finirà per mettere il paese in mano alla Le Pen della situazione che, ahimè, in Italia si chiama Salvini! Alla fine, anche i più scemi faranno fortuna!

Non comprendo appieno dove venga esattamente individuata la correlazione tra la riforma de qua e la maggiore celerità nel procedimento legislativo. O meglio, perché questa correlazione venga considerata verificata in via automatica. 

Porterei all'attenzione non solo la possibilità che i ddl non arrivino alla Camera - potendo restare in commissione ratione materiae, senza che si raggiunga l'accordo per licenziarlo in favore dell'aula - ovvero che il procedimento monocamerale si 'inceppi' in ragione della mancata previsione, ad esempio, di ciò che dovrebbe verificarsi nel caso in cui la Camera si sia pronunciata (negativamente o non conformemente) su modifiche proposte dal Senato. Si chiude il procedimento, come sembrerebbe dalla ratio legis, oppure i senatori rivendicheranno la propria competenza a intervenire nuovamente? Ricordiamo che siamo dinanzi ad una camera politica, checcé se ne dica, considerata l'assenza del voto unitario, stile Bundesrat tedesco, da parte degli esponenti regionali/locali. 

Concordo con il Prof. Boldrin soprattutto in relazione alle modalità di attuazione del federalismo. A mio parere bisognerebbe tenere in considerazione un dato storico e di teoria del diritto costituzionale, cioè a dire l'iter di raggiungimento di un sistema federale. Uno Stato federale viene generalmente a costituirsi a partire, in primo luogo, da una Confederazione di Stati che, per poche materie, si affidano ad un'autorità centrale; per poi passare ad una Federazione in senso stretto (un'eccezione in merito è il Belgio, ma si considerino le peculiarità neerlandesi/francofoni). Dall'altro lato sta il mero decentramento (stato unitario che va verso l'esterno) che è più propriamente ciò che - per lo meno in linea tendenziale - dovrebbe appartenere all'Italia, in considerazione della conformazione geografico-territoriale e, altresì, dell'apprato amministruttivo. È proprio in questa ottica che si comprende la critica mossa dal Prof., cioè la necessità di rivedere l'intero sistema, per attuare concretamente un sistema federale. 

Ultima considerazione sulle modalità di voto della riforma - anche se non centrale nell'oggetto della discussione -. Va sfatato il mito per cui è stato usato il 138 Cost. anche con maggioranza molto alte (ca. 58%): va detto a Boschi e co. che il 138 nasce in un'ottica proporzionale, quindi nel tentativo di accomunare quante più forze politiche, per una più ampia condivisione. Ai premi di maggioranza cominciarono a pensarci nel 1953! ;)

NON sarà mai fatto per la semplice ragione che implicherebbe un crollo del tenore di vita del Sud o un trasferimento esplicito (contrattato ogni anno) di risorse dal Nord. Nel primo caso si ribellerebbero i meridionali nel secondo i settentrionali. In Italia si può fare solo un federalismo all'italiana - con regioni come puri centri di spesa e trasferimenti nascosti nelle pieghe del bilancio statale (cf. la sanità). E allora, molto meglio il centralismo.

Mi sembra che nel tuo scritto si sottovaluti un aspetto della riforma, molto importante a mio avviso, e che di fatto la rende una killer application e fa superare le molte incertezze di altri punti: il meccanismo di fiducia verrebbe assegnato solo alla Camera eletta e con un chiaro vincitore, soprattutto se in combinato con una legge fortemente maggioritaria. È una nota apparentemente minore ma dalla valenza enorme.

Basti pensare che molti governi negli ultimi decenni hanno avuto il problema di trovare la maggioranza in entrambe le Camere, facendo desistenze (Prodi uno) o cercando voti dall'altra parte (Prodi bis ma anche il primo Berlusconi trovò sponde diverse, vd. Tremonti eletto con un altro polo), Letta e Renzi.

Oggigiorno, proprio in una situazione multipolare - inevitabile se, fallendo l'Italicum e il referendum, dovessimo tornare ai proporzionali alla Camera e al Senato - una situazione di doppia fiducia e necessarie (grosse?) coalizioni è quella che favorisce la compravendita di voti per governare, politiche poco chiare e l'emergere di populismi.

Il dramma di queste situazioni è che non c'è poi una vera responsabilità di chi sta al potere. Questo è l'alimento dei fascismi che non si sporcano le mani, finché non si trovano all'improvviso al potere.

Faccio un esempio piccolo, la Cirinnà, approvata senza stepchild adoption. È opinione comune che, al di là delle furbizie dei 5S, la legge sia monca perché c'è una coalizione PD con l'NCD. Al PD si dice che fosse stato solo al governo l'avrebbe fatta piena. Non lo sapremo mai ma è evidente il problema di accountability. Portiamolo su N leggi.

Per me questo punto è un passettino enorme, quasi da Armstrong sulla luna.

Sul resto mi piace ricordare un concetto di Giovanni Sartori, "Ingegneria Costituzionale": una volta approvata si può migliorare passo dopo passo, pur con qualche perplessità. Come? Questo è un bell'esercizio intellettuale che chiederei ai tuoi follower se avessi la fortuna di poter contare su un seguito così attivo, genuinamente polemico e spesso informato (sottoscritto escluso :) ).

