I sandali del Cairo, Tripoli, Tunisi, ... (1)

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Riflessioni, attraverso una sequenza di domande, su quanto accade in Nord Africa.

Domanda 1. Esportare la democrazia funziona, anche se con qualche anno di ritardo?

Riflettiamo con un minimo di calma e, speriamo, prospettiva sugli eventi in corso oramai da più di due mesi, nell’Africa del Nord ed in altri paesi arabi del Medio Oriente. Eventi che, al momento, stanno passando attraverso una fase estremamente violenta in Libia, influenzando direttamente anche la situazione interna italiana. Ma sulle implicazioni di tutto questo per l’Italia verremo più tardi, in altre puntate. La prima domanda che vorremmo porci è, forse provocatoriamente e forse no, la seguente: aveva ragione George W. Bush? Sappiamo, facendo questo, di non essere particolarmente originali. Se la sono posta in molti questa domanda durante le ultime settimane, ed alcuni hanno anche dato risposte interessanti.

Quasi otto anni fa gli USA, con un appoggio europeo molto debole, invasero l’Irak. Ufficialmente per cercare armi di distruzione di massa ma, di fatto e nella testa di molti, per “esportarvi la democrazia”. Un anno e mezzo prima i paesi della NATO avevano fatto qualcosa di simile, ma meno ambizioso e meno a freddo, in Afghanistan. Ad oggi l’impresa afghana sembra essere risultata complessivamente fallimentare, almeno se la si misura con la metrica di “esportare la democrazia come forma di governo”, mentre su quella irachena il giudizio è ancora molto difficile da trarre. Infatti, persino noi due abbiamo dato valutazioni dissimili [Aldo 1, Aldo 2, Aldo 3, Michele 1, Michele 2, Michele 3] sui risultati raggiunti in Irak e sulla validità del progetto “esportare democrazia, con le armi se necessario".

Ora, dopo che l’esercito USA ha cominciato ad abbandonare quasi completamente l’Irak ed a fronte di un’amministrazione che, al contrario della precedente, non sembra avere alcuna intenzione di intervenire militarmente in altri paesi, men che meno arabi, all’improvviso (o apparentemente all’improvviso) vediamo le popolazioni di molti fra questi paesi scendere in piazza e chiedere, se non democrazia, libertà dal tiranno del momento, la sua deposizione, la fine del regime oppressivo che egli rappresenta e... e cosa, in alternativa, non sembra per nulla chiaro, al momento. Ci chiediamo:

Sono queste insurrezioni - che chiedono libertà e cacciano i tiranni - gli effetti a scoppio ritardato della politica di GW Bush? La semente piantata otto anni fa ha fatto germogliare solo ora l’alberello, o non c’è relazione alcuna fra questi eventi e quella politica?

Non sappiamo se si possa parlare di effetti diretti della politica Bush. Se si cerca un legame diretto, le rivolte del Nord Africa sono conseguenza di quanto è successo in Iran nel 2009; quest’ultimo sì, invece, che può essere stato un effetto della guerra in Irak. Può esserlo stato per due ragioni: ha provato che anche i peggiori tiranni possono essere abbattuti e lo ha provato in un paese contiguo, permettendo agli iraniani più giovani e delle città di vedere, per la prima volta in vita loro, che essere oppressi non è un fatto di natura. Più in generale, sembra ragionevole argomentare che la guerra in Irak abbia creato da un lato qualche timore fra le figure dittatoriali più estreme ed oppressive del mondo arabo e, dall'altro, abbia animato e spinto a muoversi le opposizioni a tali regimi. Per esempio, è un fatto abbastanza evidente che la svolta "pro occidentale" di Gheddafi, nel 2004, venne direttamente provocata dalla cattura di Saddam e dalla sua esecuzione. Prima di allora l’unico momento in cui Gheddafi aveva “abassato le ali” ed assunto un atteggiamento conciliante con l’Occidente era stato dopo che Reagan aveva fatto bombardare la Libia nel 1986, a seguito dell’attentato terroristico in una discoteca di Berlino. Va aggiunto però che, in entrambi i casi, non abbiamo evidenza alcuna che il cambio di atteggiamento verso l’esterno sia stato accompagnato da un cambio di politica interna. Infatti sembra vero l’opposto, ossia che il controllo repressivo sulla popolazione si accentui quando il regime si comporta amichevolmente con il mondo occidentale. In ogni caso, se c’è una catena causale essa va da guerra in Irak a dimostrazioni in Iran e da queste alle dimostrazioni in Algeria, Tunisia, eccetera.

Certo che, invece, la premessa di quella politica sembra ora piu ragionevole. La democrazia non si esporta sulla canna del fucile - verissimo, questo l’abbiamo appreso - né si raggiunge linearmente - perché fosse necessario re-imparare questo, dopo gli andirivieni della democrazia liberale in Europa, stentiamo ad intenderlo. Ma l'esempio di processi democratici in atto, o di lotta per la libertà in corso, in paesi contigui e culturalmente simili, sembra essere contagioso. Le popolazioni arabe non passano tutto il loro tempo a pregare, fumare, chiacchierare ed andare in moschea, evidentemente. Guardano anche quanto succede nei paraggi e si chiedono se qualcosa di diverso sia mai in serbo anche per loro. Questa intuizione che, sia otto anni fa che l'altro giorno, tende ad essere negata dai "realisti" che gestiscono la politica estera dei maggiori paesi europei (Francia ed Italia in testa) e che invece, piaccia o meno, sta alla radice dell'idea secondo cui, se non la democrazia, almeno la non-oppressione è importabile nel mondo arabo, viene riabilitata dagli eventi di questi mesi. Molti hanno sostenuto, in questi giorni, che l'internet, Facebook, Twitter e tutto il resto sono risultati fattori chiave nel rendere possibile l'insurrezione. Forse, ma questo non sembra certamente il caso in Libia, dove l'insurrezione sembra seguire linee tribali, o in Tunisia ed Algeria. Forse ha contato molto al Cairo ma, d'altra parte, sembra difficile immaginarsi il Cairo senza, prima, Algeri e Tunisi e Teheran. Insomma, propendiamo per l'ipotesi che, per mal seminato che fosse, il seme buono dell'avventura in Irak sia stato condizione non sufficiente ma probabilmente necessaria per i tumulti di libertà che, nella nostra analisi, stanno attraversando il mondo islamico da un paio d'anni a questa parte.

Vi è chiaramente un effetto domino o imitativo: se possono farlo nel paese X, se il dittatore di quel paese puo essere cacciato, allora possiamo fare lo stesso anche a noi. ll parallelo con il 1989 e la caduta dei regimi filosovietici è ovvio, ed è stato fatto. Ci sono però delle differenze che forse contano almeno tanto quanto le similarità. Anzitutto, visto come sono stati presi di sorpresa i governi europei e quello USA, risulta difficile pensare che le opposizioni in Algeria, Egitto, eccetera, avessero contatti sistematici ed organizzati con l'occidente. In secondo luogo, almeno al momento, queste insurrezioni sono in gran parte negative: sono rivolte contro gli oppressori, perché vengano scacciati e ci si senta un po' più liberi. Ma la domanda di "democrazia", intesa nel nostro senso, è dubbia assai ed il ruolo che gli apparati militari stanno svolgendo in ogni singolo paese è molto diverso da quello che svolsero nell'Europa dell'Est dove, ritiratesi le truppe russe, gli eserciti nazionali smisero di invischiarsi nella politica interna e giocarono ruoli del tutto secondari nella transizione del 1989-90. In Nord Africa tutto dipende dai militari, che sembrano un corpo separato dalla popolazione, chiaramente elitario e, al momento, scevro dal controllo dei religiosi. Anche in Libia, lo scontro non è fra popolazione ed esercito ma fra il grosso della popolazione ed una parte dell'esercito, da un lato, e la parte dell'esercito ed i miliziani fedeli a Gheddafi, dall'altro. Questo implica che ciò che queste insurrezioni domandano, per il momento, è meno oppressione e la cacciata dei tiranni e delle loro cricche. Non è ovvio per nulla che domandino democrazia; questo è tutto da vedersi ed è, come dire, endogeno al processo in corso ed anche al nostro comportamento.

Questa è un'altra utile lezione appresa in Irak ma chiaramente non applicata (per ottusità USA e viltà politica europea) in Afghanistan: liberarsi dal tiranno non implica adottare la democrazia occidentale. Può facilmente implicare adottare sistemi di governi meno oppressivi ma sempre non "democratici", dal nostro punto di vista. La morale essendo che "piuttosto di niente, meglio piuttosto". Meglio ricordarselo nei mesi che verranno: mentre l'odio per l'oppressore e la domanda di libertà sono universali, cosa vuol dire essere "liberi" e cosa si intenda per essere "rappresentati" dal potere statale sono nozioni molto meno elementari e piu' complesse, che variano sostanzialmente da cultura a cultura, da religione a religione, da sistema sociale a sistema sociale. Che sia questa la versione buona del multiculturalismo?

Il parallelo piu calzante è forse quello (fatto di recente) con il 1848 in Europa. Diversi paesi, uno dopo l’altro, entrano in crisi rivoluzionarie mossi da due idee, quella di una unità e indipendenza nazionale (ma forse questo non è il caso della Libia, dove le tribu' giocano apparentemente un ruolo chiave) e quella di un governo non-autocratico anche se, magari, non necessariamente e compiutamente democratico. Certo che questo movimento è diverso dall’ondata di fervore islamico che attraversò i paesi arabi e l’Iran nel 1979. Anche Yusuf al-Karadawi, teologo islamico tornato in Egitto dopo la rivolta contro Mubarak, ha parlato apertamente del bisogno di più democrazia ed ha invitato i militari libici a liberarsi di Gheddafi. Non è il caso di credere sempre a quello che dice un teologo islamico (che a suo tempo difese i terroristi suicidi), ma almento quello che dice è ben diverso da quello che a suo tempo disse Khomeini, e che dice Osama bin Laden. Entrambi questi ultimi sono sempre stati apertamente a favore di teocrazie. Gli obiettivi di al-Karadawi sono chiari (i fondamentalisti islamici, dice, devono partecipare alle elezioni perché finiranno poi per vincerle), ma almeno il metodo è diverso. Se davvero dobbiamo cercare un modello che si applichi a Egitto e Tunisia, per il momento, e che potrebbe applicarsi alla Libia se l'insurrezone in corso avesse successo ed all'Algeria se le cose progredissero anche lì, preferiamo puntare alla Turchia, anche se una Turchia molto più povera e tribale, oltre che priva di una borghesia urbana solidamente occidentalizzata. Schematicamente: un esercito non troppo oppressivo che garantisce ordine e laicità dello stato, un partito musulmano (quindi di ispirazione religiosa, ma non scordiamoci che la DC del 1946-1996 pure lo era!) al governo via elezioni più o meno libere, un'opposizione non religiosa con una minoranza di estremisti religiosi. Poi si vedrà cosa riserva il tempo.

Finalmente, un altro aspetto importante è che queste rivoluzioni sono anche rivoluzioni demografiche, espressione della lotta di giovani contro regimi di vecchi. Molti di questi giovani sono poveri, ma anche con una educazione avanzata. La rivolta in Tunisia ha avuto inizio dopo il suicidio di Mohammed Bouazizi, laureato di 26 anni, che si è dato fuoco perché non voleva continuare a vivere vendendo frutta abusivamente. La sfida, in Egitto come in Libia e in tutti i paesi arabi che stanno attraversando le convulsioni di questi giorni, può essere simboleggiata da due personaggi. Il primo, il Khomeini del Cairo, al-Karadawi, l’abbiamo già visto: 84 anni, lucido e fanatico. Il secondo è Wael Ghonim, il funzionario di Google, 30 anni, che è diventato uno dei rappresentanti del nuovo Egitto: usa Facebook e guarda con simpatia all’Occidente. Al-Karadawi ha dalla sua parte secoli di religione, un programma chiaro, una tattica consumata. Ghonim ha appena iniziato, e non ha nessuna esperienza politica. Ha ancora le idee confuse: ai centomila egiziani che su Facebook gli hanno chiesto di essere il loro portavoce ha risposto in lacrime di non sapere cosa fare. Noi stiamo con Ghonim, e ci aspettiamo di essere stupiti da quello che potranno fare quelli come lui.

