Il testo della riforma lo trovate, fra i tanti, in questo sito. I riferimenti nell'articolo sono alle pagine di quel documento. Riassumo brevemente il contenuto solo per le parti che mi interessano. La riforma è infatti vasta e comprende molti aspetti dell'assetto costituzionale. Alcuni sembrano secondari e forse lo sono (per esempio, nel Titolo III, articoli 92-99, pagg. 24-27) ma non ho né il tempo né la capacità per cercare di valutarli. Mi sembrano comunque secondari, inclusa la tanto sbandierata eliminazione del CNEL. Qui trovate un riassunto più lungo e completo della riforma.
- Modifiche a Parte I: restringono elettorato attivo (estero) alla sola Camera dei Deputati. Puramente ancillare al fatto che la riforma prevede elezione diretta solo della Camera.
- Modifiche a Parte II: introduzione quote di genere nell'elezione della Camera, definizione dei ruoli separati di Camera e Senato, definizione del Senato come organo a elezione indiretta da parte di Consigli Regionali e Provinciali (Bolzano e Trento). Di particolare rilevanza gli articoli 70-71 (pp. 9-12) che definiscono le competenze di Camera e Senato. Vi sono poi una serie di altre modifiche, alcune molto tecniche altre francamente a me non facilmente comprensibili che (ma qui entriamo nel campo della valutazione) fanno assomigliare la nuova costituzione ad un regolamento parlamentare, oltre ad una nuova regolamentazione dei referendum popolari. Non avendo il tempo tralascio questi elementi, in quanto mi sembrano, alla fin fine, di secondo ordine. Vale la pena notare la materia relativa ai trattati UE rimane "bicamerale", nel senso che deve essere approvata sia da Camera che da Senato (art. 80). Per dichiarare guerra, invece, basta la maggioranza della Camera (art. 78). Nel Titolo V spariscono le province e compaiono le città metropolitane, esattamente laddove prima c'erano le province; vengono poi ridefinite le competenze degli enti locali. Non le riassumo, se volete capirle (sono rilevanti) dovete leggere da pagina 27 a pagina 41, concentrandovi sugli articoli 116-119.
- Vi è poi la questione della legge elettorale nota come Italicumla quale non è oggetto di referendum perché non è parte della legge che riforma la Costituzione. Ma è ovviamente integrata con essa e componente essenziale d'un unico disegno di riforma istituzionale. Nel mio giudizio, quindi, la legge elettorale conta. Mi rendo conto che, così facendo, mi espongo alla critica di mischiare temi fra loro tecnicamente separati. Certo, tecnicamente separati ma politicamente collegati, come ormai anche lo stesso Renzi ha capito. E nemmeno del tutto tecnicamente separati: se la riforma istituzionale che, come visto, rende solo la Camera dei Deputati elettiva, venisse cancellata da una vittoria del NO la legge elettorale (che passi o meno il vaglio della Corte Costituzionale attesa per inizio ottobre) diventerebbe inutilizzabile perché detta norme solo per l'elezione della Camera dei deputati. Se la riforma costituzionale non passa il Senato rimane e... come lo eleggiamo? Con la legge elettorale precedente? Ci troveremo di fronte non solo ad un sistema ancora perfettamente bicamerale ma anche all'assurdo di avere i due rami eletti in base a leggi elettorali totalmente incompatibili. Un'autentica follia.
Forse c'è una soluzione "tecnica" (ovvero, una azzeccagarbugliata) ma non mi son curato di cercarla perché, a mio avviso, se cade la riforma costituzionale DEVE per forza essere rifatta la legge elettorale. Quindi votare SI o NO alla Riforma Costituzionale implica, di fatto, anche votare SI o NO alla legge elettorale. Questo articolo si fonda su tale ipotesi politica che trovo difficile rigettare. Se la rigettate cade il 49% del mio argomento, ma rimane comunque il restante 51%.
Sulla legge elettorale, da un punto di vista puramente tecnico, ho già detto. Da allora (giugno 2014) molte cose son cambiate ed il testo finalmente approvatoè diverso da quello che io a suo tempo discussi. Ma la sostanza non cambia e credo che il lettore attento possa fare l'operazione "mutatis mutandis" per intendere come le critiche del 2014 valgano ancora, fondamentalmente, per il testo del 2015. Se qualcosa di essenziale fosse oscuro o erroneo lo discuteremo dei commenti.
