Appunti per un manuale di difesa dalla spesa pensionistica

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La spesa pensionistica italiana, grazie alla riforma Fornero, appare essere sotto controllo nel lungo periodo. Nel breve periodo però la spesa resta troppo alta, a causa degli importi eccessivi destinati a coloro che hanno ottenuto l'assegno con il sistema retributivo. Sia per una elementare questione di giustizia intergenerazionale sia per evitare eccessivi problemi al bilancio pubblico è quindi opportuno ridurre la spesa pensionistica anche nel breve periodo. La recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco delle indicizzazioni per le pensioni superiori a 3 volte il minimo, ha reso chiaro una volta di più che gli ostacoli a una riduzione della spesa pensionistica non sono solo politici (promettere aumenti delle pensioni è da sempre l'arma preferita dei demagoghi scassabilanci) ma anche giuridici. La domanda quindi è: quali strumenti restano per attuare un minimo di giustizia intergenerazionale?

Il problema

Esiste in Italia una ridottissima percezione della enorme ingiustizia che si sta perpetrando ai danni delle giovani generazioni, dove ''giovane'' ormai è chiunque ha meno di 50 anni. Le forze politiche (più o meno tutte) sono sempre  riluttanti ad ammettere che la spesa pubblica per pensioni è eccessiva; tutti sanno che lo è, ma i provvedimenti di riforma sono stati votati solo sotto la copertura di governi tecnici, a cui poi si è data la ''colpa'', per limitare la perdita di consenso. I media hanno una enorme responsabilità al riguardo, dato che hanno sempre evitato di rappresentare il problema con la dovuta urgenza. È in questo clima politico e culturale che possono prodursi sentenze come quella della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco dell'indicizzazione per le pensioni superiori a tre volte il minimo per il biennio 2012-2013. Visto che del problema c'è così scarsa coscienza, è utile ricordare brevemente di cosa stiamo parlando. Cercherò di farlo con l'ausilio di un semplice grafico.

 

 

Il grafico è tratto dalla più recente indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d'Italia, pubblicata nel gennaio 2014 e riferita al 2012 (grazie a Davide Mancino che ha rielaborato la figura e ha reso possibile a un analfabeta informatico come me fare copiaincolla).  Nella figura 5 a pagina 12, riportata sopra, si può vedere l'andamento del reddito equivalente (una nozione di reddito che tiene conto dell'ampiezza della famiglia) nel tempo per differenti classi di età. La spoliazione delle classi anagrafiche relativamente giovani a favore degli ultrasessantacinquenni è evidente. Riportiamo il commento contenuto nella ricerca della Banca d'Italia.

 

Tra il 2010 e il 2012 il reddito equivalente si è ridotto per tutte le classi di età, tranne per coloro con più di 64 anni per i quali è rimasto sostanzialmente invariato (l’indice relativo passa dal 106 al 114 per cento della media generale). Si conferma dunque anche in questa rilevazione il trend relativamente più favorevole alle classi anziane. Dal 1991 al 2012, il reddito equivalente degli individui anziani sale in termini relativi dal 95 al 114 per cento della media generale. Anche per coloro che hanno fra 55 e 64 anni la posizione relativa migliora (+ 18 punti percentuali). Per le classi di età più giovani, invece, il reddito equivalente diminuisce significativamente rispetto alla media generale: in particolare, il calo è di circa 15 punti percentuali per le persone fra 19 e 34 anni e di circa 12 punti percentuali per quelli tra 35 e 44 anni (fig. 5).

 

Questo andamento dei redditi per classi di età è interamente guidato dalle pensioni, che hanno continuato a crescere mentre i redditi dei lavoratori diminuivano. La figura 3 a pagina 11 dell'indagine (purtroppo non rielaborata da Davide Mancino, per cui dovete aprire il pdf  per vederla) mostra che nel 2006 il reddito medio equivalente dei pensionati era pari alla media nazionale, mentre quello dei lavoratori dipendenti era pari al 110%. Nel 2012, il reddito equivalente dei lavoratori dipendenti resta pari al 110% della media nazionale, ma quello dei pensionati è salito al 115%. Oggi in Italia i pensionati ottengono in media un reddito superiore a quello dei lavoratori dipendenti!

Il blocco dell'indicizzazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per il 2012 e il 2013 è avvenuto in questo scenario. Nel 2012 la pensione minima era pari a a 481 euro, pagati per 13 mensilità per un totale di 6,253 euro annuali.  Il triplo è pari a 1,443 euro mensili, per 13 mensilità. Sono le pensioni superiori a tale importo che hanno subito il blocco dell'indicizzazione. L'inflazione, misurata dall'indice di aumento dei prezzi al consumo, è stata pari al 3% nel 2012 e all'1,2% nel 2013. Per chi percepisce una pensione superiore a 1,443 mensili questo si traduce in una perdita di valore reale di circa il 4,2%.  Per mettere la cifra in contesto, ricordiamo che nel 2012 il PIL pro capite in Italia è calato del 2,8%, mentre nel 2013 è calato del 2,4%. Questo significa che anche i pensionati che hanno subito il blocco dell'indicizzazione hanno fatto nettamente meglio della media degli italiani. Gli altri pensionati hanno invece mantenuto sostanzialmente intatto il proprio potere d'acquisto, mentre in media i redditi del paese calavano di più del 5%.  Se in media i redditi calano del 5% e c'è un vasto gruppo i cui redditi restano costanti o comunque si riducono meno, questo significa che chi è fuori da questo gruppo ha subito una riduzione ben superiore al 5%. Chi è fuori sono i lavoratori e i giovani, come risulta in modo assai eloquente dal grafico sopra riportato. Nel 2014 la situazione è probabilmente peggiorata, dato che il PIL in termini reali è ulteriormente sceso dello 0,4%.

La Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto opportuno difendere proprio la classe di età e reddito che meglio ha fatto sia nell'ultimo ventennio sia durante la crisi, scaricando ancora di più su giovani e lavoratori il costo dell'aggiustamento delle finanze pubbliche. La norma sul blocco dell'indicizzazione era peraltro l'unica di una certa incisività che riguardava gli attuali pensionati, dato che i principali provvedimenti della riforma Fornero hanno riguardato i lavoratori vicini alla pensione.

Le possibili soluzioni

Data la distribuzione delle pensioni per importo è assai difficile ottenere risparmi significativi senza intaccare anche le pensioni di livello medio.  È questa la ragione per cui è politicamente così difficile intervenire. Ma anche se fosse possibile superare gli ostacoli politici è quasi certo che la Corte Costituzionale boccerebbe i tentativi di ridurre l'ammontare reale delle pensioni in modo generalizzato e indiscriminato, come è avvenuto con il blocco delle indicizzazioni. Tuttavia questo non significa che nulla possa essere fatto. Da un lato, si possono attuare interventi più mirati che evitino gli strali della corte. Dall'altro, si possono adottare altri metodi di riequilibrio fiscale che consentano di arrivare a una ripartizione più equa dei sacrifici tra la le generazioni.