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Commenti

Ci sono 264 commenti

Io ho l'impressione che uno dei fattori che ha permesso il dilagare della rivolta e' proprio l'assenza USA: chi chiede la democrazia non puo' essere piu' raffigurato come un agente del Grande Satana (anche se Gheddafi ha come al solito accusato gli USA e -sfidando il ridicolo- pure il nostro povero SB).

Tra l'altro proprio gli USA di GWB, nel tentativo di 'esportare la democrazia' in Irak ed Afghanistan (ed arginare il fondamentalismo), avevano stretto alleanze con molti degli autocrati (p.es. con  Mubarak per leextraordinaryrenditions ) o, perlomeno, avevano stabilito con essi un piu' o meno tacito accordo di non belligeranza (e questo e' il caso della carogna Gheddafi).

Con la linea di politica estera inaugurata da Obama, questi tiranni non avevano piu' alcun motivo di esistere: non servivano piu' agli USA, e men che meno al loro popolo. Questo, a mio avviso, e' stato un fattore di debolezza.

Diverso e' mi sembra il caso dell'Iran: in questo caso la contrapposizione con gli USA e' ancora forte (nonostante alcune aperture di Obama). Qunidi, nonostante la societa' civile iraniana sia molto piu' evoluta di quella Libica (basta anche solo confrontare il grado di connettivita' internet), il regime riesce ancora a reggere (il che potrebbe non essere un male, se questo vuol dire che la transizione democratica sara' piu' lenta e meno cruenta).

No credo a un'assenza degli USA ma alla presenza degli USA in modo sicuramente diverso da quello di Bush. Sicuramente certi dittatori erano "funzionali" sia agli USA di Bush sia in misura minore alla Francia (Tunisia) e all'Inghilterra (Egitto). La Libia é un caso a parte perché appunto legata solo all'Italia...

Non credo comunque que questo effetto domino sia casuale: un po' di Obama, un po' di Wikileaks, un po' povertà diffusa e un bel po' di gente che istintivamente e improvvisamente ha detto "cosi' non va"... ed era anche disposta a farsi ammazzare, vero sacrificio islamico.

La mia sensazione, ovviamente non supportata da nessun dato, è che internet, ed i social network in particolare, abbiano giocato un ruolo importante dal punto di vista culturale più che da quello organizzativo.E lo stesso vale per Al jazzeera e simili.

Vent'anni fa un ragazzo tunisino/egiziano/libico/iraniano medio aveva accesso ai media di regime ed alle opinioni di amici e parenti.Oggi non solo vede canali tv indipendenti, ma pure le foto del cugino che studia all' estero alle feste per studenti, con tanto di commenti scherzosi dei compagni.Un bell' antidoto alla retorica nazionalista.

 

La mia sensazione, ovviamente non supportata da nessun dato, è che internet, ed i social network in particolare, abbiano giocato un ruolo importante dal punto di vista culturale più che da quello organizzativo.E lo stesso vale per Al jazzeera e simili.

 

Se non ricordo male, il tasso di diffusione di internet in Libia e' sotto il 10% (forse intorno al 5%, c'erano delle statistiche su uno degli ultimi numeri di Internazionale).

In questo caso probabilmente Al Jazeera ha avuto decisamente molto piu' peso: e' ormai una specie di Radio Londra del medioriente.

PS: ach! mi son appena accorto di aver clonato l'intervento di Fabio. Ubi maior ...

 

L'esportazione della democrazia secondo il modello Bush era solo una scusa non proprio originale (al pari delle armi di distruzione di massa) per giustificare una guerra che secondo me aveva come obiettivo il controllo del paese con riserve di petrolio accertate seconde solo a quelle saudite.

Le rivolte del 2011 non sono state minimamente influenzate dalla politica di Bush. E tantomeno dalle chiacchiere di Obama che in questa parte del mondo (il Medio Oriente) non incantano nessuno, nemmeno quelli che propendono verso l'Occidente. Nel mondo arabo (e in quello islamico in generale)la cartina al tornasole per giudicare i Presidenti americani e' la questione palestinese e le promesse profferite in materia. Il resto conta poco.

L'effetto Al Jazeera e' stato 100 volte piu' dirompente di qualsiasi politica americana perseguita negli anni recenti. Anche piu' di Twitter e Facebook che comunque coinvolgono una fetta limitata della popolazione. Internet ha assicurato il collegamento tra i gruppi di opposizione e il coordinamento delle rivolte, ma il terreno e' stato dissodato dalle TV satellitari che hanno portato una ventata di novita' sin nel piu' sperduto villaggio e nelle case degli analfabeti.

Io non credo che i partiti islamici avranno la maggioranza alle urne, laddove sono stati cacciati gli autocrati, se le elezioni vengono organizzate bene, senza fretta, sulla base di leggi moderne (sconsigliato il Porcellum), con una struttura amministrativa indipendente e con accesso libero ai mezzi di informazione. Se invece si corre alle urne in due mesi, i partiti religiosi che sono gli unici ad avere una struttura organizzativa e una rete di propaganda capillare partono favoriti.

Insomma la fase critica sara' la transizione ed in questa fase gli Europei e tutti quelli che vorrebbero instaurare una democrazia (o se preferite un sistema pluralista) dovrebbero spendere risorse materiali ed umane a profusione, come fu fatto in Europa dell'Est.

Nei prossimi 24 mesi si gioca la partita che decidera' il volto di questo secolo nel Medio Oriente. Speriamo che le Ashton e i tanti Frattini di questo mondo se ne vadano a sciare e lascino le cose in mano a chi ha le idee chiare.

 

Le rivolte del 2011 non sono state minimamente influenzate dalla politica di Bush. E tantomeno dalle chiacchiere di Obama che in questa parte del mondo (il Medio Oriente) non incantano nessuno, nemmeno quelli che propendono verso l'Occidente. Nel mondo arabo (e in quello islamico in generale)la cartina al tornasole per giudicare i Presidenti americani e' la questione palestinese e le promesse profferite in materia. Il resto conta poco.

 

Grazie della testimonianza. Una domanda: sul fatto che le chiacchiere contino poco, non ho difficolta' a crederti. Pero' mi sembra che, dal punto di vista concreto, ci sia una differenza tra la politica di Obama e quella "muscolare" di GWB. Per lo meno Obama non ha ancora invaso alcuno stato Mediorientale :)

Sbaglio?

"Le rivolte del 2011 non sono state minimamente influenzate dalla politica di Bush. E tantomeno dalle chiacchiere di Obama che in questa parte del mondo (il Medio Oriente) non incantano nessuno, nemmeno quelli che propendono verso l'Occidente. Nel mondo arabo (e in quello islamico in generale)la cartina al tornasole per giudicare i Presidenti americani e' la questione palestinese e le promesse profferite in materia. Il resto conta poco."

Disclaimer: Parlo da ignorante pressochè totale.

Ho l'impressione che la questione palestinese sia utilizzata a fini strumentali. A tutta una serie di dittatori arabi fa (faceva?) comodo che il popolo scendesse in piazza gridando "morte a Israele" anzichè "dove sono finiti i petrodollari?". Francamente faccio fatica a credere che il benessere del mondo arabo, una ventina di paesi dove 280 milioni di persone vivono su 13.468.000 kmq dipenda, fino al punto da considerarlo una cartina di tornasole, da quello che succede in Israele,  un paese dove poco più di sei milioni di abitanti vivono su 21.000 kmq (meno della Toscana) a cui si possono aggiungere altri 7000 kmq per Cisgiordania e Gaza, con tre milioni di abitanti. Tralascio il mondo islamico per semplicità, un altro miliardo di abitanti, pressochè unanimemente ostile a Israele.

Le rivolte del 2011 non sono state minimamente influenzate dalla politica di Bush. E tantomeno dalle chiacchiere di Obama che in questa parte del mondo (il Medio Oriente) non incantano nessuno, nemmeno quelli che propendono verso l'Occidente. Nel mondo arabo (e in quello islamico in generale)la cartina al tornasole per giudicare i Presidenti americani e' la questione palestinese e le promesse profferite in materia. Il resto conta poco.

Vero che, almeno a prima vista Obama non ha molto cambiato la sua politica verso Israele ma il suo famoso intervento al Cairo non fu di fatto una rottura nel senso di negare la volontà di ripetere in altri paesi l'esportazione di democrazia come in Irak? Più in generale, tenuto conto che Bush strinse sante alleanze con despoti e dittatori contro Saddam, le parole di Obama rappresentarono anche l'indicazione che gli USA non avrebbero rpetuto il giochino con altr dittatori. Questo, insieme ad altri elementi non ha influito per nulla a far germogliare gli eventi di questi mesi?

Fabio, mentre condivido la tua osservazione sulla rilevanza della questione palestinese sull'equilibrio nel mondo arabo e sugli orientamenti della gente (perché c'è enorme evidenza che così sia) non condivido l'affermazione secondo cui alcune delle azioni generate da "export democracy" non abbiano avuto alcun valore.

Credo che il burden della prova sia su di te. Noi indichiamo delle catene causa-effetto molto precise. Cosa ti fa ritenere che non contino nulla? Perché ora, dopo il 2003 e dopo il 2009 in Iran, e non prima? Davvero tutto e solo Al Jazeera, che non è poi apparsa l'altro giorno ...?

 

L'effetto Al Jazeera e' stato 100 volte piu' dirompente di qualsiasi politica americana perseguita negli anni recenti. Anche piu' di Twitter e Facebook che comunque coinvolgono una fetta limitata della popolazione. Internet ha assicurato il collegamento tra i gruppi di opposizione e il coordinamento delle rivolte, ma il terreno e' stato dissodato dalle TV satellitari che hanno portato una ventata di novita' sin nel piu' sperduto villaggio e nelle case degli analfabeti.

 

Non so se davvero Al Jazeera sia stata piu' determinante delle politiche USA, ma sono abbastanza convinto che sia stata spesso piu' importante della rete (almeno in Libia).

Ecco una tabella relativa alla connettivita' in MO (scansione artigianale di tabella NYT ripubblicata su Internazionale): http://dl.dropbox.com/u/10917026/internetrate.JPG

Tasso di connettivita' in Libia: 5.5% (c.f. Iran 43.2% o Israele 71.6%).

 

Chi e' al potere usa sempre scuse. Per esempio chi e' al potere nei paesi arabi usa la questione palestinese come una scusa.

Ma la questione e' semplice: se domani mattina, domenica, le forzeNATO imponessero una no fly zone sulla Libia (no, non invasione militare, e nemmeno sanzioni: solo questo, impedire che la aviazione libica spari sui manifestanti e sulla popolazione civile); questo intervento ``muscolare'' sarebbe la longa manus dell'imperialismo americano o un aiuto alla lotta per la liberta'? 

Io non credo che le rivolte attuali siano mosse dal fattore "democrazia", in massima parte sconosciuto alle masse arabe per motivi storici, ma molto di più dal fattore "libertà", che anche il Corano riconosce all'uomo, mi spiego: il suicida tunisino si è dato fuoco perchè lui voleva vendere la frutta, ma la polizia glielo ha impedito (era abusiva), quindi non ha visto un futuro di libertà economica/opportunità.