Le alternative sono tenersi un sistema che ha segnato il passo oppure di dividersi tra mille proponenti che in 30 anni - dalla commissione De Mita, se ben ricordo - non si sono mai messi d'accordo nel solco della più leggendaria tradizione italiana, quella del gattopardo.

Cordialità,

Zeno

tu non abbia letto l'articolo con sufficiente attenzione. 

Non solo perché il punto che sollevi è li' discusso ma anche per due altre ovvie ragioni.

- SE il problema fosse quello che dici avrebbe svariate soluzioni molto più semplici (uniformare legge elettorale, eliminare per davvero uno dei rami del parlamento, richiedere fiducia al governo solo nella camera alta, eccetera)

- Il problema istituzionale italiano, empiricamente, NON è quello che tu affermi, vista la paucità di casi in cui è stato rilevante.

Sartori, ovviamente, straparla. Non esiste l'ingegneria istituzionale continua e, se esistesse, bisognerebbe ucciderla con il DDT visto che, generando incertezza continua sulle regole basiche del gioco farebbe un danno enorme, danno che un teorico come Sartori dovrebbe aver ben chiaro. Ci strappiamo i capelli perche' cambiano le regole fiscali del gioco ogni due per due ed ora vogliamo anche la costituzione che cambia ogni tre o quattro anni? Please!

Non so da dove gli sia uscita una tale assurdità ma forse, vista l'età ed il disperato bisogno dell'uomo di essere al centro del dibattito anche quando non ha nulla da dire, s'è spinto sino a dire assurdità del genere.  

La riforma costituzionale e la legge elettorale daranno più potere di governo al partito che avrà più successo alle elezioni, anche se votato da una minoranza di elettori? Non ne sono sicuro, non conosco abbastanza bene il funzionamento del sistema politico, ma presumo che sia così, fino a prova contraria.

Confrontiamo allora i pro e i contro.

Contro: potrebbe prendere il potere un partito come i 5 stelle, straordinariamente inadeguato e con idee quasi deliranti, oltre che minoritario, nel caso risulti meno minoritario degli altri. Certo, è un pericolo, ma credo che vengano sopravvalutati i danni che potrebbe fare (idem, mutatis mutandis, per Trump in USA). Credo ci siano oggi, in USA come in Italia, molti antidoti istituzionali interni, più che 50 o 100 anni fa. Poi, specialmente per l'Italia, ci sono i vincoli internazionali, l'Europa, la interdipendenza economica cogli altri paesi. Situazione molto diversa da quella, per dire, dell'avvento del fascismo. Conseguenza molto probabile: un Grillo al governo in Italia (e perfino un Trump in USA) sarebbe in breve ridotto ad una quasi impotenza, più o meno come la povera Raggi a Roma. Farebbe danni, ma limitati e per un tempo limitato, poi sarebbe vittima di una salutare crisi di rigetto. E' un rischio, d'accordo. Ma non sopravvalutiamo le probabili conseguenze negative, da confrontare con quelle positive, coi pro.

Pro (qui mi riferisco solo all'Italia): il partito che vince potrà governare più liberamente, nel bene o nel male, e conseguentemente non potrà facilmente sottrarsi alla responsabilità dei risultati del suo governare, diversamente da come avviene ora. Questo a sua volta avrà alla lunga una serie di conseguenze positive: in particolare, alla lunga i partiti avranno un maggiore incentivo a selezionare una classe dirigente più capace di portare a casa buoni risultati di governo, e un minore incentivo a premiare i venditori di fumo. Molto alla lunga, d'accordo, ma anche gli effetti di lungo periodo, per quanto solo probabili, sono importanti.

D'accordo con Boldrin che il bipolarismo destra-sinistra si è abbastanza eclissato, ma non mi sembra un argomento così rilevante. Probabilmente si creeranno altre opposizioni bipolari, una si sta già delineando, autarchici vs. globalisti, nel più lontano futuro chissà. Ma anche in assenza di opposizioni ideologiche bipolari, il bilancio dei principali pro e dei principali contro mi sembra quello che ho abbozzato in modo grossolano e molto parziale. Con grande incertezza, e sapendo di ignorare o tralasciare molti aspetti importanti (ho tralasciato la questione del federalismo fiscale, aspetto di sentire eventuali obiezioni al ragionevole scetticismo di Federico), personalmente darei più peso ai pro.

A margine: se un rischio negativo di un sistema politico come quello delineato da una riforma costituzionale e da una legge elettorale di questo genere è l'accesso al governo di un partito come i 5 stelle, un'opportunità positiva è il possibile accesso al governo di un futuro partito italiano tipo Ciudadanos -- non nel breve periodo, molto probabilmente, ma nel medio-lungo chissà.

Forse la scelta, con tanti elementi di incertezza, è anche una scelta dettata da tratti di personalità. Molti come me voteranno sì, se non troveranno argomenti più stringenti di quelli finora offerti da Boldrin, anche perchè, nell'incertezza, tendono all'ottimismo e all'azzardo più che al pessimismo e alla prudenza. Magari poi scoprirò, se sarò ancora vivo, che aveva ragione Boldrin.  