La via contributiva alla giustizia intergenerazionale. Interpretare il pensiero dei giudici costituzionali non è sempre agevole. Tuttavia vale la pena di notare che non tutti gli interventi di blocco dell'indicizzazione delle pensioni sono stati bocciati. Il regime attuale prevede per esempio una indicizzazione decrescente per pensioni di importi più elevati e rimane in vigore. Dal punto di vista economico c'è un metodo semplice e banale per far cessare l'attuale regime predatorio nei confronti delle generazioni più giovani, che è quello di ricalcolare gli assegni pensionistici usando per tutti lo stesso criterio che si applica ora; i risparmi risultanti dalla minore spesa dovrebbero essere usati per diminuire le tasse su lavoro e impresa. Questo metodo non appare indiscriminato e potrebbe in effetti generare alcune sorprese. Alcune tra le pensioni più alte infatti potrebbero risultare perfettamente legittime, se il pensionato ha versato contributi elevati per tutta la vita ed è andato in pensione tardi, mentre alcune pensioni tra le più basse possono risultare eccessive, specialmente se l'età della pensione era bassa. Un doppio criterio che da un lato salvaguardi le pensioni più basse e dall'altro penalizzi quelle non giustificate dai contributi versati potrebbe forse passare il vaglio della corte costituzionale. Ugo Arrigo ha spiegato la questione su Leoni Blog molto meglio di quanto io sia in grado di fare, per cui mi limito a citarlo:

 

Non vi è nulla  nella Costituzione italiana che impedisca di ricalcolare le pensioni secondo il criterio contributivo e non vi è nulla che imponga esiti costituzionali finanziariamente dirompenti e insostenibili. Anzi ritengo che una corretta interpretazione imponga il ricalcolo poiché solo in tal modo si determina la dovuta retribuzione differita e si evidenziano correttamente, a suo complemento, i casi nei quali è giustificata la solidarietà dei contribuenti al fine di conseguire l’eguaglianza sostanziale nel raggiungimento  di livelli di vita dignitosi. Ma la solidarietà prevista dalla Costituzione è dovuta ai più deboli e più bisognosi, non ai più forti e più furbi.

 

Quanto questo possa risultare convincente per i giudizi costituzionali è difficile dire, ma vale la pena provare.

Redistribuzione diretta mediante Irpef. Se risulta assolutamente impossibile intaccare il livello delle pensioni, Il metodo più semplice e diretto è quello di modificare l'Irpef, riducendo le detrazioni per i redditi da pensione e aumentando le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente e lavoro autonomo. Oggi la detrazione per i redditi da pensione (si veda pag. 82 al link) è pari a 1725 euro, che assicura zero Irpef per i contribuenti con un reddito inferiore a 7500 euro (questi numeri sono per i pensionati con meno di 75 anni, per i superiori a 75 anni i numeri sono leggermente più favorevoli). Tra 7,500 e 15,000 la detrazione scende linearmente fino a 1,255 euro. Tra 15,000 e 55,000 scende linearmente fino ad annullarsi.

Abbassando la soglia a cui la detrazione si annulla si ottiene l'effetto di aumentare l'imposizione, riducendo quindi il valore netto delle pensioni. A titolo di esempio, consideriamo una modifica del regime di detrazioni che lascia invariate le detrazioni fino a 15,000 ma che poi faccia decrescere linearmente la detrazione fino ad annullarla a 35,000 euro. Con il regime attuale la detrazione per un reddito di 25,000 euro è pari a 941 euro, mentre dopo la modifica sarebbe pari a 628 euro. Per un pensionato con 35,000 euro di pensione la detrazione sarebbe pari a 628 euro con il regime attuale mentre scenderebbe a zero dopo la modifica.

L'aumento delle tasse sulle pensioni avrebbe ovviamente forte opposizione politica ed è probabilmente non fattibile. Se questo non è possibile si può però almeno adottare una restituzione selettiva del fiscal drag privilegiando i redditi da lavoro dipendente e autonomoi. Questo si può fare semplicemente aggiornando, per tener conto dell'inflazione, le detrazioni per lavoro dipendente e autonomo, e lasciando inalterate le detrazioni per redditi da pensione. Nell'atttuale regime di bassa inflazione ci vorrà tempo, ma se si tiene la barra dritta un certo equilibrio di può ottenere. Il vero problema di questo metodo è che concentra i sacrifici sulle pensioni tra 15,000 e 55,000 euro, lasciando intatte quelle oltre tale soglia; andrebbe quindi accompagnata da interventi ulteriori. Si potrebbe provare a riproporre il blocco dell'indicizzazione per pensioni più alte, una alternativa a cui la corte costituzionale si è dimostrata più aperta in passato.

Redistribuzione indiretta mediante cambiamento del mix fiscale. Lavoratori e pensionati pagano in diversa misura diverse tipologie di tasse. Se né la riduzione degli ammontari pensionistici né l'aumento della tassazione diretta della pensioni risultano possibili, l'alternativa che resta è quello di spostare il carico fiscale verso tasse che gravano meno su giovani e lavoratori e più sui pensionati. Consideriamo per esempio l'IMU. Per come è attualmente strutturata, si tratta di una tassa sul possesso  di immobili. Per la determinazione dell'ammontare dell'imposta è irrilevante se il proprietario lo ha acquisito accendendo un mutuo che sta ancora pagando o se invece non ha debiti che gravano su di esso. Si potrebbe cambiare l'imposta rendendola una imposta sulla ricchezza netta legata all'immobile, determinando la base imponibile come data dal valore dell'immobile meno il valore del mutuo che il proprietario deve ancora pagare. Dato che le classi di età più anziane hanno debiti nettamente inferiori a quelli delle classi di età più giovani, questo cambiamento provocherebbe in media uno slittamento della pressione fiscale dai più giovani ai più anziani.

Più in generale, mutamenti del sistema fiscale che riducono i contributi sociali risultano maggiormente favorevoli ai lavoratori. Sarebbe ideale finanziare la riduzione dei contributi con riduzione della spesa, ma se questo non è possibile si può pensare a un aumento delle imposte sul consumo.

Stiamo parlando di second best naturalmente, opzioni da prendere in considerazione quando tutto il resto fallisce. Tuttavia qualcosa deve essere fatto. La sproporzione tra i sacrifici fatti da diverse generazioni ha ormai assunto dimensioni tali da non poter più essere ignorata.

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Commenti

Ci sono 93 commenti

Le soluzioni proposte da Sandro Brusco non fanno una grinza. Su Repubblica Federico Fubini ne propone un'altra squisitamente giuridica

 

Ma il conflitto fra interpretazione della Costituzione italiana, regole europee e risorse è più acuto che mai. Lo è al tal punto che, in ambienti del governo, sta emergendo una tentazione: chiedere un rinvio del caso alla Corte di giustizia europea, per chiarire se la sentenza della Consulta italiana sia coerente con gli impegni di bilancio firmati a Bruxelles. Il nuovo Patto di stabilità (il "Six Pack" e il "Two Pack") sono inclusi nel Trattato, dunque hanno rango costituzionale e il diritto europeo fa premio su quello nazionale. Il governo italiano potrebbe chiedere alla Corte di Lussemburgo se la sentenza dei giudici di Roma sia compatibile con essi.

 

Oppure il Governo potrebbe proporre una modifica della Costituzione per regolare la tutela dei cosiddetti diritti acquisiti, specie quando confliggono con l'interesse generale.

Il problema è politico, e solo politico. Non c'è nessuno che si faccia carico di rappresentare gli interessi di chi mantiene i pensionati. Stupisce veramente che uno spazio così ampio e così vuoto non trovi alcuno che vi si getti nei modi opportuni. Tra l'altro con la chance, concreta, di vincerla questa battaglia, perchè alla fine qualcosa bisognerà certamente fare, come di nuovo sottolinea Sandro Brusco.

E ci domandiamo perchè questo Paese è in declino?

Cambiare la Costituzione, sì. Ma cambiare la Costituzione negli articoli relativi alla corte costituzionale.

Non si possono cambiare gli articoli relativi ai "diritti acquisiti", perché nella Costituzione non c'è neanche l'ombra di un accenno a questi diritti. La Costituzione è nata nell'immediato dopoguerra, e i diritti acquisiti non erano neanche immaginabili, dopo la distruzione e le rovine della guerra.

