Il presupposto ideologico (perché tale è) dello sciopero RAI è la caricatura per cui ogni bene fornito dallo stato debba per forza essere migliore di un bene simile fornito dai privati. Eppure decenni di asservimento al potere e di spartimenti di poltrone, e non solo, dovrebbero portare ad una sola logica conclusione: l'informazione e l'intrattenimento televisivo in Italia funzionerebbero meglio se la RAI fosse venduta al miglior offerente (un po' come il trasporto aereo civile funzionerà meglio dopo che Alitalia sarà finalmente venduta, anche questo era stato chiaramente e ripetutamente illustrato su questo sito ma ci sono voluti altri 6 anni di denaro pubblico e sospensione della legalità per arrivarci).
Ironicamente, il M5S, il cui leader una volta sembrava un tempo riuscire a dire qualcosa di sensato nel settore dell'editoria e informazione, prende la parte dei sindacati. Affamare la RAI significa consegnarla ancora di più nelle mani dei politicanti, dice Fico (M5S). Senza saltare alla logica conclusione che il modo migliore per ridurre l'arbitrio della politica è toglierle la carne (tutta) da sotto il naso, non dargliene di più.
Su questo sito l'abbiamo scritto ben 8 anni fa (prima non si poteva, perché non eravamo ancora nati): non esiste alcuna logica per cui il governo debba controllare o supplementare l'offerta d'informazione e tantomeno di intrattenimento audiovisivo. Ma ci roviniamo: siamo favorevoli a mantenere un canale di vera pubblica utilità, operato e finanziato anche dagli spettatori, su base volontaria, come PBS.
I sindacati criticano Renzi per non saper fare il buon amministratore. Giusto, che ne sa Renzi di radiotelevisione e media? Ma forse che i sindacalisti sono degli esperti in materia? Neppure noi lo siamo, ed è per questo che ci limitiamo a tre semplici considerazioni economiche.
Primo, la "razionalizzazione" delle sedi regionali sarebbe operazione di buon senso: esiste già una abbondante e soddisfacente fornitura di notizie locali, per giunta a buon mercato (leggi: fornita senza canone). Basta per una volta digitare una cifra in più sui tasti del telecomando. La facile retorica delle sedi regionali che creano occupazione ignora la triste realtà: per ogni posto di lavoro inutile creato da un'ente pubblico secondo regole fuori mercato ha costi che gravano sulla parte produttiva del paese, eliminando un numero maggiore di posti di lavoro produttivi di ricchezza per tutti. Questo, i sindacati, non ce lo spiegano.
Secondo, la timidissima proposta governativa di vendere una quota di minoranza di Rai Way, la società che possiede e gestisce il network fisico per la trasmissione del segnale televisivo RAI (non quello di tutti, naturalmente; per esempio, Mediaset ha il proprio). Ebbene, Rai Way puzza di ennesimo centro di rendita mono (o oligo-) polistica che il governo farebbe bene a rompere in modo più deciso rispetto alla cessione di una quota di minoranza. Se si deve vendere, allora Rai Way dovrebbe essere venduta con qualche forma di obbligo di servizio pubblico, cioè di trasmettere il segnale di tutti. La trasmissione delle informazioni in un paese democratico è di importanza strategica, ma questa si realizza in modo efficiente garantendo una adeguata concorrenza, non attraverso potere di mercato per il politicante di turno. Insomma, siamo alle solite: la privatizzazione è una scusa per fare cassa, più che un'opportunità per conseguire una maggiore efficienza del sistema delle comunicazioni.
Terzo, "tassare" la RAI per 150 milioni di euro anziché procedere finalmente alla sua privatizzazione come descritto sopra si trasformerà con elevata probabilità nell'ennesima beffa per gli italiani. 150 milioni sono poco meno del 10% del gettito del canone; italiani che il canone lo pagate, non sorprendetevi se dal 2015 l'abbonamento alla RAI sarà "adeguato" al costo del caffé (in fondo sarà sempre meno di mezzo caffé al giorno!) fino a 120-125 euro, appunto circa il 10%.
perfetto. aggiungo solo che assieme alla vendita va fatta anche una seria legge sul conflitto d'interessi
Era inclusa nella frase dell'introduzione "garantendo la concorrenza nel settore dell'informazione con gli strumenti antitrust", comunque grazie per avere dato l'occasione per chiarirlo