Assenze nella PA: aggiornamento annuale

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Avevo promesso di aggiornare i nostri lettori sulla dinamica delle assenze nella pubblica amministrazione almeno una volta l'anno, quando la Ragioneria Generale rende pubblici i dati amministrativi dell'anno precedente. Mantengo la promessa.

Si fa ormai fatica a contare le puntate precedenti sul tema (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7). Mi scuso per la poca fantasia, ma è importante non mollare la presa su questioni controverse come questa.

La Ragioneria Generale, dicevo, ha pubblicato a fine 2010, nel Conto Annuale della PA, i dati amministrativi relativi al 2009. Sorvoliamo pure sul fatto che mentre la raccolta e trasmissione di dati dalle amministrazioni locali a quella centrale è completamente informatizzata, ci vogliano 365 giorni ad aggregare (cioé a scrivere su un foglio excel =somma(A1:A7890)), elaborare e pubblicare i dati.

I dati del Conto Annuale mostrano una riduzione delle assenze per malattia nel 2009 rispetto al 2008 di 1,3 giornate per dipendente a tempo indeterminato (pari al 12,7%), una variazione simile a quella osservata nel 2008 rispetto al 2007, che era stata di 1,4 giornate per dipendente a tempo indeterminato (pari al 12,0%). Poiché le norme di Renato Brunetta sono entrate in vigore a luglio 2008, la velocità della riduzione delle assenze per malattia nel 2009 è stata la metà della velocità di riduzione del 2008. Questo rallentamento è normale perché esiste un livello sotto il quale le assenze non possono scendere, e quel livello viene plausibilmente raggiunto, diciamo così, asintoticamente.

La riduzione cumulata dall'introduzione delle nuove norme di Renato Brunetta nel luglio 2008 a dicembre 2009 è quindi pari a 2,7 giornate per dipendente a tempo indeterminato, ovvero il 23,1%. Questo numero è un po' più basso di quello stimato dal ministro mediante le sue indagini mensili, che a fine 2009 reclamava un -29,8%, e all'incirc in linea con il miglior studio che io conosca sul tema, che è quello di Francesco D'Amuri (Banca d'Italia) -- anche se le stime di Francesco si riferiscono (a causa dei limiti dei dati Istat) alla propensione ad essere assenti anziché ai giorni di assenza.

Fin qui i numeri, per la cronaca. Veniamo adesso a un po' di sostanza economica, che è più interessante. Gli economisti sono abituati a pensare che quando aumenta il prezzo di un bene (in questo caso il prezzo di un'assenza per malattia retribuita) i consumatori non solo ne domandano di meno (da cui la riduzione delle assenze) ma cercano anche di sostituirlo con un altro bene che soddisfi lo stesso bisogno ma il cui prezzo non è cambiato (in questo caso un'assenza per ragioni diverse dalla malattia, ma pur sempre retribuita).

Questo sembra essere, almeno in parte, quello che è successo. La figura qui sotto riporta le serie delle assenze retribuite per malattia e delle assenze retribuite per altre ragioni  (a esclusione delle ferie, che non sono interessanti perché pressoché costanti dal 2001 in poi) e la somma delle due, il tutto misurato in giorni per dipendente a tempo indeterminato.

assenze PA retribuite per malattia ed altre cause (1999-2009)

La figura mostra che, in effetti, le assenze per malattia e quelle per altre ragioni, retribuite entrambe, tendono a comportarsi, nel corso del tempo, come sostituti le une delle altre. Se escludiamo il 2007 (che sembra veramente essere un anno anomalo per le assenze per malattia) le assenze per altre ragioni aumentano quando diminuiscono le assenze per malattia e diminuiscono quando queste aumentano. La correlazione tra la serie rossa e quella blu è -0,64 (-0,82 se escludiamo l'anno 2007).

È vero che l'aumento delle assenze retribuite per cause diverse dalla malattia era già in corso dal 2003 e che non notiamo nessuna accelerazione (anzi notiamo un leggero rallentamento) dal 2008. Ma resta il fatto che anche le assenze per malattia erano già in corso di diminuzione proprio dal 2003 (per questo il 2007 è un anno anomalo) e che nel comportamento delle due serie durante gli anni rappresentati nella figura l'effetto sostituzione è assai evidente.

La morale di quest'anno, quindi, è che mentre Renato Brunetta cerca di trattenere i dipendenti pubblici in ufficio chiudendo la finestra, molti di questi riescono comunque ad uscire comodamente dalla porta senza perdere un solo euro di stipendio (e quelli che non ci riescono sono probabilmente quelli veramente ammalati che o l'euro lo perdono oppure vanno in ufficio a infettare gli altri).