Allora, visto che si deve cambiare la Costituzione, tanto vale cambiare composizione e requisiti dei componenti della corte costituzionale, (l'art. 135) permettendo a diverse professionalità di accedervi. E con l'occasione, rifare tutte le nomine.

Sono stati dichiarate illegittime parti di una legge di tre anni fa. La pratica è stata tenuta in caldo fino al momento opportuno, cioè quello in cui un accenno di ripresa economica consente di appropriarsi di queste somme senza danni immediati irreparabili. Una sentenza dopo l'altra, in difesa dei privilegi di pochi e a danno di tutti.

Se non si vuole vivere nella paura di questa spada di Damocle, con sentenze retroattive che scaricano miliardi sui bilanci pubblici, meglio togliere il dente, una volta per tutte.

Esiste un problema grosso come una casa che riguarda la Consulta.

Ha deliberato che il blocco totale, su tutte le voci, degli stipendi degli statali, in atto dall'ottobre 2010, è legale, a parte i giudici costituzionali, che continuano ad avere le indicizzazioni, ed ora, smentendo se stessa, con argomenti opposti, dice che il blocco delle pensioni è illegale, affossando l'Italia. 

Se si leggono le due sentenze  sembra che i giudici che le hanno emesse siano persone diverse. 

Ora abbiamo i pensionati con le pensioni indicizzate e tutti gli statali (tranne i giudici) con lo stipendio bloccato al centesimo dal 2010 e le liquidazioni confiscate.

Se non si risolve questo problema non c'è speranza.

Concordo sull'incoerenza (e aggiungo io, pessima qualita') delle decisioni della Corte Costituzionale. Secondo me comunque anche le leggi esaminate dalla Corte erano molto malfatte e con diversi elementi di iniquita'. Penso ad esempio alla soglia per l'indicizzazione, sotto 14xx Euro indicizzazione al 100%, sopra allo 0% su tutto l'ammontare, con un provvedimento ad hoc che corrisponde a limitare la tassazione corrispondente effettiva marginale al 100% nella zona della soglia, quando senza correzioni eccedrebbe il 100%. Tipica norma iniqua, scritta da cani, e ridicola, opera dei legulei cialtroni che abbiamo in Parlamento.

Sono veramente contento che sia stata fatta una analisi così documentata ed incontrovertibile di quanto sta accadendo nell'indifferenza della politica.

Quello che vorrei evidenziare è che essendo il sistema pensionistico pubblico a redistribuzione dei tributi, la spesa pensionistica aumentata dal 13% del PIL al 16% in pochi anni ha comportato un aumento di tassazione diretta ed indiretta e un taglio delle altre spese pubbliche sia per investimenti che per altri servizi ossia per non riequilibrare la spesa pensionistica si sono alterati tutti gli equilibri della spesa pubblica causando danni economici a molti settori ad essa legati.

Il mancato pagamento dei crediti delle imprese ha fatto fallire numerose imprese sane per cui si sono creati disoccupati per pagare quote di pensioni regalate.

Lo squilibrio della spesa pensionistica, rispetto allla Germania, è di 3-4 punti di pil e corrispondono a 50 mld di euro l'anno.

Non dico di diminuire la spesa pubblica complessiva di questo importo, ma di destinarla a settori che creino occupazione e non ai pensionati da 1500 euro in su.

 

La CC stabilisce solo se una legge infrange o meno la costituzione, possibile che gli uffici legali del MEF e della presidenza del consiglio all'epoca non abbiano avuto nulla da obiettare riguardo la costituzionalità del provvedimento?

Il governo ora dovrà trovare 9 miliardi, pare. Potrebbe prendere la palla al balzo e cominicare a tagliare seriamente la spesa con la "copertura" della sentenza. 

PS: non è certo la scelta principale, ma tassare i consumi in questo periodo mi sembra suicida.

Intanto grazie per aver portato attenzione sul tema delle pensioni, su cui è davvero necessario creare un po' di "coscienza di classe" fra chi ha meno di 45 anni, vista la gravità della situazione. (Proprio su questo ci sono state delle discussioni comiche – se non fossero tragiche – sulla bacheca Facebook di Michele Boldrin proprio pochi giorni fa).

Poi a proposito dei dati su redditi e ricchezza delle famiglie italiane: curiosamente non sono inclusi nelle tabelle della relazione. Me li sono fatti mandare dalla Banca d'Italia e volevo linkarli alla fine dell'articolo in cui li ho usati, ma l'Alzheimer mi ha fatto un brutto scherzo e me ne sono dimenticato. Comunque se qualcuno vuole giocarci sono a disposizione in un foglio qui.

Grazie per queste informazioni. Ho scoperto che scaricando il foglio Excel si riesce a capire quali dati si riferiscono ai redditi e quali alla ricchezza. Mi rimane solo un dubbio: sono dati pro-capite corretti per la numerosita' delle famiglie sia per i redditi sia per la ricchezza?

Differenza distribuzione pensioni per classi di importo reddito pensionistico mensile

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Fonte : download.repubblica.it/pdf/2014/economia/cottarelli.pdf pag 55

 Una  curva da sola non basta per capire il problema. Bisognerebbe tenere conto degli stipendi medi, del diverso regime di deduzoni-detrazioni, di come viene sostenuta dallo stato la previdenza integrativa, e confrontare i due sistemi  considerando tutti gli aspetti in un modello coerente.

Ad esempio, nell'ambito del retributivo, i contributi pensionistici in Italia sono pari al 33% della retribuzione lorda (vista dal datore di lavoro), quelli tedeschi il 19%.  Recentemente ho ricevuto una indennità annuale pensionabile pari a X euro lordo-ente. Il netto che ho ricevuto è stato di  0.38*X

Inotre, in Germania è ammesso il cumulo tra pensione e lavoro dipendente, in Itallia no.

Mi piacerebbe vedere una volta tanto un discorso completo fatto su queste basi.

'LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,':

 

 

sorprende che il sig. Giuliano AMATO, già presidente del Consiglio, che non si è fatto scrupoli dal prelevare nottetempo un po' di soldi direttamente dai c/c degli italiani giustificandolo con le necessità di bilancio, non abbia usato lo stesso metro di giudizio in questa occasione ovvero non abbia saputo convincere i propri colleghi della necessità di salvaguardare il bilancio dello Stato. Oppure, Andreotti docet (a pensar male...), il medesimo nella sua qualità di noto percettore di una ragguardevole RENDITA pensionistica ha ritenuto prioritario salvaguardare il proprio potere d'acquisto ? Ovviamente lo stesso ragionamento si può estendere a tutto il collegio giudicante.

 

ciò detto, poichè in giudizio non ci sono solo i giudici:

 

'uditi gli avvocati Riccardo Troiano per C.G., Luigi Caliulo e Filippo Mangiapane per l’INPS e l’avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri.'

 

Nel caso specifico, alla luce delle argomentazioni di Sandro, non si può che concludere che questi signori/e andrebbero prontamenti licenziati per incapacità se non sono stati in grado di sostenere in modo adeguato delle argomentazioni fin troppo chiare.

 

Nella sostanza non rimane che sostenere la proposta di Tito Boeri, che in qualità di neo presidente dell'INPS può avere qualche fondato motivo per portare avanti, di ricalcolare TUTTE le pensioni con i criteri contributivi a partire dal 1996 (anno in cui è stato introdotto dalla legge tale criterio), affinché anche i giudici costituzionali possano realizzare la natura del problema.

