Avvocati, tariffe minime e cultura antitrust.

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L'abolizione delle tariffe minime degli avvocati va a vantaggio degli avvocati più giovani, nonché naturalmente della collettività. Questo semplice fatto viene sorprendentemente misconosciuto nientepopodimeno che da un ex presidente dell'antitrust.

L'ex presidente dell’antitrust in questione è Giuliano Amato, il quale dichiara che fu un errore abolire le tariffe minime. Così afferma:

 

Nel 1997 ho sottoscritto l’ indagine conoscitiva Antitrust che chiedeva, tra le altre cose, l’abolizione dei minimi tariffari vincolanti, per favorire l’ingresso dei più giovani nel mercato dei servizi professionali. Ebbene, ho appreso dall’esperienza che l’abolizione dei minimi ha consentito ai clienti in posizione dominante relativa di mettere in ginocchio i giovani avvocati.

 

Cerchiamo di capire. Cosa significa posizione dominante relativa? Cos'è una posizione dominante un ex-presidente dell'antitrust lo sa, o perlomeno lo dovrebbe ricordare. Per chi lo ignora significa che uno o più soggetti detengono potere di mercato, ovvero sono in grado di praticare prezzi più elevati dei loro concorrenti senza con questo perdere domanda. Oppure, se vista dall’altro lato del mercato (precisamente quello che ha in mente Amato) si chiama potere dell’acquirente, ovvero la capacità di ottenere prezzi ben al di sotto di quelli normalmente praticati da chi offre quel bene o servizio. Ma in questo caso di chi si tratta? Delle grandi imprese, dice Amato. Quante sono? Svariate migliaia, perlomeno; e sparse per ogni dove del nostro amato paese. Chiunque abbia una minima dimestichezza con le questioni antitrust sa che con questi presupposti non si va da nessuna parte, e questo Amato lo sa bene, ed è per questa ragione che il fenomeno non ha mai attirato l’attenzione dell'antitrust. In fondo, mal che vada (per il produttore) il potere del compratore spinge il produttore a praticare prezzi di concorrenza perfetta, erode il suo profitto. Crediamo sia ovvio a tutti (tranne ad Amato, che fa finta di averlo dimenticato) perché non c’è da preoccuparsi se la rendita monopolistica di un produttore viene dissipata.

Quanto poi alla bizzara nozione di “posizione dominante relativa”, se gli si da il significato anglosassone di superior bargaining position, torna utile questo rapporto, dal quale si apprendono diverse cose:

  1. 24 paesi su 32 non hanno alcuna norma antitrust di quel genere;
  2. Tra quelli che ce l’hanno, ci siamo anche noi (hurrà), con il nome di abuso di dipendenza economica, però non abbiamo mai applicato la norma (vedi appendix B del rapporto), chissà, magari se Amato fosse rimasto all’Antitrust lo avrebbe anche fatto;
  3. Gli unici a intervenire vigorosamente sono la Corea e il Giappone (più del 98% dei casi).
  4. Per chi voglia andare direttamente al succo della questione, e del perché, normative di tal genere sono una fesseria controproducente, si suggerisce di leggere pag. 17, che riporta le valutuzioni Gran Bretagna e Stati Uniti.

Dopo aver così ordinato i concetti, il punto di Amato risulta chiaro e può essere illustrato semplicemente. Il fenomeno che ha in mente è che il potere di mercato dei clienti è esercitato rispetto solo verso alcuni avvocati (i giovani sconosciuti) ma non rispetto ad altri (vecchi affermati). Questo vuol dire che le condizioni di offerta degli avvocati sono diverse, i vecchi riescono a farsi pagare di più per quei servizi nei quali l'esperienza paga. Ma i servizi professionali degli avvocati sono variegati: da quelli nei quali l’esperienza conta molto a quelli nei quali non conta nulla. Senza i minimi tariffari i giovani possono iniziare a fare concorrenza selvaggia sui secondi, dove i vecchi non possiedono vantaggi competitivi. La presenza dei minimi tariffari, invece, preserva anche questa fetta di mercato a vantaggio dei vecchi (si potrebbe obiettare che i giovani un giorno diventeranno vecchi e quindi potrebbe essere nel loro interesse preservare la rendita; ma questo non è il punto che Amato ha in mente, speriamo).