Perché afferma che " il partito che vince potrà governare più liberamente e non potrà facilmente sottrarsi alla responsabilità come avviene ora" ? l'italicum incentiva le forze politiche a presentarsi alle elezioni, per esigenze puramente elettorali, in grosse liste multipartitiche (in Italia all'inizio sarebbero almeno 3, perché il M5S non intende presentarsi con altre forze politiche). In pratica potremmo trovarci l'anno prossimo governati da una coalizione (nel caso vincesse il centrodestra) che va da Alfano, a Casini, rimasugli di Scelta Civica, Meloni, Salvini, Fitto, Berlusconi (Parisi), ed estrema destra stile Casa Pound, che si saranno presentati tutti con un unico listone denominato magari "Lega-Italia" o "lega-Nazionale", o simili.

 

 In che modo una coalizione così assortita potrà governare proficuamente, e in che modo questo responsabilizzerà i nostri politici? e poi soprattutto dove sarebbe l'incentivo a selezionare una classe dirigente migliore? casomai tutto il contrario... se l'elettore volesse premiare il partito che all'interno della coalizione di governo ha dimostrato di avere una migliore classe dirigente, non potrà farlo, se non votando anche i partiti che hanno dimostrato di avere la classe dirigente peggiore, dato che si presentano alle elezioni in un unico listone, per cui l'incentivo casomai si azzera. L'unica scelta che rimane all'elettore è fra due minestroni informi ed indistinti, tenuti insieme da accordi opachi su cui l'elettore non ha alcuna influenza, dato che avvengono prima ancora delle elezioni e non dopo, sulla base dei risultati elettorali, come avviene in quasi tutto il mondo civile.

 

La verità è che l'Italicum è una schifezza, a prescindere dal fatto che possa favorire il M5S, il che poi non è neanche un argomento valido, anzi quando si discute di sistemi elettorali bisognerebbe astrarsi il più possibile dalla contingenza politica, i paesi seri mantengono lo stesso sistema elettorale per decenni, o anche secoli, non lo cambiano ogni legislatura a seconda delle esigenze del momento.

Numerosi commentatori, anche esteri (es. www.forbes.com/sites/johnmauldin/2016/08/31/the-italian-referendum-could-result-in-the-death-of-the-euro/ ma google ne fornisce a bizzeffe) associano ad un fallimento della riforma costituzionale un fallimento dell'eurozona, supponendo che la bocciatura della riforma impedisca all'italia di attuare riforme per il suo bilancio o addirittura che porti i cinque stelle al governo che chiamino un referendum sull'euro (e come potrebbero fare, dico io? È un trattato internazionale). Io trovo tutto questo un po' nebuloso e preferendo che le costituzioni si occupino di principi e non di situazioni contingenti, tendo verso il no. Tuttavia non so dare una dimensione quantitativa al danno che il no, secondo questi signori, potrebbe avere. Il no è un danno economico di proporzioni europee? Come stimare questo danno, se esiste?

Temo che la percezione sia quella che lei evidenzia. 

E la responsabilita' di questo e', per una volta, TUTTA di Matteo Renzi e della parte del PD che lo appoggia. Lui ha posto la questione in questi termini, lui ha fatto di queste due leggi la linea del piave, lui ha voluto caricarle di valori simbolici e strategici che invece non hanno.

Ed ora paga il prezzo, meglio lo paghera' il paese. Infatti, mi dicono che gli inviati dell'ex podesta' fiorentino sono indafaratissimi a trovare accordi per una modificazione dell'Italicum medesimo, il che spiega (a pensar male, eccetera) la strana decisione della CC di rinviare l'esame della legge elettorale previsto per inizio ottobre ... 

Finalmente un "luogo sicuro" dove seguire post e discussioni serie su di un argomento tanto importante. A questo punto direi che è fondamentale un post con le ragioni del SI, da parte di qualcuno dei redattori di NfA che ragiona in tal senso. 

Lo sto preparando io, ma dovete aver un po' di pazienza.  Fine settimana.

Abrazos

La discussione è vivace e anche di buon livello, ma mi pare che abbia trascurato, sinora, il punto centrale, vale a dire se abbia senso la ricerca di un bipolarismo artificiale in una società talmente pluralista che si potrebbe considerarla in via di disgregazione.

Michele Boldrin la ha descritta con efficacia nella parte conclusiva dell'articolo ma nessuno degli intervenuti sembra essersi preoccupato di riflettere su questo tema. Eppure, temo, non stiamo assistendo alla fioritura maoista di cento fiori, ma al venir meno della possibilità di comprendersi reciprocamente: M5S, Lega e FdI fanno - ciascuno a modo suo - discorsi incompatibili con la cultura politica delle altre forze, FI balbetta, il PD è, in pratica, in preda ad una scissione non dichiarata, le altre forze "de sinistra" vivono nel mondo dei sogni. Il continuo calo della partecipazione alle elezioni denota un crescente rifiuto di tutti questi discorsi. 

L'accentramento perseguito da Renzi e Boschi non porrebbe rimedio al processo di disgregazione in corso, si limiterebbe ad occultarlo in maniera artificiale. La terra incognita che qualcuno vorrebbe esplorare potrebbe essere peggiore di quella che conosciamo.

 

  

Per me questo e' il tema che conta. 

