Vero federalismo

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10) Introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute.


L'utilizzo dell'aggettivo "vero" indica che possono esistere anche falsi federalismi e quindi rende necessario fare luce sulla realtà federale. Per prima cosa è vero federalismo quello in cui ogni livello di governo non è "ente amministrativo" che amministra localmente con fondi principalmente ricevuti da chi detiene il vero potere politico ma è organo politico sovrano dotato della tripartizione dei poteri, pur con una sovranità limitata e regolamentata a livello costituzionale federale e locale, finanza autonoma e autonomia di spesa.

Un vero federalismo quindi implica la riscrittura della Costituzione nazionale e la comparsa di costituzioni locali che la integrino. Quando dico Costituzione nazionale dico anche la prima parte; un'occhiata alle costituzioni dei paesi federali dovrebbe bastare a capire perché. Trovo utile a questo proposito consigliare la lettura della Costituzione svizzera. Questo per tre motivi: 1) perché è in italiano, cosa che non guasta, 2) perché è stata recentemente riscritta e rinnovata, una decina di anni fa e come terzo ma non ultimo motivo perché in Svizzera vivono diverse centinaia di migliaia di persone di lingua e cultura italiana che sperimentano giorno per giorno una realtà federale e contribuiscono attivamente a farla funzionare. In sintesi ritengo il federalismo svizzero adatto alla nostra cultura, così come a quella latina e germanica. Un federalismo ad assetto variabile, adatto a più realtà contemporaneamente, ideale per la diversificata situazione italiana. Un vero federalismo implica anche che ogni livello di governo abbia una sua Costituzione che definisce poteri locali, organi di governo, sistemi elettivi, limiti dei poteri locali. E dico Costituzione, non Statuto. A titolo informativo è possibile leggere in italiano le costituzioni dei Cantoni Ticino e Grigioni

Un secondo approfondimento su quel "vero" lo possiamo sviscerare considerando gli altri nove punti. Non è infatti auspicabile avere innumerevoli organi sovrani locali che non rispettino i 9 punti, quasi essi fossero solo obbiettivo del governo nazionale. La spesa pubblica deve essere ridotta e tenuta sotto controllo in ogni livello di governo. Inoltre la qualità ed il rapporto prezzo prestazioni dei servizi locali, che in un contesto federale sono molto più ampi e comprendono di solito scuola, giustizia, polizia, ambiente e sanità, deve essere sotto controllo proprio a livello locale. Un vero federalismo è quindi a maggior ragione caratterizzato da una elevata responsabilità locale. Nella decima proposta si fa riferimento a "punizioni" per chi agisce in modo irresponsabile. A mia conoscenza non esistono meccanismi punitivi descritti nelle norme federali ma bastano due chiari punti: 1) in caso di dissesto non si puo' andare a piangere soldi da "mamma-capitale-della-federazione" perché non è previsto. 2) la punizione dei governanti locali deve arrivare dagli elettori. Non a caso spesso è codificato l'istituto del "recall" per destituire un esecutivo locale. Sistema previsto anche nei cantoni svizzeri, anche se non so se è previsto proprio in tutti dato che ogni cantone ha una sua Costituzione e non conosco tutti i testi. In ultima analisi meglio se localmente non si possano emettere bond ma solo chiedere finanziamenti a banche private e solo fino ad un certo limite. Chiaramente la base è quella definita nella sintesi della proposta 10: "ampia autonomia sia di spesa che di entrata" ma qui dobbiamo veramente approfondire, perché anche questa autonomia va regolamentata a livello costituzionale, per evitare abusi, doppie imposizioni, sovrapposizioni.

Nel campo dell'imposizione tributaria locale è buona norma trovare un modo per evitare il più possibile che i cittadini paghino la stessa imposta, con aliquote diverse, a soggetti diversi. Inoltre è fondamentale che l'autorità di tassazione, che determina l'imponibile, sia una sola. Per esempio sarebbe interessante avere l'IVA (con un'aliquota unica nazionale) e le altre indirette come fonte di finanziamento per il governo centrale e le imposte dirette su persone fisiche e giuridiche come fonte di finanziamento locale, naturalmente con aliquote diverse di luogo in luogo. Quando paghi l'IVA sai che finanzi Roma, quando paghi l'IRPEF sai che stai finanziando il tuo comune, la tua provincia o la tua regione (poi il riparto tra i tre lo si vede dopo e dovrebbe essere deciso localmente, non materia imposta dall'alto). Altra cosa molto delicata in ambito di vero federalismo fiscale è che una persona o un'azienda ha sicuramente una residenza sola ed un'unica sede operativa ma può avere attività diverse in Italia. Un albergo a Bormio, una casa affittata a Taormina, uno stabilimento industriale a Forlì. La logica delle entrate locali richiede che ogni località non sia privata della fonte di reddito tributario solo perché quel cittadino abita, per esempio, a Varese. Vengono quindi previsti particolari riparti d'imposta (solo per le dirette) che fanno in modo che il dovuto vada proporzionalmente ad ogni "località sovrana" (chiamiamola cosi' per comodità per non addentrarci sulla suddivisione tra comune o distretto o provincia o regione) sulla base del reddito localmente prodotto da ogni attività economica. E che non si paghi due volte per lo stesso reddito.

Chiarite le fonti di reddito delle sovranità locali (ripeto la mia idea: imposte dirette su persone fisiche e giuridiche con aliquote locali) le spese dipendono dai compiti che dette sovranità avranno e da come decideranno di svolgerli. Un "come" deciso democraticamente da cittadini consapevoli che l'onere di quanto deciso sarà a loro carico. Compiti o meglio competenze che dovrebbero essere ben superiori, come numero e qualità delle attuali. Qui la discussione potrebbe essere infinita ma penso che un rapido benchmark sui compiti locali negli altri paesi federali dovrebbe darci un'ordine di idea di cosa sia oggettivamente e razionalmente fattibile. Tanto per intenderci nessun paese affida la difesa nazionale ai comuni (!) ma praticamente ovunque i comuni sono responsabili dell'educazione primaria, mentre il livello statale (leggasi cantone/stato/länder) è responsabile di ogni altro ordine e grado di istruzione (anche delle università pubbliche). Qualsiasi siano le spese generate dallo svolgimento di un compito locale, la regola principale è che le spese di gestione sono interamente a carico locale e vanno pareggiate con le entrate. Se un anno si ha un leggero deficit, l'anno successivo o ci sono a disposizione riserve da usare oppure dovranno aumentare le aliquote. Viceversa in caso di avanzo si potrà decidere se gestire una piccola scorta (riserva) per i momenti difficili e poi, costituita la scorta, diminuire le aliquote locali.

Per le spese di investimento (opere civili, scuole, ospedali) invece possono essere previsti fondi orizzontali (tra entità dello stesso livello) e anche verticali (messi a disposizione dall'entità di livello superiore) a cui attingere – oltre ad una quota di fondi propri - e in cui versare il dovuto in base alla forza finanziaria della sovranità in questione. In questo modo per la gestione si ha responsabilità piena con le finanze locali e per gli investimenti si hanno a disposizione, oltre a necessari fondi propri, meccanismi di solidarietà sussidiaria coperti dai più forti finanziariamente ed a disposizione dei più deboli.

Sperando che quel "vero" ora abbia maggior spessore di prima e ammettendo che molto va ancora scritto per approfondire, dobbiamo essere oggettivamente consapevoli che questo federalismo sarà considerato (spero) auspicable per qualcuno e (temo) un incubo per altri. Non può piacere a tutti, di primo impatto, soprattutto alla casta. Innegabile che la sua realizzabilità sarà ritenuta auspicabile o impossibile in combinazione con "per fortuna" o "purtroppo" a seconda delle personali convinzioni e del livello di conoscenza del sistema. Ma comuque vada è chiaro che per redere operativo un simile cambiamento, quando lo volessimo, non basta decidere e schioccare le dita. Occorre un progetto complesso che si sviluppi in ogni località e trovi la sua strada e la sua tempificazione. Che sarà diversa, per forza di cose, di luogo in luogo. Se fossimo tutti uguali non avremmo forse così bisogno di federalismo vero (uno finto potrebbe bastare) ed essendo le varie giurisdizioni così diverse per cultura, storia e forza economica ognuno deve realizzare il suo modo di essere parte di un complesso federale e riuscirci nell'arco del tempo che ci vorrà. A titolo di precisazione, mi sembra del tutto realistico che non ci possa essere una partenza coordinata di tutti insieme perché i piu' veloci dovrebero aspettare i più lenti. Invece una partenza a tappe, con alcune regioni o province pilota, seguita poi da tutti gli altri a seconda del tempo che ci mettono ad organizzarsi è piu' verosimile. Occorrerà naturalmente organizzare il livello centrale (e questa operazione potrebbe anche essere la piu' compessa tra tutte) e poi dettare dei limiti massimi agli ultimi ed stabilire cosa fare per quelle località che dovessero essere inadempienti.

Il caso svizzero ben si presta a quello nostro perché per alcuni versi non è un sistema unico calato dall'alto ed uguale per tutti come quello tedesco (per altri lo è ma non per tutti gli aspetti). Il Ct. Ticino è strutturato costituzionalmente in modo ben diverso dal Ct Grigioni e sono entrati in tempi diversi a far parte della federazione. In che vuol dire che non è affatto detto che Enna debba per forza organizzarsi esatamente come Bolzano e che debba essere pronto nello stesso momento. Spesso noto invece che certi "federalisti improvvisati" immaginano troppe regole e tempi uguali per tutti, come i centralisti. Invece abbiamo bisogno di pluralità di casistiche e di tempistiche. I primi a partire possono essere di stimolo e "best pratice" per altri ma c'è spazio per un ampia autonomia anche a livello costituzionale locale. Questa è la forza di un federalismo che unisce entità diverse in un unico compound.

Dovrebbe essere chiaro che la discussione ora verte sul compound perché localmente, se siamo "veramente" federalisti" decideranno loro che fare, nei limiti delle poche ma chiare regole comuni. Quali poteri dare ai comuni, alle province alle regioni, cosa accorpare, eliminare, fondere, suddividere non è affare nostro ma, una volta che saranno politicamente e finanziariamente responsabili, decisione loro.

Per chi volesse approfondire, a partire dal 1996 ho gradualmente arricchito questo sito, che ad onor del vero è fermo da molti anni. Quello che dovevo dire sui compiti dei vari livelli e sul federalismo fiscale, l'ho fissato nero su bianco e dopo 10 anni mi sonofermato: ormai le cose da dire sono state dette. La discussione in Rete invece non è mai terminata e sono lieto che il decimo punto mi dia la possibilità di continuarla con voi anche qui. I piu' curiosi nello scavare nel sito scopriranno che già nel 1996 pubblicavo due testi sul federalismo di un tale Michele B. 

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Commenti

Ci sono 120 commenti

Io sono generalmente d'accordo con molto di quello che hai scritto.

Mi chiedevo però quale sarebbe vantaggio di differenziare i tributi nella maniera da te proposta, cioé l'IVA al governo federale, l'IRPEF allo stato/macroregione/cantone e via così.