Se calcoliamo infatti la variazione delle assenze dalla media degli anni 2005-2007 al 2009 (una sorta di media mobile de noantri, i raffinati perdonino lo scempio) troviamo una riduzione di 2,2 giorni per dipendente a causa di malattia e un aumento di 1,8 giorni per dipendente per altre cause retribuite. L'effetto netto sul totale delle assenze (0,4) è quindi pressoché nullo. Questo vuol dire che dopo un anno e mezzo (da luglio 2008 a dicembre 2009) di norme Brunetta sull'assenteismo retribuito la pubblica amministrazione spendeva più o meno lo stesso per far andare al lavoro lo stesso numero di giorni, in media, i propri dipendenti. I guadagni di efficienza in termini di ore di lavoro reclamati da Renato Brunetta, insomma, potrebbero non essersi materializzati (per la precisione, si sono contemporanemante ridotte di 1,2 giorni per dipendente, dal 2007 al 2009, le assenze non retribuite, come gli scioperi, ma questo ha poco o nulla a che vedere con le norme Brunetta).

Si tratta di congetture, naturalmente. È possibile che in assenza delle nuove norme le assenze per ragioni diverse dalla malattia (e dalle ferie) sarebbero aumentate comunque. Così come è possibile che le assenze retribuite per malattia sarebbero diminuite comunque, almeno di quella parte che sembra costituire il trend dal 2003 in poi. Insomma, qui tra un trend pre-esistente e un possibile effetto sostituzione l'effetto Brunetta potrebbe essere assai più magro di quello che il ministro continua reclamare. Senza contare che dopo due anni e mezzo non si è ancora visto uno straccio di valutazione costi-benefici dell'intera operazione "riduzione delle assenze nella PA". Va a finire che tocca a farla qui su nFA.

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Commenti

Ci sono 47 commenti

Beh, per capire meglio il costo totale dell'operazione Brunetta sarebbe interessante conoscere quanto hanno speso in più le varie amministrazioni in visite fiscali che sono divenute obbligatorie ad ogni assenza per malattia di un dipendente. Molte amministrazioni (per esempio quelle scolastiche) hanno sollevato il problema perchè sembra che costi di più la visita fiscale che la giornata del dipendente.

Vi risulta qualcosa al riguardo?

 

 

In effetti avevo letto questo articolo di Flavia Amabile, dove c'e' qualche dato (relativo alla vituperata scuola pubblica).

Le visite fiscali hanno per le scuole un costo medio di 36 euro circa. Il loro pagamento alle ASL non è eludibile in quanto si tratta chiaramente di amministrazioni diverse. Le scuole molto spesso, poiché dirette da persone non sempre all'altezza dal punto di vista della gestione finanziaria, non hanno i fondi a disposizione per pagare. D'altra parte i decreti ingiuntivi di pagamento nei confronti della singola scuola, intesa come entità autonoma, sono ridicoli in quanto le stesse non hanno beni pignorabili. Non possiedono l'edificio e tutto ciò che si trova all'interno serve ad erogare il servizio e quindi non può essere toccato.

Ho recentemente acquisito a tal proposito il parere del dott. Sergio Auriemma che è la massima autorità nell'ambito della legislazione scolastica (magistrato della Corte dei Conti) che si è raccomandato di non abusare delle visite fiscali e di utilizzarle quando ve ne sia il motivo, spetta infatti all'autonoma responsabilità del dirigente decidere in merito, valutando correttamente costi e benefici.

Inoltre faccio osservare che ormai nella scuola statale di ogni ordine e grado l'età media del personale a tempo indeterminato è la più elevata in Europa, credo superi i 50, è destinata a crescere ulteriormente per l'aumento dell'età pensionabile e più in generale per gli effetti della riforma Dini. La conseguenza è la presenza di personale portatore di patologie più o meno gravi o con la necessità di assistere congiunti invalidi (in genere i genitori). Questo conduce oltre che all'aumento delle assenze per malattia (vere, purtroppo) all'ottenimento delle garanzie contenute nell'art. 33 della L. 104 che prevede il diriitto insindacabile ad assentarsi per tre giorni nell'arco di un mese.

Per avere un'idea dell'incidenza di questa tipologia di assenze, nella scuola dove lavoro, su circa novanta docenti una quindicina fruiscono dei benefici della L. 104 e, a parte qualche eccezione, tutti prendono i tre giorni spettanti.