In Libia una minoranza vive con lussi sfrenati e potere infinito, la maggioranza vive con 60 $ al mese, e al di là del diverso PPA anche in Libia con 60$ non ci fai niente, nè hai la possibilità di migliorarti, nè tu, nè le tue generazioni future, perchè il sistema è bloccato intorno alla "cricca" di Gheddafi.

E' un'analisi spicciola, da bar, ma io vedo un analogia con il 1989 nel fatto che l'URSS e il suo sitema implose letteralmente quando ci si rese conto che le condizioni di vita non miglioravano, mentre stavano perdendo la sfida tecnologica con gli USA di Reagan. L'apparato militare sovietico, per stare al passo con gli USA era arrivato al 35% del PIL. Oggi le masse arabe vedono la TV satellitare e comparano la propria miseria con il benessere diffuso in Occidente, poi vedono i loro satrapi vivere nel lusso più sfrenato, non vedono opportunità di miglioramento, se non con l'emigrazione, rivendicano quindi più libertà, ma soprattutto quella economica.

Ho la netta impressione che la democrazia intesa in senso occidentale, quella esportata con le armi da GWB non interessi tanto, e sia solo la nostra "occidentalità" a vedere nei moti dei "morti di fame" la voglia di un qualcosa di cui al più hanno sentito parlare, ma di cui non hanno assolutamente idea.

Seguiamo il denaro, secondo me non sbagliamo.

 

 

In Libia una minoranza vive con lussi sfrenati e potere infinito, la maggioranza vive con 60 $ al giorno, e al di là del diverso PPA anche in Libia con 60$ non ci fai niente, nè hai la possibilità di migliorarti, nè tu, nè le tue generazioni future, perchè il sistema è bloccato intorno alla "cricca" di Gheddafi.

 

Sara' che son un ricercatore (e quindi un mezzo morto di fame :) ma a me 60$ al giorno non sembrano poi male.

 

Son d'accordo con ciò che dice l'articolo...aggiungo solo una parte che Mankiw ha spiegato bene sul NYtimes di una decina di giorni fa dal titolo "Emerging Markets as Partners, not Rivals": 

 

"When the foreign students head home, they take the human capital acquired here to become productive members of their own communities. They spread up-to-date knowledge, so it can foster prosperity everywhere. Some of this knowledge is technological. Some of it concerns business, legal and medical practices. And some is even more fundamental, such as the values of democracy and individual liberty. Nothing could be better for the United States than these thousands of American-trained ambassadors who have seen at first hand the benefits of a free and open society."

 

Credo che anche il fattore emigrazione (insieme a quelli citati nell'articolo) nei paesi occidentali e poi il ritorno ai paesi d'origine possa aver contribuito (soprattutto in paesi come la Libia, arretrati tecnologicamente e quindi meno a contatto con la nostra realtà) ad esportare idee di libertà, democrazia..e soprattutto anti-dittatoriali.

Bengasi è retta da comitato di salute pubblica. Nell'articolo pubblicato sul Corriere di oggi, mi ha colpito questo passaggio:

Una donna avvocato, Taheena al Sharifi, ribadisce invece la profonda identità laica della rivolta araba. «I governi europei insistono nel sollevare lo spettro dell'Islam. Ma perché non vengono qui con noi? Si renderebbero conto che i Fratelli musulmani non c'entrano per nulla. Vogliamo libertà e democrazia. Non gli imam al governo».

uhm... l'articolo è sicuramente affascinante, ma le relazioni di causa-effetto fra guerra in iraq e rivoluzione in tunisia e poi in egitto non mi sembrano così lampanti. allo stesso modo si potrebbe sostenere che sia stato l'esempio di un occidente libero (e a due passi), che adesso sia tunisini che egiziani conoscono molto meglio grazie ad internet, fb e i parenti immigrati, unito ad un generale incremento della ricchezza (attraverso le rimesse degli immigrati - questo è vero specialmente per l'egitto), a portare le persone in piazza.

non mi sembra che nessuno inneggiasse o ricordasse l'iraq, che, fra l'altro, per la quasi totalità degli arabi NON è un paese libero, ma uno in mano al controllo di potenze straniere. che l'iran poi prenda esempio dall'iraq (visto quanto si vogliono bene), mi sembra una mezza cazzata.

teoria interessante, ripeto, ma decisamente senza basi empiriche. sembra un po' "la fine della storia" di fukuyama...

 

clà

Posto il link a un paio di articoli (da Foreign Affairs) che suggeriscono e/o cercano di inquadrare i fenomeni di cui da giorni stiamo discutendo in una prospettiva storica più ampia.

Se la si vede in questo modo, mi pare, cercare una relazione diretta di tipo causale con gli interventi US in Iraq e Afghanistan risulterebbe una forzatura o, comunque, assumerebbe il valore di una causalità solo superficiale e contingente. Si tratterebbe, invece, di manifestazioni diverse, sia pur correlate, di un processo che ha radici più antiche.

(Tra l'altro, poichè da poco tempo ho cominciato a leggere con interesse numerosi articoli da foreignaffairs, chiederei cortesemente agli amerikani o a gente più addentro di me a studi e  dibattiti sulla politica internazionale, "di che tipo di fonte si tratti", quanto sia autorevole chi vi scrive, se e inche misura rappresenti interessi/tendenze politiche specifiche. Grazie!).

 

E' una rivista pubblicata dal council on foreign affairs ed e' molto prestigiosa ci scrive anche Kissinger, che e' stato oltre che ministro degli esteri USA un professore alla George Washington University facolta' di affari internazionali

 

 

in che misura rappresenti interessi/tendenze politiche specifiche

 

Mah, anni fa si diceva che il Council on Foreign Relations "rappresenta" l'establishment WASP internazionalista della Costa Est.

Comprende molti ex o futuri personaggi importanti della politica estera USA, come fa notare la Sig. Allen.  E meno influente di una volta, perche' una volta (anni 1940-1950) era una delle poche associazioni che si occupavano di politica estera; oggi ci sono tante con idee talvolta piu eterodosse (se la signora Palin e eletta presidente non credo che sciegliera un membro del CFR come consigliere ;-) ).

Publicano secondo me un'ottima rivista... anche se non conterra mai articoli di Noam Chomsky ;-)

 

 

Mah, guarda, non voglio fare dell'ironia troppo pesante ma sono articoli come questi che generano, e mantengono, l'arroganza degli economisti rispetto ad altri campi delle scienze sociali e delle loro metodologie.

Prendi quello che invoca Braudel (noto eroe del nostro amico e collega Giovanni Federico :-)) per spiegare la rivoluzione egiziana del 2011. Da un lato deve aver ragione per davvero, non ti pare? L'Egitto è sempre l'Egitto, un paese i cui confini non sono cambiati che impercettibilmente per secoli, quindi se qualcosa succede ora che coinvolge la grande maggioranza della popolazione, quel qualcosa deve avere una qualche relazione con il passato complessivo di quel paese. Non solo, se il qualcosa è così profondo - Lo è? Ancora non lo sappiamo, vedremo: magari fra sei mesi c'è un altro Rais saldamente al potere ... - come non potrebbe essere qualcosa che ha a che fare con i cambiamenti di lungo periodo della società egiziana? Deve essere vero per definizione!

Cosa intendo dire? Intendo dire che in entrambi gli articoli (lascio ai lettori compiere il medesimo esercizio per il secondo articolo) non facciamo altro che leggere tontologie (=tautologie del tonto) di una banalità spaventosa ed assolutamente prive di qualsiasi potere di spiegare ciò che accade, ciò che è differenziale in ciò che accade, la varianza insomma o la différence per i fighetti. Detto altrimenti, non spiegano nulla. 

Per capire che non spiegano nulla basta la seguente, veramente banale, osservazione: COSA caratterizza la rivolta egiziana? Risposta: che accade in contemporanea o quasi con quella tunisina, algerina, libica, eccetera. QUESTO è l'aspetto interessante della questione. Però, se questo è l'aspetto interessante della questione, delle due l'una: o ben la "longue durée" egiziana è equivalente a quella algerina, tunisina, libica e financo yemenita (e di quant'altro arriverà nei mesi a seguire ...) oppure il signore straparla. Propendo per lo "straparla", visto che, se la ld di un paese coincide con quella di una dozzina d'altri, più o meno contigui ma anche non, allora è aria fresca utile solo a far uscire il puzzo di sigaro dalla stanza delle chiacchere.

Insomma, i dati ed i fatti dovrebbero contare più dei paroloni. Back to the drawing board, then: perché ora, perché in queste forme e che relazione vi è con l'evoluzione della situazione medio-orientale dell'ultimo decennio circa? Queste sono le domande da farsi ed a coloro che dicono "ovvio, tuiter e feisbuk" chiedo: ma tuiter e feisbuk non ci sono anche, tanto per dire, in Sudan e Venezuela, Myanmar e Zimbabwe? Perché lì no e nel Nord Africa o, meglio, nei paesi arabi del Medio Oriente sì? Questa è la différence che va spiegata con qualche ipotesi testabile e qualche argomento coerente. 

Partendo dall'assioma (liberal-libertario) secondo cui la domanda di libertà è universale, Aldo ed io di ipotesi testabili ne abbiamo date tre:

- l'esempio dell'Irak mostra che i rais non sono eterni;

- esiste un effetto imitativo o di domino che conta assai nell'orientare le opinioni, le scelte e, soprattutto, le azioni, delle grandi masse. Mai scordarsi che quando si scende in piazza contro i cannoni occorre risolvere un complicato "collective action problem", come ci insegnò Olson tempo fa;

- il cambio demografico e la scolarizzazione giovanile hanno reso possibile immaginare che un altro sistema politico è possibile.

Attendiamo un'altra spiegazione, migliore della nostra, dei "dati differenziali" che caratterizzano quando sta accadendo. Le chiacchere vagamente anti-americane (o anche solo anti-bushiane) che leggo in un buon terzo o quarto dei commenti (non mi riferisco a te, sia chiaro) do not cut to the chase (anche se, forse, they may cut the cheese) perché non spiegano nulla di quanto accade. Idem per le litanie sui prezzi del pane o degli alimenti (mezzo mondo povero dovrebbe essere in rivolta e questi NON sono paesi particolarmente poveri). Idem, mi dispiace, per il deficit/surplus petrolifero: lo Yemen, tanto per dire, come lo spieghi? E la Libia, per la quale, da quando son stati riammessi nel giro, vale l'esatto opposto? Insomma, cerchiamo di separare la chiacchera ideologica o estemporanea dalla riflessione attenta e dall'esame dei fatti.

Come disse quell'altro: it takes a model to beat a model. 

 

oltre al teologo egiziano Yusuf al-Karadawi, anche il tunisino ex esiliato Rachid Gannouchi si è espresso in favore di un sistema democratico, affermando di essere vicino all'ideologia dell'AKP di Erdogan.

Sintomo del fatto che, come è successo per i "nostri" religiosi, anche i "loro" si stanno rendendo conto che per stare in vita si devono modificare scendendo a compromessi con la "modernità".

Il paragone col 1848 è molto interessante...è da quegli anni che il potere temporale della Chiesa s'è gradualmente indebolito.

 

In realtà, il declino del potere temporale della Chiesa inizia con la Riforma, almeno nelle entità statali o prestatali che la accolsero.

non esiste il rischio che la religione possa "impossessarsi " delle debolezza delle isituzioni via elezioni o vuoto di potere?si.dove?egitto,tunisia,libia?forse ovunque.lo scacchiere è mobile.isrerale,iran,arabia,petrolio,immigrazione.nel 48 al posto di islam c'era una idea "romantica" oppure un afflato simile esisteva nelle insurrezioni?dubito.

Erdogan chi? Il vincitore dell'ultima edizione del "Al-Gaddafi International Prize for Human Rights"?  

http://en.wikipedia.org/wiki/Al-Gaddafi_International_Prize_for_Human_Rights

L'articolo costituisce un onesto ed encomiabile sforzo di riordinare elementi di valutazione che mi sembrano comunque, allo stato degli avvenimenti e soprattutto della conoscenza molto imperfetta che ne abbiamo, ancora abbastanza soggettivi.