Frantumazione socio-politica dell'elettorato. Accentuatissima in Italia (dove e' iniziata prima) ma chiarissima anche in tutti gli altri paesi avanzati. Un fenomeno che, io credo, abbiamo notato poco (vedendone solo una parte: la rinascita degli estremismi) e non vedendo invece quello che a me sembra essere la tendenza strutturale che va compresa.

Alla radice, ne sono convinto, e' la fine della dicotomia ottocentesca (che divenne palese durante il novecento sull'onda proprio di ideologie nate nel secolo precedente) fra "destra/sinistra" nelle sue varie declinazioni "capitalisti/lavoratori, conservatori/progressisti, liberali/socialisti, autoritari/democratici".

Credo ci manchi proprio il quadro concettuale per capirle queste tendenze, ma questo non toglie che esistano. Il reale si fa spesso i cazzi suoi, fregandosene del razionale che e' in ritardo nel comprenderlo. 

La riforma costituzionale non è disegnata guardando al bipolarismo, semplicemente elimina la fiducia del senato ed elimina il ruolo legislativo del senato per una miriade di leggi.

L'italicum assegna il 55% della camera al vincitore di un ballottaggio, ma non piu del 55% dunque il partito vincente non puo diventare egemone. Questo viene visto come bipolarismo nel senso che chi vince governa da solo, io non lo vedo come tale perchè comunque all'opposizione non c'è un partito solo principale ma tutte le opposizioni vengono proporzionalmente rappresentate nel restante 45%.

Nei sistemi americano e inglese con maggioritario a turno unico, tutte le opposizioni tranne una o due tendono ad essere schiacciate ovvero sottorappresentate in parlamento, mentre l'italicum non lo fa.

Detto questo ribadisco che l'italicum è una legge ordinaria e la costituzione nuova funzionerebbe anche con una legge proporzionale, salvo il fatto che come nella prima repubblica nella camera occorrerebbe trovare una coalizione di partiti che assommi alla maggioranza assoluta e questa coalizione dovrebbe indicare un unico nome al presidente della repubblica.

Se il bipolarismo (o il fatto che chi vince puo formare un governo da solo) è una cosa che andava bene quarant'anni fa, ma oggi no, dove vogliamo andare? Va a finire che eravamo avantissimo durante la prima repubblica e oggi dovremmo approvare una legge proporzionale con un piccolo sbarramento? Benissimo, si puo fare, con la vecchia e la nuova costituzione, la riforma costituzionale non influisce in questo.

Molte motivazioni per il no (anche la mia) fanno riferimento all'Italicum come primo, anche se non unico punto discriminante.
Chi ha sentito (io solo in parte, poi mi ha stufato) dibattito D'Alema-Giachetti moderato da Mentana può aver notato lo stesso: Italicum, quindi regole di selezione del parlamento che contano di più del quesito referendario e si prendono il ruolo chiave nella discussione.
Merito di questo articolo è evidenziare che un nesso politico, molto forte, c'è. 
 Il No inficia l'Italicum, lo rende inutile. 
Purtroppo inficia  il monocameralismo, che però è talmente mal concepito e cavilloso,  che  il  "purtroppo" a questa considerazione è più di principio che nel merito.

Teniamo presente che il "federalismo" ha fallito per le ragioni antropologiche, prima che politiche, meglio spiegate ne "Il Sacco del Nord" di Ricolfi. Gli italiani (per la grande maggioranza) non vogliono uno stato liberale, voglio uno stato-mamma che li allatti alle sue mammelle, senza tener conto del merito, della concorrenza, e dell'efficienza della spesa. Se Boldrin condivide questa visione "antropologica", frutto dell'esperienza (anche di Fare) non può bocciare a priori la riforma perchè riporta tutto al centro. Il cittadino-contribuente italiano si lamenta della spesa pubblica solo quando non lo favorisce mentre quando lo favorisce, non si lamenta (e non vota di conseguenza).

Io non capisco invece perchè persone intelligenti come Stiglitz si ostinino a tracciare scenari apocalittici per l'Europa nel caso di una vittoria del NO. Non gli bastano tutte le volte che ha previsto il tracollo dell'Euro?

a guadagnarsi da "vivere" facendo discorsi del cazzo, poi va a cena o nel salotto dopocena con quelli del giro del Si. 

Il Referendum ha molte sfaccettature ed implicazioni politiche,in un paese normale si dovrebbe votare solo ragionando sul merito del quesito referendario,ma in Italia cio'non e'possibile, a mio avviso: vanno valutate molte altre cose di contorno, che non sono proprio secondarie! Per esempio, e'interessante cio'che ha detto in proposito Massimo Cacciari che,al di la'delle proprie idee personali sulla sua figura,e'sicuramente un raffinato intellettuale ed uno dei maggiori Filosofi italiani,nonche'un attento osservatore delle cose politiche in Italia; ieri sera,ad Otto e mezzo,lasciandomi di stucco,si e'espresso in questi termini sul Referendum Costituzionale: "Questa Riforma Costituzionale fa skifo,ma la voto lo stesso!" Sembra paradossale di primo acchito,ma poi Cacciari ha spiegato che,nel merito,la boccierebbe,pero',facendo una valutazione allargata,e'meglio votarla perche'considera l'assetto attuale ancora piu'skifoso della Costituzione riformata. E poi teme le ripercussioni internazionali negative,e la definitiva perdita di credibilita'dell'Italia ( all'estero,a torto o a ragione,considerano questa riforma un banco di prova per l'Italia) determinate da una bocciatura del Referendum.