Per brevità non mi soffermo sulle altre possibilità, non legate alla malattia, che prevede il contratto in essere, permessi retribuiti, permessi orari, ferie con sostituzione ecc.

Non credo che rimanendo all'interno di questo sistema ci sia molto da fare, comunque appena possibile scatto una foto al manuale dedicato alla gestione delle assenze del personale della scuola, credo che la visione di quel mattone sia più significativa di qualsiasi discorso.....

in questa diminuzione delle assenze retibuite per malattia non si vede il tornaconto che potrebbe essere economico , derivante dalla riduzione degli organici per mantenere costanti le presenze ,  o di qualità , derivante da un miglior servizio prestato.

Senza uno dei tornaconti di cui sopra la riduzione dell'assenteismo comporta solo aumenti di costo : buoni mensa  e indennità di presenza ( Sicilia ) in più.

Pare che se in alcuni uffici postali un giorno si presentassero tutti al lavoro molti non si saprebbe dove metterli. 

 

 

Pare che se in alcuni uffici postali un giorno si presentassero tutti al lavoro molti non si saprebbe dove metterli.

 

Siccome siamo in Italia, e questo ritornello l'ho letto piu' di una volta, non vorrei che passasse il messaggio che va tutto bene cosi': ci sono cosi' tanti dipendenti pubblici che gli uffici sono troppo affollati, per cui e' meglio che ci sia un buon tasso di assenteismo ed e' sbagliato affannarsi a ridurre l'assenteismo.

Se e' vero cio' che scrivi sugli uffici postali, non solo Brunetta fa benissimo a combattere l'assenteismo, ma dovrebbe fare molto di piu', per esempio dovrebbe fare licenziamenti collettivi di dipedenti pubblici (o parastatali nel caso delle Poste) in esubero come del resto ha fatto pochi anni fa Tony Blair in Inghilterra.

 

Non sapevo che la Sicilia si distinguesse al punto da arrivare a pagare un'indennità di presenza ai dipendenti: puoi cortesemente postare maggiori informazioni?

Certo che, a quanto pare, è proprio vero: meno i danari sono tuoi, e più grande è la generosità .....

Caro prof. Zanella, sono più che d'accordo sulle conclusioni, cioè sulla sostanziale inutilità di fatto delle sbandierate riforme Brunetta.

Mi lasci però dire, essendo io un libero professionista frequentatore per necessità della PA, che è la ratio stessa delle riforme Brunetta ad essere demenziale.

E' ben vero che, mediamente, nella PA si lavora poco e male (lo constato frequentemente di persona), ma sarà difficile che le cose migliorino semplicemente chiudendo a chiave i dipendenti nell'orario d'ufficio, ancorchè malati o per altre ragioni impediti.

Efficienza e razionalità operativa si conseguono riorganizzando mansioni e attività, e dedicandovi le risorse umane ragionevolmente commisurate (nè il doppio nè la metà) e dotate dei giusti mezzi. Di questo le riforme Brunetta non parlano, e del resto nemmeno quelle Gelmini della scuola.

Trovare che con queste tecniche si è risparmiato uno zero e qualcosa percento manda in visibilio il Ministro, ma non cambia niente.

Non metto in dubbio che riformare la PA e la scuola, realtà da decenni incancrenite nella loro prevalente natura di sacche assistenziali, sia un compito titanico. Saremmo quindi più che ben disposti ad applaudire un Governo che facesse anche un passo millimetrico ma reale e misurabile in termini di efficienza.

Efficienza che non si misura col tasso di assenze, ma col numero dei giorni e nei costi professionali occorrenti ad ottenere, ad es., un permesso di costruire. A quando un'indagine su questi parametri? Riforme di facciata sono controproducenti, imbestialiscono i dipendenti che possono solo sfogare le loro frustrazioni sul cittadino-utente-contribuente. L'unico felice resta il Ministro.

 

Certo che non era affatto necessario aspettare la "verifica" delle statistiche (in realtà meri conteggi) per aver un idea dell'isterismo delle nuove norme anti-assenteismo introdotte dal ministro. certo che la dimensione manageriale del singolo reparto è stata drammaticamente "tolta" dalla responsabilità di ogni dirigente. è proprio in assenza di efficienza del dirigente che si verificano i casi piu assurdi di assenteismo.

Se poi  alla fine scopriamo che è il dirigente stesso a dare l'esempio, allora non bisogna stupirsi del risultato.