Andrei tuttavia molto cauto a voler cercare oggi rapporti di causa-effetto con le politiche messe in atto dai paesi occidentali (essenzialmente gli SU) verso questi paesi, e resto convinto che l'origine delle rivolte sia soprattutto l'esplosione di una insofferenza sempre più esasperata verso i poteri politici locali gestiti in modo sempre più inaccettabile e insopportabile. Non nego, intendiamoci, che ci sia stato anche un effetto di "simpatia" fra paesi limitrofi accomunati dall'elevato livello di dispotismo. Ma che la causa delle rivolte sia esterna a me pare, allo stato, difficile da sostenere.

Al libico che ha deciso di giocarsi anche la pelle per invocare un cambiamento, così come all'egiziano e al tunisino credo importi abbastanza poco della politica americana, comunque ampiamente screditata e, almeno in Libia, certamente poco o niente conosciuta. Gli elementi fondamentali restano endogeni. Una riprova sembra costituita, per es., dalla situazione del Marocco, paese certo democraticamente non esmplare ma nel quale il dispotismo della ruling class è comunque più commestibile e soprattutto è meno scandaloso e provocatorio delle satrapie mediterranee, contraddistinte tutte da affarismi familistici offensivi e indigeribili. E infatti almeno per ora in Marocco non è successo niente o quasi.

Va detto anche che, mentre Tunisia ed Egitto sono società relativamente conosciute o conoscibili, e paesi in cui è facile viaggiare e farsi opinioni personali anche attraverso atteggiamenti frondisti del comune cittadino, pochissimo o niente sappiamo della Libia, un paese difficile, poco visitabile e culturalmente abbastanza ermetico nel quale l'organizzazione familistico-tribale ha ancora un'importanza difficile da valutare per un'educazione europea.

Un elemento fondamentale, che invece accomuna tutti questi paesi (anche se la scintilla è stata indubbiamente l'esasperazione) è la demografia: ogni analisi metastorica dimostra che le rivoluzioni sono sempre avvenute in paesi in crescita, con ampia quota di popolazione giovanile. Una popolazione giovane e passabilmente istruita, ma che ha pochissimo da perdere per il vuoto di prospettive in cui la costringe la sclerosi egoistica e dilapidatoria dei poteri affaristico-politici è il terreno di coltura ideale per una rivoluzione.

Non è casuale che nemmeno le Cancellerie occidentali non abbiano capito niente di quel che stava preparandosi: questo è caratteristico degli stati di esasperazione progressiva di chi non può nè esprimersi nè lamentarsi, men che mai scrivere sui giornali, manifestare o figuriamoci votare. Si vede solo la pavimentazione di regime, ma il fuoco cova sotto ed è difficilmente individuabile.

Non so se si debbano scomodare gli americani e il loro ruolo nel mondo come finti esportatori di democrazia.

Certo che la storia delle rivoluzioni, a partire da quella francese, ci avrebbero dovuto suggerire che la combinazione di mancanza di pane (o prezzi alti di certe materie prime) e di libertà scatena inevitabilmente una rivoluzione. Il problema é che a fronte di tali mancanze si é sempre risposto " ma che allora mangino brioches" ovvero anni di politiche alla Bush o nel caso della Libia all'italiana.

http://mgiannini.blogspot.com/2011/02/bread-and-freedom-or-changing.html

Prima si finanziano questi paesi, e i loro dittatori, poi gli si fa la guerra. E' successo in Afghanistan (contro la Russia), in Iraq (contro l'Iran) nei balcani (con Milosevic). Insomma ogni volta ai paesi affamati si vendono brioches e armi che poi si ritorcono contro soprattutto quando amministrati da dittatori. Modo bizzarro di esportare democrazia. Il motto é sempre stato "business as usual" ovvero fino a che si fanno afffari...(soprattutto nel settore degli armamenti e difesa).

In generale già ne 1795 un medico inglese scriveva a proposito delle cause della Rivoluzione francese: Estrema povertà, il collasso del sistema finanziario e la mancanza di fiducia ispirata dalla classe politica.

Ora si é presentata appunto la combinazione di: povertà con prezzi delle materie prime e del pane alle stelle e con alta disoccupazione; il collasso del sistema finanziario senza che molto cambiasse in due anni ovvero siamo al back to business as usual; mancanza di fiducia nella classe politica evidente (visto che é anche responsabile della crisi finanziaria...).

Attendiamo i sandali di Roma...magari da tirare in faccia in perfetto stile islamico (si ricordi Bush e la scarpata)

http://books.google.be/books?id=ZU0vAAAAMAAJ&printsec=frontcover&dq=In+1795+Dr+John+Moore&source=bl&ots=OJn1mpAto3&sig=RuO49j1KIw1OcKnct8jwxjL1jFY&hl=nl&ei=j05mTd72PMPPhAfH-OD8DQ&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=3&ved=0CCQQ6AEwAg

Benchè auspico i sandali anche da noi, temo che passerà un po' di tempo prima di tirarli a SB o a qualcun altro. Prima di tutto la nostra popolazione ha un alto tasso di anzianità ed i vecchi difficilmente scendono in piazza dato che fanno fatica ad alzarsi dalla sedia, in secondo luogo non abbiamo ancora abbastanza coscienza di come siamo messi realmente. Certo ci sono fasce di popolazione più illuminata però è minoritaria. Probabilmente dovremo aspettare la crescita dei figli degli immigrati, cioè quegli italiani di fatto, anche se con passaporto estero, che al momento son considerati cittadini di serie B e sulla cui testa pende sempre la spada dell'espulsione. Gli italioti (italiani+idioti) odierni son quelli che credono alle panzane di Bossi sul federalismo che dovrebbe risolvere tutti i mali italici ma che invece probabilmente li aggraverà. Son però tanto ignoranti da non accorgersene, non vedono nemmeno che il federalismo della vicina Svizzera (e gli italioti son lì a due passi) è una cosa completamente differente da ciò che vuol fare il Senatur. Esistono poi gli italioti idealisti e sognatori, che cioè pensano che tutto va bene, che c'è sempre lo stellone italico, che Ruby è una gran gnocca e magari la desse a me, che se c'avrei io i soldi di B. farei ...(la forma verbale errata è voluta). Ci sono poi gli italioti che han vissuto il fascismo ma che dai suoi danni non hanno imparato assolutamente nulla e sostengono le forme discriminatorie verso i culatuni, i maruchit, gli albanees e via dicendo.

Esiste poi un'altra categoria di italiani, quelli frustrati che di fronte alle prepotenze e scempiaggini dei potenti, potentini, potentati ripetono come un mantra "è sempre stato così" e quasi quasi gli piace prenderlo in quel posto senza vaselina.

Gli italiani come popolo devono ancora crescere e devono formarsi una coscienza civile che attualmente manca. E son cose che non nascono dall'oggi al domani.

Abbiamo ad esempio assistito alla manifestazione giustissima delle donne contro la cultura imperante che le vede solo oggetto sessuale (alla buon'ora dico io, ce na hanno messo per svegliarsi), peccato che si siano dimenticate anche di chi le vede solo come fattrici da riproduzione, buone solo a sfornare figli, che poi non è che il rovescio della medaglia. Sono anni che non vedo donne scendere in piazza contro l'idea arcaica del Pastore Tedesco. Sono anni che non vedo donne protestare per essere considerate assassine quando abortiscono da gente che non ha ancora imparato che per restare incinta una donna ha bisogno di un maschio, che generalmente latita ma a cui non viene addebitata alcuna colpa. Sono anni che non vedo donne protestare perchè da una parte non le si vuole far abortire ma dall'altra non si vuole nemmeno far usare il preservativo, in una schizofrenia da divieto che causa solo danni. Se pensiamo che le donne in Italia son più del 50% ci rendiamo conto di come siamo messi.

Articolo molto interessante,

questa e' la mia opinione:

piu' che la democrazia  e' importante stabilire nei paesi arabi quello che in inglese si dice "the rule of law" cioe' rispetto per la proprieta' privata; una burocrazia, polizia, sistema giusiziario ed esercito composto da gente professionista non da incompetenti scelti tra i membri della propria tribu, cioe' un governo che garantisca che il sistema funzioni per tutti.

Il giovane tunisino si e' dato fuoco non perche' non c'era democrazia, ma perche' manca ancora il concetto di legge uguale per tutti. Il giovane abusivo doveva pagare le tangenti alla polizia del suo stato, non alla criminalita' organizzata.

Gli integralisti che animano una parte delle insurrezioni nell'area chiedono di andare a votare una volta tolto di mezzo il tiranno, ma si  rischia di avere una democrazia come minacciano gli integralisti in Algeria, cioe' una democrazia con un voto per una persona una volta sola. Perche' essi dicono che dopo le elezioni comandera' "Dio" e dopo non ci sara' piu' bisogno di nessun altra persona ne di votare.

"the rule of law" richiede generazioni e tempo per la crescita. L'occidente per il momento dovrebbe restare al di fuori delle insurrezioni e lasciare che le popolazioni "figure it out by themselves".

Come americano, non posso altro che simpatizzare con l'idea di un seme democratico sparso nel deserto da G W Bush ; dopo tutto, anche le armate imperialiste di Napoleone hanno sparso i semi della democrazia attraverso l'Europa.

Russell and Giuliana Allen

Anche questa è un'interpretazione della storia che non convince. Napoleone ha avuto altri meriti, verosimilmente, ma non era certo un democratico e non si vede come si possa attribuire alle sue imprese belliche il merito di avere sparso i semi della democrazia.

Si può dire, piuttosto, che il corso ha contribuito a mettere in crisi il vecchio ordine, svegliando gli spiriti d'indipendenza nazionale nei popoli non ancora retti a stato nazionale perchè frammentati in numerose entità o soggetti a governi stranieri: ma da lì alla democrazia ce n'è voluto in termini di lotte sociali e di sangue versato!

I semi della democrazia, piuttosto, si possono rintracciare nelle scelte di pochi organismi statali, di ispirarsi al parlamentarismo inglese o anche, in misura minore, all'esempio degli SU, nella predicazione di Mazzini (per quanto ambigua), nelle insurrezioni del 1848, nelle avventure di Garibaldi; diverse nella loro ispirazione, alcune più conservatrici, altre decisamente rivoluzionarie, queste vicende hanno creato le condizioni per cui, nel giro di molti decenni, si transitasse da regimi censitari a regimi democratici.

Per rispondere al primo quesito - forse che G.W. Bush non aveva tutti i torti? - bisognerebbe esaminare la questione partendo dalle due posizioni opposte, Obama e Bush, alla base delle due antitetiche concezioni sul ruolo degli Stati Uniti.

Obama ha espressamente dichiarato: L'America non presume di sapere cosa è meglio per tutti.

Mentre Bush ha sostenuto che: La Democrazia è aspirazione universale e contagiosa perchè tende ad estendersi agli stati vicini.

Io penso che una riflessione su queste due concezioni equivale a ragionare sul punto vero della questione. A seconda del prevalere dell'una o dell'altra, si capisce bene come possono cambiare gli atteggiamenti, le azioni e le relative conseguenze.

Per parte mia penso che questa netta suddivisione di approccio descriva unicamente gli estremi di un atteggiamento che dovrebbe stare a metà tra i due. La posizione di Bush è solo parzialmente vera altrimenti non si spiegherebbe perchè l'unica democrazia mediorientale, Israele, non ha per nulla contribuito alla democratizzazione dei suoi vicini.

D'altro canto mi pare inapplicabile anche la posizione obamiana a meno che non si voglia tradurla in una banale ipocrisia da 'vizi privati e pubbliche virtù', vale a dire pubblici pistolotti sui diritti umani e business nelle riunioni riservate.