Una breve parentesi sulla morte di Ciampi con riferimento all'interessante post precedente di Noisefromamerika,che ho scoperto da poco,sul Liceo Classico si,Liceo Classico no. Anche su Ciampi sono usciti,sul Corriere della Sera,Sulla Stampa,ed altri giornali,degli articoli che evidenziavano il fatto che l'ex Presidente Ciampi era diventato Governatore della Banca d'Italia provenendo da studi classici: aveva fatto il mitico Liceo Classico,ed era laureato in Lettere classiche,ed in Giurisprudenza,non in Economia. La cosa mi ha sorpreso,e leggendo questi articoli,da ammiratore di Odifreddi( ho diversi suoi libri,da cui ho imparato qualcosa sulla logica)il noto Logico,Matematico,e divulgatore che,per inciso,non ha fatto il classico( ha fatto l'Istituto tecnico per Geometri!), mi sono ricordato che Odifreddi in un suo libro aveva intervistato Ciampi che gli aveva confessato che non era molto ferrato in matematica! Mi chiedo come fa fatto Ciampi ad arrivare ai vertici di una istituzione Economica sapendo poco di matematica ( l'Economia moderna e'molto "matematizzata"!). Credo che,ai tempi d'oggi( parliamo del 1975) una cosa del genere non sarebbe piu'possibile! Magari era preparato in Economia,ma aveva carenze di Matematica se quello che ha scritto Odifreddi e'vero.

Lo stavo scrivendo ad Agosto, poi, come al solito, ho fatto altro.
Il problema è la commistione fra Italicum e Costituzione, e questo è innagabilmente colpa di Renzi, ma la nuova Costituzione non è il superamento del bicameralismo perfetto, quanto il superamento del federalismo imperfetto voluto da D'Alema per cercare di scavare la terra sotto i piedi alla destra nelle elezioni del 2001.
Oggi come oggi quelle paroline del cavolo "legislazione concorrente" ha prodotto il più grande ingorgo mai visto davanti alla Corte Costituzionale, con una incertezza giuridica senza precedenti, oltre che sentenze "fantasiose e interpretative" della Corte che è quais una terza camera, oramai.

Non sarà la migliore delle riforme possibili, ma è un andare avanti per cercare di superare un impasse, l'ingorgo NON E' fra le due camere, ma fra Stato e Regioni, per superarlo si è scelto di sacrificare una Camera, che comunque, già nelle intenzioni dei costituenti del '48, doveva rappresentare le Regioni.

Nel 2001, ma anche nel 2010, Berlusconi ha vinto con maggioranze bulgare, ha fatto danni a iosa, ma non è stato il Trump italiano, o il Putin de noantri, semplicemente fino a quando non si va a toccare la parte che riguarda la magistratura, stranamente, in Italia nessuno si fa male.

Quindi io voto SI', perchè finalmente si supera l'equivoco finto federale all'italiana, con un ritorno all'antico centralismo, certo, ma la possibilità di spesa dei governatori non mi sembra abbia prodoto grandi risultati, anzi in massima parte sono fonte di danni. E no, non commento sul fatto che se non si cede potere impositivo alle Regioni poi queste sono deresponsabilizzate, semplicemente perchè ha ragione da vendere Giovanni federico quando dice che la lotta non è Sud vs. Nord, ma produttori contro parassiti, e anche a livello locale si tassa una bellezza con le tariffe per mantenere i parassiti.

L'Italicum è un aborto concepito da una mente malata di protagonismo (Renzi) che in un delirio di onnipotenza ha pensato di farsi una legge su misura da usare come arma. Il problema è che un'arma può anche essere rivoltata contro di te, e lo sta capendo.

Sono totalmente d'accordo con quanto scritto da Marco Esposito, la riforma del 2001 ha creato un caos istituzionale enorme, oltre ad aver ulteriormente approfondito le differenze regionali. Molto meglio un riaccentramento delle competenze, sperando che la qualità della classe politica vada migliorando in futuro ...

Michele, dici che il bipolarismo e' in crisi anche in USA e UK. E allora che si fa? Devono passere al proporzionale anche loro?

E poi, pensi che una riforma costituzionale sia un passo obbligato fare cambiare rotta all'Italia?

Per una volta condivido in pieno.
Ma è esattamente per questo motivo che chi scrisse la Costituzione la volle così. Non avevano conosciuto Trump, ma avevano appena conosciuto quell'altro, e se ne ricordavano bene.

Il pensiero dei Costituenti fu piuomeno: mai più impunità dei potenti, e quindi indipendenza assoluta del potere giudiziario; e mai più governo che legifera, quindi supremazia del parlamento sul "premier" e sul suo gabinetto.
La "governabilità" è importante, ma viene dopo queste esigenze superiori.
E non è detto poi che non si possa avere se non in un sistema presidenziale.
Non dipende infatti dall'assetto istituzionale, ma dalla legge elettorale e soprattutto dagli orientamenti del corpo elettorale.
Dove questo sia diviso in più gruppi (e non necessariamente due, come sottolinea Boldrin) che si trovano tra loro in equilibrio, la maggioranza che si formerà sarà più stretta ed instabile.
Ma ciò è nelle cose, non è un difetto del sistema.
Qualunque "correttivo" che cerchi di risolvere questo "difetto" (come il premio di maggioranza) è ovviamente una forzatura, nel nome della governabilità, del principio di rappresentatività democratica; e può essere accettabile solo in minima misura.
Ancora meno accettabile è un marchingegno che cerchi di imporre artificialmente il bipolarismo a una società che bipolare non è.