Questo perché mi preme venire ai punti che mi interessano e che la lunga introduzione - difensiva per evitare commenti e critiche su dettagli irrilevanti - ha solo ritardato. Che sono i seguenti due.
- L'intero disegno di riforma istituzionale (costituzione + legge elettorale) si fonda sull'idea che il bicameralismo e la proporzionalità siano la causa dei nostri mali passati e presenti e che occorre costruire un sistema di fatto presidenziale, con una sola Camera in cui la maggioranza viene comunque assegnata automaticamente (e non sulla base di trattative politiche fra partiti) ad una coalizione guidata da un candidato premier. Non solo, la legge elettorale è mirata a "generare" o facilitare il bipartitismo: due grandi partiti o coalizioni stabili che, ad ogni tornata elettorale, competono per la guida del paese. L'idea di fondo essendo che il bipartitismo fa bene e che la logica conseguenza del medesimo è che il vincitore governa e l'altro fa l'opposizione di sua maestà, lealmente aspettando il proprio turno 5 anni dopo.
- Parte cruciale di questo disegno è il ritorno di ciò che conta a Roma e l'eliminazione del pseudo-federalismo all'italiana che è risultato essere un evidente fallimento. Essendo il federalismo fallito lasciamo a comuni, nuove province e regioni, alcune piccole funzioni di gestione locale e riportiamo al centro le cose importanti, controllo di spesa e tassazione in primis eliminando le follie delle competenze "condivise" del federalismo all'italiana. Il federalismo, in Italia, non funziona e fa solo disastri. Tutto il potere a Roma, altro che soviet regionali.
Bene, dissento.
Che io dissenta su 2) è cosa vecchia e stranota. Cercherò di risolverla, quindi, con poche frasi perché la cosa che maggiormente mi preme è il primo punto, un punto sul quale ho cambiato di opinione negli ultimi tre o quattro anni anche grazie, forse soprattutto, al fallimento dell'avventura politica di Fare per Fermare il Declino.
Federalismo. Si, la riforma del 2001 fu uno schifo quasi unico. Per mille ragioni ma, soprattutto, perché non creava nulla di federale, non creava alcun incentivo ad un ridisegno di comuni e regioni tali da renderli sostenibili ed efficienti, mischiava orrendamente le competenze ma, soprattutto e crucialmente, perché non costringeva regioni e comuni a finanziare le proprie spese e non distribuiva la responsabilità fiscale laddove deve stare: alle entità istituzionali che hanno la responsabilità della spesa. Sull'argomento abbiamo scritto così tante volte e così chiaramente che non intendo ritornarci. La riforma fu uno schifo, perché fatta da un centro-sinistra che del federalismo ha terrore e poi attuata da una destra in via di fascistizzazione che del federalismo non ha mai compreso nulla, fatti salvi i mobili affittati per far finta di aver spostato i ministeri a Monza.
Il problema "federale" in Italia esiste ed è infatti sempre più grande. Visto che ho passato l'estate a guardare il Sud Italia e a chiedermi per quale maledetta ragione è quella roba sottosviluppata che è e non il paradiso che potrebbe essere, mi salto questo passaggio (ci scriverò quando la vita me lo permetterà, spero presto). Ma pensare che in Italia si possa rifomare alcunché, tagliare le tasse, rendere efficiente l'apparato dello stato, ridurre i trasferimenti parassitari, creare concorrenza e meritocrazia e ritornare a crescere, senza responsabilizzare fiscalmente e finanziariamente le diverse aree del paese, senza renderle padrone dei propri destini, è pura follia. Questa riforma è folle anche solo per questo: riporta il controllo di tutto a Roma e dice che chi non si comporta bene verrà punito dall'inflessibile e onniscente burocrate romane. Keep dreaming, and I rest my argument.