Io la vedo in questo modo. IVA e indirette (*) hanno aliquote proporzionali fisse. Quindi ben si prestano al finanziamento di una sovranità di tipo federale. Diversamente, pensiamo cosa accadrebbe a dare ai governi locali un'imposta come l'IVA. E' verosimile pensare che localmente si calibrino le aliquote IVA in funzione delle necessità di gettito? Ve la immaginate un'IVA al 15% a Catanzaro e del 22% a Varese? O viceversa, sia chiaro. Sarebbe un disastro burocratico, per un'azienda che deve gestire vendite in piu' territori, che ha stabilimenti ovunque. E chi compra beni e servizi da tutta l'Italia dovrebbe registrare inumerevoli percentuali e poi gestire saldi tra iva vendite e acquisti (con possibilità anche di un po' di furbizia da parte di chi tenta pure di guadagnarci). Oppure ammettiamo che l'IVA rimanga fissa. Ogni territorio avrebbe un gettito fisso, determinato dall'aliquota, e stabilirebbe poi in base al gettito cosa e come spendere. Vi sembra giusto? Per me non lo é. Un territorio decide di spendere 120 e quindi di calibrare le aliquote delle imposte a lui assegnate in modo da avare il piu' possibile un gettito pari a 120.  Se l'IVA fissa dà un gettito di 180 la tentazione di spendere di piu' è forte.  Se il gettito invece è inferiore servono comunque altre imposte. Le imposte piu' "modulabili" sono le dirette, dove localmente possiamo stabilire deduzioni, detrazioni, aliquote.  Quindi sono le migliori imposte da affidare ai territori.  Non è un problema pero' avere anche un'imposta diretta anche a livello federale, se l'IVA e le varie accise non bastano.

 

(*) corretto: era erroneamento scritto dirette  ed ho corretto in indirette

Non discuto il contenuto del sito, ma nell'aprire la homepage mi sono sentito come Marty McFly dopo aver viaggiato indietro nel tempo di 30 anni :D

vorrei rifarlo in Joomla ma il tempo è una risorsa limitata. In ogni caso poiché non lo aggiorno da tempo sarebbe piuttosto statico e quindi beneficerebbe poco della dinamicità di un sito moderno.

Ma è una delle cose che ho in calendario di fare.

Grazie per l'articolo che condivido completamente.

Grazie dell'articolo, che condivido completamente.

Bisogna far nascere un vasto movimento di opinione che converta su questa proposta.

 

Ma non si tratta solo di federalismo. si tratta sprattutto di democrazia (la svizzera è l'unica democrazia al mondo classificata come semi-diretta), di diritti inalienabili (di cui l'italia è priva) e di sistema di garanzie (la ns. costituzione è violata quotidianamente).

si, grazie per aver sollevato la questione. Tanto per continuare ad aggiungere spessore a quel "vero".  1) non è possibile un vero federalismo con 100'000 leggi. Dico un numero a caso tanto nessuno sa bene quante siano.  Occorre deligificare, semplificare. 1'000 leggi (testi unici) bastano e sono anche troppi. 2) occorre estendere a livello locale e  nazionale gli strumenti della democrazia diretta. Non tanto perché mi fido di un popolo che a dire il vero dimostra di essere poco saggio, a vedere come si è espresso negli ultimi decenni. Ma perché è l'esercizio costante il solo metodo che porta ad un miglioramento generale e a maggiore responsabilità del demos.

Pochi commenti, segno che molto probabilmente siete d'accordo con quanto avete letto e le piccole differenze di vedute non valgono un intervento, per chi ne ha pochi a disposizione. Positivo quindi, ma ricordo sono sempre a disposizione per chiarimenti e apprfondimenti.

Intanto ci segnalano che su Keynesblog hanno postato un'analisi critica (i lettori mi perdoneranno spero l'esagerazione) del decalogo e visto che criticano anche il punto 10, ne approfitto per rompere il silenzio. Scrivono:

 

Il federalismo porta ad aumentare l’inefficienza moltiplicando i centri di spesa e di decisione. Non a caso infatti nella spending review si è puntato molto sugli acquisti centralizzati. Si guardi alle Regioni che già oggi sono più autonome, come la Val d’Aosta e la Sicilia: non esattamente un modello in termini di efficienza. Certo, il manifesto parla di “pareggio di bilancio”, ma dare alle Regioni una più ampia autonomia in termini di entrate significa una cosa semplice: più tasse. Darla in termini di spesa significa più spesa, magari in prebende agli amici degli amici, come ci ricordano sempre gli stessi firmatari del manifesto. Il pareggio di bilancio si fa anche tassando al 100% i redditi privati e spendendo il 100% degli introiti: gli estensori dell’appello vogliono una repubblica federale socialista?
La strada è semmai opposta, a partire dall’abolizione delle province (tutte).

 

 

Nelle risposte ricevute su quello stesso blog relativamente al punto 10, è stato più volte fatto notare che non si deve confondere il federalismo con il regionalismo e con le regioni a statuto speciale. L'argomento è quindi risibile ed è inutile quindi dilungarsi più di tanto.

 L'autore dell'articolo poi pensa che i cittadini di una regione, provincia o comune accetterebbero volentieri, in democrazia, di essere tassati al 100% dei redditi privati. Non ha che da proporlo e provarci. Ritengo che la storia abbia insegnato che non funziona, economicamente e politicamente, nemmeno in una dittatura ferrea e feroce, che impedisce ai cittadini di scappare ed imprigiona i dissidenti. In democrazia i cittadini votano ogni legislatura ma possono anche votare con i piedi, trasferendosi da un luogo in cui si tassa al 50% ad uno in cui si tassa al 45% oppure, a parità di tassazione, dove i servizi sono decisamente migliori. Il risultato, se osserviamo i sistemi federali, è un equilibrio (di Nash?) tra tendenza ad aumentare la qualità dei servizi e tendenza fornirli nel modo più economico possibile.

Anche qui, inutile dilungarsi ma chi segue il tema sa che più piccoli sono i territori e maggiori sono le possibilità che questo succeda. Se l'Italia fosse organizzata in 2 o 3 macroregioni, la possibilità di “voting with the feet” sarebbe scarsa. Sale con una ventina di regioni, diventa notevole con un centinaio di stati/provinice/cantoni ed ancora meglio con 500 o 700 distretti. Nell'ipotesi di federalismo serio poi i comuni sono un organo sovrano, con una fiscalità autonoma. Quindi poter cambiare tra 8000 comuni (o anche 5000 in caso di fusioni comunali) rappresenta il caso più concreto di voto con i piedi. Infatti già oggi con pochi Km ci si sposta di comune, per lavoro, quando ci si sposa, quando cresce la famiglia. Alcuni quando vanno in pensione. Prima di questo spostamento si andranno a controllare, oltre alla situazione prezzi delle case e trasporti, anche la qualità dei servizi e la pressione fiscale. A maggior ragione questo vale per le imprese. In parole povere: concorrenza. Keynes apprezzava il mercato (giocava forte anche in borsa) e la concorrenza. Forse i presunti keynesiani di oggi invece si sono persi qualche concetto per strada.

Ma il concetto che è più interessante è quello che si riferisce a “moltiplicazione dei centri di spesa” vs “centralizzazione degli acquisti”. L'argomento ha un certo spessore e nelle discussioni passate in questi decenni è emerso più volte. Fosse vero mi chiedo perché allora non proporre un unico centro acquisti a livello europeo e – perché no? – mondiale. Chiaro che con il crescere delle dimensioni si verificano dei problemi d'ordine pratico e si creano centri abnormi di potere. Quindi tra la decisione di un piccolo comune di comprare una pala meccanica e 10'000 siringe e un unico centro mondiale che compra ogni anno 200'000 pale meccaniche e miliardi di siringhe mono uso, ci sono migliaia vie di mezzo più razionali. Quello che c'è in mezzo naturalmente è il mercato. I prezzi delle pale meccaniche e delle siringhe variano (come è giusto) a seconda del luogo, delle aziende fornitrici. Ho l'impressione che un unico centro mondiale funzionerebbe bene solo se al mondo ci fosse (malauguratamente) un solo fornitore di pale meccaniche ed uno di siringhe. E qui si che ci stiamo pericolosamente avvicinando all'economia sovietica. Ma se i fornitori fossero diversi allora il “centro mondiale acquisti” altro non farebbe che proporre ai suoi clienti un prezzo medio risultante dei molteplici acquisti fatti presso tutti fornitori, partendo dai più convenienti, addizionato del suo costo gestionale interno.

Naturalmente l'obiezione è che facendo acquisti voluminosi si possono avere sconti. Va da sé che se in Italia si consumassero (cifre a caso) 300 milioni di siringhe all'anno, fornite da 15 produttori diversi, per chi vende è molto diverso avere a che fare con 8'000 possibili clienti differenti oppure con uno solo che chiede un forte sconto e distribuisce agli 8'000 suoi clienti. Nel secondo caso lo Stato risparmia (vero) ma i 15 fornitori hanno un fatturato più magro e pagano meno imposte (altrettanto vero). Dove sta il guadagno tra le due ipotesi non si sa ma magari gli emici keynesiani hanno in mente un moltiplicatore che ancora non conosciamo e contraddice il loro motto che “la mia spesa è il vostro reddito”. Avendo a che fare con un solo cliente, non 8'000, i fornitori di siringhe (e pale meccaniche) potranno fortemente far dimagrire gli uffici vendita, marketing (licenziando il personale) e concentrare gli sforzi commerciali verso un unico bersaglio. Insomma se oggi non ci fosse monopolio nelle siringe non so tra 5 anni come saremo messi. Un monopolio ci farà risparmiare? Illuso chi ci crede!

Un sistema federale, dotato di molteplici entità di spesa, forse spenderà anche di più per comprare pale e siringhe ma la concorrenza sarà prospera e quelle aziende avranno fatturato e utili che ripagheranno lavoratori e imposte ed avranno più risorse per investire nella ricerca, per avere pale e siringhe migliori e più economiche

in riferimento alla Sua osservazione sulla mancanza di commenti/risposte al Suo pregiatissimo articolo, mi permetto di richiederLe alcune delucidazioni.

Mi permetta prima precisare che io sono un UdS ( Uomo della Strada ) versione maschile della mitica CdV ( Casalinga di Voghera ) e che, quindi, non ho le competenze ne gli studi per comprendere appieno il suo scritto ne i ragionamenti che vi sono dietro.

Preciso che, in linea di massima, per quello che ho potuto capire, condivido il ragionamento e che il modello che propone avrebbe dei vantaggi indiscutibili. Ma vado in ordine sparso sulle domande che Le voglio porre:

1) Lei dice che non c'è la possibilità, con questo sistema, che "mamma federazione" venga a ripianare i debiti di una regione, comune o che si voglia. Ma se così è e, mettiamo, che una regione/comune o.. abbia uno sforamento del suo BGT le alternative quali sarebbero che la regione ( etc ) aumenta le tasse per ripianare i debiti. Ma se come Lei dice questo sistema prevede anche una mobilità orizzontale ( ovvero il votare con i piedi ) non si assisterebbe ad uno spopolamento di una determinata parte del paese a favore di un altra? in più se ci fosse un ipotetico default che ripercussioni avrebbe sulla nazione/federazione?