La questione dell'assenteismo non puo essere affrontata fuori dal confronto con i dati statistici del privato (cosa vogliamo fare? definire una performance in assoluto? o definire un valore attendibile, ragionevole?) ne tantomeno escludersi dalla questione manageriale. Il mito dell'assenteismo usato per evitare il "sovraffolamento" dei reparti è una altra cosa: cui siamo al livello di spreco di personale. Se un dirigente non è in grado di fornire un adeguata struttura di personale al suo proprio reparto, per eccesso, la dice lunga sulla sua propria efficienza.

 Questo doveva essere il vero progetto del ministro, immediatamente a ridosso del tanto sbandierato progetto assenteismo. Purtroppo, come tanti (è un attimo corregermi con "tutti"...) prima di lui, e come tanti dopo di lui, fa solo scena sparare parole e poi.... pfuitt!!! sparito nel nulla.

Dove sono i giornalisti che gli facevano la corte? dove sono adesso che dovrebbero andarci con i dati alla mano e chiedere, come minimo: "ministro, e adesso? embè? cosa vogliamo fare per fare meglio?"

Come sapete meglio di me...non c'è risposta pronta, ma se viene a mancare persino la domanda da fare...

 

 

Efficienza che non si misura col tasso di assenze, ma col numero dei giorni e nei costi professionali occorrenti ad ottenere, ad es., un permesso di costruire. A quando un'indagine su questi parametri?

 

A dire il vero indagini su questi parametri ce ne sono già ma forse non fa tanto comodo citarle. Ad esempio questi sono i tempi e costi per ottenere un permesso di costruzione in un campione di 183 paesi analizzati dalla World Bank.

Una considerazione: in un mondo che corre non basta migliorare da un anno all'altro, bisogna anche farlo più velocemente degli altri. Noi nonostante (o a causa) di RB stiamo ovviamente perdendo posizioni: questa è la pagella data all'Italia dal Doing Business Report 2011 della World Bank.

 

Chiedo venia per la pignoleria ma non posso trattenermi da fare un paio di critiche stilistiche al grafico qui presentato.

Da quel che leggo nel post deduco che i dati sulle assenze abbiano cadenza annuale. Ergo gli unici dati veri e popri riportati nel grafico sono quelli sulla verticale degli anni. Fra il 2006 ed il 2007 il numero di assenze non è cresciuto linearmente. Non è nemmeno cresciuto quadraticamente/esponenzialmente/logaritmicamente ecc. Molto banalmente, siccome i dati sono annuali, fra il 2006 ed il 2007 non ci sono punti che abbiano un qualche valore informativo. Tuttavia fare un grafico unendo i punti con delle linee conitnue lascia intendere che tutti i punti della linea abbiano uguale dignità e questo non è vero.

Per facilitare la comprensione di un grafico del genere da parte di un lettore mediamente incompetente in materia (come il sottoscritto) sarebbe stato infinitamente meglio graficare solo i punti corrispondenti ai dati e, eventualmente, unirli con delle linee sottili e/o tratteggiate come "guida per gli occhi".

Al prezzo di un paio di click in più sul vostro foglio di calcolo preferito avrete un grafico molto più leggibile e meno prono a faintendimenti.

Per facilitare la comprensione di un grafico del genere da parte di un lettore mediamente incompetente in materia (come il sottoscritto) sarebbe stato infinitamente meglio graficare solo i punti corrispondenti ai dati e, eventualmente, unirli con delle linee sottili e/o tratteggiate come "guida per gli occhi".

Jacopo, non mi pare una gran questione (cioe', quello che dici mi pareva sottinteso), comunque ti accontento (ho cambiato la figura) se questo aiuta la corretta interpretazione della figura.

Ci sono dati sulla natura di queste "assenze retribuite per altre ragioni"?

Articolo interessante. Le riflessioni statistiche sono basate su ispezione visiva dei dati o su analisi (tipo time series)? Non sarei d'accordo che il 2007 sia un dato anomalo, o almeno non lo sono se manca il conforto statistico: inoltre, dal tuo argomento sembra che tu consideri il dato come outlier rispetto al segmento di trend che l'ha preceduto, e non rispetto all'andamento generale, come mi pare necessario (es., il 2003 ha un dato simile al 2007). Se ho capito bene, suggerisci la presenza di un trend di diminuzione costante dal 2003 delle assenza per malattia, che però visivamente non sembra presente: gli anni 2004..2006 suggerirebbero piuttosto un plateau. Benché non possa giudicare della reale efficacia delle mosse di Brunetta, la diminuzione dal 2007 delle assenze totali sembra un vero effetto, nonostante le assenze per altri motivi, sul cui valore compensativo e sui limiti che ne derivano concordo con te. Mi sembra che accorpando i dati 2005-2009 si perda il cambiamento di trend, sempre se c'è, e quindi l'effetto di variazione delle assenze sembra minimo. Grazie dei dati e delle riflessioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo dati, comparabili con questi, relativi ai dipendenti di aziende private? Sarebbe interessante verificare se anche lì abbiamo degli incrementi relativi al 2003 e al 2007, dovuti chissà - a pensar bene - a epidemie influenzali particolarmente perniciose o - a pensar male - a combinazioni di calendario favorevoli alla realizzazioni di ponti (con un giorno di malattia mi faccio cinque giorni a casa).