 

Nessuno ha voglia di fare un ricorso che faccia rilevare alla C.C. la palese disparità di trattamento introdotta dalla riforma DINI del 1996 tra coloro che avevano maturato 18 anni di contribuzione e gli altri ?

 

Concludo chiedendo come sia possibile che una questione del genere possa essere esaminata solo in 'diritto' (tra l'altro senza che vi siano delle chiare norme attinenti che possano essere invocate) e non anche nel 'merito', cioè guardando i numeri ovvero le conseguenze delle decisioni ?

 

 

<<Nessuno ha voglia di fare un ricorso che faccia rilevare alla C.C. la palese disparità di trattamento introdotta dalla riforma DINI del 1996 tra coloro che avevano maturato 18 anni di contribuzione e gli altri ?>>

Non sono pratico di ricorsi ma se posso aiutare lo faccio volentieri.

'LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,':

 

 

sorprende che il sig. Giuliano AMATO, già presidente del Consiglio, che non si è fatto scrupoli dal prelevare nottetempo un po' di soldi direttamente dai c/c degli italiani giustificandolo con le necessità di bilancio, non abbia usato lo stesso metro di giudizio in questa occasione ovvero non abbia saputo convincere i propri colleghi della necessità di salvaguardare il bilancio dello Stato. Oppure, Andreotti docet (a pensar male...), il medesimo nella sua qualità di noto percettore di una ragguardevole RENDITA pensionistica ha ritenuto prioritario salvaguardare il proprio potere d'acquisto ? Ovviamente lo stesso ragionamento si può estendere a tutto il collegio giudicante.

 

ciò detto, poichè in giudizio non ci sono solo i giudici:

 

'uditi gli avvocati Riccardo Troiano per C.G., Luigi Caliulo e Filippo Mangiapane per l’INPS e l’avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri.'

 

Nel caso specifico, alla luce delle argomentazioni di Sandro, non si può che concludere che questi signori/e andrebbero prontamenti licenziati per incapacità se non sono stati in grado di sostenere in modo adeguato delle argomentazioni fin troppo chiare.

 

Nella sostanza non rimane che sostenere la proposta di Tito Boeri, che in qualità di neo presidente dell'INPS può avere qualche fondato motivo per portare avanti, di ricalcolare TUTTE le pensioni con i criteri contributivi a partire dal 1996 (anno in cui è stato introdotto dalla legge tale criterio), affinché anche i giudici costituzionali possano realizzare la natura del problema.

 

Nessuno ha voglia di fare un ricorso che faccia rilevare alla C.C. la palese disparità di trattamento introdotta dalla riforma DINI del 1996 tra coloro che avevano maturato 18 anni di contribuzione e gli altri ?

 

Concludo chiedendo come sia possibile che una questione del genere possa essere esaminata solo in 'diritto' (tra l'altro senza che vi siano delle chiare norme attinenti che possano essere invocate) e non anche nel 'merito', cioè guardando i numeri ovvero le conseguenze delle decisioni ?

 

 

La riforma del 1995 aveva adottato una discriminazione tra i lavoratori che erano già al lavoro da 17 anni (o 18?) e gli altri: retributivo per i primi e retributivo sino al'95 e contributivo per il resto per gli altri. La commissione Onofri aveva proposto nel '97 di passare al contributivo per tutti a partire dal '95 per evitare quello che poi è successo. Prodi da buon democristiano ha insabbiato tutto. Come mai nessuno ha sollevato la questione presso la Corte?

Non potrebbe essere fatto adesso? La vergogna del nostro sistema pensionistico era già nota allora (squilibrato come in Grecia e Spagna). In ogni caso spero che Boeri, come presidente dell'INPS, riproponga la soluzione da lui elaborata qualche tempo fa.

Concordo.

Gentile prof.Brusco, 

vorrei capire perche' e' sempre proposta una soluzione del tipo scambio di diminuire una tassa sul reddito e aumentarne una di tipo patrimoniale.ci sono persone in grossa difficolta' perche' posseggono case che non riescono a vendere e non hanno i redditi per pagarne le tasse.Nessuno ha problemi a pagare una tassa sul reddito visto che e' una percentuale su una somma che si e' guadagnata quindi di possiede per definizione. Lo stesso discorso si potrebbe fare per le imprese (per cui come ben sa negli stati uniti pagano una tassazione SOLO DIRETTA e piu' alta che in italia)In Italia ci sono imprenditori che chiudono perche' non riescono a pagare le tasse proprio perche' sono di tipo indiretto (imu,irap).se fossero SOLO sul reddito imprenditoriale anche se piu' alte non si porrebbe questo problema.perche' spostare la tassazione da diretta a indiretta visto che quest' ultima puo' far FALLIRE famiglie e imprese mentre una di tio diretto no?

L 'Imu sugli immobili commerciali ha raggiunto livelli da esproprio, aggiunta all'Irap.

Se diamo un'occhiata alle aste giudiziarie, sono piene di immobili commerciali, laboratori artigianali che nessuno vuole, perché poi devono pagare OGNI ANNO tasse che possono arrivare al 5% del prezzo di aggiudicazione. Come potranno mai generare reddito?

Non so quanto c'entri la costituzione a questo punto, dobbiamo accettare che la Corte Costituzionale è un organo Politico, che prende decisioni politiche sulla base delle proprie interpretazioni, è una rendita di posizione particamente... Ringrazio il professor Brusco per la solita accurata analisi, mi auguro non sia necessario passare per la  ipotesi risolutiva indiretta che trovo a dir poco machiavellica pensando agli obbiettivi preposti... 

Quoto parte della sentenza della corte, il punto direi cruciale, mi sento di essere un irragionevole

 

Tutti i giudici rimettenti ritengono che il comma 25 dell’art. 24 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., in quanto la mancata rivalutazione, violando i principi di proporzionalità e adeguatezza della prestazione previdenziale, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza, causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati.
La norma censurata recherebbe anche un vulnus agli artt. 2, 23 e 53 Cost., poiché la misura adottata si configurerebbe quale prestazione patrimoniale di natura sostanzialmente tributaria, in violazione del principio dell’universalità dell’imposizione a parità di capacità contributiva, in quanto posta a carico di una sola categoria di contribuenti.

 

Decisioni come questa attestano che la C.C. è un organo gerontocratico. L'analisi di Sandro dimostra in modo inequivocabile che a fronte di una riduzione del reddito su scala nazionale la corte ha bocciato una norma che ha semplicemente allineato (e non del tutto) le pensioni sopra una certa soglia alla dinamica del reddito nazionale. Come ho scritto in precedenza è probabile che ciò dipenda anche dalla incapacità degli avvocati INPS e del CdM, ma la sentenza è  rivelatrice della  forma mentis dei giudici che hanno pensato soprattutto alle loro pensioni piuttosto che all'interesse generale. 

Il riferimento ai principi di proporzionalità e adeguatezza della prestazione previdenziale sembrerebbe aprire la strada ad un ricalcolo di TUTTE le pensioni, anche quelle già in essere, sulla base del metodo contributivo, come suggerisce Tito Boeri.

il testo della sentenza citato non è la decisione dei giudici costituzionali, ma un riassunto delle posizioni dei giudici rimettenti, cioé quelli che hanno sollevato la questione (a Palermo e altrove). Infatti, i giudici costituzionali ritengono infondata la questione di leggittimità costituzionale per violazione degli articoli 2, 23 e 53.  

Dando uno sguardo ai dati SHIW (che mi pare di aver capito siano alla base dell'analisi) si nota un chiaro under report.