2) Lei propone un'ampia discrezione locale sui servizi diciamo così fondamentali ( scuola sanità etc ), ma questo non preluderebbe ad una situazione di handicap da parte di alcune regioni? Non sarebbe necessario mettere un cap ed un floor sui quali identificarsi. Sarebbe molto bello che ci fossero delle sanità ( ad esempio ) di eccellenza, ma non ci sarebbe il concreto problema che, magari, in alcune regioni non ho un'assistenza medica decente?

3) Sull'attuazione a scaglioni del piano che Lei suggerisce. Il dubbio che mi sovviene è che, oggi, ci sono alcune regioni già pronte a fare il salto di qualità ( Lombardia, Emilia Romagna, Veneto ad esempio ) ed altre decisamente no ( Campania, Calabria, Sicilia ad esempio ) questo switch off differenziato come andrebbe gestito, ovvero quali sarebbero i costi dello stato centrale per la gestione di questo passaggio.

4) situazione casa. Lei dice che ci sarebbe la possibilità di votare con i piedi. Verissimo, ma ammettiamo che io viva in una regione non adeguata o competitiva ( e per non far torto a nessuno dico la mia: Liguria ) e che sia attratto da una regione più virtuosa che ne so la Lombardia. Ebbene io possiedo una casa in Liguria e per trasferirmi in Lombardia dovrei venderla qui ed acquistarla la. Mi pare ovvio che, secondo la legge della domanda e dell'offerta, la mia abitazione avrebbe minor valore ( la mia regione non è attrattiva ) rispetto a quella in Lombardia ( regione ricca di richiesta e quindi con valori più alti ) come potrei, realisticamente, "votare con i piedi"? Non si rischia di generare una serie di poveri solo perchè hanno avuto la sfortuna di nascere in un determinato posto?

5) Alcune regioni hanno, oggettivamente, delle caratteristiche di competizione avvantaggiata e quindi non si creerebbe una situazione ( come nel punto 4) di competizione impossibile? Mi spiego meglio prendiamo una regione geograficamente sfortunata che ne so la Basilicata ( e non me ne vogliano chi vive o è nato in quella splendida e sconosciuta regione E' SOLO UN ESEMPIO ) dove, magari, si è insidiata anche, colmo delle sfortune, una classe dirigente inadeguata che non riesce a svilupparne adeguatamente le risorse. Ecco come ne esco da quella situazione subisco oppure ho la possibilità di fare qualcosa? Ma nel frattempo non subisco un dumping da parte di altre regioni meglio attrezzate?

6) Ultimo, ma solo perchè ritengo di averLa incomodata a sufficienza, non si potrebbero verificare delle situazioni limite? Come, ad esempio, una desetrificazione sociale magari in quella regione che non hanno saputo adeguarsi a questo sistema virtuoso e quindi la creazione di zone franche o di illegalità diffusa ( dove non c'è un controllo della democrazia qualcosa si instaura ) oppure non potremmo assistere a situazione di competitività forzata con dumping tra regioni contigue per accaparrarsi risorse ( magari solo fuga di cervelli )?

 

Ecco egregio dottore queste sono le domande che Le pongo, sono domande da UdS, ma io l'ho premesso, e prive di fondamentali cognitivi e di analisi, ma solo domande per comprendere meglio quella che, per me risuona come un'alternativa possibile e praticabile.

 

Cordialmente suo

Antonio Savà

 

Ps in realtà ho dato un'occhio al Suo sito. La prego, e lo dico con un minimo di cognizione di causa, faccia qualcosa ha l'appeal pari a -10 e sembra fatto ( nella forma e non nella sostanza ovviamente ) da un liceale alle prime armi. :)

Sui centri di spesa vi è anche un'altra ragione per cui i prezzi sono differenti per lo stesso bene. Prendete a due ASL, una che paga mediamente a 30 giorni e una che paga mediamente a 730 giorni. E' ovvio che chiunque farebbe due prezzi diversi alle due ASL.

Con CONSIP si è centralizzata la negoziazione sul prezzo di acquisto, non il pagamento.

Il prezzo offerto tramite la piattaforma centralizzata terrà conto della media (pesata sulle quantità) dei tempi di pagamento dei vari soggetti.

Con il risultato di penalizzare la ASL "virtuosa".

E diminuendo l'incentivo a far divenire virtuose anche le altre.

E alla fine facendo spendere mediamente di più, non di meno.

Qualcuno dirà: ma basta allora costringere tutte le ASL a pagare nei medesimi tempi.

Forse si risolverebbe questo problema, lasciando per altro tutti quelli che Francesco ha spiegato prima. Però noto che la Ragioneria Generale dello Stato, e lo stesso Governo a ruota, anche nelle ultime norme si sono rifiutati di autoimporre agli enti pubblici termini di pagamento tassativi.

D'altronde i signorotti i propri sudditi li pagano quando, e se,ne hanno voglia.

Un po' di buona educazione e correttezza vorrebbe che si rispondesse nel merito, invece di sostenere che chi critica non capisce nulla, o che l'argomento è "risibile". Sta di fatto che ove le regioni hanno ricevuto più competenze, hanno moltiplicato la spesa, certamente meno efficiente di quella centrale. Vale per l'Italia ma vediamo anche che vale per la Spagna.

Questi sono i fatti, poi i sogni lasciano il tempo che trovano.

 

Mi stia bene.

visto che si sollecitano commenti per il dibattito, dico la mia. 

 

Sono per un'unione federale a livello europeo, perchè oltre a risolvere buona parte degli attuali problemi economici,  unirebbe stati che oggi sono separati.

 

Temo che il federalismo applicato all'Italia possa avere l'esito opposto, a maggior ragione con n carte costituzionali come propone lautore del post.

In svizzera funziona? certo, perchè serve ad unire francesi tedeschi italiani e ladini. Malgrado quanto dicono le leghe varie, in Italia non c'è grossa differenza culturale tra i suoi abitanti. Per la verità, avendo vissuto anni in Francia lavorando con gente proveniente da tutta europa e con asiatici, ho molte difficoltà a trovare differenze culturali tra un francese ed un italiano rispetto ad un indonesiano,e visto che dovremmo competere con loro... ma mi rendo conto che oramai in europa questo modo di pensare diventa sempre più minoritario.

 

Cosa farei per l'Italia?  innanzitutto razionalizzare i livelli di governo intermedi. purtroppo per abolire le regioni ci vuole una riforma costituzionale, quindi meglio abolire le province e accorpare i piccoli comuni. La sanità, però, la riporterei a livello centrale. Come più volte a sottolineato qui Aldo Lanfranconi, e tra le righe da Giampaolino, si risparmierebbe un bel po'.

Andrebbero stabilite una volta per tutte quali sono le competenze esclusive di regioni e comuni e gli si dovrebbe dare piena responsabilità di bilancio, cioè possono raccogliere tasse direttamente per i loro scopi. Accanto a ciò divieto assoluto di salvataggio perchè se Catania fallisce è assurdo che debba pagare pure il cittadino di Bormio.

 

sono anche io per un federalismo europeo ma ritengo anche che per arrivarci veramente molti stati fortemente centralizzati debbano fare "i compiti a casa" ed avere a loro interno un sistema federale. Sono comunque opinioni. Si discute e poi se sarà il caso, si deciderà.

Il federalismo è il decimo di dieci punti ed è il classico caso di "last but not least".

Anzi a ben vedere è il punto piu' complesso, che mostra come il raggiungimento degli altri punti non sia un caso di politica calata dall'alto ma frutto di un lavoro intenso in tutto il Paese, da Catania a Bolzano, da Imperia a Taranto. Passando, non dimentichiamolo, per Roma.

Il federalismo coinvolge quello che spendiamo, quanto spendiamo e quello che incassiamo. La partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Rende effice il controllo dell'evasione fiscale: mi sembra molto piu' difficile evadere in un paese federale in cui gran parte dei tributi (almeno il 50-60%) è gestito ed incassato localmente ed inoltre rinsalda il rapporto tra cittadino e stato, rendendo il cittadino meno suddito e piu' "sovrano".

Come mi è stato privatamente notare pero' c'é molto, mooooolto, moltisssssimo da fare.

Spero che a nessuno cadano le braccia. Come dice Michele sarà un lavoro improbo ma possibile.

 

 

Come mi è stato privatamente notare pero' c'é molto, mooooolto, moltisssssimo da fare.

 

Per un solo contrario che c'è nei commenti :) ?  (che poi a ben vedere non siamo nemmeno così distanti)

 

Battute a parte, il 50% già è un'altra cosa rispetto al 90% di partenza ed è più realistico. 

Una piccola critica sul metodo. Partirei dallo stabilire chi fa cosa e poi assegnare quote esclusive dei tributi sufficienti per adempiere ai propri compiti. Fare l'inverso non lo trovo pratico, oltre a suscitare equivoci.

 

Premesso che per l'elenco che hai fatto, cittadino sovrano evasione ecc.ecc., non mi è sembrato che quando ci vivevo la Francia fosse messa male, anzi, per cui non è che uno Stato per funzionare bene debba per forza esser federale, aspetterò l'articolazione pratica del punto 10, come degli altri 9, prima di giudicare. per il momento la stima per i promotori lato nfa mi fa esser fiducioso

Approvo in pieno questo progetto di federalismo. Poichè sono molto interessato alla nuova fase di NFA approfitto dell'articolo  e dell'ultimo punto per porre le seguente domande sul programma:

1) Quanta della riduzione di 5 punti della spesa si pensa di "finanziare" con la lotta all'evasione fiscale?

2) Dato l'obiettivo programmatico di taglio della spesa e soprattutto di riduzione dell' ormai elevatissima imposizione fiscale, quanta priorità date in questo particolare momento alla lotta all'evasione.

Pongo questa domanda perchè nel dare la priorità al rilancio dell'economia non capisco se l'evasione  in questo momento di imposizione record sia considerata in parte o meno legittima. Quando Francesco parla di federalismo che rinsalda il rapporto tra cittadino e stato/regione puo' sempre emergere il dubbio l'evasione sia considerata meno grave se lo Stato spreca le risorse. 

Per ultimo vorrei chiedere quanto considerate "distorsiva" (vedi discorso del presidente Napolitano) l'evasione in un mercato efficiente?

Poichè NFA diventa un progetto di tipo politico da elettore sono interessato a queste questioni di efficienza e di equità.

Scusa(te) l'eccessivo numero di domande. Capisco che un decalogo è un decalogo e non tutti i punti possono essere affrontati ma sono veramente interessato alla vostra posizione.

 

Credo di poter rispondere pure io, visto che questi temi sono stati affrontati ripetutamente.

Facile rispondere al punto 1: niente. L' evasione non è spesa pubblica, eliminarla o raddoppiarla non la cambia di una virgola (1).

Per la seconda domanda non so dare una risposta diretta ma posso chiarire alcuni punti:

L' evasione, per definizione, è sempre illecita e va sempre perseguita.

Ridurre l' evasione alza la pressione fiscale, già altissima. Per cui andrebbe fatta a gettito costante, abbassando le tasse in proporzione al gettito recuperato.

E di certo è distorsiva: chi la pratica acquisisce un vantaggio illecito rispetto ai concorrenti.

Non so poi quanta parte sia recuperabile, con che sforzo e quali mezzi.

Un' ultima cosa: come molti, confondi il piano etico e quello legale, che invece vanno tenuti ben distinti.

