0. Il senso di una campagna
Sempre più spesso riceviamo segnalazioni di concorsi universitari i cui esiti lasciano, diciamo così, "perplessi". Non possiamo promettere di riuscire a farlo sempre e sistematicamente senza dover cambiare lavoro, ma quando possiamo vale la pena contribuire a dare risonanza (quando ci pare che abbiano un fondamento e nei limiti delle nostre possibilità mediatiche) a queste segnalazioni, partecipando così a un'importante campagna di informazione e trasparenza. Il motivo è che crediamo che la comunità scientifica (chi fa ricerca) e i contribuenti (chi, in gran parte, finanzia la ricerca in Italia) abbiano un interesse comune nella meritocrazia del processo selezione degli accademici in Italia. Mettere a nudo (o dare spazio a chi lo fa) casi quantomeno "opachi" costituisce un'importante forma di controllo.
Più siamo a esercitare questa forma di controllo, più questa può avere risultati sorprendenti. Il "caso della Amedeo Avogadro" è l'esempio più recente. Siamo stati in tanti a mettere quel concorso sotto i riflettori e l'effetto è stato prima una pubblica dissociazione di uno dei commissari e poi la non approvazione degli atti da parte del Rettore, con l'invito alla commissione a riconsiderare la propria scelta. Se i candidati che hanno ritenuto di aver subito un sopruso avessero ingoiato il rospo come al solito, oppure se i riflettori fossero stati accesi ad atti approvati (se fossero stati approvati), allora niente di tutto questo sarebbe, probabilmente, accaduto.
Oltre a questo caso ci siamo occupati di un caso all'Università di Roma Tre e abbiamo dato volentieri man forte a chi aveva sollevato dubbi su un caso all'Università dell'Insubria. Dalle esperienze più recenti (Piemonte Orientale e Insubria) è nato un interessante vademecum a cura del gruppo "SECS team", che abbiamo volentieri pubblicato.
Per quanto questa forma di controllo sociale sia importante, il problema andrebbe risolto alla radice. Ma su questo torneremo con piu' calma. Veniamo prima ai due casi del giorno.
1. Università di Napoli Federico II, Filosofia del diritto
Il primo caso si riferisce ad un concorso per un posto a ricercatore a tempo determinato, ed è in sostanza simile ai casi già segnalati dei concorsi dell'università del Piemonte Orientale e dell'Università dell'Insubria. È avvenuto all'Università di Napoli, Federico II, ed i fatti, alquanto documentati e documentabili, sono brevemente i seguenti. Il concorso per un posto da ricercatore a tempo determinato in filosofia del diritto è stato vinto dalla candidata che è riuscita nell’ardua impresa di surclassare tutti gli altri partecipanti con il solo titolo di dottore di ricerca e la pubblicazione, proprio a ridosso della scadenza del concorso, di un volumetto all’incirca di cento pagine che riprende la sua tesi di dottorato. Direte: beh, che vuol dire? Magari gli altri concorrenti avevano ancor meno titoli e meriti della fortunata dottoranda che, tra un filosofeggiare e l'altro, s'è pure fatta una carrieruccia professionale: manco per sogno, credeteci.
Per farla semplice, la metteremo così: nessuno dei candidati (o dei commissari, se è per quello) è John Rawls (si tratta di un concorso per ricercatore, dopo tutto, anche se i commissari ricercatori non erano ...) ma almeno tre dei candidati, che la commissione ha scartato come meritevoli neanche di raggiungere il punteggio minimo previsto per l’ammissione (75/100), hanno pubblicazioni e citazioni dei loro lavori comparabili non tanto a quelle/i della vincitrice (che sembra essere nota fondamentalmente per la sua dedicazione alla legge nel mondo di Alice) ma del ... Presidente della Commissione! Il quale Presidente - tal Prof. Angelo Abignente - risulta essere maestro e tutor della vincitrice sin dalla redazione della tesi di laurea conseguita nel 2005, con 105/110, quando la vincitrice ha iniziato a collaborare con la cattedra di filosofia del diritto fino alla stesura della tesi di dottorato (2010). Ma si tratta, ovviamente, di pura coincidenza. Ci sono altre interessanti coincidenze. Il libro (si fa per dire) della vincitrice è uscito in una collana diretta dal medesimo Professor Abignente. La prova d'inglese (dovrebbe essere ovvio che un aspirante professore sappia l'inglese, ma il legislatore non si è fidato e forse ha fatto bene) è avvenuta, guarda caso, su un testo del buon Dworkin scelto dalla commissione e sul quale, ma guarda guarda caso, la vincitrice aveva lavorato in precedenza. Ma, ovviamente, tutto questo è per puro caso.