Il problema e' severissimo per i financial assets (qui un paper sul punto: www.bis.org/ifc/publ/ifcb28zzp.pdf) per i quali e' possibile stimare nel 2012 uno scostamento di 6.34 volte (ovvero nella SHIW la media ponderata usando i pesofit della Banca d'Italia e' di 24,298 Euro di financial assets a famiglia mentre il dato corretto - stimato dalla stessa Banca d'Italia - e' di 154,143 Euro a famiglia).

La stessa cosa avviene (anche se meno severamente) per il reddito. Il reddito medio (variabile "y2" nel dataset SHIW) nel 2012 e' di 30,443 Euro contro i 34,681 dei dati di contabilita' nazionale dell'ISTAT (il che implica uno scostamento di circa il 14%).

Il punto e' che l'under reporting non e' omogeneo across type of households.

Qui sotto riporto i dati dell'ISTAT che credo siano piu' affidabili. Come si puo' vedere nel 2012 il reddito medio annuale delle famiglie e' decisamente piu' alto per lavoro dipendente ed autonomo rispetto ai pensionati. Quindi secondo me l'affermazione secondo cui "Oggi in Italia i pensionati ottengono in media un reddito superiore a quello dei lavoratori dipendenti" non e' esatta ed e' trainata dai problemi di underreporting di cui sopra.

Con questo non voglio dire che l'intero articolo sia errato (anzi!). Pero' forse una riflessione al riguardo andrebbe fatta.

Hope this helps,

S.

 

 

 

 

Forse cosi' l'immagine si vede meglio (pardon, non ho ancora capito come fare ad impostare le dimensioni correttamente).

 

Prima di discutere le soluzioni, vorrei capire per sommi capi cosa è successo.
Prego quindi Sandro di dire se la mia ricostruzione è corretta o totalmente fuori.

1) i redditi dei lavoratori sono una funzione della produttività ed essa come noto è stagnante (non cresce) da 15 anni buoni. Redditi dei lavoratori in stallo é la prima tessera del puzzle.

2) le manovre governative di questi anni hanno agito maggiormente (2/3) sul lato delle entrate (volgamente "tasse") e poco (1/3) sulla spesa. Totale l'aumento di tasse ha causato: a) netti in busta piu bassi b) prezzi di vendita piu' alti (le imposte si traslano) e quindi contrazione dei consumi.

3) Prezzi piu' alti pero' conducono ad una indicizzazione delle pensioni, mentre (e qui chiedo conferma) la sparizione della contingenza limita l'edeguamento salariale per i dipendenti.

4) da qui il divario con redditi che calano e pensioni che aumentano.

5) a questo va aggiunto che una percentuale di disoccupazione giovanile del 40% non può certo giovare (statisticamente e fisicamente) al reddito della classe 19-34.

Ora la domanda. Per trovare soluzioni stabili, di lungo periodo, non dovrebbe bastare agire sui punti precedenti?

qui.

Già allora era chiaro che l'INPS è una nave che affonda (notare che Boeri non parlava di calcolo sul retributivo, ma di tassazione. Poi ha cambiato idea, fa piacere), e questa sentenza non farà altro che dare una ulteriore scossa alla nave che affonda.

Le sentenze della Consulta sono da tempo a senso unico, ma non tanto il legislatore, quanto l'Avvocatura dello Stato stanno commettendo errori grossolani: la Corte sostanzialmente dice: avete toccato una categoria di redditi differiti (non tutti, ma solo una parte), dicendo "data la grave situazione della finanza pubblica", ma senza fornire uno straccio di documentazione (difatti il punto principale è proprio questo), quindi visto che vai a toccare dei principi di uguaglianza mi devi dire quali sono i "motivi urgenti di finanza pubblica" e non puoi metterli generici.
Ora nel DL era allegato lo schema di finanza pubblica, ma, sembra, non è stato presentato alla Corte (o almeno nella sentenza non c'è riferimento alcuno), e questo sarebbe più un errore dell'Avvocatura dello Stato che del legislatore. O almeno così sembra.
Da un lato è giusto, pensiamo se domattina per motivi urgenti di finanza pubblica si espropriano tutti i beni di quelli che hanno i capelli rossi e i calvi, devi dire perchè loro e non altri, ed esporre i "gravi motivi di finanza pubblica".
Dall'altro sappiamo tutti che l'INPS è una barca che affonda e che sta trascinando a fondo tutto il convoglio, quindi qualcosa si deve pur fare.

La mia personalissima idea è che continuare sulla strada delle imposte selettive è inutile, e anche con le deduzioni alla fine recuperi poco, perchè qua c'è una ciccia da oltre 100 miliardi da ridurre, quindi l'unica cura è quella del cavallo, ricalcolo di tutte le pensioni con il retributivo "figurandole" (questo si può fare agevolmente, visto che l'INPS ha la storia contributiva di ognuno di noi), e poi procedere con gli aggiustamenti per i prepensionati (in genere le aziende pagavano in una unica soluzione i contributi mancanti, talvolta per accordi sindacali se li accollava lo Stato, ma il prepensionamento è solo un dato statistico/demografico indipendente dai contributi versati, e legato all'età di godimento della pensione, non al suo importo) quelli riconosciuti usuranti, sono tutte cose scritte nel nostro fascicolo INPS, non sono impossibili.

Politicamente poi non toccherei le pensioni sotto tre volte il minimo (magari prevedendo un assegno integrativo, onde evitare il ricorso alla Corte Costituzionale) e riaggiusterei tutte le altre, non arrivi ai famosi 100 miliardi di differenza, ma 30/40 li recuperi agevolmente, e politicamente ti spendi che hai toccato solo "i ricchi".

da più parti ho letto che per molti pensionati del pubblico manca e proprio questo sia l'ostacolo principale per fare l'operazione che spieghi. 

 

Ora nel DL era allegato lo schema di finanza pubblica, ma, sembra, non è stato presentato alla Corte (o almeno nella sentenza non c'è riferimento alcuno), e questo sarebbe più un errore dell'Avvocatura dello Stato che del legislatore. O almeno così sembra.

 

Incredibile. è successo davvero ? Da restare senza parole, ed infatti non aggiungo altro per carità di patria.

Dopo le 8 riforme dal 1992, la barca non sta affatto affondando. E non affonderà. In parte, anche grazie al contributo degli immigrati.

Pensioni, gli immigrati tamponano i conti

Uno degli articoli più chiari e più scorrevoli mai letti su questo blog. Anche un povero ignorante come me ha capito tutto!!!

Quindi bravo Sandro.

Leggo che i sindacati reclamano l'immediato pagamento della mancata indicizzazione. Possibile sia vero? Possibile assumano una posizione così INCOSCIENTE? Sarebbe una ennesima dimostrazione di come siano uno dei freni alla rinascita di questo Paese

il 55% dei tesserati CGIL sono pensionati

 