Per la legge uno che evade per comprare il Cayenne nuovo ed uno che lo fa per non dover licenziare tutti,chiudere l'azienda e vendersi la casa non c'è e non ci deve essere differenza. Per la morale ognuno ha la sua, e molti la vedono.

Il discorso sul quali servizi ottieni per le tasse che paghi può (non deve, può) influire sul piano morale (e magari su quello economico, visto che la gente sopporta meglio le tasse se riceve qualcosa in cambio) ma non su quello legale.

 

(1) in realtà un minimo cambia: magari l' evasore ha diritto ad assegni familiari, esenzioni dal ticet e simili, e non le avrebbe dichiarando tutto.Ma è poca roba.

Per quanto riguarda la domanda al primo punto, ammetto che all'inzio non capivo.  L'evasione, se scoperta, comporta un incremento della pressione fiscale (e quindi bisogna capire cosa fare di questo extragettito in un caso come quello italiano).  Non comporta una diminuzione della spesa. Quindi mi chiedevo cosa c'entrasse l'evasione con il finanziamento della riduzione di spesa. Ma in effetti una lotta seria all'evasione costa e quindi è "spesa pubblica". Se questo è il senso della domanda (quanto di quel 5% risparmiato puo' essere impiegato in maggiore spesa in controlli anti-evasione) la risposta  è che per me in ambito federalistico l'attuale spesa basta e non serve incrementarla per far emergere il sommerso. La macchina tributaria va profondamente riconvertita per funzionare in uno stato federale e questo è il tema che mi ha tenuto professionamente occupato per quasi un decennio, naturalmente all'estero. Anche la legislazione tributaria va drasticamente rivista e semplificata. Il cuore dell'accertamento si sposta in periferia, dove i redditi sono generati. Nel sistema che ho approfondito ogni dichiarazione viene esaminata e verificata e non ci sono controlli a campione. Sempre sistema esaustivo. Il personale necessario per farlo equivale a circa un funzionario ogni mille abitanti e quindi 60'000 funzionari (distribuiti localmente e dotati di procedure informatiche adeguate)  basterebbero all'accertamento ed all' esazione, comprese le procedure di ricorso. Mi pare che oggi la GdF abbia piu' o meno quell'organico. Insomma non occorre spedere di piu' ma cambiare metodo di lavoro.

Meno mitragliette e piu' computer. La % di evasione nei paesi federali, nettamente inferiore a quella italiana, puo' essere già ora una buona cartina al tornasole che un sistema fiscale federalizzato è piu' efficace ed efficente. 

Va detto che se veramente riusciremo a ridurre la spesa pubblica, ridurre la pressione fiscale, semplificare e sburocratizzare il paese e semplificare anche le norme tributarie, l'evasione diminuirà parecchio, avvicinandosi alle medie OECD.

È comunemente accettato (vedere i lavori di Friedrich Schneider ) che il lavoro sommerso è originato da piu' fattori:

1) elevata pressione fiscale (diretta e indiretta) e contributiva (trattenute previdenziali)

2) eccessiva complicazione del sistema delle norme (numero di leggi e loro complessità) e lungezza delle procedure giuridiche (cause civili e penali)

3) eccessiva burocrazia (quindi eccessivo costo ad esercitare un'attività alla luce del sole)

4) eccessiva complicazione del sistema tributario e delle sue procedure di ricorso.

Non ci sono dubbi che noi in Italia si debba fare moltissimo per incidere su queste 4 concause e che avremo ottimi risultati lavorando su questi fronti, molto piu' che con le normali (o inasprite)  attività di controllo, che comunque come ho scritto sopra vanno condotte con metodo diverso.

Stamani sul Corriere Sergio Rizzo fa il punto su Le mani bucate delle Regioni. Si è verificato esattamente quello che, quando si istituirono le Regioni, quarant'anni fa,  i galantuomini avevano previsto:uno scempio di denaro spaventoso, un degrado amministrativo,  un groviglio di norme e competenze fra locali e nazionali che ha finito per ridurre la Nazione su una sedia a rotelle.Gli obiettivi di chi assolutamente le volle erano chiari.I comunisti, che governavano localmente nelle regioni rosse, speravano in qualche modo di intralciare lo strapotere democristiano a Roma.Obiettivo regolarmente fallito, com'è nella tradizione storica di quei signori.Gli altri avevano annusato carne di porco.Un afrodisiaco irresistibile. E non gli parve vero.Poi c'erano gli allocchi - del tipo intellettuali social-azionisti...maè il dettato della Costituzione...ma è un processo di maturazione democratica... ed altre baggianate - che diedero man forte con uno sprofluvio di articolesse sui loro raffinati giornali.I più anziani dovrebbero ricordare tutto questo e se tra quelli che le vollero sopravvive qualche onest'uomo, come , per es., qualche lamalfiano, costui dovrebbe avere il coraggio di ammettere il grande errore commesso.E iniziare una seria discussione per l'abolizione delle Regioni, a statuto ordinario o speciale che sia, e l'abrogazione delle norme costituzionali che le prevedono  e regolamentano (si fa per dire).

Per quanto riguarda Rizzo, ritengo che questa volta non abbia fatto un buon articolo. Infatti, pur sollevando un problema esistente, ha tralasciato di analizzarne le vere cause. Che non sono l'esistenza delle Regioni per se, ma il fatto che queste siano sostanzialmente irresponsabili degli introiti con i quali si finanziano. Per cui il loro problema era spendere per poi convincere lo Stato a stanziare in finanziaria le risorse. Sostenere che le regioni spendono tanto, mentre lo stato centrale è più virtuoso è falso, in quanto comunque i bilanci regionali erano fatti sulla base delle disposizioni delle finanziarie nazionali e della legge. Se fosse diversamente voglio vedere gli amministratori perseguiti penalmente e amministrativamente. Ma non mi pare stia avvenendo.

 

Molto più grave invece è la sua affermazione che chi voleva l'applicazione della Costituzione fosse un allocco. La Costituzione è la nostra legge fondamentale. Chi non la rispetta è un criminale alla stessa stregua, o anche peggio, di un borseggiatore o un evasore fiscale.

Coloro che si opponevano alla sua applicazione non erano dei galantuomini, ma dei furfanti.

Il problema non è stato fare le Regioni. E' averle fatte con 20 anni di ritardo.

Tra il resto chi le avversava poteva sempre proporre una modifica costituzionale, cosa mai avvenuta.

Ripeto, ignorare le leggi solo perchè non si viene perseguiti non rende meno disonesti. Soprattutto se a farlo sono i parlamentari, che invece dovrebbero dare il buon esempio.

 

Per riferimento leggere la peste italiana.

questo articolo è bellissimo! Condivido in toto questa frase: "il federalismo coinvolge quello che spendiamo, quanto spendiamo e quello che incassiamo". Una frase molto illuminante è anche questa: "la qualità ed il rapporto prezzo prestazioni dei servizi locali, che in un contesto federale sono molto più ampi e comprendono di solito scuola, giustizia, polizia, ambiente e sanità, deve essere sotto controllo proprio a livello locale".

Se si danno soluzioni concrete a realizzare questo, non dico che si cambia l'Italia, ma è un passo molto importante. E' fondamentale però definire COME si ovvia al mancato raggiungimento del controllo prezzo/prestazioni a livello locale. Questo è il punto!Soluzioni: benissimo il fatto che non ci deve essere qualcuno che ripaga tutto (lo Stato)...ma questo istituto del 'recall'...mah...nel senso: bellissimo ma può funzionare in Italia? quali sono gli espedienti che si utilizzano fuori dall'Italia?

e poi altra domanda: non dobbiamo semplicemente (ed unicamente..e necessariamente) cambiare la Costituzione per raggiungere questi obiettivi?

l'istituto del 'recall'...

 

Per quanto riguarda il come il federalismo già di per se lega i servizi e l'imposizione locale, permettendo un controllo più immediato di come i soldi vengono spesi.

Con la democrazia diretta poi vi sono evidenze che il controllo popolare diretto dia grossi effetti anche a livello di efficienza e efficacia della spesa pubblica.

Ovviamente sono necessarie modifiche costituzionali. Ma devono essere serie. Che appunto permettano un effettivo controllo dell'attività degli eletti. Per informazione oggi a Roma vengono presentate le firme per una iniziativa popolare in tal senso.

Sia con la democrazia diretta che con un ricorso diretto agli organi giurisdizionali quando gli organi elettivi si comportano "contra legem". Per ultimo per esempio le nomine nelle Autorità.

Per quanto riguarda il recall, è solo uno delle misure di controllo.

In Svizzera esiste la revoca per l'organo esecutivo, ma non è mai stato attivata.

Gli altri strumenti di DD sono più efficaci per garantire un comportamento dell'esecutivo consono alla volontà popolare e alla legge.

 

 

E' fondamentale però definire COME si ovvia al mancato raggiungimento del controllo prezzo/prestazioni a livello locale. Questo è il punto!Soluzioni:

 

 Alla base ci dobbiamo mettere la responsabilità e la trasparenza di chi governa. Poi anche il potere del cittadino di intervenire e di opporsi.

Responsabilità. Il fatto stesso che ogni spesa gestionale per compiti assegnati ad un livello di potere (es Comune) vada sostenuta integralmente con la fiscalità locale, senza possibilità di fare debiti implica la necessità di responsabilità ma anche una notevole limitazione dei danni. Nel senso che se si potessero fare debiti allora servirebbe una responsabilità maggiore. Debiti se ne possono fare solo a fronte di investimenti strutturali per la popolazione (scuole, ospedali, strade, strutture sportive) e a fronte di costi sostenibili (quelle opere poi vanno gestite ogni anno, dato che creano spesa).

Trasparenza. Ogni voce di costo, gestionale o di investimento, ed ogni relativo onere in tributi, va reso pubblico e trasparente. Uno strumento che vedo spesso usato in CH è quello della “commissione della gestione” organo presente in ogni comune ed a livello cantonale e che sorveglia sui bilanci e su ogni singola spesa, entrando nel dettaglio sia del costo (potrebbero esserci varianti più economiche) sia dell'opportunità vera e propria di sostenere quella spesa. I rapporti stilati da quella commissione sono pubblici e sono possibili rapporti di maggioranza e di minoranza. L'idea della CG mi ricorda quella di questi giorni di Alessandro De Nicola: “Agenzia delle uscite per battere sprechi e corruzione” solo che in un contesto federale ogni livello di governo che spende e tassa deve avere questa “agenzia”. Naturalmente anche il livello superiore può e deve controllare cosa viene fatto nei livelli sottostanti.

Potere dei cittadini. Ogni cittadino deve poter impugnare una scelta pubblica e chiedere che il popolo si esprima. Raccolte di firme per indire un referendum (senza quorum) sono prassi comuni sia a livello federale, cantonale e comunale ma proprio per questa possibilità i politici locali sono più attenti a non fare le cavolate più grandi. In certi casi il referendum è pure obbligatorio. Nessun tema è escluso. Poi c'è anche il recall, d'accordo (ed anche il voto con i piedi) ma come dicevano non è mai stato usato, almeno qui (in USA c'è il famoso caso della California). L'istituto della revoca, che vale solo per il potere esecutivo, nasce dove il popolo elegge direttamente il potere esecutivo stesso. Cosa che equivale ad un voto di fiducia. Giusto quindi che chi dà la fiducia, possa anche toglierla, in casi estremi. In Svizzera i governi comunali e cantonali sono eletti direttamente dal popolo (non solo il sindaco ed il capo del governo cantonale: tutta la giunta e tutti i ministri cantonali) ma non è obbligatorio che questo avvenga anche in Italia. Diciamo pero' che nell'ambito dell'autonomia locale una regione, una provincia o un comune potrebbero poter decidere di dare al popolo potere di revoca del potere esecutivo locale.