 

bambi obama non vuole che ridurre i problemi di immagine lasciati da bush.indi,io sono qui,prego con voi e diamoci una mano.non farà casini e voi cercate la vostra via.io sono con voi ma solo con lo spirito.indi,fate quello che volete.io sono il nobel per la pace.

bush ,messinicamente e parecchio imporvvido,pensava che il seme potesse essere nel tempo contagioso,magari anche solo come riduzione della traduzione di islam come integralismo.sbagliò toni e strumenti,ma forse l'idea era pragmatica e anche liberal.solo per il petrolio?anche.ridurre i nemici è anche pragamatismo.si dovette usare anche o altri dittatori come l'egiziano o i saud?certo,impossibile andare contro tutti gli equilibri.sbagliato?utopico.errato come attuazione.meno armi più elettricità.per me l'iraq è un successo.certo,non basta.gli altri,in primis quello libico,magari capirono che era meglio essere pragamatici.

più riduzione del danno prima o dopo?forse meglio attendere.anche le condizioni di base sono troppo diverse.obama è debole internamente ma deve continuare ancora per un pochetto delle guerre ereditate.e finirle bene nei limiti e non aprirne altre.

bush era il comandante in capo di una nazione colpita.se poi pensiamo che il tutto fosse un piano per prendere il petrolio..

Purtroppo non ho potuto leggere tutti i commenti e magari quello che scrivo sarà già stato detto.Nel caso mi scuso.

Non credo assolutamente che GWB c'entri qualcosa. Rivolte in Iran ne ricordo anche prima dell'invasione dell'Iraq.

Credo che c'entri molto, come notato da più parti, l'incremento vertiginoso del prezzo degli alimentari (l'indice FAO è aumentato del 50% circa in pochi mesi) e quello costante del prezzo del petrolio. Questa è la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo e che ha spinto masse di giovani, più consapevoli del mondo esterno rispetto alle generazioni passate, a ribellarsi. Poi l'effetto domino ha fatto il resto.

Effetto domino che potrebbe non essersi concluso con la libia, vista la giornata della collera dichiarata in The Kingdom. Del resto che anche li ci siano scricchiolii, lo dimostra il precipitoso ritorno del re e l'annuncio degli stanziamenti alla popolazione (37 mld di $).

 

Per tornare alla domanda fondamentale contenuta nell'articolo, evidenziata in grassetto, a mio modesto avviso i concetti di esportazione o anche solo inseminazione della democrazia possono essere valutati come generosi e guardati con simpatia, ma restano pochissimo o per niente realistici.

La democrazia compiuta è il risultato di un processo che, anche ove ha attecchito, è sempre stato laborioso, lungo e contraddittorio. E profondamente diverso, sia nelle premesse che nei risultati, nelle singole realtà dove si è affermato.

Lasciamo stare gli Stati Uniti, che sono storia a sè: i Padri Fondatori del Mayflower colonizzarono i primi territori come se fossero stati la Luna, ed erano animati da fortissimi sentimenti religiosi e politici unanimemente condivisi. Non può stupire che il risultato sia stato quello che è stato (e ha visto comunque convulsioni non da poco, vedi guerra civile). E anche il Regno UNito ha realizzato la democrazia con un proprio percorso autoctono e già diversissimo dalle esperienze continentali.

Nel continente europeo non solo è stato tutto diverso, ma esso ha anche visto, nel processo di formazione e consolidamento delle democrazie, contraddizioni e convulsioni terrificanti. Ricordiamoci che solo due generazioni fa una non piccola parte dell'Europa era governata o controllata da regimi nazifascisti o ad essi allineati. E che queste due generazioni sono le prime consecutive, in tutta la storia europea, a non avere mai sperimentato una guerra in casa.

Prima che la Francia (la Francia!) diventasse una democrazia c'è voluto quasi un secolo dopo la Rivoluzione dell'89. E non mi si citi Napoleone, per favore, basti dire che fu nemico dichiarato del maggior pensatore liberale dei suoi tempi (e uno dei primi in assoluto), Benjamin Constant. Napoleone, ha avuti altri meriti storici, es. quello di mettere in discussione l'assetto generale di un'Europa prima refrattaria ad ogni istanza rivoluzionaria. Ma questo con la democrazia non ha molto a che fare.

Certamente le grandi democrazie possono svolgere un ruolo utilissimo, di aiuto ai barlumi democratici che si manifestano allo stato nascente nei paesi arabi (e non è certo quello che hanno fatto finora col doppio binario delle dichiarazioni di principio e della connivenza di fatto con regimi impresentabili) ma deve essere chiaro che il lavoro che questi ultimi devono fare va fatto al loro interno, occorre che essi lo vogliano davvero, anzitutto, e siano magari disposti per abbreviare qualche fase a farsi insegnare, per quel pochissimo che è possibile, il savoir faire necessario. Le masse che non sanno cosa fare sono la cosa più pericolosa del mondo, ma pensare di istruirle dall'esterno regalando loro dei modelli preconfezionati è pietosamente illusorio.

Senza dire che il passaggio repentino (e parziale, vedi Arabia Saudita e altri) dalla connivenza con regimi ignobili alla fornitura di confezione democratica pret-è-porter è grottesco da quanto è poco credibile.

 

 

E non mi si citi Napoleone, per favore, basti dire che fu nemico dichiarato del maggior pensatore liberale dei suoi tempi (e uno dei primi in assoluto), Benjamin Constant

oddio, non proprio così nemico dichiarato... 

Grazie alla mediazione di  M me de Staël, ottiene da Bonaparte una  carica importante, che in seguito rifiuta. Dopo la caduta dell'Impero, moltiplica i pamphlets antibonapartisti e si fa una reputazione di liberale; quindi, per amore di  M.me Récamier si accosta alla  monarchia (1814), cosa che non gli impedisce, quando Napoleone ritorna dall'isola  d'Elba, di accettare da questi  la carica di consigliere di Stato, di  redigere l'Atto addizionale alle costituzioni dell'Impero, per ridiventare, dopo Waterloo, un entusiasta liberale (Corso di politica costituzionale, 1818 -1820; Miscellanea  di letteratura e di politica, 1829). Eletto deputato della Sarthe nel 1819, (ed è in quest'anno che pronuncia all'ateneo di Parigi il celebre discorso La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni )

I piu' preoccupati oggi sono i dirigenti cinesi. 

Limitandoci all'italico vernacolo, cerchiamo "cina internet rivolte egitto libia" con google. 

Francesco

 

Mobilitati da Internet, migliaia di cinesi sono scesi in piazza ieri a Pechino, Shanghai e altre città per protestare contro la dittatura comunista e la corruzione e chie­dere libertà e democrazia.

Le versione on-line del Corriere del Ticino (CH) è su abbonamento e quindi riporto qui il testo, non il link.

Mobilitati da Internet migliaia di oppositori chiedono democrazia


PECHINO L'apparato di sicurezza ci­nese ha messo in campo ieri tutta la sua forza per bloccare le proteste pro-de­mocrazia lanciate attraverso Internet da un gruppo di oppositori democrati­ci che rimane misterioso. Centinaia di agenti in divisa ed in borghese hanno bloccato sin dalla mattina i luoghi de­gli appuntamenti a Pechino, Shanghai e altre 18 città minori indicate dai mes­saggi comparsi su Internet. A Pechino gli agenti erano nervosi e spesso han­no fatto ricorso alla violenza, malme­nando un cameraman americano e trattenendo un gruppo di giornalisti tra cui uno dei corrispondenti della BBC. Altri giornalisti sono stati spintonati e minacciati dagli agenti, molti dei qua­li erano giovani in abiti civili.
La stessa sorte è toccata ad alcuni igna­ri turisti che si sono trovati a passare vi­cino al luogo dell'appuntamento, il ri­storante McDonald's sulla centrale via Wang Funjing, per recarsi alla non lon­
tana Città proibita. Tra passanti, turisti, giovani che facevano lo «struscio», im­possibile dire chi fosse lì per la protesta e chi per altri motivi. Analoga scena a Shanghai, dove l'appuntamento era da­vanti al Peace Cinema, accanto alla cen­tralissima Tibet Road nei pressi della Piazza del Popolo. Agenti con fischiet­ti e megafono urlavano alla folla forma­ta non solo da giovani, ma anche da molti anziani. Alla vista dei pochissimi cronisti stranieri, gli anziani sorrideva­no e alzavano il pollice come per dire «va tutto bene». «Riprendi tutto - ha detto un anziano all'ANSA - il Governo ha paura. La Cina non va bene».
In un documento pubblicato dal sito web sino-americano Boxun, che ha ne­gato la paternità dell'appello, i promo­tori della protesta hanno espresso sod­disfazione per il risultato della prima «giornata dei gelsomini» di domenica 20 febbraio e hanno invitato i cittadini a manifestare pacificamente contro dit­
tatura e corruzione ogni domenica.
La paura del regime comunista era evi­dente: il premier Wen Jiabao ieri ha «chattato» su Internet con i cittadini af­fermando tra l'altro che «il nostro svi­luppo economico ha l'obiettivo di ri­spondere ai crescenti bisogni dei citta­dini sul piano materiale e culturale e di rendere la loro vita sempre migliore». In una riunione dedicata agli avveni­menti del Medio Oriente il 12 febbraio, il potente Ufficio politico comunista aveva raccomandato a «tutti i diparti­menti responsabili» di rafforzare il con­trollo su Internet e su tutti i mezzi di co­municazione sociale usati con succes­so dai giovani arabi in rivolta. Da allo­ra la rete ha subito forti rallentamenti e inspiegabili momenti di ingorgo.
Dopo la prima giornata di protesta cin­que persone sono state arrestate per aver diffuso l'appello sulla rete e sem­bra che saranno processate per «sov­versione».
ATS/ANSA

 

 

Se l'amministrazione attuale USA non vuole entrare militarmente in altri paesi, forse ci andrà l'UE (ma pare anche dagli Usa stessi): 

 

Libia: Ue, piano per intervento militare<em>

La Ue si tiene pronta a un intervento militare umanitario in Libia. Lo riferiscono fonti diplomatiche a Bruxelles, precisando che si tratta di 'un'opzione possibile'. 'E' una delle possibilita' a cui stiamo lavorando, nell'ambito dei piani di emergenza che stiamo preparando per fare fronte ai diversi scenari', hanno precisato le fonti. L'ipotesi di un 'intervento militare per scopi umanitari' e' gia' stata presa in considerazione dagli Usa.

<em>Al Jazira,a Gheddafi solo Bab Alazizia<em>

25 Febbraio 2011 16:02 ESTERI

(ANSA) - ROMA - Gheddafi controlla solo la caserma-bunker di Bab Alazizia, dove risiede a Tripoli: lo afferma al Jazira, citando giornalisti libici. Il leader libico potrebbe apparire in Tv per smentire le voci sulla sua morte. Intanto, secondo i media iraniani, il figlio minore di Gheddafi, Saif al-Arab, si sarebbe unito alla rivolta. L'agenzia Irna riferisce che Saif sarebbe passato dall'altra parte, ottenendo l'appoggio di truppe da combattimento per rafforzare la rivolta. .

Non ricordo in quale post e chi l'ha scritto, ma un utente l'aveva previsto.

 

Oggi sul corriere: Tremonti la crisi del Maghreb è il terzo mostro del videogame

WOW! Ero io.

www.noisefromamerika.org/index.php

Devo avere una sorta di collegamento psichico con Voltremont.