fanno gli interessi dei loro azionisti

Questa analisi e'condivisibile e potrebbe essere un utile punto di partenza per interventi sullepensioni in essere. Per cui meriterebbe di essere presa in considerazione dal punto di vista tecnico dagli organi a ció preposti,fossi Padoan la prenderei in considerazione. Del resto e'in linea con quanto vorrebbe fare Tito Boeri che per primo ha posto il problema delle pensioni in essere,e dei diritti acquisiti. Il punto di partenza sul quale tutti dovrebbero concordare ( ma ció non accade perche'siamo in Italia,la dialettica maggioranza-opposizionee e'fondata su una logicacalcistica da bar dello sport, sulla pars destruens piuttosto che sulla pars construens: ogni schieramento politico parte dal presupposto che l'avversario di turno ha torto a priori senza neanche entrare nel merito delle proposte che vengono fatte!) e'che la spesa previdenziale,quantitativamente,e'la maggior voce della spesa pubblica( circa 270 miliardi) per cui qualsiasi intervento riequilibratore ( per finanziare altre voci del welfare,tipo indennita'di disoccupazione,reddito minimo,etc; o semplicemente per ridurre la spesa,eliminare palesi iniquita',ridurre le alte aliquote contributive altissime,al 32%,etc) deve passare attraverso un intervento sulle pensioni in essere rompendo in qualche modo il tabù dei diritti acquisiti in modo da superare il vaglioella Consulta! Quindi,per esempio, dopo la recente sentenza sulla rivalutazione delle pensioni da 1300€ a salire,l'opposizione dovrebbe collaborare indicando una soluzione che abbia un impatto ridotto sul bilancio pubblico,e non invece esultare ( pur di andare contro il governo!) come fanno Salvini,Meloni e Grillo sostenendo populisticamente che se il governo non rimborsa immediatamente tutti i pensionati,mobiliteranno piazze! I 10 miliardi da restituire ai pensionati sono soldi che verranno sottratti ad altri impieghi: meno risorse x gli incapienti,meno fondi x tagliare le tasse,meno posti letto negli ospedali,meno trasporti pubblici,etc! Sostanzialmente i 10 miliardi sono una redistribuzione di risorse che vengono sottratte ad altri soggetti a vantaggio dei pensionati,e che mette nei guai il bilancio pubblico,la politica economica,i rapporti con l'europa sui vincoli di Finanza pubblica che sono interessi comuni dell'Italia e degli italiani,non solo sel governo!

Analisi in gran parte condivisibile, tranne, in particolare:

- nell’attribuire solo alla riforma Fornero il merito di aver messo sotto controllo la spesa pensionistica;

- nell’affermare che “la spesa pubblica per pensioni è eccessiva”, senza altre specificazioni.

Per non ripetermi, rinvio alla lunga discussione precedente sulle pensioni, che l'Autore di questo articolo dovrebbe aver letto: Sintomi e cause del declino (I): tre esempi

Bentornato sig. Vincesko,

Mi pareva strano non ritrovare un suo intervento in una discussione sul tema pensioni. Visto che ci rimanda alla discussione precedente sul tema, le ricordo l'appello che le feci allora nel confrontarci sui numeri veri e tangibili.

Dal mio canto ho provato ad accedere al nuovo servizio INPS per stimare l'ammontare del mio futuro assegno mensile, purtroppo avendo usufuito di gestioni diverse (alzi la mano chi con meno di 40 anni non lo ha fatto) non è possibile fare alcuna simulazione. Mi auguro che lei sia invece a buon punto.

Giusto per sgombrare il campo da equivoci, lei per caso beneficia della recente sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il blocco delle indicizzazioni per le pensioni superiori a 3 volte il minimo?

Cordialità.

Onestamente non ho particolari problemi se un cittadino percepisce una pensione anche di 10 o 20 volte quella minima purchè abbia pagato quanto richiesto per raggiungere un tale livello di pensione. Qualsiasi intervento si effettui sulle pensioni si trascina un difetto di fondo: colpisce in eguale misura sia chi percepisce un redditto a fronte di un'equa contribuzione sia chi percepisce più di quanto gli spetterebbe da un puro punto di vista contabile.

L'unica via d'uscita per risolvere il problema è calcolare per tutti con il metodo retributivo retroattivo la retribuzione pensionistica. Per coloro che vedranno così ridurre la pensione, gli si potrà illustrare il vantaggio che non gli si andrà a richiedere gli arretrati fin qui percepiti senza adeguata contribuzione. Per gli altri non cambia nulla.
Per quanto riguarda la farsa dei diritti acquisiti faccio notare che anche le SS avevano dei diritti acquisiti: un buono stipendio, una notevole autorità ed una buona posizione sociale. Ma erano basati su presupposti sbagliati che generavano ingiustizie nei confronti degli altri cittadini. Ed i diritti acquisiti delle SS sono stati revocati. Punto.

la legge di godwin.

la ratio della difesa di taluni "diritti" pensionistici è che nemmeno con la retroattività si può eccedere a cuor leggero. cmq, la razza ariana è vicenda ortogonale ai pensionati enel.

De lavoce.info, allego quella che dovrebbe essere la proposta più corposa in termini di risparmi applicando il metodo di calcolo contributivo alle pensioni di importo superiore a 2.000€ al mese:

Pensioni: l’equità possibile

In calce, c’è questo mio commento:

Magnifico! Finalmente! Questa eccellente analisi-proposta innova anche la linea finora invero prudente de La Voce (cfr., ad esempio, questo articolo "Non per cassa, ma per equità" 30.05.13 di Tito Boeri e Tommaso Nannicini t.contactlab.it/c/1000009/3463/43382123/31426 , in cui si ipotizzava un risparmio di appena 1,45 mld). Va rimarcata con forza l'improntitudine dei Mandarini di Stato nell'aver partorito ancora una volta una formulazione del contributo sulle pensioni d'oro passibile di giudizio d'incostituzionalità.

Io sono cretino, ma per me il "buco" creato dalla mitica sentenza della Corte Costituzionale si può turare con una semplice legge (come affermato dalla stessa Corte, evidentemente essendosi resa conto della fesseria commessa), ve la scrivo pure:
Ai sensi della L., etc., etc., bla-bla-bla et bla-bla per le pensioni pari ad almeno tre volte il minimo e superiori le parole "indicizzate all'inflazione" sono sostituite dalle parole: "indicizzate al PIL, come calcolato, bla-bla".
Così, invece dell'aumento si beccano una bella diminuzione, come tutti i futuri pensionati che non godono degli stessi privilegi (i contributi pensionistici versati dopo la Fornero sono rivalutati in base al PIL, non all'inflazione).
Semplice ed immediato.

Per evitare che sorga una nuova controversia per possibile discriminazione la sostituzione dell'indice dovrebbe riguardare TUTTE le pensioni e non solo quelle superiorei a 3 volte il minimo. Contestualmente, per evitare di penalizzare i pensionati poveri (piuttosto che i poveri pensionati) i celeberrimi 80 Euro potrebbero essere erogati anche ai pensionati. Oppure al limito si potrebbero aumentare un poco le pensioni minime.

Mi limito alla sole questione della costituzionalità (che, sono d'accordo, per la legge Fornero non esiste): perché il blocco degli stipendi di tuti i dipendenti pubblici è considerato costituzionale?

Per memoria riporto la motivazione della sentenza:

“L’interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”. Il relatore della sentenza è il giudice Silvana Sciarra.

I "diritti acquisiti" dei pensionati vengono difesi da una corte dell"Illinois (USA):

www.dailyherald.com/article/20150507/news/150508857/

the high court ruled the Illinois Constitution prohibits benefits from being "diminished or impaired."

Pur non giudicandolo ottimale, si propone di agire sulle detrazioni, aumentando la differenziazione tra pensionati e lavoratori attivi. Ritengo sbagliata la proposta per i seguenti motivi.

Le detrazioni all'italiana (e in altri Stati similmente inclinati alle all'incivilta' in materia fiscale), cioe' modulate sul reddito, introdotte da Tremonti ma entusiasticamnete confermate dalla sinistra, sono anche matematicamente equivalenti alla somma di una vera detrazione nel senso comunemente usato nei contesti civili in materia fiscale, cioe' indipendente dal reddito, e una aliquota surrettizia marginale che dipende dal reddito.