E’ molto difficile commentare quest’articolo. Federalismo come tanti -ismi è diventato una specie di religione è questo articolo mi sembra un manifesto d’amore verso di esso (e verso la federazione svizzera). Un credente vede anche il mondo in modo diverso ed è difficile comunicare con lui. Per esempio: nei commenti marcodivice ha cercato di parlare del fiume di denaro verso TAA (e il suo è un ragionamento fatto da un italiano: se TAA ha il 90% di tasse indietro e il Veneto il 45% vuol dire che TAA è una regione privilegiata (un po’ avanti di altre) nell’insieme Italia) e invece “i federalisti” ragionano come se lo stato centrale non esistesse: Ogni regione deve avere i suoi soldi indietro e quindi TAA è già apposto (non c’ e’ nessun fiume di denaro dallo stato) semmai è il Veneto che è indietro; alla fine per trovarsi d’accordo marcodivice parla di una cosa “federalismente” ovvia come “La Sicilia l’è una regione parassita” e che “devono essere interrotti tutti i flussi verso di lei” (io personalmente andrei avanti con la blasfemia visto che gli “Equalization payments” esistono anche in Svizzera, e quindi il federalismo potrebbe solo diminuire i trasferimenti siciliani…se siamo fortunati).

 

Come si è capito sono contrario al federalismo perché per me è un fumo che non permette di vedere i problemi del paese. Parafrasando i classici: “Federalismo è l'oppio per il popolo italiano in questo preciso arco temporale."  Il dialogo e' importante e cercherò di porre i miei dubbi in forma di domande, legandoli all’articolo in questione.

 

Ricordiamoci che “Italia is under attack” e i 10 punti di FLI sono i punti per salvarla.

 

1 dubbio.

Visti i discorsi sulla Sicilia, FLI, con il federalismo, vuole salvare tutta l’Italia o solo il Nord? Se parliamo dell’Italia, io non prenderei come esempio TAA, andrei un po’ verso il difficile che ne so… la Sicilia. Quindi come migliorerà la vita siciliana con il federalismo nel 2014? E qui servirebbero i numeri…

 

2 dubbio.

 

 “Un vero federalismo quindi implica la riscrittura della Costituzione nazionale e la comparsa di costituzioni locali che la integrino. Quando dico Costituzione nazionale dico anche la prima parte;..”

 

Come si dice l’appetito vien mangiando. E poi avanti:

 


“Chiarite le fonti di reddito delle sovranità locali le spese dipendono dai compiti che dette sovranità avranno e da come decideranno di svolgerli. Un "come" deciso democraticamente da cittadini consapevoli..”

 

Ecco ho un dubbio sull’arco temporale: siamo su una decina d’anni o di più? La storia conosce anche i metodi più veloci, e sono quelli che hanno bisogno di sangue. Ricantiamo “Fratelli d’italia”? Sono sicuro che Lei è un uomo pacifico quindi l’arco temporale va fino al 2984, ma comunque anche con tutto questo tempo come facciamo a convincere i siciliani a votare la nuova costituzione? Le dico subito che non credo nelle risposte del tipo “per un bene comune tutti…” .

 

3 dubbio.

 

 "i cittadini consapevoli che l'onere di quanto deciso sarà a loro carico.”

 

  e 

 

“Non può piacere a tutti, di primo impatto, soprattutto alla casta.”

 

Non richiedo come facciamo a fare i cittadini consapevoli, ma con quelli non consapevoli che ne facciamo? Certo nel 2984 dovrebbero essere pochi. E quanti sono quelli di casta? Anche qui le dico subito che mi sembra che “l’Italia è fondata sulle caste.”

 

4 dubbio.

Gli esempi:

 

Svizzera, USA, CH, Germania, Austria....Canada, Australia.

 

 Tutti i paesi di almeno “AAA” o “AA”.

Le speranze di Stefano Longano:

 

”DD… Speriamo non venga stravolto.”

 

Ecco secondo me: ”di regola le idee quelle brutte vengono realizzate in toto, quelle buone peggiorate.” Quindi io mi studierei i paesi come Argentina o Brasile (quando si parla di criminalità per esempio), per arrivare a quelli di prima. O Lei crede veramente che la frase:

 

“il federalismo svizzero adatto alla nostra cultura”

 

ci assicura dal punto di vista economico e sociale di non finire come la Malesia o la Russia (imagine: Calabria come una Cecenia is not possible?)?

 

5 dubbio.

La federazione svizzera. Ecco, faccio fatica a capire il perché la parola “federazione” sia una chiave di volta dello sviluppo economico attuale italiano (stiamo per salvare l’ Italia): Breitling sta in Svizzera perché è federale? Se non fosse federale andrebbe via? La frase di Stefano Longano sempre nei commenti:

 

” Inoltre lo sviluppo economico è superiore dove maggiore è la possibilità di partecipazione diretta dei cittadini, e minore è anche l'evasione se sono permesse iniziative popolari in materia tributaria.”

 

mi fa chiedere  come fanno sti cinesi senza federalismo? Miracolo o paradosso...
 
E cosi’ avanti: la questione di IVA e IRPEF, il terrore del sindaco di Portofino - la citta' vuota a causa del voto coi piedi….

 

Vero federalismo. Due parole. Perché due? Perché è diverso da federalismo una parola. Quale federalismo italiano una parola noi conosciamo negli ultimi 50 anni: il solito - quello parassitario. Ha due forme:

  • - regioni a statuto speciale (soldi statali in più (si si si, solo quelli del Sud per carità))
  • - il federalismo leghista (“Basta! Anche il Nord vuole non lavorare come succede al Sud. E se i soldi finiscono, la colpa è dei negher, dei terron, delle banche, dei tedeschi, delle donne….degli altri.”)

e quindi tasse, tasse , tasse.

Ecco: vendere una mer…a anche con l’aggettivo abbellativo, non è che cambia la sostanza. Lei non mi sembra un veditore di quel genere. Credo che Lei voglia dire che la parola VERO è un contenitore di tutte le cose nuove: VERO vuol dire: "Responsabilità, Trasparenza, Potere dei cittadini, Coinvolgente, Profondamente riconvertito…." Ho capito bene?


Quindi se è la parola VERO che conta, perché non si può fare un VERO centralismo? Quello con la “Responsabilità, Trasparenza, Potere dei cittadini, Coinvolgente, Profondamente riconvertito…" A? Senza rivoluzione (quella grande), senza sangue, anche visto che nelle idee siamo ancora al “carissimo amico…” Certo una roba meno spettacolare, più da lavoro, noiosa. Non sempre “I have a dream”, a volte serve “C’ho da fa”.

 

Io ho visto il punto 10 come il punto per raccogliere i voti della gente credente nel federalismo. Ho apprezzato anche il numero 10: il primo obbiettivo da dimenticare. L’Italia deve fare in fretta ed i punti importanti sono la prima tripletta. E quando per puro esempio si dovrà vendere ai tedeschi l’isola d’Elba è meglio non avere tra i piedi la palla del federalismo toscano, o no?

 

Il Suo articolo descrive un bellissimo sogno, ma non lo vedo né facilmente realizzabile, ne‘ cosi urgentemente necessario. E’ quindi va benissimo come manifesto politico: descrizione di un futuro lontano, ma glorioso, senza un numero dentro. Come articolo politico va alla grande.

 

Con la stima

Io non sono un convinto federalista, ma neanche contrario a prescindere, ma il genere di risposte che leggo qui non mi sembrano troppo convincenti.

Il commento sul TAA è irritante perchè ricevere servizi in quantità pari a ciò che si paga dovrebbe essere più o meno normale, sono gli estremi ad essere patologici, se la sottomisssione al malgoverno è tale da considerare la norma un privilegio siamo messi male.

Come facciamo a convincere i siciliani? Difficilissimo senza dubbio ma dal punto di vista dell'utilità o meno di una maggior resposabilità delle regioni sui propri conti è un argomento irrilevante irrilevante.

Cosa fare con i cittadini non consapevoli? Proprio a questo serve che, anche indipendentemente dal federalismo o meno ci sia trasparenza assoluta, io devo sapere che pago più irpef regionale, ma contemporaneamente chi spende i soldi che pago io li usa per pagare una sirigna 10 volte il prezzo di mercato, per fare un esempio, e a quel punto tutte le persone dotate di un minimo di cervello diventano consapevoli, ma si sa che volutamente la politica cerca di rendere impossibile al comune cittadino la conoscenza di simili aspetti , basta anche solo vedere come nelle buste paga dei comuni lavoratori dipendenti venga tenuto volutamente nascosta la parte di contributi pensionistici pagato dal datore di lavoro, in modo da far notare meno la differenza tra quel che spende il datore di lavoro e quello che prende il dipendente, e dato che le Cste prosperano nel buio della scarsa informazione l'idea che il centralismo possa essere trasparente è irreale.

Perè poi prende ad esempio Svizzera, USA, CH, Germania, Austria, Canada, Australia e non Russia Brasile, Argentina?

Forse perchè per adesso dal punto di vista della struttura e delle dimensioni dell'economia facciamo parte del primo gruppo, i soldi per gestire certesituazioni anche nelle regioni più povere ci sono ancora, se si pensa sia il caso di regredire uteriorimente non so, a me non sembra una buona idea.

Insomma i dubbi e i controesempi che leggo qui mi lasciano MOLTO più perpleso delle proposte iniziali, mi sembrano una difesa a priori di una situazione che DEVE essere risolta, quando l'economia va bene chi paga molte più tasse di quanto riceva come servizi può sopportare la situazione, ma quando il salvataggio di chi spende e spande comporta sacrifici pesanti non ci si può illudere che questo succeda senza nessuna reazione, e senza fare rivoluzioni nè cambiamenti sostanziali questo si risolverà nel peggioramento della vita per la amggioranza dei cittadini delle regioni arretrate ( chi vuoi che comperi Termini imerese di fronte ad una regione disastrata che rende aleatoria ogni previsione per il futuro ?)

 

Innanzitutto la ringrazio per l'attenzione.Come coloro che erano  contrari alle Regioni avevano previsto e detto e urlato (ricordo, per dire, che il prof.Manlio Ciardo, in polemica su questo con Ugo La Malfa, si dimise clamorosamente dal partito dell'Edera e condusse una serie di conferenze in tutta Italia) , l'attuazione dell'ordinamento  regionale ha comportato un mostruoso debito pubblico, ha dato una forte spinta al parassitismo e al privilegio  di furfanti e malaffaristi, ha  allargato a macchia d'olio la corruzione dal centro alla periferia, ha consentito e incoraggiato un abusivismo edilizio che ha irreparabilmente devastato il paesaggio , ha promosso e  favorito una sedicente e fallimentare industrializzazione a scàpito di più consone e adeguate opportunità e iniziative di sviluppo,  ha inserito fattori di disgregazione nella già debole coesione nazionale, ha creato una serie di cacicchi a livello locale che sembrano tante fotocopie della buon'anima di Bokassa.Insomma, un disastro colossale.Se i cittadini ne hanno ricavato qualche vantaggio, non so, su questo lascio a lei la parola.