Sara' il caso ch'io mi preoccupi?
:)

www.ft.com/cms/s/0/198e48b4-411a-11e0-bf62-00144feabdc0.html

 

"Yet some argue there was something unusually intimate – craven, even – about the political and business relationship between London and Libya. “You cannot exaggerate the role that Blair and Britain played in bringing Gaddafi in from the cold,” says Professor Fawaz Gerges of the London School of Economics. “In 2004, Gaddafi was still a maverick – someone dismissed as an insane, babbling idiot by most serious people. By allowing Gaddafi to rebrand himself, Blair sacrificed principle at the altar of economic gain. The rest of British business duly followed"

 

La LSE (London school of Economics) aveva giusto da poco concordato un finanziamento per £1.5 milioni dalal Fondazione Gheddafi - di cui incassati e spesi un decimo (editoriale del Times di oggi). Come disse qualcuno a proposito di omaggiare Napoleone I "è solo questione di tempi"

sono di complicatezza tale, che, ad esser ottimisti, il massimo che ne cavera' e' qualche previsione. Su questo aspetto il modo in cui le politiche vengono formate e' suicida, e probabilmente non modificabile.

Per chi segua questo aspetto delle "scienze sociali applicate" suggerisco molti se non tutti gli articoli che seguono un blong/entry/ (nytimes.com, in "opinioni") in cui si osserva come, mentre milioni di arabi, yemeniti, principi, militari e quant'altro, si preparavano alla rivoluzione, le gloriose armerie analitiche dei paesei ricchi e non arabi capirono una cippa di cazzo, per usar terminologia tecnica.

Condivido l'ipotesi che fa piu' effetto il "meme" della rivoluzione che i contenuti reali che ci si propone di ottenere. A tuttoggi nessuno ha detto che cosa vogliono gli arabi, OLTRE a cacciare il porco di turno al potere, e quando non porco, il rincitrullito.

Una proposta puramente normativa. Il contributo di quei paesi che pensano di se stessi di esser democratici e' quello di essere un "meme-generator", facciano loro piu' democrazia, piu' regola della legge e meno o molto meno "il capriccio del sultano" di turno. Se la teoria e' corretta spargendo idee, e non divisioni di carri armati, si dovrebbe ottener di piu'.

Una sola osservazione mi preme, perche' la vedo tutti i giorni quando esco di casa. La "poverta'" cosidetta non ha nessuna rilevanza, se lo fosse vi sarebbero centinaia di milioni di persone a bruciare le automobili di Mugabe e del re degli Swazi. Qui trattasi di genuinissimo astio popolare contro re (Bahrain), amirs (yemen), presidenti, e "lidersupremi" e delle loro famiglie. Che gli arabi siano poveri e disoccupati in alti numeri e' vero ma non taglia le croste del formaggio al posto giusto

 

Colgo l'opportunità di questo lucidissimo intervento per unirmi alla legione di coloro che come efficacemnte descritto, "non capiscono..."

In Egitto è stato cacciato Mubarak, che era un generale, ed al suo posto ora siede Shafik, che è un altro generale. Cosa è cambiato per gli Egiziani? E per noi?

In Tunisia è stato cacciato Ben Alí, ed è stato sostituito da Ghannouchi (o forse da Mebazaa, almeno credo) i quali sono politici di lungo corso e notabili dello stesso partito di Ben Alí.

In Libia Gheddafi se la sta vedendo brutta e potrebbe essere cacciato. Da chi sarà sostituito? I giornali parlano di "insorti" o "ribelli", ma chi sono? Cosa vogliono? Questa rivolta mi sembre troppo bene organizzata per essere spontanea, ma chi l'ha ispirata? E con quali scopi?

 

Una sola osservazione mi preme, perche' la vedo tutti i giorni quando esco di casa. La "poverta'" cosidetta non ha nessuna rilevanza, se lo fosse vi sarebbero centinaia di milioni di persone a bruciare le automobili di Mugabe e del re degli Swazi. Qui trattasi di genuinissimo astio popolare contro re (Bahrain), amirs (yemen), presidenti, e "lidersupremi" e delle loro famiglie. Che gli arabi siano poveri e disoccupati in alti numeri e' vero ma non taglia le croste del formaggio al posto giusto

 

Pensavo anch'io la stessa cosa.

Rivolta. Credo implichi avere qualcuno contro cui rivoltarsi. La fame non è un buon bersaglio.

D'altra parte, rivoltarsi è una scommessa che si può anche perdere. La fame aiuta ad accettare il fatto di aver poco da perdere.

Forse l'unica rilevanza della povertà è di abbassare la soglia di astio che fa mollare il lavoro e prendere i forconi.

Poi la dimostrazione che si...può....fare aiuta.

Non è possibile che il risultato della rivolta, non dico lo scopo, sia la separazione della Cirenaica dalla Tripolitania?

Mi sa che almeno per quel che riguarda l'elemento scatenante sia stata la politica di Bernakkio a causare le ribellioni. Ci avete pensato?

BTW in Libia si parla di decine di migliaia di morti ma qualcuno ha mai visto almeno una decina di cadaveri tutti insieme? Magari quello che succede non è il risultato di qualche idea del premio Nobel della pace?

Sulla cattiva qualità dell'informazione che ci arriva dalla Libia ci sarebbe questo:

www.inviatospeciale.com/2011/02/disinformazione-sulla-guerra-in-libia/

personalmente più che alla tesi del gombloddo penso semplicemente a giornalisti cialtroni.

La sequenza di commenti apparsi qui (non solo questi ma anche alcuni precedenti, tipo quella della funzionaria italiano di un qualche ministero libico) e su svariati altri siti in internet (feisbuk ne è colmo, tanto per dire) che mettono in dubbio la veridicità delle affermazioni internazionalmente verificate su quanto sta accadendo in Libia e tende ad attribuire il tutto a complotti non ben specificati di potenze globali che manipolano i media, è molto rivelatrice.

E non solo per, guarda caso, i nicknames degli autori di detti commenti (once a paronoid troll, always a paranoid troll) ma anche per il fatto che questo tipo di follie complottistiche hanno mercato fra la gente normale solo in un paese come l'Italia. Sono, come dire, un'altra misura dell'arretratezza culturale e dei pregiudizi ideologico-primitivi che attanagliano una fetta vasta della società civile di quel paese. A leggerli, se non fossi nato e cresciuto in Italia, mi verrebbe da ridere: sono la prova che la gente che scrive cose del genere è perfettamente preparata per credere alla balle di BS o a quelle di Vendola o a quelle di Bossi o a quelle di Veltroni (o di Casini-Fini-Di Pietro, for that matter). Sintomi addizionali di sottosviluppo civile e culturale.

Anche perché tutte queste cretinate potrebbero essere spazzate via in un secondo usando i media italiani solo per verificare cosa pensino la casta ed i suoi servi nei media e cosa il popolino ami pensare del mondo, e dirigendosi invece ai media internazionali (da El Pais a Le Monde al NY Times o Al Jazeera) per avere informazioni sui FATTI! Ma, ovviamente, siccome informarsi sui fatti laddove questi vengono raccontati con un minimo di obiettività e professionalità non permetterebbe dedicarsi allo sport preferito di sognare complotti elaborando teorie da cottolengo, ecco tutti a girare la rete leggendo siti di "informazione" italiani, riportandoli poi qui!

P.S. O che sia, semplicemente, un sintomo di difficoltà con le lingue altre dal toscano?

 

Mahhh…intanto di “affermazioni internazionalmente riconosciute” c’è probabilmente per esempio la bufala delle fosse comuni sulla spiaggia.

Si tenta poi di screditare il prossimo con il solito “complottismo” ma per esempio il casus belli del Maine, le provocazioni del McCollum memorandum sino a Pearl Harbour, l’attacco deliberato a U-boot in acque internazionali nonostante la dichiarate neutralità dell’aministrazione Roosevelt, la destituzione di Mossadeq, l’incidente del Golfo del Tonchino, la storia delle armi di distruzione di massa di Iraq sono atti che dovrebbero porre qualche dubbio a qualsiasi essere pensante. Né si capisce cosa conferisca al presidente i poteri di infilarsi di volta in volta in guerre varie o di interferiore sistematicamente negli affari interni della Libia affermando chi debba governarla o non governarla

Il “sottosviluppo civile e culturale” è quindi quello di chi aderisce acriticamente a slogan e vulgate varie del potere politico costituito. Ricordo ancora quella ingoiata senza alcuna difficoltà in qualche thread precedente del periodo 1875-1913 come un periodo di recessione e depressione negli USA solo perché così’ recitano i sacri testi e nonostante palesi controevidenze rilevabili persino da Wikipedia. Cioè in barba proprio quei FATTI che si dice di osservare fedelmente

 

Credo che in questa vicenda siano mancati i controli sulla veridicita' delle notizie e che qualche giornalista abbia abboccato, se non inventato volontariamente, a qualche notizia falsa. A parte il cimitero sulla spiaggia, se uno bombarda il centro di Tripoli (intendiamoci, io credo che Gheddafi non avrebbe problemi a farlo ed a fare molto di peggio) qualche traccia delle bombe dovrebbe rimanere, mentre non si sono visti crateri e i 10.000 morti annunciati non hanno avuto conferme da fonti sul posto.

Ciononostante che siano stati usati aerei ed eleicotteri per sparare sulla folla e' perfettamente plausibile, che ci siano mercenari in giro, lo e' altrettanto, anche se non credo ai viaggi aerei per importarli dall'africa subsahariana: la libia, un paese con 5 milioni di abitanti pare abbia un milione di clandestini africani sul suo territorio, pronti a tutto per un pugno di dollari.

Una cosa che non ho visto riportata sui giornali e' che comunque c'e' un discreto gruppo di Libici che non ha ancora mollato Gheddafi: sono quelli che vivevano e vivono coi suoi soldi e con le sue regalie. Non sono pochi e questi non hanno alcuna intenzione di mollare il loro capo, mentre da tutte le parti si dice che il Colonnello e- solo ed abbandonato da tutti. La piu' bella notizia inconsistente e' stata l'annuncio del fatto che Gheddafi era ormai costretto a stare nascosto nel suo bunker, proprio mentre stava arringando la Folla in piazza. Nessuno ha fatto presente che le immagini mostravano una realta' diversa da quella riportata dai giornali.

Credo che Gheddaf sia finito, non perche' non abbia la forza di riprendere spietatatmente il potere, ma perche' per mantenerlo dovrebbe fare peggio che Graziani nel '35 e stavolta non riuscirebbe piu veramente ad avere il supporto tecnico dell'occidente per mandare avanti il Paese.

 

 

 

 

...e zitti zitti ammmericani & co sembrerebbero aver già sbarcato truppe in Cirenaica

Siamo ormai a un passo da tre guerre condotte in contemporanea e un altro stato (ormai un centinaio?) in cui gli USA mantengono truppe e basi militari 

Eppure chi aveva fondato gli USA diceva "Equal and exact justice to all men, of whatever state or persuasion, religious or political; peace, commerce, and honest friendship with all nations, entangling alliances with none..."

 

Che poi il toscano sia incidentalmente l'origine della lingua italiana, colta e standard, é un dettaglio che spero non sia sfuggito. Io penso invece che non parlino nemmeno il toscano, cioé l'italiano...

"Non ragioniam di lor, ma guarda e passa". (in toscano dalla Divina Commedia, Inferno, Canto III, 51)

Visto che il Fattorino degli Esteri latita, s'e' finalmente svegliato il Ministro Maroni:

 

Maroni, poi, ha precisato che "quello che sta avvenendo non ha nulla a che fare con l'immigrazione clandestina. Qui - ha aggiunto - siamo di fronte a un'emergenza umanitaria. Il sistema politico e sociale dei paesi del Maghreb è collassato, non ci sono piuù governi o interlocutori con cui operare". Il ministro ha quindi concluso sottolineando che l'Italia darà vita a una missione "di assistenza umanitaria e sanitaria" in Tunisia, "d'accordo con il governo tunisino", "durante la quale costruiremo un campo per aiutare queste persone", ma anche "impedire che partano". "Se queste persone non vengono aiutate lì - ha concluso Maroni - partiranno alla volta del nostro Paese".