In un contesto civile in materia fiscale, il significato e il presupposto delle detrazioni, fisse col reddito, consiste in due elementi:

1) una base minima di reddito non va tassata, perche' serve a vivere (per questo sarebbe piu' civile parlare di deduzioni, cioe' di parte di reddito non tassata, come era grazie a Tremonti ad un certo punto, ma e' stato subito dopo riportato a detrazione da Visco)

2) per produrre reddito, sono indispensabili alcune spese (es. prendere auto o autobus per andare al lavoro) e queste si deducono dal reddito o dalle tasse forfettariamente in misura uguale per tutti, ma anche possibilmente in misura differenziata: di fatto le spese di produzione del reddito sono presumibilmente significativamente diverse per i lavoratori attivi rispetto a chi vive di sussidi o pensione.

Non sembra che il sistema giuridico italiano sia sensibile alla discriminazione di tassazione introdotta con le detrazioni modulate sul reddito, forse anche perche' ad oggi sono poco discriminatorie. Ma sono certo che appena si procedesse ad usare le detrazioni per "colpire" i percettori di pensioni elevate (risultato peraltro praticamente impossibile da ottenere, come ammesso, peraltro), anche i legulei italiani saprebbero capire che detrazioni differenziate di questo tipo sono anticostituzionali, e con questa scusa le boccerebbero per incostituzionalita', facendoci perdere un altro po' di anni.

Nel disastrato contesto italiano e' estremamente difficile fare interventi di equita', ma se dovessi provarci io agirei in questo modo.

Primo, cercherei di elaborare alcune poche norme costituzionali che mettano un minimo di buon senso nella costituzione italiana. L'articolo sulla giusta retribuzione (commisurata a quantita' e qualita' di lavoro) va integrato con un principio di equita' : "senza violare l'equita' tra diverse categorie di lavoratori" e visto che siamo in Italia dove bisogna iper-specificare per evitare interpretazioni ridicole e fantasiose bisognerebbe aggiungere "per sesso, eta', generazione, tipo di reddito, tipo di occupazione, occupazione di diritto privato o pubblico, vietando anche sperequazioni di compenso che eccedano significativamente quelle degli standard internazionali dei Paesi avanzati".

Prima ancora di approvare una norma di questo tipo, farei una norma di correzione delle pensioni che almeno inizialmente parta dall'ordine di 2500 euro lordi al mese (pensioni medio-alte) stabilendo che per la parte eccedente si applica una correzione che tenga conto sia dei principi di equita' scritti sopra sia della corrispondenza tra contributi versati e prestazioni, eventualmente non su base individuale ma per scaglioni di pensione, con delle stime statistiche medie. L'intervento non consiste in una tassazione diversificata (difficile da giustificare) ma in un ricalcolo della pensione, per la parte eccedente.

Il principio che giustifica la correzione delle pensioni medio alte sarebbe 1) che non si tratta di compensi da indigenti (come richiamato dalla sentenza della Corte, richiamanto l'articolo della Cost. sulla giusta retribuzione, chiaramente per le pensioni lorde di circa 1500 euro si presume) 2) che un lavoratore giovane attivo oggi matura a parita' di contributi prestazioni significativamente inferiori, e questo per il principio generale di equita' va corretto.

Anche prima dell'approvazione in Costituzione del principio di equita', il richiamo sensato e argomentato farebbe in modo che un futuro rigetto da parte della Corte Costituzionale aumenti il discredito dei giudici presso la pubblica opinione, facilitando successivi interventi equilibrativi. 

 

Mi sembra che il concetto di giustizia intergenerazionale sia un concetto demagogico che porta alle classiche contrapposizioni tra entità che non hanno nessuna responsabilità sullo stato delle cose: giovani contro vecchi, nord contro sud, bianchi contro neri. Invece un concetto concreto di giustizia ha senso se contrappone responsabilità coscienti e quindi in ultima analisi gli individui concreti che queste responsabilità hanno.

Per cui sarebbe meglio porsi il problema in termini di sostenibilità e di interventi da fare indipendentemente da considerazioni di giustizia astratta. In questo modo si evita la demagogia e forse, trattando gli interventi, questi si possibilmente equi, chi li propone e chi li approva si prende(rebbe) la responsabilità degli effetti. Ma in reatà il problema italiano è che nessuno ha responsabilità di nulla.

Basta seguire la storia delle pensioni italiane per trovare un bel numero di responsabilità che hanno contribuito a questa situazione. Gli interventi che mi vengono in mente sono:

la legge Mosca che ha dato la pensione a circa 40 mila lavoratori del sindacato e dei partiti senza nessun contributo

le pensioni a commercianti e contadini di cui solo una minoranza aveva pagato i contributi ma estese per motivi elettorali a tutti

le pensioni privileguate per intere categorie di lavoratori come gli elettrici e i ferrovieri

i pensionamenti anticipati

le pensioni dei dirigenti la cui cassa in deficit è passata all'INPS

ma sicuramente ve ne sono molti altri dimenticati o da me non conosciuti. Altro caso eclatante sono le pensioni della dirigenza della PPAA e degli eletti nelle varie strutture politiche centrali, regionali e provinciali. Mi sembra che ci sia abbastanza sostanza per porsi il problema non di una giusitizia intergenerazionale ma se mai di una giustizia specifica intervenendo su casi significativi ed introducendo il concetto di responsabilità, dove questo può essere individuato, anche se non sanzionato dalla legge.

Il principio di giustizia intergenerazionale e' per me un ottimo principio di introdurre in Costituzione in posizione gerarchicaamente superiore a quello del compenso che deve essere proporzionale a quantita' e qualita' del lavoro. Entrambi possono essere interpretati da governo e corte in maniena corretta nella sostanza e utile alla societa' oppure in maniera corporativa oppure demagogica, con elevati danni alla societa', ma ritengo piu' a rischio corporativo il principio del compenso proporzionale, a meno che la competenza di giudizio sia sottratta totalmente ai beneficiari diretti.
Poi sono d'accordo con i numerosi casi di ingiustizie specifici sottolineati. Per ognuno sarebbe opportuna una correzione specifica. 

Perche' mai non sarebbe un concetto utile?
Dove starebbe la demagogia?

C'e' una torta, il PIL annuale, che occorre dividere fra persone differenti. La crescita o diminuzione della torta dipende anche da come la si divide visto che alcune persone, oltre a consumarne una parte, la producono mentre altri consumano solo. Tra l'altro, persino l'appartenere al gruppo dei "solo consumatori" dipende dalle regole con cui la torta si suddivide.

Non vedo dove sia la demagogia nel chiedersi:

1) Viste le implicazioni sulla dimensione della torta, qual e' la maniera piu' efficiente di suddividerla?

2) Visto che vi sono svariati gruppi che partecipano alla suddivisione e i tre gruppi "produttori futuri", "produttori attuali", "pensionati" esauriscono la totalita' dei partecipanti, non vedo dove stia la demagogia nel chiedersi come ripartire la torta fra i tre.

Me lo spieghi?

Tutti gli altri fattori che elenchi (alcuni sono erronei, ma fa assolutamente nulla, nessuna voglia di entrare nei dettagli in questa sede) sono rilevanti ma molti di essi sono, appunto, fattori di giustizia intergenerazionale. Per esempio: i pensionamenti anticipati, le pensioni di anzianita' a fronte di una crescita sostanziale della vita attesa, l'assorbimento di alcuni fondi pensione di categoria che avevano pagato troppo contribuendo poco, le pensioni baby nella pubblica amministrazione, eccetera.

Tutti favori reciproci che i componenti di due generazioni circa, forse tre se prendiamo 20 anni come lunghezza di una generazione, a scapito di quelle successive.

