Negli ultimi anni si ha l'impressione che i terremoti abbiano ripreso a colpire il nostro paese con una frequenza a cui non eravamo più abituati. Nulla di eccezionale, anzi era eccezionale il periodo di (apparente) tranquillità di cui avevamo goduto dalla Seconda Guerra mondiale in avanti. Di fatto, e contrariamente all'impressione diffusa, in Italia terremoti che causano danni sostanziali avvengono, mediamente, ogni due/tre anni. La tregua di cui abbiamo goduto ha fatto dimenticare che gran parte dell'Italia è soggetta a terremoti, in alcune aree più distruttivi che in altre, e che le eccezioni sono molto poche.
Dopo il terremoto del 2012 in Emilia si diffuse la leggenda metropolitana che il territorio devastato fosse classificato a bassa pericolosità sismica. Basta guardare le carte di pericolosità dell'INGV per rendersi conto che il terremoto che si è manifestato non era della massima intensità prevista per quelle aree. La mancanza di consapevolezza dei pericoli di un terremoto ha fatto scendere in secondo piano la necessità di costruire case con struttura adeguata a resistere al massimo sisma previsto e di dover rinforzare la struttura di case costruite in modo non adeguato.
Se gli edifici sono costruiti a norma non crollano a meno che l'evento sismico non sia sostanzialmente superiore al massimo previsto. Basta guardare al Giappone o alla Nuova Zelanda per rendersene conto. Se qualcuno, al momento della costruzione, ha risparmiato oltre la decenza in indagini, progettazione, struttura e materiali, non è chiaro perché la ricostruzione e l'adeguamento sismico debbano essere pagati da altri. Altri che non hanno lesinato nella costruzione degli edifici e non hanno avuto danni sostanziali.
Uno di noi due, che fa il geologo, è fiero del suo ultimo lavoro di consulenza per un edificio a Galliera, paese che è stato semidistrutto. Ma il proprietario non aveva lesinato, si sono date le infomazioni corrette al progettista che le ha utilizzate davvero, così che la casa non ha avuto danni. In seguito al terremoto il comune ha chiesto di simulare l'azione del sisma sulla struttura per vedere se la casa avrebbe resistito. Gli sono state inviate le foto della casa senza una crepa dicendo che non c'era bisogno di simulare nulla, il sisma c'era stato veramente e la casa aveva retto benissimo.
Chi ha ereditato una catapecchia e non ha investito per tutelare il proprio patrimonio immobiliare, che diritto ha di farsi ricostruire una casa antisismica a spese della collettività? Gli si vuole dare una casa? Si costruiscano edifici sicuri e gli si fornisca un tetto. Ma regalargli una casa migliore di quella che aveva è assurdo. A maggior ragione è assurdo se a pagare il conto sono i soldi presi a cittadini, professionisti ed imprese che lavorano seriamente e che si fanno pagare per la qualità del proprio operato o pagano per aver richiesto un servizio adeguato. Questi soggetti subiscono una concorrenza sleale da parte di cialtroni che svendono pezzi di carta il cui unico valore è il timbro che li sporca o che costruiscono in violazione delle norme in essere.
Il decreto approvato dal Senato e che, una volta passata la Camera diventerà legge, è quindi una delle tante forme in cui il populismo dilagante danneggia il complesso del paese. Per svariate ragioni che elenchiamo brevemente, tanto sono ovvie.
1) Erano o non erano state violate delle norme edilizie nella zona colpita dal terremoto dell'agosto 2016? Sappiamo tutti che la risposta è sì. Sono state attribuite responsabilità? Qualcuno ha pagato o ha il governo preso i provvedimenti necessari perché i responsabili paghino? Non ci risulta. Chi ha dato ha dato ... populismo, appunto.
2) Ognuno ha diritto di vivere dove vuole, certo. Ma non a spese degli altri. Ognuno di noi desidererebbe vivere in posti ameni e non congestionati: peccato che nella maggioranza dei casi sia costoso farlo. Se la collettività si assumesse i costi dei desideri abitativi d'ognuno vivremmo nel paese di Bengodi, e così non è. Perché in questo (e simili casi) facciamo eccezione? La risposta sembra essere: per una forma di malinteso pietismo che dipende dal livello di "rumore" mediatico creato attorno a certi casi e per la tendenza della classe politica di "accontentare" chi del rumore mediatico si approfitta. Di nuovo populismo, appunto.