Bipolarismo. Sì, un sistema bipolare che avesse dato ad una parte, quella che prendeva la maggioranza relativa o assoluta dei voti nel caso puro di due soli partiti, il diritto di tranquillamente governare per cinque anni sotto il controllo dell'opposizione, sarebbe stato utilissimo all'Italia degli anni '60, '70, '80 e forse anche '90. Ci saremmo evitati tutti quegli assurdi governi di coalizioni variabili, i mille compromessi fondati sulla spesa pubblica, i continui rinvii di riforme necessarie che mai vennero fatte causando così il declino perché il paese, invece di cambiare adattandosi al mondo che cambiava, rimaneva fermo al mondo del 1950-60. Com'è fermo, fondamentalmente, anche oggi. Ma non venne e, se ci pensate, non sarebbe mai potuto venire perché c'era il PCI e c'era la guerra fredda. Un sistema bipolare con premio di maggioranza avrebbe rischiato di dare il governo ad una coalizione PCI-PSI ed allora apriti cielo. Oppure avrebbe costretto la DC ad allearsi con (integrare) il MSI rischiando una fuga a sinistra che avrebbe, appunto, reso possibile una vittoria della sinistra, punto e a capo.
O forse no, non importa. Fatto sta che il bipolarismo fondato su una delle tante versioni possibili del maggioritario sarebbe stata molto utile allora. Ma non ora anche se tutti noi (io compreso sino a non molto tempo fa) siamo ancora convinti, sulla base di quell'esperienza storica e di quelle analisi, che sarebbe la soluzione di molti mali.
Non lo è. Per la semplice ragione che il bipolarismo (uso un termine per denotare il tutto, alla fine il senso della legge elettorale quello è) si fonda sull'idea che esiste un bipolarismo ideologico e di interessi che domina su tutto ed aggrega spontaneamente la "destra" contro la "sinistra" definendo due compagini elettorali capaci di stare unite, internamente, nonostante i dissidi su questo o quell'altro punto secondario. Questo era vero sino a non molti anni fa, ma la fine della guerra fredda, la globalizzazione, l'emergere dei cosidetti "diritti civili", il cambio tecnologico che ha fatto sparire l'operaio massa ed il capitalista marxiano, lo sfilettarsi delle ideologie ottocentesche in minestroni di chiacchiere alla fusaro (lower case f, please), il cambio demografico che mette in conflitto economico "vecchi" e "giovani" ... hanno dissolto i fondamenti sociali, economici e culturali di quel mondo politico "semplice" in cui l'Occidente ha vissuto (e prosperato) durante il XX secolo, nonostante le due guerre mondiali.
Si, è successo proprio così: piaccia o meno la "sinistra" e la "destra" non ci sono più e non sarà certo una legge elettorale e ricostruirle in forza di un "teorema Miller-Modigliani alla rovescia per effetto Duverger" della politica. Le aggregazioni politiche durature - alla faccia di tante chiacchiere sui leader telegenici e le idee-forza che aggregano - nascono da agglomerati socio-culturali omogenei e li rappresentano, non viceversa. I fondamentali, anche in politica, son ciò che conta nel lungo periodo.
Basta guardarsi attorno, basta guardare ai grandi paesi occidentali che di un sistema fondamentalmente bipolare (nonostante avessero ed abbiano assetti costituzionali e leggi elettorali diverse ma alla fine convergenti) hanno goduto dalla seconda guerra mondiale in avanti. L'Inghilterra: Labour è l'ombra di se stesso, i Lib-Dem sono una forza oramai permanente e c'è UKIP che riduce la forza elettorale dei Tories e vince il referendum. La Germania: c'è AfD che sta a "destra" di CDU-CSU ma con programmi economici nazional-socialistoidi, ci sono i Verdi, c'è Die Link e c'è SPD: quattro partiti dove una volta c'era solo destra vs sinistra. Ed in Francia, lo stesso, non credo debba raccontare io la storia della famiglia Le Pen. Nella neo-arrivata (alla democrazia) Spagna che - dal 1978 a cinque anni - fa aveva funzionato su PSOE vs PP con i piccoli partiti locali (Pais Vasco e Catalunya) come contorno, ora è cambiato tutto, La Spagna è ora politicamente paralizzata dalla presenza di quattro partiti (Ciudadanos e Podemos oltre a PP e PSOE) quasi equivalenti! E non trova soluzione perché ha un sistema costituzionale pensato per il bipolarismo dove quello che ha la maggioranza, pur relativa, dei voti, comunque governa. Impossibile: vanno alla terza elezione consecutiva in un anno!