Se ci fosse lo spazio potremmo dedicarci a spiegare perché i criteri che la commissione ha utilizzato per attribuire i punteggi siano completamente ridicoli e stravolgano lo spirito e, a nostro avviso, anche la lettera del regolamento concorsuale. Ma lo spazio non c'è, quindi basta un esempio: un master svolto in Spagna dalla vincitrice (in questo posto qua) vale addirittura 9 punti rispetto ai 7 punti del dottorato di ricerca avente durata triennale. Il punto è che il barone di turno ha dato il posto alla fidata allieva di turno, con l’approvazione di una commissione che ha interpretato in maniera estremamente creativa i criteri oggettivi che il regolamento suggerisce (nel caso il barone di turno o la signorina vincitrice volesse/ro un confronto pubblico su dati, fatti, tacchi, dadi e datteri, siamo pronti a sostenerlo). Ed il rettore dell'università Federico II, il collega economista Massimo Marrelli, dicono abbia deciso che va bene così. Davvero va bene così, signor Rettore? Preferiamo non crederci e siamo certi che la cosa non sia ancora giunta alla tua attenzione. Faremmo il possibile perché ci giunga.
2. Università di Catania, Economia applicata
Il secondo caso, segnalato dai colleghi della Voce si riferisce ad un posto di professore di I fascia, settore SECS P/06, Economia Applicata all'Università di Catania. Il rettore, prof. Antonino Recca, ha annullato gli atti per due vizi di forma. Il primo è abbastanza assurdo. Quattro commissari su cinque si sono rifiutati di seguire un suggerimento del commissario interno, (nominato dall'Università di Catania), prof. Giulio Querini. La commissione avrebbe dovuto tener conto dell'asimmetria fra candidati giovani che usano metodi "formali ed astratti" e più anziani studiosi che usano metodi "tradizionali e realisti". A rigore questa distinzione dovrebbe portare a concorsi separati, con una valutazione comparata dei giovani fra loro ed una degli anziani fra loro, con assegnazione preventiva dei posti per classe di età/metodo. Una follia. Si capisce invece anche troppo bene la ratio nel caso specifico: far vincere almeno uno dei due professori associati della facoltà presentatisi che appunto avevano lavori di natura prevalentemente descrittiva. Dove sia il "vizio di forma" in questa valutazione indipendente dei commissari esterni lo sa solo il professor Recca. Ma sarebbe bello se lo spiegasse anche a noi.
Il secondo vizio di forma, invece, non è solo assurdo: è totalmente demenziale. Per capirlo bisogna spiegare come funziona in pratica il concorso. Ciascun commissario (professore di I fascia) deve scrivere un giudizio personale su ciascun candidato e poi la commissione deve formulare il giudizio collegiale, che determina l'esito del concorso. Ovviamente, i commissari preparano a casa propria un documento con i propri giudizi su ciascun candidato; poi la commissione si riunisce per scrivere i giudizi collegiali. Il verbale, con tutti i giudizi (da preparare in tre copie, tutte le pagine siglate da tutti i commissari, mi raccomando...) può essere organizzato in due modi
Struttura A | Struttura B |
Candidato A | Prof. Tizio |
Giudizio del prof. Tizio | Giudizio sul candidato A |
Giudizio del prof. Caio | Giudizio sul candidato B |
Giudizio collegiale | Prof Caio |
Candidato B | Giudizio sul candidato A |
Giudizio del prof. Tizio | Giudizio sul candidato B |
Giudizio del prof. Caio | Giudizio Collegiale |
Giudizio collegiale | Candidato A |
Candidato B |
Un ingenuo potrebbe pensare che le due strutture siano perfettamente equivalenti. In fondo, il pubblico vuole sapere cosa i vari commissari pensano dei concorrenti, sia individualmente sia collegialmente. L'ingenuo si sbaglierebbe. Nel caso in questione, la commissione aveva presentato un verbale secondo la struttura B ed il rettore ha opinato che la lettera della legge imponeva quella A. Quindi il concorso doveva essere annullato. Si noti: non doveva essere rifatto il verbale dagli stessi commissari, che presumibilmente sarebbero giunti alle stesse conclusioni. Bisognava proprio ricominciare da capo, addirittura dal sorteggio della commissione, nella speranza di sorteggiare quattro commissari più comprensivi verso le ragioni metodologiche dei candidati anziani e più attenti alla struttura dei verbali. Il TAR di Catania gli ha dato ragione, annullando il concorso un anno e 4 mesi dopo la sua conclusione.
Non crediamo siano necessari molti commenti. Proviamo solo ammirazione per l'inventiva dei baroni italiani. Date loro un regolamento e lo ignoreranno (caso Napoli), o lo utilizzeranno in maniera perversa a seconda dei loro fini (caso Catania). There is no straitjacket for Houdini.
Il realismo è importante, ragazzi. E da dove viene il realismo? Dalla tradizione, ovviamente. Come potrebbe un giovane, mancando della indispensabile conoscenza della tradizione, avere realismo? I metodi astratti, per definizione, non sono realistici. La conclusione vera è che ai giovani dovrebbe essere proibito di fare i concorsi. Anzi, di fare ricerca.
che mostrano sano realismo ed attaccamento alle tradizioni e non si lasciano incantare dalle sirene dei modelli astratti e formali di origine ameriKana