3) Come abbiamo osservato quasi tutto il territorio italiano è classificato "sismico" ma vi è livello e livello. Alcune aree sono a basso rischio, altre ad alto rischio. Perché mai è buona politica fornire incentivi pubblici per costruire e vivere in zone ad alto e comprovato rischio sismico? Quale sarebbe la logica di tale politica? Forse che il fatto d'aver vissuto in zone ad alto rischio in passato, senza assumersene i costi, genera il diritto di continuare a viverci a carico di chi vive altrove? Siccome si è fatto un errore in passato e lo si è ripetuto per decenni diventa forse legittimo spendere altri soldi (di altri) per continuare nell'errore? A noi questa sembra solo un pessima gestione sia del territorio che delle risorse fiscali. Ovvero, populismo una volta ancora.
4) Utilizzare il gettito fiscale per creare incentivi a continuare a vivere, senza pagarne i costi, in luoghi ad alto rischio genera spese che qualcuno deve pagare. Queste spese, che diventano o ben tasse o minori spese in beni pubblici, spingeranno altre persone (quelli che quelle spese pagano) a dover per forza abbandonare i luoghi della loro vita ed emigrare per lavorare. Spesso all'estero, come i dati di questi ultimi anni ci ricordano. Queste scelte tendono a vittimizzare i giovani i quali, solo perché non sono politicamente organizzati, non controllano voti, non vanno in TV a far tragedie, non sono proni allo scambio clientelare, finiscono per pagare i costi senza ricevere i benefici. È bene rendersi conto che finanziare la ricostruzione d'un edificio di valore 100 per chi ne ha perso uno di valore 20 ha questo effetto. Anche da questo punto di vista: populismo.
5) Molti dei paesi che si intende ricostruire là dove erano, sono comunità socio-economicamente non autosufficienti. Essi sono equivalenti ad un'azienda in fallimento, incapace di essere produttiva e stare in piedi da sola: andrebbe chiusa ed i dipendenti occupati altrove. Non si capisce perché dovremmo essere contro il sussidio di imprese inefficienti ed a favore del sussidio collettivo di soluzioni abitative inefficienti e pericolose! Siamo di nuovo al "pietismo selettivo" a seconda dell'impatto mediatico ed elettorale. Populismo di nuovo.
Lo stato dovrebbe mettere in chiaro che non rimborserà più le case crollate a causa della violazione delle norme in essere per la costruzione e l'adeguamento. Se uno vuole rischiare di vedere la propria proprietà immobiliare crollare per non averci voluto investire, è una sua libera scelta di cui deve assumersi la responsabilità. Non è possibile che ad ogni terremoto si applichi la regola del "poveretti, bisogna aiutarli" come se, dopo un secolo di distruzioni e ricostruzioni e sprechi, tutti cadessero dal pero per la prima volta, senza coscienza della situazione. Siamo di fronte ad un gigantesco moral hazard su scala nazionale che genera costi giganteschi e danni immani sia diretti che indiretti. È già molto tardi per incominciare a fare la cosa giusta: l'approvazione di questo decreto è l'ennesima e gravissima occasione perduta.
A rendere ancora più intollerabile la situazione pare che nell'articolo approvato ieri dal senato, sia previsto il rimborso al 100% dei costi per la riparazione e la ricostruzione degli edifici danneggiati nei comuni indicati come facenti parte del "cratere" (ma che "cratere" non è), senza discriminare tra prime e seconde case, del 100% nei centri storici fuori da quell'area e del 50% per gli edifici fuori dai centri storici sempre senza fare distinzioni tra prime e seconde case. Vale la pena notare che nei primi giorni dopo il terremoto pare ci sia stata un'impennata delle richieste di trasferimento di residenza nelle aree maggiormente danneggiate, facendo così aumentare il numero delle prime case. Anche questo (che in altrove si chiamerebbe truffa) è un altro, dannoso e prevedibile, effetto di ripetute scelte populistiche che generano moral hazard.
Ed infine, per concludere, una considerazione tanto generale quanto lapidaria. Prima che un problema politico questo è chiaramente un problema culturale. C'è dentro, come abbiamo evidenziato, il piagnisteo plebeo, il pietismo deresponsabilizzante, il populismo politico, l'ignoranza diffusa che non comprende né cosa siano i terremoti né come se ne possano limitare i danni, il nativismo tribale delle "radici" e, last but not the least, l'eterna subcultura italiota del "fare qualcosa" per mostrare che si fa "qualcosa", anche se dannoso. La quale subcultura, se ci pensate un attimo, ha la stessa matrice di quell'altra colonna del declino italiano: il meno peggio. Perché, anche questo pezzo di legislazione, viene accettata dall'opinione pubblica con la giustificazione d'essere "qualcosa" e "il meno peggio".
C'è anche un sottostante ideologico, non solo populista: l'idea (in)fondata sulla ricostruzione strumentale alla crescita, allo sviluppo e al bla bla bla.