Dicono i dizionari : allocco, in senso figurato, vuol dire uomo sciocco, balordo, goffo, stupido...comunque senza malafede.Lei dice di no : quelli che hanno sostenuto, incoraggiato, spronato, fiancheggiato i lupi e gli sciacalli con denti e dentiere digrignanti e pronti ad azzannare la carne di porco, non erano allocchi, macché...persone che hanno preteso giustamete che si attuasse la Costituzione etc.etc.Bene.Non erano allocchi.Erano persone che hanno operato con scienza e coscienza, cioè con ferma volontà e lucido intelletto e, quindi, con  perfetta conoscenza di implicazioni ed effetti, nonché intima e sentita convinzione perché si  elargisse questo bel regalino  all'Italia e al popolo italiano?

Ma guardiamo avanti.Propongo l'abolizione dell'istituto regionale.Qualcuno è d'accordo?

premesso che si discute di federalismo, e delle sue possibili virtù, e non del regionalismo e dei suoi concreti guasti, nel 1996 ti avrei risposto con entusiasmo "io ci sto!". 

Oggi invece sono piu' ... federalista e ti dico che dovranno essere i cittadini ogni territorio a scegliere la propria territorialità, intendendosi con essa la dimensione delle giurisdizione statale, subnazionale. Molto probabilmente in Sardegna ed in Sicilia per ovvi motivi storici sono fortemente attaccati all'idea di un'autonomia della propria isola. A loro non direi mai di abolire la regione, anche perché la ricreerebbero il giorno dopo. A loro oggi consiglierei che l'autonomia isolana (autonomia nei limiti precisi di una sistema federale) si attui con un sub-federalismo in tanti distretti o contee, cosi' come avviene nei 50 states e, cosa meno nota, nei länder tedeschi e nei cantoni svizzeri e che comunque metta il Comune alla base della piramide del potere.

 

Propongo l'abolizione dell'istituto regionale.Qualcuno è d'accordo?

 

In breve, sarei d'accordo se ci fosse un federalismo di tipo svizzero a livello provinciale. Certo le Regioni italiane nascono e si sviluppano male perche' la loro autonomia di spesa non e' collegata e responsabilizzata dalla necessita' di coprirla con entrate locali.

 

l'attuazione dell'ordinamento  regionale ha comportato un mostruoso debito pubblico, ha dato una forte spinta al parassitismo e al privilegio  di furfanti e malaffaristi, ha  allargato a macchia d'olio la corruzione dal centro alla periferia

 

L'Italia fin dalla sua formazione in Regno unitario e' stato costantemente uno Stato corrotto, con vaste aree parassitarie e di privilegio.  Non credo proprio che l'istituzione delle Regioni abbia cambiato la natura dello Stato italiano. Semmai la stessa cultura scadente e poco onesta che ha creato le istituzioni dello Stato centrale ha anche creato le istituzioni regionali in maniera sia stupida che disonesta, creando autonomie di spesa locale in teoria controllate dal centro (a sua volta corrotto) invece che dai cittadini ed elettori locali.

Per quanto riguarda la sua tesi, ossia che nelle regioni stia tutto il male possibile mentre il resto (Stato e Comuni) sarebbe meglio, si tratta di cosa ampiamente smentita dai fatti. Nelle regioni non vi sono politici mediamente peggiori, e nemmeno migliori, di quelli nazionali. O comunali per quello.

Non è che in regione vi siano dei piccoli Bokassa mentre in Parlamento sono tutti eredi di De Gasperi.

E se le regioni hanno potuto spendere e spandere è stato per "gentile" concessione delle finanziarie nazionali. E' li, in parlamento, la radice dei mali, non certo nelle regioni.

Con questo spero di aver chiarito il mio pensiero sul punto.

 

Ribadisco invece che chi pretende di non rispettare le leggi, in particolare quella fondamentale di una democrazia liberale, ossia la Costituzione, è un malvivente (se vuole riporto anch'io le voci di dizionario sul termine, ma sono sicuro che non serva), non certo un galantuomo.

 

Quando si inizia a decidere quali leggi rispettare e quali no solo perchè ci si sente al di sopra della legge si minano le base stesse della convivenza civile. Questo è cio che accade in Italia, dove la classe politica in primis si sente autorizzata a violare sistematicamente le regole che lei stessa approva. Ed è questo, non le regioni, che moltiplica la spesa, spinge al parassitismo e allarga corruzione e malaffare.

 

Riguardo alla domanda finale, credo che chiunque ritenga che la miglior organizzazione per lo stato italiano sia quella federalista sia per l'abolizione degli istituti regionali come concepiti e realizzati attualmente. Quindi anch'io.

 

Io ho una opinione in pò diversa in merito ai vantaggi del federalismo.

Quella generale lo trova nella possibilità di adattamento alle diverse esigenze locali.

 

Immagino sia vero, ma questo aspetto nasconde il vantaggio maggiore.

Che è il CONFRONTO TRA I DIVERSI SISTEMI GIURIDICI LOCALI, al fine di standardizzare in modo ottimale.

 

Esempio: se un sistema non funziona, e l'altro sì, i cittadini di quello che non funziona vorranno copiare qeull'altro.

E se non riescono a farlo, ecco pronto il consiglio federale per imporglielo.

 

E' un pò il sistema della concorrenza applicato ai sistemi giuridici.  Non sottovalutatelo perché è fondamentale.

 

Ecco anche perché un'organizzazione federale è l'unica via di uscita per l'Europa (ma per altre ragioni - ovvero il potere bancario -  fallirà lo stesso.  Ma questo è un altro discorso).

 

 

E se non riescono a farlo, ecco pronto il consiglio federale per imporglielo.

 

Io non credo nell'imposizione in un contesto federale se relativo ad un compito esclusivamente locale e quando, come da prassi federale, oneri ed onori ricadono escluscamente sulle spalle del cittadino/elettore/contribuente di quella giurisdizione, senza particolari esternalità.  Comunque tutto dipende da cosa sarà scritto nella Costituzione. Se sta scritto che si puo' fare, si puote. Da considerare ovviamente che la cosa proposta è un arma a doppio taglio quando a livello federale è in carica un governo di un certo colore e localmente uno di colore diverso o addirittura opposto.

 

Prima di tutto, mi complimento e ti ringrazio  della rapida risposta.

 

Probabilmente, hai ragione tu: se il livello di democrazia è sufficientemente "diretto", ognuno si porta in spalla le sue decisioni, e può indirizzare le scelte giuridiche senza dover ricorrere al potere federale

 

Il mio timore era che, se invece non fosse così, potrebbe succedere come in Italia: che, qualora la classe politica (locale) ostacolasse una riforma (perché in contraddizione con le esigenze del potere politico e delle sue clientele) sentita dai cittadini , questi potrebbero rivolgersi direttamente al potere federale (costituzione permettendo). Ma il livello di democrazia (locale) potrebbe rendere questo meccanismo non necessario.

 

Da un altro punto di vista, poiché il buon funzionamento giuridico locale è anche un vantaggio generale, quando un certo argomento diventa problematico per una certa regione-cantone (ad esempio: il servizio scolastico, quello giudiziario locale, o quello assicurativo-sanitario, etc.),  il consiglio o l'assemblea federale potrebbero decidere, per il bene comune, di "imporre" (in modo democratico, ovviamente - stiamo parlando della Svizzera)  criteri generali che  hanno invece dimostrato di funzionare bene per la maggiorparte  dei cantoni. La "maggiorparte dei cantoni" è infatti rappresentata dal Consiglio degli Stati.

 

Tu però proponi il caso in cui un certo colore politico, per questioni ideologiche, imponga certe misure a livello federale in barba al volere dei propri elettori e del vantaggio della maggior parte degli Stati.

 

Questo significherebbe un basso livello di democrazia a livello federale (od un alto valore della "demagogia" generale).

 

In conclusione, ti dò ragione. Meglio il perseverare dell'errore locale, piuttosto che il rischio di un errore generale, molto più difficile da correggere. Ti ringrazio per avermelo fatto notare.

 

Voglio però ripetere il concetto che ritengo più importante: quello di concorrenza tra sistemi giuridici. 

 

Ovviamente, lo stato di concorrenza esiste solo se poi il "consumatore" (il cittadino) può scegliere quale "comprare" (adottare). Poiché questa è una possibilità che è concessa solo da un approccio federale,  è meglio che la relativa Costituzione la agevoli esplicitamente con un elevato livello di democrazia.

 

Concordi?

 

Esiste la possibilità, per il cittadino, di ricorrere al giudizio del potere federale (giudiziario) per tutta una serie motivata di problemi inerenti un possibile contrasto tra decisione locale e principi federali. Ma è appunto un ricorso giuridico. Se poi la frequenza di ricorsi su un certo aspetto rendesse necessario rendere piu' chiara o stringente la norma federale oppure un adeguamento di quella locale vedo che di norma si è arrivati ad un adeguamento della legge nel livello appropriato.

Sul discorso della concorrenza di sistemi giuridici e sulla effettiva possibilità di scelte (e non  solo la potenzialità) segnalo che nella fucina delle idee che passano da questa parte nei laboratori liberali ne ho colto una che propone la compresenza nella stessa giurisdizione di piu' sistemi pubblici, a tema. Per esempio due sistemi scolastici pubblici, nello stesso distretto scolastico, con possibilità di scelta del cittadini di poter scegliere. Idem per esempio per la raccolta dei rifiuti, con confini distrettuali anche diversi e con piu' di due operatori. Il concetto è che la concorrenza e la possibilità di scelta possono migliorare a livello locale la qualità ed il suo costo senza necessariamente privatizzare il servizio.

Ma il contenuto del post è una proposta FiD o è l'opinione dell'autore?

Se fosse proposta di FID sarebbe apparsa nella rubrica "Fermare il declino " e non in quella "Qui è FLG".

In attesa di un prossimo articolo, sul federalismo fiscale, rilancio questo già aperto con un nuovo spunto di discussione.

Uno degli elementi principali da tenere sotto controllo nella spesa pubblica oggi è quello del costo del personale dello stato. Quantità del personale e stipendi dei singoli (manager in testa) sono oggi oggetto di spending review ma cosa succederebbe con un federalismo che si propone, da parte nostra, come "vero"?

La spesa per il personale è ingente; non sono bruscolini. Purtroppo mentre scrivo il sito RGS è in manutenzione ma nel caso darò numeri più precisi nei prossimi giorni. Siamo attorno ai 99 miliardi per lo stato centrale, enti di previdenza compresi, e 71 miliardi per le amministrazioni periferiche. In tutto il 10.8% del PIL, su dati 2011. A parte quanto previsto per le regioni a statuto speciale, statuti che non hanno ragion d'essere in un contesto federale, a meno che non siano legati ad accordi internazionali tra nazioni come nel caso del Trentino Alto Adige, oggi la situazione comune è la seguente: lo stato paga gli stipendi, lo stato decide l'importo. Giusto che sia cosi'. Chi paga, decide. Quindi stipendi unici da Catanzaro a Varese per ogni funzionario pubblico, che sia comunale provinciale, regionale o statale. Ma anche contratto unico e possibilità di mobilità tra territori diversi, visto che il datore di lavoro è unico. Cosa in periodi di vacche grasse comporta un discreto azzardo morale: localmente si decide di assumere, tanto paga pantalone grazie a generosi riversamenti dalla cassa comune, non solo al sud ma anche al Nord. Oppure comporta una limitazione delle risorse necessarie: mi serve assolutamente assumere ma siccome pantalone ora fa la cura dimagrante allora non posso. Quando si decide di tagliare, ogni operazione di forbice parte da Roma.