Il 2016 è assai diverso dal 1948, e che la Costituzione sia datata è innegabile.
Tuttavia l'esigenza di scongiurare il rischio di una deriva autoritaria è presente nel 2016 quanto lo era nel 1948, ed anzi certi processi storici in corso lo rendono più attuale che mai (mi par proprio ques
to il senso della scelta di campo di Boldrin, che cita il fenomeno Trump).
In Italia poi è necessaria una attenzione particolare, perché il nostro paese è privo di certi anticorpi di matrice culturale presenti soprattutto nel mondo anglosassone, che si può concedere il lusso di un sistema presidenziale (o "premierato forte") a differenza di noi.
Del bicameralismo perfetto, infine, si sono dette peste e corna, ma a me pare che vada bene anche quello.
Di leggi ce ne sono già anche troppe: non serve mettere il turbo all'attività legislativa, quella se mai va rallentata, con lo scopo di produrre poche ma ponderate leggi. Era infatti questo il motivo per cui fu introdotto: i costituenti vedevano benissimo che è ridondante.

Quindi - secondo me - non c'è affatto questa urgenza di riformare la Costituzione.
C'è bisogno di una legge elettorale decente, e di sedare la sbornia di decreti legge e di voti di fiducia per riportare i governi alla loro funzione, che è quella esecutiva, non quella legislativa.
Al governo competono l'amministrazione, il controllo e la politica estera.



Sono impressionato dalla curva che dà l’andamento del PIL dei vari paesi.

Penso che la catastrofe italiana sia dovuta all’incontro micidiale di vari fattori: abbiamo il più alto debito pubblico, investiamo meno di tutti nella ricerca, abbiamo una burocrazia incredibile (anni per i rimborsi IVA alle aziende) abbiamo una giustizia dove se uno vuole minacciare dice: "mi denunci", massacriamo di tasse le aziende, continuiamo ad avere governi instabili.

 Capisco le ragioni di Boldrin, ma per me è quasi impossibile che l’Italia faccia peggio di così. Siamo al punto che sembra che valga la pena di provare qualunque cambiamento, purché abbia un minimo di logica.

Alla fine per me le ragioni principali, per cui penso che voterò SI,  sono queste:

1) L’Italia viene vista come un paese statico incapace di cambiare i suoi ordinamenti. Non occorre che i cambiamenti siano perfetti, occorre che si inizi un percorso che dimostri che, anche per tentativi ed errori, è possibile cambiare l’efficienza del funzionamento della macchina dello stato. Questo è importante all’interno, per mandare un segnale alle varie lobbies affaristico-burocratiche che imperversano in questo paese, ma è importante soprattutto verso l’esterno dell’Italia, per dare un segnale di cambiamento, anche di immagine, agli investitori esteri. Penso  che su questo fronte le conseguenze del NO sarebbero disastrose.

2) La riforma del Titolo V ridà finalmente all’Italia procedure chiare e snelle per realizzare le infrastrutture necessarie a questo paese e fare ripartire l’economia. Un solo esempio: il recente elettrodotto (cavo sottomarino di 30 km + elettrodotto di 60) che collega la Sicilia al continente, opera fondamentale per lo sviluppo dell’isola, ha richiesto 12 (dodici!) anni per la sua realizzazione, a causa dei blocchi operati dai vari enti locali interessati. Con il nuovo titolo V un’opera del genere sarebbe durata i tempi tecnici necessari, cioè 3-anni.

3) Nelle elezioni più recenti si è delineata chiaramente una differenza nel voto dei più giovani, il che porterà presumibilmente a maggioranze diverse o percentuali di maggioranza diverse tra Senato e Camera. Questo darà luogo, nel sistema attuale, ad una instabilità cronica del sistema. In 70 anni si sono succeduti 63 governi. Mi sembra indubbio che il SI favorirà la stabilità dei governi.

4) Sulla riforma del Senato si sono scritti fiumi di inchiostro. A mio avviso la  conseguenza più importante del SI non sarà solo il risparmio o la abbreviazione del tempo medio delle leggi approvate, ma anche e soprattutto la eliminazione di quella zona grigia costituita dalle leggi che si perdono per strada a causa dei rimpalli tra le due camere. Anche questo è terreno fertile per le lobbies di ogni tipo, che hanno sfruttato questi meccanismi farraginosi per bloccare il paese al momento di essenziali riforme. Quanti anni si è discusso sulle unioni civili? Legge scomparsa, grazie a questi meccanismi, prima del governo Renzi.

Con il SI, leggi fondamentali come quelle sul conflitto di interessi, sulla disciplina delle frequenze radio-televisive, sulla politica energetica nazionale (oggi impedita dal titolo V)  saranno di chiara responsabilità del governo e della camera. Un governo che non le porti a termine potrà essere giudicato nel merito, senza più alcuna scusante

Un parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale, anche per via del premio di maggioranza, ha approvato, a colpi di maggioranza, una vasta riforma costituzionale; non credo che rinnovare il patto sociale italiano in questo modo possa promettere bene.