E, ovviamente, il caso più macroscopico perché tutto è successo così all'improvviso anche se (fossimo stati più attenti, noi "scienziati sociali") l'esperienza di Perot nel 1992 il segnale l'aveva mandato: gli USA. Non tanto perché Trump si è inventato il suo partito mangiandosi il partito repubblicano ma perché la signora Clinton rischia di perdere le elezioni in forza del fatto che, dentro al Democratic Party, esiste un altro partito che, nelle primarie, si è fatto rappresentare da Sanders e non la vuole comunque. Non a caso, nelle polls recenti, i due candidati di solito invisibili (e totalmente trascurati dai media) appaiono con numeri mai visti! Se oggi negli USA corriamo il rischio d'avere un folle come Trump alla White House è perché abbiamo un sistema elettorale e costituzionale totalmente bipolare che non riesce a mappare la domanda politica e sociale esistente e rischia, quindi, di far alloggiare un coglione a 1600 Pennsylvania Avenue!
That's the point my friends. In tutto questo noi italiani, ovviamente, siamo un passo avanti a tutti. Abbiamo i comunisti-guevaristi nascosti dentro al PD, che sono di fatto un altro partito; abbiamo la Lega Nord che manda a fare in culo (non che mi dispiaccia) il dipendente di BS il quale cerca di ricostruirgli il partito, e abbiamo l'enorme massa di persone (il vero partito di maggioranza relativa oggi nel paese) che votano M5S, un partito di scampati di casa guidati da un buffone. E stiamo qui a chiederci se vogliamo ridisegnare la nostra costituzione per un sistema politico bipolare considerandolo un passo avanti?
Come ho argomentato sopra, sarebbe stato un passo avanti 40 o 50 anni fa, senza dubbio alcuno. Sarebbe stato utilissimo allora e forse ci avrebbe persino evitato il declino. Ma oggi questo pseudo passo avanti è solo un gigantesco passo indietro, figlio dell'arretratezza e del provincialismo del dibattito politico e culturale italiano che prende per progresso un tentativo tutto "legalistico" di ritorno ad un mondo passato che non c'è più. Questa riforma costituzionale è figlia della pochezza intellettuale, morale e anche personale di questa classe politica che altro non fa che riflettere l'arretratezza e la confusione sociale e culturale del paese.
A questo punto il lettore serio ed interessato mi chiederà se ho l'alternativa. No, non ce l'ho. Non ho il ''model beating the model'' di Boschi-Renzi-Verdini, anche perché averlo in teoria serve a poco visto che non ho le famosi divisioni (elettorali) di Joseph Vissarionovich buonanima. Ma, in questo caso, il fatto di non avere il modello alternativo immediatamente implementabile non mi può prevenire dal dire pubblicamente che questa riforma sarebbe non solo un passo indietro ma anche e soprattutto un enorme e pericoloso passo verso uno strapiombo dove albergano i mostri della politica. Ed hanno la faccia dell'autarchico con il padre fascista il cui cognome non ricordo e di quello che usa i congiuntivi some se fossero freccette da tirare a caso.
Ragione per cui, da buon ex arrampicatore, quando capisco che il tiro di corda "innovativo" che mi viene proposto ha un'alta probabilità di farmi volare con il rischio che i rinvii non tengano, io dico: sto fermo qui in sosta, agganciato a quel poco che ho e ci rifletto assieme al compagno di cordata. Un altro passaggio, fuori da questo incubo, deve esserci che non rischi di farmi morire di trumpismo in poco tempo. Parliamone, magari passeremo la notte in parete al freddo ma parliamone prima di prendere quel diedro scuro e pieno d'acqua. Walter, ti vol 'na Marlboro?
Sicuro che restare così non avrà lo stesso esito?restare così vuol dire paralisi. e non mi riferisco solo alla "navetta" e tutto il resto. Significa governi di larghe coalizioni inefficienti, che non faranno altro di far crescere i consensi per i partiti anti sistema secondo l'ormai colaudato meccanismo sistema vs anti-sistema. Tema delicato, apetto di leggere i futuri commenti.
Ps: sicuramente l'avrai già letto,in caso contrario sul sud ti consiglio l'ottimo libro di Emanuele Felice