Ma in un assetto federale cosa dovrebbe succedere? Per prima cosa direi che è auspicabile che il rapporto tra spesa centrale e locale si inverta. Oggi è circa 58% statale e 42% locale ma in un contesto federale, con ampi compiti e responsabililtà locali, dovremmo arrivare ad un 60-65% periferico ed un 35-40% centrale (molto dipende dal costo del debito pubbilco nazionale, che però vogliamo ridurre il più possibile). Principalmente succederebbe che a regime ogni sovranità locale paga e decide. Retribuisce i suoi dipendenti sulla base delle sue risorse economiche, di un suo contratto di lavoro locale e di tutte le considerazioni inerenti il costo locale della vita e/o la produttività del distretto. Il che significa che lo stipendio del personale pubblico non sarà identico da Vetta d'Italia a Pantelleria ma sarà variabile nel territorio. Non in base a prefissate gabbie salariali ma variabile in funzione della produttività locale, a livello anche di singolo comune, e a come questa è in grado di fornire risorse economiche alle sovranità locali (ed uso sovranità invece di enti per sottolineare la differenza politica). Naturalmente questa impostazione federalistica sarà avversata dai sindacati, i quali perderanno potere se invece di poter lottare per un unico contratto nazionale con milioni di addetti saranno costretti a farlo su una ventina di fronti regionali e/o in centinaio di fronti provinciali e diverse migliaia di fronti comunali. Per loro sarebbe una Caporetto. Non per l'Italia.

Infatti questa è la situazione che permette di fermare il declino e innescare la crescita in un paese con forti differenziali geo-economici di produttività e costo della vita. Ricordo l'analisi di Campiglio sul costo della vita Nord Sud (che indicava differenze del 20-30%) ma se ci fossero dati più recenti, aggiornateci. Anche perché ritengo che da allora la situazione non sia affato migliorata.

Oggi lo stipendio medio-unico della PA va bene forse solo al centro italia. E' da fame nel Nord ed è un fior di reddito al Sud. Non vi è dubbio che al Nord in un contesto federale dovrebbero dare stipendi più alti ad insegnanti, dipendenti comunali e provinciali mentre al Sud farebbero meglio ad adeguare lo stipendio verso il basso. A meno che qualcuno qui non voglia sostenere con ricchezza di dati ed analisi che a Varese si spende come ad Enna e che si ha la stessa produttività. Ora cosa succederebbe se ad Enna stabilissero stipendi pubblici più bassi e commisurati al minor costo della vita e/o alla minore produttività? Principalmente che Enna potrebbe esigere, a parità di servizi, imposte piu' basse. Il che per cittadini e imprese non sarebbe questione di poco conto. Imposte inferiori richiamano imprese e lavoro, sia quelle "labour intensive" sia quelle di alto valor aggiunto e di elevata tassazione. Questo farebbe crescere la base impositiva delle zone più povere, invertendo una tendenza per ora decisamente opposta e abbattendo il sommerso. La riduzione della spesa di stipendi pubblici(a parità di organico) lascia spazio sia alla riduzione di gettito e pressione fiscale locale, sia a alla crescita della spesa per investimenti, se la località in questione fosse carente di strutture necessarie alla crescita della zona stessa.

Meno stipendi pubblici quindi equivale a più stipendi privati e più gettito fiscale. Va da sè che invece al Nord la necessità di adeguare stipendi pubblici ad un maggior costo della vita e ad una produttività localmente superiore potrebbe essere accompagnata da un inasprimento del prelievo locale, che come detto potrebbe anche essere il 60-70% del prelievo totale. Assisteremmo allora a qualche fuga verso il Sud? La domanda mostra perché un serio federalismo fiscale non è mai stato accettato anche nel profondo Nord, che ha preferito arrampicarsi sui vetri di improbabili costi standard. Qualcuno poi immancabilmente obietterà che la Sicilia oggi ha ampia autonomia e spreca risorse per alimentare alti stipendi, maggiori di quelli lombardi. Tuttavia abbiamo già chiarito che regionalismi e statuti speciali non sono equiparabili ad un federalismo a finanze separate, anche se questa separazione non è perfetta visto che esistono compentenze concorrenti (non esclusive) e quindi in qualche modo esistono sempre spese comuni tra livelli diversi. In ogni caso l'elevata produttività del nord consente buoni stipendi pubblici ed un calo della pressione fiscale, oggi eccessiva rispetto ai servizi ricevuti in cambio.

Come arrivare allora da una situazione in cui lo Stato decide e dispone per uno stipendio unico in tutto il territorio (cosa possibile anche in un contesto federale quando siamo in presenza di bassi divari geo-economici come nel caso della germania ovest pre-riunificazione) ad una in cui migliaia di comuni e centinaia di province dispongono per livelli salariali e fiscali diversi, adeguati alla realtà locale?

Lo pongo qui come problema, perché possiamo arrivarci di colpo, quando una giurisdizione chiede ed ottiene il passaggio all'assetto federalistico, così come possiamo anche pensare a tappe graduali, in cui lo Stato centrale (o una sovranità superiore) mantiene per alcuni anni il finanziamento di una base salariale "minima", per esempio 500 euro per ogni ULA. Importo che potrebbe decrescere gradualmente fino a zero o rimanere a certi livelli solo per quel personale che è legato a competenze concorrenti.

Comunque vada questo tipo di assetto (finanze separate in luogo di cassa comune) dovrebbe evitare ovunque il caso di stipendi eccessivi e di personale in esubero, soprattutto se ogni sovranità paga e dispone del suo personale come meglio ritiene e ne sopporta localmente le conseguenze fiscali.

A voi la linea!

Del federalismo, prima politico e amministrativo e conseguentemente fiscale, sono un acceso sostenitore. Anzi, sono convinto che sia l'unico modo di non spaccare l'Italia.

Un solo appunto, prima di parlare dell'argomenti dipendenti pubblici e relativi salari. Non metterei a priori una divisione di quale debba essere il livello impositivo federale e locale. Capisco che la tua stima sia fatta per una realtà ben funzionante come la Svizzera, e certamente ha un senso. Però è indispensabile prima definire quali siano le competenze del livello federale e quello delle entità che compongono la federazione. Tra il resto probabilmente queste saranno differenti in dipendenza del modello federale adottato. Ossia con una base federale fatta a partire dalle odierne regioni, o dalle provincie, come mi pare suggerisca tu nel tuo sito "vintage" :-).

Per  tornare alla tua domanda, si deve anche vedere come affrontare il problema della mobilità interna. Supponiamo si mantenga il principio che per accedere ai posti pubblici si debba passare un concorso. Condivisibile in linea di principio ma in Italia applicato, se applicato piuttosto male (per esempi recenti qui e qui). Un insegnante di Perugia che voglia concorrere ad un posto ad Asti, dovrà fare il concorso ad Asti, o si ritiene abilitato e può essere chiamato direttamente dalla scuola? La soluzione ovviamente esiste, per esempio fare in modo che tutti i concorsi siano semplicemente abilitanti, e che la posizione sia assegnata per chiamata diretta (o estrazione a sorte, che eviterebbe alla radice il "familismo amorale" :-).

Se funziona così, allora ogni entità (scuola nell'esempio) potrà selezionare il personale che gli serve, e tendenzialmente pagarlo quanto ritiene giusto. Chi, pur abilitato, non accetta il livello salariale della sua destinazione può restare dov'è.

E per i giudici? Utilizziamo lo stesso metodo? Oppure ogni entità ha i suoi, scelti con modalità differenti magari (che so, eleggiamo i pm? Sconvolgente per il nostro paese).

Teniamo come federali solo i tribunali di ultima istanza?

In sostanza, prima di affrontare il tema "i dipendenti pubblici li paghiamo differentemente se lavorano in luoghi differenti pur a parità di funzioni e responsabilità" dobbiamo vedere quale sarà la struttura federale, quali funzioni avrà, e come vengono finanziate. Per me in principio la risposta è si. Ma poi in concreto dipende.

Per concludere, credo tu abbia in mente già una struttura federale, di modello svizzero applicata alle provincie come entità "cantonali". La svizzera per altro è molto diversa da cantone a cantone. Chi ha letto le costituzioni a cui hai fatto riferimento avrà senz'altro notato che nei comuni di quei cantoni il consiglio comunale esiste solo se previsto dallo statuto comunale, altrimenti il potere legislativo è dell'assemblea dei cittadini. La struttura comunale anche è decisa comune per comune, e i comuni possono delegare le loro funzioni a organismi sovracomunali. Il cantone dell'Appenzello Interno non ha comuni, ma sei distretti, che non funzionano come i comuni degli altri cantoni. Votano le leggi nel landsgemeinde nell'ultima domenica di aprile (salvo sia Pasqua) (sono solo 15.000 per altro).

Ribadisco quindi che dovremmo discutere di forma federale, libertà di organizzazione interna, funzioni etc., prima di parlare degli stipendi.

 Egregio Francesco,

secondo me, è ora che pubblichi sul sito un nuovo articolo, perché il vecchio è un pò pieno.

Io ti suggerirei di aprire un dibattito sull'applicabilità dell'adozione (ostacoli, modalità, alternative).

Ti ho inviato sul tuo blog qualche nota che mi sono scritto, se necessitassi di una qualche fonte di ispirazione (ma forse anche no).

Non ho un blog ma solo una casella e-mail.

Comunque un nuovo testo è quasi pronto. Spero per fine settembre.

Scusami Francesco per il ritardo con cui intervengo ma non avevo notato l'uscita dell'articolo ad Agosto e il successivo ed intenso rientro al lavoro non mi hanno permesso di intervenire prima nella discussione. Spero di non essere "fuori tempo" massimo......