Incostituzionale la legge, legittimo il Parlamento e i suoi atti però, come da sentenza della consulta.

Visto il momento storico di emergenza sarebbe stato inoltre deleterio tornare a votare.

Dimenticavo, all'inizio dell'iter costituzionale la maggioranza era molto più vasta: è venuta meno per calcoli ignoti o presunti sgarbi (aver scelto Mattarella, pare).

Cordialità

tra le tante corbellerie che avvelenano il dibattito politico (premier non eletto, ecc.) questa è una delle peggiori. La stessa sentenza che dichiarò incostituzionale il Porcellum,o meglio alcune sue parti, esplicitamente dichiarava che le leggi emanate dai Parlamenti eletti con quella legge erano e sono valide e legittime.

La stabilità dell'esecutivo

Da molte parti, anche nei post sopra, si commenta che la storia italiana è costellata da esecutivi di breve durata, per cui il combinato disposto della riforma costituzionale e di quella elettorale avrebbe principalmente la necessità di creare governi durevoli per garantire la cosiddetta “governabilità”.

Guardando alla storia, si può constatare come quattro tra i cinque governi più longevi siano tutti concentrati negli ultimi anni, segno che il passaggio dalla Prima alla c.d. Seconda Repubblica ha portato con se un allungamento della durata dei governi e, con l'eccezione della XV, anche delle legislature.

Se si guarda alle ragioni della fine dei governi della II Repubblica esse furono più per lo sfaldamento delle maggioranze (al loro interno) che per cause esterne.

Il vero tema è: la stabilità dei governi è sufficiente a garantirne l'efficienza e in che modo questa può essere aumentata?


Ora o mai più!

Un altro argomento spesso utilizzato a favore del Sì è l'urgenza di approvare una riforma il cui fallimento non permetterebbe di trovare facilmente alternative. Alcuni addirittura parlano di “occasione imperdibile”.

Ancora, negli ultimi 15 anni questa è la terza riforma che giunge al referendum dopo l'iter costituzionale ex art.138. La riforma del 2001 portò la modifica del titolo V, che la riforma attuale si propone di correggere; quella del 2006 venne bocciata al referendum senza che successivamente vi fossero sconvolgimenti epocali.

L'osservazione empirica dei fatti suggerirebbe che bocciare una riforma non porta grandi sconvolgimenti, ma correggerne gli errori richiede almeno una quindicina d'anni.

 

Cosa diranno di noi?

Come felicemente sintetizzato da Alberto Rotondi nel post qui sopra

 

è importante soprattutto verso l’esterno dell’Italia, per dare un segnale di cambiamento, anche di immagine, agli investitori esteri. Penso che su questo fronte le conseguenze del NO sarebbero disastrose.

 

Questo è l'argomento principale di tanti che, pur rigettando nella sostanza il contenuto della riforma pensano di votare sì. Èemblematico il caso di Cacciari, che poche sere fa tuonava:

 

Questa Riforma Costituzionale fa schifo, ma la voto lo stesso!

 

Le pressioni esterne non hanno impedito ai britannici di pronunciarsi a favore della Brexit ed io spero vivamente che quqndo gli italiani approveranno o respingeranno questa riforma lo faranno per il suo contenuto e non per i condizionamenti esterni.


Il principio di cautela espresso dal prof. Boldrin, secondo me risponde efficacemente alle ultime due osservazioni.

 

da buon ex arrampicatore, quando capisco che il tiro di corda "innovativo" che mi viene proposto ha un'alta probabilità di farmi volare con il rischio che i rinvii non tengano, io dico: sto fermo qui in sosta, agganciato a quel poco che ho e ci rifletto assieme al compagno di cordata.

 

Io non voglio una Repubblica Presidenziale.

Sono affezionato alla democrazia parlamentare: non siamo diventati comunisti pur avendo il più grande partito comunista d'occidente, non siamo tornati fascisti anche se qualche rigurgito non manca mai, non la rottamerei come si fa con un D'Alema qualsiasi.

Fine dell'opinione sul referendum.


Ogni giorno in Italia vengono prodotte 21 pagine di NUOVE leggi/regolamenti/disposizioni approvate mediamente in 200 giorni. Il problema non sono i duecento giorni ma le 21 pagine/giorno also known as "burocrazia".

C'è un esercito di gente che ci campa su quelle ventuno pagine/giorno: quadri pubblici di ogni ordine e grado, dirigenti e passacarte, professionisti che danno pareri e consulenze, politici benedetti dall'ampia discrezionalità che quelle ventuno pagine devono garantire, avvocati, giudici e notai che su quelle ventun pagine discettano per emettere ben tre verdetti (record mondiale), le guardie (cinque forze armate, altro record) che devono far rispettare la lettera di quelle ventuno pagine, non importa quanto sia distante dalla realtà ed infine il popolo di partite IVA, ad assistere l'incauto cittadino qualora incappasse suo malgrado in una sola riga di quelle ventuno pagine.

Quelle ventuno pagine/giorno fanno funzionare l'Italia.

Come la Grecia.