Non comprenderlo vuol dire non comprendere dove sia una delle tre grandi questioni redistributive che stanno causando il declino economico. Per chi non avesse memoria: (1) pensionati vs produttori,  (2) protetti vs esclusi (pubblico vs privato e' un caso speciale di (2)), (3) centro-sud vs centro-nord.

In via eccezionale, torno qui solo per segnalare, poiché sono sicuro vi farà piacere saperlo per confutare i DISINFORMATORI, che la spesa pensionistica italiana, al lordo delle voci spurie:

La spesa per pensioni nella Ue: in Italia i maggiori risparmi tra qui e il 2060

Il rapporto della Commissione prevede per il Belpaese un picco di spese nel 2036, al 15,9% del Pil, poi una discesa netta. Nel 2060 si spenderanno 1,9 punti in meno di Pil rispetto al 2013, solo Croazia, Danimarca, Lituania e Francia taglieranno di più. L'effetto delle riforme: l'età di ritiro dal lavoro spostata di oltre cinque anni    14 maggio 2015www.repubblica.it/economia/2015/05/14/news/pensioni_spesa_pil_europa_rapporto_invecchiamento-114331310/

ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/ageing_report/index_en.htm

ma leggi i report che posti? L'Italia è il paese con la spesa pensionistica più alta dopo la Grecia. Rimarrà la più alta nel 2036 e anche nel 2060 (sempre dopo la Grecia). Tra oggi e il 2060 rispetto al Pil ci sarà una riduzione di 1,9 punti percentuali della spesa pensionistica (meno di Francia che taglia di 2,8 punti nonostante abbia una spesa più bassa). Cioé il paese con la spesa più alta rimane con la spesa più alta e farà poco per ridurla.

Era questo quello che avevi capito?

la tabella ricopiata da Mancino qui sopra è impressionante perchè mostra che le donne italiane lavorano in media 10 anni o anche 13 anni di meno di quelle inglesi, olandesi, scandinave o tedesche

in termini di ingiustizie e disuguaglianze e redistribuzione del reddito tra grandi aggregati quella tra uomini e donne in Italia sarebbe macroscopica. Anche gli uomini lavorano meno in Italia, ma sono le donne il vero problema se guardi questi numeri

non che esista qualche chance a livello politico non dico di correggerla, ma anche solo di dibatterla in pubblico...

la curiosità sarebbe di sapere se quando si citano le famose statistiche sui differenziali di compenso medio tra donne e uomini si tenga conto del fatto che a parità di età le prime sono spesso in pensione....

1. Tasso d’inattività femminile e Questione meridionale

Non ho dati più aggiornati. Secondo l’ISTAT, in Italia circa 1 femmina su 2 non lavora; al Sud, circa 2 su 3, [*] il più basso tasso di attività femminile in UE27, dopo Malta.

Secondo la Banca d’Italia, in nessun altro Paese come in Italia esiste un divario così elevato del tasso di attività – ben 27 punti - tra il Centro-Nord e il Sud, mentre nei Paesi di confronto si aggira attorno a 5 (cfr. www.bancaditalia.it/pubblicazioni/collana-seminari-convegni/2009-0002/2_volume_mezzogiorno.pdf, pag. 435). E questo è dovuto soprattutto allo scarso apporto delle donne.

Occorrerebbe (come per i Paesi arabi) rimuovere questo macigno operando congiuntamente su due direttrici: quella economica e quella culturale.

[*] Il dato aggregato italiano di inattività delle donne, pari (2010) al 48,6% (39,4% al Nord e 42,4% al Centro) è determinato dal peso negativo del Sud: “Nel Mezzogiorno, il tasso di inattività della componente femminile rimane particolarmente elevato ed è pari al 63,5 per cento”, (contro il 33,7 dei maschi).

Rapporto ISTAT relativo al II trim. 2010 (tabb. 13 e 14) www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/forzelav/20100923_00/testointegrale20100923.pdf .

(Dopo il varo da parte del governo Letta degli incentivi per assumere donne e giovani, il tasso di inattività delle donne al Sud è sceso al 62% circa).

2. Pensioni, un’analisi di genere

Nel 2012 sono stati erogati 23.577.983 trattamenti pensionistici: il 56,3% a donne e il 43,7% a uomini. Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati (8,8 milioni su 16,6 milioni), ma L'importo medio annuo delle prestazioni di titolarità femminile è pari a 8.965 euro, il 60,9% di quello delle pensioni di titolarità maschile, che si attesta a 14.728 euro. Il numero di trattamenti percepiti dalle donne è mediamente superiore a quello degli uomini, di conseguenza il divario economico di genere si riduce al 42,9% se calcolato sul reddito pensionistico (pari a 19.395 euro per gli uomini e a 13.569 per le donne).

Trattamenti pensionistici e beneficiari: un’analisi di genere - 2012 www.istat.it/it/archivio/129535

3. Pensionati over 75

Nel 2060, forse la totalità dei frequentatori giovani di questo blog (se non saranno morti) avrà superato i 75 anni. Per effetto delle riforme, gli over 75 assorbiranno il 65,9% (9,1% del Pil sul totale del 13,8%) della spesa pensionistica, contro il 37,6% attuale.

Ricavo dall’articolo di Repubblica:

L'effetto delle riforme si vede invece nello spostamento della spesa verso le fasce di età più alte: secondo il rapporto di Bruxelles, nel 2013 l'Italia ha speso lo 0,2% del Pil per gli under 54, lo 0,6% per quelli tra 55 e 59 anni e il 2,5% per quelli tra 60 e 64. Il 5,9% del Pil va agli over 75. Ma nel 2060, quest'ultima fetta di popolazione pensionata si vedrà assegnata la stragrande maggioranza dei fondi (il 9,1% del Pil su un totale, si è visto, del 13,8%), mentre ad esempio la fascia tra 60 e 64 anni scenderà allo 0,2%. Le simulazioni dell'impatto delle riforme sull'età di pensionamento descrivono il sacrificio degli italiani: gli uomini ritardano l'uscita dalla forza lavoro da 62 a oltre 67 anni, aspettando molto di più dei due anni e mezzo che corrispondono al peso medio delle riforme in tutto il continente. Discorso simile per le donne”.

PS: Hacker

Sono stato bersaglio di un hacker, che ha attivato, sabato mattina, forse col mio indirizzo email o comunque a mio nome, la richiesta di cambio di password per 3 siti tra cui NoisefromAmerika. Ho informato il webmaster di questo sito, che mi ha suggerito di cambiare la mia password della email e attivare la doppia autenticazione.

Pubblico anche qui, poiché lo ritengo utile ai fini di una completa e corretta informazione, la lettera che ho inviato, in data 20 maggio, a Carlo Cottarelli, attualmente direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale (FMI), sul tema molto dibattuto delle pensioni, dopo la sua intervista a Radio Anch’io, la sua risposta che ho ricevuto il giorno dopo e la mia replica di oggi. All’interno (anche nel post in esso allegato e via via a ritroso negli altri), trovate tutte le misure pensionistiche adottate per far fronte alla crisi economica e adempiere alle disposizioni dell’UE e della BCE e le prove documentali - già note qui - della quasi generale DISINFORMAZIONE imperante sul tema (ieri ho anche scritto a Roberto Mania di Repubblica).

Lettera a Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del FMI, sua risposta e mia replica  vincesko.ilcannocchiale.it/post/2832907.html

PS: Se la piattaforma IlCannocchiale è in avaria (come succede ormai spesso), potete cliccare qui sotto:

vincesko.blogspot.com/2015/05/lettera-carlo-cottarelli-direttore.html

PPS: Ringrazio Davide Mancino e Francesco Lovecchio per avere io utilizzato nella lettera alcuni dati OCSE da loro riportati nelle discussioni.