 

Tutto molto sensato, anche se non trae le conseguenze: i profughi non vanno solo "aiutati li'" allestendo dei campi, ma piuttosto bisogna creare le condizioni perche' possano tornare in Libia senza rischiare la vita (il che, in particolare, vuol dire che l'amico Muammar deve essere messo in condizione di non nuocere). Ma purtroppo questo sarebbe compito di Frattini, che somiglia sempre piu' ad un ministro-fantasma (ma Bondi non lo batte nessuno)

Comunque e' gia' qualcosa che qualcuno si sia finalmente accorto che, anche se vogliamo ragionare in maniera cinica ed egoista, non possiamo fare finta di niente: i Libici che si affollano al confine tunisino non sono potenziali clandestini, sono profughi ed in quanto tali possono richiedere asilo.

 

 

che somiglia sempre piu' ad un ministro-fantasma (ma Bondi non lo batte nessuno)

 

 

siccome ci saranno le elezioni politiche a breve - stanno solo attendendo che la maggioranza, sostenuta dai recenti transfughi, approvi il federalismo e rifiuti il passaggio eventuale del premier al tribunale di ministri- il povero Bondi* macera nel suo brodo con gli occhi speranzosi puntati verso quel momento di libertà.

 

per quanto riguarda L'idea di maroni di inviare un contingente umanitario con il "quale costruiremo un campo per aiutare queste persone", ma anche "impedire che partano" ", è un po come tamponare una falla in una diga gettandoci dalla distanza un rotolo di carta igienica. Dato che la gente che prende la decisione di emigrare verso nuovi lidi non corrisponde MAI a chi ha bisogno di un intervento emergenziale (come si dice: l’ultimo miliardo non è mai quello che parte), bensì chi aveva già intenzione di intraprendere il viaggio ma ora non trova più il filtro costituito dalle forze di polizia, militari e di frontiera libiche e tunisine, non si capisce come possa pensare il ministro con tale intervento di arginare i futuri flussi.

Aggiungendo inoltre che questo genere di attività di assistenza è necessaria là dove le strutture sanitarie sono distrutte o assenti, ma non pare essere questo il caso – a meno che non mi si dimostri che in tunisia e egitto gli ospedali abbiano di colpo cessato di operare al momento della scomparsa dei due leader, e nel caso della Libia dall’inizio degli scontri-, mi chiedo se questa scelta del governo italiano non sia altro che un atto simbolico per dire : “scordatevi del nostra passato, ora siamo pieni di buona volontà nei vostri confronti” e soprattutto per mandare supplicare l’Europa di intervenire al nostro fianco

 

*[edit]

 

non ce la fa ad aspettare il poeta

www.corriere.it/politica/11_marzo_02/bondi-pronto-dimissioni_7dc871b2-44ab-11e0-9331-d6a950f4a7ad.shtml

 

La discussione degenera, ormai si continua a ribadire punti di vista unilaterali senza neppure cercare di convincere gli interlocutori.

Che Phileas fosse particolarmente accanito nel sostenere una posizione anarco-libertaria lo sapevamo già. Era il caso di stimolarlo a tale punto, peraltro con argomenti non proprio solidi?

Domanda agli amministratori: non è possibile chiudere le discussioni, dopo un certo periodo di tempo?

phileas ... posizione anarco-libertaria ...

La discussione non l'ho manco letta, ma piano con le offese, per favore, che questa e' pesante assai

Per gli anarchici ed i libertari, intendo dire.

Segnalo quanto si dice qui:

www.debka.com/article/20721/

 

There is heavy bombing of the city by tanks and heavy weapons and mortars - the rebels are struggling to resist with very primitive means. They [invading forces] have no mercy and are very brutal. There is a large number of injured and a lot of people killed on the streets.

There is no mercy to civilians. The tanks belonging to to the regime are attacking everything indiscriminately and we have no means of defending ourselves.

There is a very tragic situation happening right now. It's a very serious situation. We were expecting the world to intervene, but they have let us down.  Shelling is now coming in from all sides.

They are shooting at the Libyan citizens and we have made up our mid that we will die here. I am really sorry, we are in the middle of a battle and the shelling is very heavy - the [phone line] could break at any moment.

We have taken prisoners out of two vehicles, and we are treating them with respect. But they are shelling us, they are kiling us.

Where is the United Nations or the Arab League or the international community who have spoken about our rights or protecting us? I don't think they meant what they have said.

I am in the middle of Martyrs' Square, and we are conducting a battle. The tanks have surrounded us and they are shelling all the buildings - whether they are residential or business properties. The shelling and destruction is indiscriminate and the civilians are taking shelter in the buildings surrouding the square - but they have not given up yet.

All parts of society - all parts - whether they are professionals and farmers - are all together, supporting each other, hoping that they will be able to survive.

But it is violent, it is indiscriminate - and the number of dead and injured? I cannot count it yet.  We need the world here, we need them to intervene - words are not enough. It's not a matter of oil and gas that you need you of our country - it is human lives and blood being shed - right now.

 

E' davvero molto triste pensare che non sapremo mai niente degli strazi che il "sinistro pagliaccio" (© Indro Montanelli) infliggerà a tanta sua gente coraggiosa e generosa, colpevole solo di aver sperato di poter vivere a quel minimo livello di elementare decenza civile che è ancora un sogno per troppi uomini.

Ma questo non sembra disturbare troppo gli ineffabili di casa nostra: e questa non è la Cambogia, questa è la Libia, un'ora di volo da Roma.

 

Come promesso, finite le fatiche editoriali e prima di riprenderne di nuove, torno sulla seguente affermazione che molti ritengono completamente sbagliata:

 

Più in generale, sembra ragionevole argomentare che la guerra in Irak abbia creato da un lato qualche timore fra le figure dittatoriali più estreme ed oppressive del mondo arabo e, dall'altro, abbia animato e spinto a muoversi le opposizioni a tali regimi. Per esempio, è un fatto abbastanza evidente che la svolta "pro occidentale" di Gheddafi, nel 2004, venne direttamente provocata dalla cattura di Saddam e dalla sua esecuzione. Prima di allora l’unico momento in cui Gheddafi aveva “abassato le ali” ed assunto un atteggiamento conciliante con l’Occidente era stato dopo che Reagan aveva fatto bombardare la Libia nel 1986, a seguito dell’attentato terroristico in una discoteca di Berlino.

 

I critici ci ricordano che Gheddafi aveva già fatto offerte di accordo a Bill Clinton, circa 4 anni prima, e che le trattative più o meno segrete tra regime libico ed amministrazione USA erano in corso da ben prima dell'invasione dell'Irak. Certamente.

I critici ci ricordano anche, meglio mi ricordano perché i links in questione ho scelto di metterli io in un commento, che gli unici riferimenti che sarei riuscito a trovare sostengono l'ipotesi secondo cui quell'accordo nulla ebbe a che fare con l'eliminazione di Saddam. Insomma, i miei stessi riferimenti ci danno torto ... Mi fate più ingenuo di quanto non sia: contano i fatti, non le interpretazioni. Se avessi linkato interpretazioni degli eventi scritte dall'altra parte, ossia quella di GWB, tipo questo, quest'altro o quest'altro ancora (lo so, lunghetto ma in compenso è dettagliato ...) ed anche questo qui, che è un pelino più recente, a che sarebbe servito? A confermare che la nostra è una teoria "bushiana", quindi sbagliata a priori. Ho quindi linkato articoli firmati da critici patentati di GWB sperando che, leggendo con attenzione, qualcuno si soffermasse sui fatti ed andasse a documentarsi con attenzione. È successo molto parzialmente.

In un suo commento un po' accaldato Mauro Gilli mi ricorda la sua interpretazione dei fatti.

 

Fatto: la Libia contatta gli usa nel 1999. Gli USA si girano dall'altra parte

Fatto: La Libia contatta allora l'Inghilterra. L'Inghilterra contatta gli USA.

Fatto: La Libia continua a fare pressione sull'ONU per l'eliminazione delle sanzioni

Fatto: Gli USA aprono trattative segrete con la Libia a condizione che questa smetta di chiedere la sospensione delle sanzioni (Siamo nel 1999)

Fatto: La Libia si dice disposta ad abbandonare il programma nucleare (siamo, se non ricordo male dagli articoli, nel Maggio 1999).

Fatto: nel 2001 gli Stati Uniti fanno ripartire i negoziati, e si impegnano per l'eliminazione delle sanzioni se la Libia fa come gli USA dicono.

Fatto: all'inizio del 2003, dopo che un tribunale scozzese ha rivisto il caso di Lockerbie, si arriva ad un accordo.

Fatto: nel settembre 2003 le sanzioni contro la Libia vengono eliminate

Fatto: nel dicembre 2003 Saddam viene catturato

Fatto: nel dicembre 2006 Saddam viene ammazzato

 

Vedi Mauro, il punto è banalotto assai. Chiunque abbia passato qualche ora a studiarsi i documenti di quella lunga trattativa sa che c'erano due questioni che essa doveva risolvere:

1) l'attività terrorista di Gheddafi, verificando la sua disponibilità o meno a pagare per Lockerbie in modo convincente, e

2) la sua attività di costruzione della bomba atomica e di produzione di gas letali (sulfur mustards, non si riesce a capire se gliene abbiano lasciato un tot), verificando che l'abbandoni per davvero e consegni tutto il materiale.

Ora, le offerte volontarie di Gheddafi che menzioni (con qualche imprecisione sui dettagli, ma fa niente) hanno tutte a che fare con il punto 1) SINO A QUANDO NON DIVIENE OVVIO CHE VERRA' INVASO L'IRAK. Infatti, pochi giorni prima dell'inizio del fuoco e quando l'operazione militare vera e propria era già avviata Gheddafi cede sul punto 2).

Insomma, solo quando l'invasione dell'Irak e la fine di Saddam sono fatti certi la Libia cede completamente sul punto 2) che era, evidentemente, quello che contava. Almeno per GWB e la sua amministrazione, ossessionati com'erano di poter mostrare ai loro elettori che il mondo arabo era pieno di WMD ... almeno in Libia vennero fuori! Come quell'odioso e spregevole reazionario (parlo sul serio) di Charles Krauthammer fa notare:

 

Yeah, sure. After 18 years of American sanctions, Gaddafi randomly picks Dec. 19, 2003, as the day for his surrender. By amazing coincidence, Gaddafi's first message to Britain -- principal U.S. war ally and conduit to White House war councils -- occurs just days before the invasion of Iraq. And his final capitulation to U.S.-British terms occurs just five days after Saddam is fished out of a rat hole.

 

I dettagli delle date, delle offerte, delle contro-offerte e, in particolare, della rivelazione e consegna da parte di Gheddafi dei materiali legati al suo programma nucleare li trovi tutti nelle footnotes alle pagine 74 e 75 del libro "The Middle East strategic balance, 2003-2004" di Shai Feldman ed Yiftah Shapir, che ho linkato poco sopra. Confermano la versione del Kraut, purtroppo, ed inficiano la tua.

Ma il punto non sono né i dettagli né la gara a chi cita i documenti meno facili da trovare. Il punto politico è che, mentre Gheddafi per quattro lunghi anni giocò a trattare concedendo il meno possibile, una volta vista la mala parata e capito che l'invasione dell'Irak era un fatto e che Saddam ed i suo regime, andasse come andasse, erano finiti, decise di mollare in quattro e quattr'otto la preda ambita, ossia il programma nucleare. E si arrivò all'accordo. Tutto per caso? Può essere, ma vi sono abbondanti ragioni per dubitarlo.