 

Come premessa è bene sottolineare, al contrario di quello che sostiene qualcuno, che il federalismo (fiscale) in italia non è mai esistito. Il meccanismo adottato di recente può definirsi "finanza di trasferimento". La regola attuale per l'autonomia locale è (se non de iure sicuramente de facto) : "io ti do i soldi, faccio gli affari miei e tu fatti i tuoi.....". Una tale struttura ha permesso una dipendenza/sudditanza centro-periferia favorendo l'ascesa della/e casta/e e una deresponsabilizzazione a livello locale che ha sfasciato numerose autorità locali. Per quanto riguarda l'assetto fiscale il sistema di ripartizione proposto (tasse dirette locali ed indirette statali) sembra ben congeniato anche se prevederei un'IRPEF federale qualora il gettito delle indirette non fosse sufficiente a coprire i "servizi federali" (assegnati al governo centrale) e finanziare un fondo di coesione per le infrastrutture (tipo quello europeo). Per il resto, il sistema potrebbe funzionare purché si determini degli standard minimi nell'erogazione dei servizi cantonali/regionali, o, come dici tu, "I livelli minimi, quando indispensabili, si fissano a livello di legge federale." Ad ogni modo, ritengo che gli aspetti solidali come la presenza di un fondo di coesione andrebbero meglio definiti. La stessa Svizzera ha un sistema di trasferimenti a scopo perequativo. Penso che i veri problemi stiano proprio nel definire la quantità e le modalità di trasferimento, con il rischio implicito di reintrodurre, seppur in misura ridotta, le perversioni della "finanza di trasferimento". Una delle proposte che suggerirei è la parametrazione del trasferimento ad un indice "di coesione" (come quello presentato sul tuo sito per misurare le differenze tra regioni ricche e povere all'interno di uno stato) che consideri in modo appropriato la maggior divergenza di tale parametro rispetto al valore elvetico. Fissato un tetto massimo di trasferimento non modificabile, se le differenze aumentano o diminuiscono anche il trasferimento dovrà essere proporzionalmente adeguato, incrementando o riducendo l'entità dello stesso. Si tratta di un trasferimento a "geometria variabile" che si modifica in base alle variazioni dell'indice senza mai superare il tetto prefissato. In pratica, il trasferimento viene commisurato alle effettive necessità; ciò significa che se le differenze tra le regioni si annullassero anche il trasferimento, non avendo più senso, dovrebbe seguire la stessa sorte. L'importante è depotenziare la discrezionalità di chi gestisce i fondi a livello locale affinchè l'utilizzo del trasferimento non si trasformi in una forma di potere e di gestione clientelare. A tal proposito, si potrebbe vincolare l'accesso dei fondi federali all'obbligo di cofinanziamento con risorse locali e al raggiungimento di alcuni parametri in termini di trasparenza in modo da evidenziare i costi causati dai comportamenti opportunistici degli amministratori locali; anche se, a mio avviso, i migliori metodi per controllare certi meccanismi perversi rimangono il limite al numero dei mandati elettorali e la democrazia diretta che rende certamente più onerosa e difficile la compravendita di voti. Molto interessante è l'aspetto connesso al costo del lavoro che è emerso nel tuo articolo in un settore particolarmente sensibile come quello della giustizia. Se le minor risorse a livello territoriale sono da ascrivere al minor costo del personale in alcune aree rispetto ad altre, non vedo alcun problema. La difficoltà è semmai la dotazione minima di mezzi e strutture per la giustizia che dovrebbe essere garantita ad un livello accettabile dal sistema federale. Il mercato del lavoro è però cruciale per lo sviluppo armonioso del Paese e in particolare per la riduzione delle differenze territoriali tra le varie aree. Il mio approccio non considera soltanto la sfera pubblica ma anche quella privata. Per comprendere il significato di questa affermazione basta far riferimento alla situazione attuale dell'Eurozona. L'EZ sta subendo forti pressioni perché non costituisce un'Area Valutaria Ottimale e le differenze nei tassi di inflazione stanno modificando i rapporti competitivi tra i vari stati, non controbilanciati da un adeguato trasferimento di risorse (l'UE non è al momento una federazione). Allo stesso modo, l'Italia, pur avendo un adeguato sistema di trasferimenti, non costituisce un AVO ed un sistema federale come quello proposto pur prevedendo un sistema di trasferimenti, potrebbe non essere sufficiente a ridurre sensibilmente gli squilibri. Ritengo che la soluzione ottimale sia rappresentata da una contrattazione regionalizzata/cantonalizzata ma coordinata a livello federale in modo da ridurre al minimo i differenziali inflattivi o ad ampliarli in modo da creare una sorta di svalutazione competitiva a favore delle aree economiche svantaggiate. In questo senso, il sindacato potrebbe avere una natura federale e svolgere un ruolo di rilievo. Considerando le differenze regionali per quanto riguarda il costo della vita non credo che sia un dramma se in alcune aree si guadagna meno di altre quando anche il livello dei prezzi è inferiore. Non sono invece contrario al finanziamento di investimenti attraverso bond locali, purché chi conduce alla bancarotta paghi in duplice modo (dal punto di vista personale ed istituzionale); già in passato avevo trattato questo aspetto in un'altra discussione sempre su questo forum sostenendo che un sistema federale può funzionare se vi è una chiara indicazione sia delle responsabilità personali, sia di quelle istituzionali noisefromamerika.org/articolo/usare-bene-bisturi-occorrono-endoscopi-efficienti-0. Interessante anche il discorso sul "federalismo dello 100 città"; in effetti, per il ns Paese una struttura cantonale sembrerebbe più adatta rispetto ad una regionale. I "campanili" sono ancora molto diffusi nonostante siano passati interi secoli e a dir la verità, sono piuttosto scettico sull'accorpamento delle Province deciso da Monti. Se poi teniamo conto che una delle migliori epoche da un punto di vista economico e culturale per l'italia è stata il periodo comunale la dice lunga su quale sistema sia più adeguato. Il problema è come regolare questo meccanismo; non vorrei che le 100 città divenissero, in seguito ad una spinta centrifuga, 5000 (se pensiamo alla degenerazione che abbiamo avuto con la creazione di nuove province a fini clientelari). In questo caso, il sistema diverebbe ingovernabile. Mi chiedo se in Svizzera hanno un sistema di controllo (requisiti minimi) onde evitare una frammentazione eccessiva.

grazie del contributo, su cui mi trovo ampiamente d'accordo.

Per quanto riguarda l'ultima questione, ... sì e no. No, perché ogni realtà si autofinanzia e quindi non esiste una convenienza particolare a suddividersi. Quindi non servono particolari paletti economici. Recentemente anzi ci sono tendenze in atto (almeno a livello di discussione attorno ad un tavolo) ad unire alcune realtà in un unico cantone. Sì invece perché ogni territorio ha diritto a due rappresentanti  per cantone (come per il senato americano) e proprio per frenare la spinta alla suddivisione dei cantoni in due per contare di piu' a Berna (avendo 4 rappresentanti) fu deciso costituzionalmente che cantoni che si suddividevano avrebbero formato "semi-cantoni" con un solo rappresentante cadauno. Il fenomeno è cessato. Poichè il nome dei cantoni è scritto nella costituzione e visto che la modifica della costituzione è obbligatoriamente soggetta a referendum popolare (con maggioranza di popolo e cantoni) anche questo è un "sistema di controllo". Nel 1979, recentemente rispetto ad un insieme federale che ha 700 e passa anni, è nato un nuovo cantone, il Jura, ed il popolo lo ha accettato come cantone a pieno titolo (due rappresentanti).

 

Le notizie di queste settimane sulle varie "Regionopoli" laziali, lombarde, piemontesi ed ora anche in EMR impongono di fare chiarezza sulla differenza tra il decentramento italiano (basato su regioni che eccedono nello spreco e nella spesa) ed il federalismo.  Il rischio è che il cittadino poco o male informato pensi che con il federalismo i guasti del decentramento aumenterebbero, moltiplicando i centri di spesa e di spreco.

Chi sa che non è vero (e quindi non solo il sottoscritto) dovrebbe contribuire a questa chiarezza.  Sto preparando un testo sul federalismo fiscale ma il tempo è poco e quindi sono in ritardo con la tabella di marcia che mi ero proposto.  Ma non ci sono solo io, vero?

Sono come al solito d'accordo con quanto scrivi, purtroppo sono in questi mesi sommerso dal lavoro per contribuire...  Le regioni italiane sono una parodia di quello che dovrebbe essere un federalismo serio.

è stato messo in risalto dalle ruberie nei consigli regionali, ma il problema non sta li, ovvero sta in quello che si mal gestisce e si ruba a fronte delle funzioni e delle deleghe che hanno le regioni.

 

L'europa stessa però finanzia e modula troppo attraverso le regioni (con pessimi risultati e ne dovrebbero ormai prendere atto), in un contesto italiano si ottengono degli impatti devastanti, più elevato è il volume di quattrini da gestire e più si riesce a mangiare di nascosto.

 

OVVERO LA CATTIVA GESTIONE NON DIPENDE PRINCIPALMENTE DAL NUMERO DI ENTI LOCALI MA DA COME ESSI GESTISCONO LA SPESA E DA COME ESSI SI AGGREGANO e/o FANNO CONCORRENZA TRA DI LORO NELLA BONTA' DELLA GESTIONE.

 

Se in Sardegna i soldi li avessero dati direttamente dati a 6 province più una o due aree metropolitane (anche autonome), molti sardi invece di emigrare o farsi pelare da un mutuo folle facendo i poveracci nella città, avrebbero avuto una possibilità in più: spostarsi in una provincia che spende meglio delle altre.

Caro Francesco, non sei solo. Mi sbaglierò ma ho la vaga impressione che qualcuno voglia approfittare di questo momento spacciando il sistema odierno (che ho già precedentemente classificato come "anarchia decentralizzata delle decisioni di spesa con sistema centralizzato di trasferimento delle risorse") come federale e che dichiarando che è peggiore rispetto al precedente (e lo è!!!), stia ipotizzando (in malafede) di tornare indietro. Qualcuno, a mio avviso, sta volontariamente nascondendo il vero problema nel funzionamento dell'apparato statale: il principio di responsabilità nella spesa. Chi spende deve sostanzialmente anche se non esclusivamente reperire le risorse necessarie. Fino a quando non si farà chiarezza su questo concetto, qualsiasi ipotesi federalista sarà accolta come inefficiente e fonte di spreco. Il problema maggiore nell'affrontare l'argomento non è di ordine economico bensì DEMOCRATICO.

Qui un'intervista a Paul Magnette, leader del partito socialista belga (francofono). Il Belgio è un caso interessante poichè è un paese ad elevato debito pubblico e con significative divergenze fra il Nord (Fiandre) ed il Sud (Vallonia). A differenza dell'Italia invece si è dotato fina dal 1993 di una costituzione autenticamente federale: il amo definirlo come paese del "federalismo reale".

Fra gli spunti di riflessione segnalo: il prof. Magnette (ha insegnato anche a Pisa) rivendica un riequilibrio della tassazione dal lavoro verso il capitale, ma attenzione: come risulta chiaramente la tassazione sui redditi di capitale è significativamente aumentata (es. imposta sugli interessi dal 15% al 25%) ma quella sui salari NON è diminuita. I programmi futuri del prof. Magnette  prevedono ulteriori inasprimenti, ad esempio sui capital gains che al momento  godono di forti agevolazioni ed anche una più efficace repressione dell'evasione fiscale, ma poche o punte riduzioni della tassazione sui contribuenti onesti. Il prof. Magnette medita anche un'imposta patrimoniale, attualmente non presente in Belgio, dove però esistono imposte di successione che possono arrivare anche a superare l'80%; nell'intervista non si accenna a ridurne le aliquote. La circostanza che le imprese in Belgio chiudano quasi altrettanto in fretta che in Italia non sembra riguardarlo: sorvola dicendo "così fan tutte".

La lezione che ne traggo è banalmente la seguente:  a) Nel pensiero europaeo socialista contemporaneo le nuove tasse non sostituiscono le vecchie, ma si aggiungono ad esse. b) La lotta all'evasione fiscale non serve a ridurre il peso gravante sui contribuenti onesti. c) Il federalismo non significa meno tasse.