E dati relativi alle PA di altri paesi da comparare?

Ma non, non pensiamo male Ardemagni! solo che nel privato, spesso, carico di lavoro permettendo e tendo conto dell'impegno dei propri colleghi, magari uno si gode il ponte, togliendosi un giorno dalle proprie ferie...

Penso che quelli che battono tutti, persino il ministro, sono i siciliani con l'indennizzo di presenza. Sembra una battuta da Caterpillar!!!!

Abbiamo dati, comparabili con questi, relativi ai dipendenti di aziende private?

Si, Marco, li abbiamo. Se apri il paper di D'Amuri che ho linkato nel post trovi il confronto pubblico-privato nella figura 2 a pagina 30. La fonte qui e' l'Istat, survey trimestrale sul mercato del lavoro, e ci sono alcuni "caveats" illustrati nel paper sulla non perfetta osservabilita' dei dipendenti pubblici in questi dati, ma il confronto e' abbastanza accurato.

Il punto sul quale battiamo da due anni e' proprio che ci sono (almeno) due cose da fare per calcolare l'effetto delle nuove norme: primo, depurare da un trend sottostante nella PA; secondo, secondo, depurare dal trend comune con settore privato. Il paper di D'Amuri fa esattamente questo e infatti sembra trovare un effetto un po' piu' basso (anche se, come ho spiegato, guarda alla propensione ad assentarsi).

E dati relativi alle PA di altri paesi da comparare?

Si, ci sono anche questi. Guarda la tabella 1 a pagina 2 in questo paper.

È vero che l'aumento delle assenze retribuite per cause diverse dalla malattia era già in corso dal 2003 e che non notiamo nessuna accelerazione (anzi notiamo un leggero rallentamento) dal 2008. Ma resta il fatto che anche le assenze per malattia erano già in corso di diminuzione proprio dal 2003 (per questo il 2007 è un anno anomalo) e che nel comportamento delle due serie durante gli anni rappresentati nella figura l'effetto sostituzione è assai evidente.

Se per assenze retribuite intendiamo, anche, i rol, i permessi per riduzione di orario di lavoro, è possibile che l'andamento della "linea blu" sia stato influenzato dall'introduzione nel 2003 del Decreto Legislativo n. 66 in "Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro", dove si introduce l'obbligo da parte del datore di rimborsare entro una tempistica prestabilita i giorni di assenza dal lavoro maturati e non goduti, mentre prima, non era proprio così.


 

è possibile che l'andamento della "linea blu" sia stato influenzato dall'introduzione nel 2003 del Decreto Legislativo n. 66 in "Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro", dove si introduce l'obbligo da parte del datore di rimborsare entro una tempistica prestabilita i giorni di assenza dal lavoro maturati e non goduti, mentre prima, non era proprio così.

Non capisco. Intendi dire che dal 2003 un dipendente puo' scegliere se prendere un permesso retribuito oppure andare a lavoro rinunciando al permesso e farsi pagare di piu'? Be', in questo caso la linea blu dovrebbe, quantomeno, non salire.

 

 

Credo che oggi Brunetta abbia parlato di voi da Giannino (minuto 17:30 circa)

Poco pragmatici, che dall'estero non possono capire bene quel che succede... o sono loro oppure Brunetta, e prima di lui la Marcegaglia, hanno degli "amici" immaginari.

Cavolo ma "noisefromAmerika" è un nome così difficile da ricordare? Oppure non vogliono farvi troppa pubblicità?

Confermo,

l'ho sentito oggi.

Propaganda allo stato piu' puro.

Ha detto che ha ridotto l'assenteismo del 35% mentre quei poveretti degli inglesi hanno un obiettivo di riduzione del 2-3% ed altri il problema non se lo sono proprio posto.

E che adesso fanno la fila per venire a imparare da noi.

Giannino, che in genere mi piace abbastanza, in queste occasioni con rappresentanti governativi tace ed ascolta in religioso silenzio.