Non abbiamo scritto da nessuna parte che la diplomazia ed il lavoro dei servizi segreti non contano! Abbiamo detto che, però, spesso conta anche la forza e che quella di Gheddafi fu una di quelle volte. Se uno legge con attenzione l'articolo di Leverett sul NYTimes (una delle mie due citazioni "anti-Bush") nota a pag. 2 l'ammissione che così alla fine fu, ammissione che il nostro "cela" con il bizantinismo

 

This is the context in which Libyan officials approached the United States and Britain last spring to discuss dismantling Libya's weapons program. The Iraq war, which had not yet started, [...]

 

Non avevano cominciato a sparare, vuol dire. Ma l'esercito e la marina degli USA erano già tutti lì e l'inizio dei bombardamenti era solo una questione ... metereologica! Per favore!

L'unica licenza letteraria che ci siamo presi, certo un'imprecisione che avremmo potuto evitarci, è stata di aggiungere l'esecuzione di Saddam alla lista dei fattori. Ma poche persone intelligenti ebbero più alcun dubbio, a partire dal febbraio del 2003, che Saddam Hussein era oramai un morto che caminava.

Questo per quanto riguarda i fatti specifici. La nostra interpretazione è quindi perfettamente legittima e coerente con i fatti pubblicamente noti. È provata aldilà di ogni ragionevole dubbio? No, ma non lo è nemmeno l'opposta versione secondo cui l'invasione dell'Irak non preoccupo' Gheddafi alquanto ... In discussioni di questo tipo la smoking gun è altamente improbabile che compaia. Per quanto mi riguarda l'evidenza che ho appena elencato suggerisce che senza la credibile minaccia dell'invasione dell'Irak, Gheddafi non avrebbe ceduto la sua bomba atomica o, perlomeno, non l'avrebbe fatto con così improvvisa celerità e spirito di cooperazione.

Sulle questioni che esulano da questo punto specifico, torniamo spero lunedì con Aldo. 

P.S. Non ho molto tempo, quindi non intendo mettermi a discutere con coloro che appariranno a spiegarmi che così argomentando giustifico la fallimentare politica di Bush. Da un lato perché ho già spiegato altrove il mio punto di vista e, dall'altro, perché se argomentano questo non hanno capito nulla. E con chi non capisce le banalità non vale la pena di perder tempo a discutere.

 

 

 

 

Caro Boldrin, lei è  molto ben informato e questo suo ultimo intervento ci ha accorciato le orecchie e la ringrazio.

Però mi lasci dire che tutta la vicenda del nucleare militare libico mi semmbra sia stata alquanto sopravvalutata dall'Amm.ne americana, così come a quanto pare lo fu quella delle armi chimiche iraqene.

Non ho informazioni migliori della sue, ma se non sbaglio non esistono valutazioni indipendenti su quale livello di efficienza e quindi di effettiva pericolosità l'industria militar-nucleare libica avesse realmente raggiunto.A suo tempo anche il buon El Baradei era abbastanza scettico.

Sappiamo tutti che il nucleare militare, benchè stramaturo almeno sul livello "A" (l'"H" è fuori discussione), richiede per essere reso realmente operativo capacità tecnologiche e industriali che non si improvvisano, per quanto denaro si spenda. Gheddafi è sempre stato in preda ad una bulimia militare ossessiva, e ha acquistato a caro prezzo tutto quello che è riuscito a procurarsi, anche di contrabbando. Ma un conto è aver soldi e acquistare un conto è saper adoperare seriamente.

La mia conoscenza diretta della Libia risale a molto tempo fa, ed è quella di chi ci è stato per lavoro in ambiti ben lontani dal nucleare. Ma il ricordo che ne ho è di un paese di enorme arretratezza tecnologica e produttiva, sostanzialmente privo di base industriale manifatturiera, che è notoriamente l'humus sul quale possono svilupparsi attività di maggior contenuto tecnologico.

Prima delle sanzioni, il paese era in difficoltà a far funzionare industrie di base elementari, come quella (un esempio banale fra i tanti ) della conservazione alimentare. C'erano una quantità di cattedrali in acciaio inox, fornite chiavi in mano da aziende italiane, ma incapaci di funzionare decentemente e spesso abbandonate per incuria e incapacità gestionale.

La Libia non è l'Iran. I libici sono pochi, e benchè la scolarità sia migliorata col tempo, essi preferiscono impiegarsi nella PA o nel commercio o nelle attività finanziarie. Manca una classe di ingegneri delle tecnologie avanzate e in generale di specialisti di alta qualificazione. La situazione degli ospedali è emblematica, la ricordava Sergio Romano: se rimpatria il personale dell'Europa orientale, non funziona più niente.

Con una struttura del genere, non mi pare semplice arrivare a sviluppare un'industria nucleare militare, tanto meno gestirne operativamente i manufatti.Gestire armi atomiche aviotrasportate non è la stessa cosa che mitragliare allegramente la folla da un cielo dove i rivoltosi non hanno nemmeno gli aquiloni.

Mi sembra più probabile che Gheddafi, dopo un certo lavorio più o meno di contrabbando per procurarsi in qualche modo l'uranio arricchito, si sia reso conto che il compito era superiore alle sue forze, e sia giunto a miti consigli sfociati nell'accordo su Lockerbie etc più che altro consapevole del fatto - già reso palmare dall'incursione di Reagan - che al momento buono gli SU, right or wrong,  erano capaci di fare maledettamente sul serio.

Il che è del resto in linea col personaggio, che nei suoi 40 anni di dominio assoluto e incontrollato del suo paese ha trovato il modo di fare, alternativamente, baruffe epocali e baci in bocca con tutti, inutile fare esempi che tutti sanno.

Gheddafi è in realtà una tigre di carta, bravo a fare il gradasso contro la popolazione inerme o quasi che ha finalmente trovato il coraggio di metterlo in discussione, nonostante due generazioni tenute sotto un tallone di ferro. E' un bluffatore e ricattatore, un terrorista nato, e mi riferisco non solo a Lockerbie e a Berlino e a cose analoghe, ma ad esmepio alla sua abilità nel manovrare le masse di disperati che vorrebbero raggiungere l'Europa e che lui sa sarebbero devastanti, o quanto meno ritenute tali dagli europei. Costo nullo per lui, guai altrui certi e non da poco.

Ci sarebbero mille buone ragioni per toglierlo di mezzo, e sarebbe probabilmente più facile di quanto può sembrare, piaccia o non piaccia al nostro phileas e ad altri che la pensano come lui. Senza dire che oggi G. non dispone, a livello mondiale, dell'appoggio ma nemmeno della simpatia di nessuno. Ma oggi l'ineffabile Maroni ha dichiarato ad una festa della Lega che "gli SU farebbero bene a darsi una calmata"....non Gheddafi che in questo momento sta mitragliando la sua gente con i tank e gli aerei, ma gli SU.

Mi domando se il problema psichiatrico riguardi Gheddafi o altri.

 

 

 

Per quanto mi riguarda l'evidenza che ho appena elencato suggerisce che senza la credibile minaccia dell'invasione dell'Irak, Gheddafi non avrebbe ceduto la sua bomba atomica o, perlomeno, non l'avrebbe fatto con così improvvisa celerità e spirito di cooperazione.

 

Si vabbe', ma che c'entra questo con la tesi iniziale dell'articolo, cioe' che

 

Sono queste insurrezioni - che chiedono libertà e cacciano i tiranni - gli effetti a scoppio ritardato della politica di GW Bush? La semente piantata otto anni fa ha fatto germogliare solo ora l’alberello, o non c’è relazione alcuna fra questi eventi e quella politica?

 

Che Gheddafi capisca solo le maniere forti e' ben noto, e come ho gia' detto la cosa migliore sarebbe bombardare i suoi alloggi come gia' fece the Gipper nel 1986 con ottimi risultati e minimo costo. La politica di GW Bush, del suo schiavetto Tony e del nostro Papi andava in direzione ben diversa: da un lato tentativi perennemente fallimentari di installare governi fantoccio quando quelli con cui avevano in precedenza fatto affari si mostravano troppo indipendenti; dall'altro baci e abbracci, e rilascio di assassini "morenti" ma tuttora vivi e vegeti (tentando di scaricarne la responsabilita' sugli scozzesi) in cambio di forniture di petrolio, commesse industriali e joint-ventures televisive. Il tutto presentato come promozione della democrazia.

ha la mano vincente al momento. ergo e' bene prepararsi ad una mattanza, il suo esempio e' Mugabe, ha nessuna intenzione di andarsene, e tutte le intenzioni di ristabilire sia i proventi per i suoi familiari che la stabilita' del regime. Dato il terror panico degli stati del nord (del Mediterraneo) indora le pillole con la promessa di non lasciar nessuno emigrare.

Al punto a cui son arrivati, se vi e' interesse ad eliminare il personaggio, la cosa da fare e' agire come si agi' con Aghanistan, con provvisioni di armamento e intelligenza -- in tutti e due i sensi del termine--

perche' la cosa sara' lunghetta.

Mi spiace dirlo, ma bisogna ammettere dove si fallisce.

Se e' obiettivo rimuovere il "colonnello" dal suo trono, non ci siamo riusciti, nessuno, ne i ribelli, ne chi aveva a cuore i libici un pochino piu' liberi.

Qui Krauthammer dà ragione a Boldrin (che forse non ne sarà troppo contento): www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2011/03/03/AR2011030304239.html

Guarda guarda. Vuoi vedere che finalmente spuntano fuori le armi di distruzione di massa irachene?

Riporto dal corriere della sera

 

 La frase più bella che ho intravisto scritta su un cartellone in Piazza Tahrir dice “Lo giuro sul Sacro Corano, abbiamo smesso di avere paura”. Posso solo dire che per me questo è già un piccolo traguardo, semplice e per molti magari incomprensibile ma per me molto significativo e toccante, tutto il resto sarà storia che impareremo sui libri.

 

Rania ibrahim parla con cognizione di causa, ho ripreso solo la frase finale ABBIAMO SMESSO DI AVERE PAURA.  Oggi tutto sembra nuovamente cambiato per questa nazione. Rania parla anche dei giovani come lei, di seconda generazione cresciuti fuori dall' Egitto ed educati in Italia ma anche , a suo dire, strumentalizzati in Italia. Perche' non discutiamo di questi fatti? 

 

Quello che sta succedendo in Egitto ed in Turchia è molto interessante. Qualcosa di portata storica: la popolazione che finalmente si rivolta contro i  mussulmani bigotti (almeno io così l'ho capita). Lo stesso popolo che però li aveva votati. Immagino quindi una frattura nella popolazione, magari generazionale o di ceto. Sarebbe sì un argomento interessante da approfondire.

ho nessuna estrazine egiziana (che io sappia), ho vissuto in egitto, relativamente poco e molti anni a bebek (all'inizio del mar nero, alla "fine" di istanbul.)

La sociologia e' chiara, e questo lo so dai miei studenti che sono tutti a Taksim.

nei due paesi vi e' una tendenza, a mio avviso forse minoritaria, difficile dire di quanto, che vede in un mondo musulmano anti-imperiale la propria prospettiva di sviluppo. per varie ragioni questa prospettiva (kemalistica in turkia e nasseriana in Egitto) e' militare. I fratelli musulmani son dei personaggi che 'mutatis mutandis' sostengono che son gli ebrei che muovono le donne che gridano la propria liberta'...

anche i miei ex studenti  liceali Turchi, ora gia' laureati o quasi, dalla Truchia mi mandano in forma meno criptica la stessa riflessione..non ho amici ne conoscenze Egiziane quindi non so se alle due realta' si puo' far combaciare la stessa riflessione. E' quantomeno gratificante sapere che in entrambi i paesi le forze militari sono secolari e non fautrici di teocrazia...perche' non sviluppi di piu' il tuo pensiero e lo rendi meno criptico: e' sababto mattina e nel mio fuso orario di baltimore, MD i neuroni ancora dormono