Fonti:

www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2015-04-17/-ogni-giorno-italia-vengono-scritte-21-pagine-nuove-leggi--225659.shtml

www.infodata.ilsole24ore.com/2015/04/20/quanto-lunga-e-una-legge-ecco-il-bilancio-dellattivita-legislativa/

230 è il tempo medio delle leggi di inziativa governa governativa. Per quelle di iniziativa parlamentare ce ne vogliono 769 

qui

Non partecipo mai alle discussioni, ma vi leggo sempre... dall'inizio.

Passo agli argomenti: 40 anni fa ho visto gli esagitati della mia età (di allora) con una pistoletta in mano fare manifestazioni e inneggiare alla rivoluzione. Vi ricordate i teologi del PCI che all'inizio sostenevano le ragioni delle nascenti BR? 

Forse non era il caso di correre i rischi del maggioritario. D'altra parte pure De Gasperi dovette convincere Dossetti e parte della DC che la costituzione era cosi pensata proprio perchè non vincesse nessuno (Montanelli).

Personalmente sarei per la secessione, ma visto che farei fatica a convincervi, provo ad adattarmi ad una scelta di maturità democratica che implica rischi a mio avviso limitati. C'è sempre un Presidente della Repubblica ed i contrappesi della democrazia parlamentare. Non è una riforma Presidenzialista. 

Per non dilungarmi troppo aggiungo solo che non a caso, e correggetemi se sbaglio, tutto il mondo sostenga questa scelta.

E non temete per il combinato disposto, la legge elettorale sarà cambiata immediatamente dopo le prime elezioni (sempre che vinca il Si). Perchè ? Perchè chiunque andrà al governo e qualunque politica farà sarà sempre condannato a perdere, quindi cambierà la legge per una versione meno maggioritaria.

Ma almeno avremo una camera sola che vota la fiducia e tempistiche un pò più umane per fare le leggi. 

Se facciamo coincidere la democrazia con il proporzionale, non esiste riforma che possa proporre alcuno che non faccia correre rischi veri o presunti. E' ora che dimostriamo un minimo di maturità democratica e che un rischio (a mio avviso limitato) lo corriamo.

Insomma democrazia non può corrispondere al proporzionale e basta. 

La quantità di parole, dell'articolista e dei suoi interlocutori, mi farebbe sospettare - se proprio volessi essere un po' maligno - di essere alla Camera dei Deputati. Comunque, una risposta - concisa! e secondo me convincente - ad alcuni dei problemi sollevati da Boldrin (accentramento vs decentramento, ad esempio) viene da un intervento di una deputata (toh, guarda caso) pd pubblicato oggi da La Stampa, reperibile al link www.irenetinagli.it/articoli/441-riforma-cosa-cambia-per-i-cittadini

dal titolo (su La Stampa) emblematico, e adatto a questo blog, direi: "Riforma costituzionale. Gli aspetti economici di cui non si parla mai"

È stato il primo articolo dalla parte del No che mi ha davvero colpito. Contiene molti spunti interessanti, come la riflessione sulla modernità del bipolarismo "forzato". C'è però a mio avviso un elemento mancante. "I mostri della politica" sono lì e si nutrono di indecisionismo e instabilità. Non sappiamo a che punto potranno arrivare se continuiamo con lo status quo. I fascisti prima marciarono su Roma e poi usarono la legge Acerbo, non aspettarono la legge elettorale con premio di maggioranza per prendere il potere. 

Sarà pur vero che il rischio di avere la vittoria del M5S con l'Italicum è alto, ma è anche vero che la riforma potrebbe aiutare a rendere i governi più stabili ed efficaci (sarà davvero così?), togliendo nutrimento a quei mostri. 

 

se la riforma istituzionale che, come visto, rende solo la Camera dei Deputati elettiva, venisse cancellata da una vittoria del NO la legge elettorale (che passi o meno il vaglio della Corte Costituzionale attesa per inizio ottobre) diventerebbe inutilizzabile perché detta norme solo per l'elezione della Camera dei deputati. Se la riforma costituzionale non passa il Senato rimane e... come lo eleggiamo? Con la legge elettorale precedente? Ci troveremo di fronte non solo ad un sistema ancora perfettamente bicamerale ma anche all'assurdo di avere i due rami eletti in base a leggi elettorali totalmente incompatibili. Un'autentica follia.

 

Il pronostico era corretto (tranne per la CC che si e' presa piu' tempo) ma ora come uscire da questa autentica follia?

La Marlboro e' finita ed e' ora di riprendere la salita. ;-)

che il tiranno è caduto, aspettiamo. Sicuramente nella loro infinita saggezza Salvini, Grillo, Berlusconi e D'Alema troveranno una soluzione perfetta. L'Italia rifiorirà. E se non la trovassero, è tutta colpa di Renzi

la vecchia legge elettorale con le correzioni della Consulta.
Si potrebbe dire qualcosa del senso di responsabilità di chi ha concepito una legge elettorale valida solo per la Camera, creando questa follia, anziché puntare il dito contro chi ha votato NO.
Gli altri modi per uscirne sono applicare l'italicum anche al Senato, anche se non era previsto (giustificandosi col fatto che chi non l'ha previsto era un idiota) oppure approvare una nuova legge elettorale.
Questa ultima d'acchito appare la via migliore, ma in questo clima non è detto che lo sia.