Ne consegue che i minimi tariffari non sono una gran trovata per i giovani avvocati. È infatti facile vedere cosa succederebbe se questi venissero reintrodotti: il denaro che attualmente “i clienti in posizione dominante relativa” risparmiano tornerebbe ad essere incassato dagli avvocati, e in prevalenza da quelli vecchi.

Conosciamo bene le obiezioni all'argomento che il minimo tariffario vada abolito, o almeno, alcune di esse.

  1. “Viene meno la dignità della prestazione”. Ci sembra un’affermazione abbastanza fumosa. Che vuol dire, concretamente? Ci sono fior di avvocati che non si pongono il problema delle tariffe minime per il semplice fatto che sono perfettamente consci del valore della loro prestazione. Essi offrono un servizio qualitativamente alto e, come tale, se lo fanno giustamente remunerare. I “i clienti in posizione dominante relativa”, quando hanno un vero problema, vanno da loro e non ragionano certo in termini di “tariffe minime”.
  2. “Il consumatore si prende delle fregature, perché se l’avvocato va sottotariffa, vuol dire che non può fare seriamente il suo lavoro”. Chi lavora nel settore sa benissimo che le fregature c’erano anche prima. Anche prima c’erano gli avvocati bravi ed i cialtroni, come in tutti i settori. Oltretutto, è inutile nascondersi dietro un dito: specie al Sud c’erano già prima della loro abolizione, avvocati che, per necessità, andavano sotto la tariffa.

Vediamo, invece, in che modo l’abolizione delle tariffe può portare dei vantaggi al cittadino/consumatore e, in generale al “sistema Italia”, oltre che ai giovani avvocati. Se il cittadino/consumatore è avveduto, può, ad esempio, scegliere sulla base di preventivi. Vi sono prestazioni legali che, di fatto, sono di risultato. Per esempio un’interdizione di persona in coma vigile. In questi casi uno potrebbe scegliere l’avvocato più conveniente. Forse non tutti i comuni cittadini sono abituati ad agire in questo modo. Ma sicuramente lo è un l’imprenditore e, in generale, “i clienti in posizione dominante relativa” di cui parla Amato. Questi, “clienti in posizione dominante relativa” spesso sono grandi imprese, banche o assicurazioni, imprese anch’esse, che hanno numerose cause semplici e seriali e che, grazie all’abolizione delle tariffe, hanno potuto abbattere i costi.

Si dirà: è una mera redistribuzione dagli avvocati alle grandi imprese, il cittadino non ne trae vantaggi. La cosa può essere vera, ma non necessariamente. È vera se l’abbattimento dei costi si traduce in un semplice aumento dei profitti e non in un abbattimento del costo dei servizi erogati da queste imprese. Ciò avviene perché anche i servizi bancari ed assicurativi sono poco trasparenti e prodotti in mercati oligolopolistici. Ma allora basta fare in modo che questi mercati diventino più concorrenziali e trasparenti! L'Italia è un paese poco competitivo, questo è noto. Tra le cause vi sono proprio i maggiori costi che le imprese italiane devono sostenere rispetto a quelle della maggioranza dei paesi anche UE. Se, quindi, attraverso l’eliminazione delle tariffe minime, le imprese possono ridurre i loro costi, si fa un passo, seppur piccolo, verso un aumento di competitività.

Come abbiamo facilmente dimostrato, l’abolizione delle tariffe minime può comportare dei vantaggi proprio per quei giovani avvocati che, a dire di Amato, sarebbero condizionati dai “clienti in posizione dominante relativa”. Anche qui è inutile nascondersi dietro un dito. I “clienti in posizione dominante relativa” non andavano dal giovane avvocato per il semplice fatto che non avevano convenienza a farlo. I “clienti in posizione dominante relativa”, avevano avvocati affermati, dotati di “entrature” e “strutture”. Adesso il giovane avvocato può sottrarre questi clienti a questi avvocati proprio grazie alla possibilità di praticare altre tariffe e, con ciò, accedere ad un mercato che prima a lui o lei era precluso. Per l’avvocato giovane l’abolizione delle tariffe minime è un’opportunità, non certo un danno, come sostiene Amato.

Concludiamo con un aneddoto. Tra le tante cause che hanno portato l’Italia nelle condizioni in cui si trova, vi sono i molteplici interessi corporativi, ormai lo sanno anche i sassi. Le tariffe minime furono abolite da Bersani, con le famose lenzuolate, prima che facesse di Fassina il suo “esperto economico”. Con quel provvedimento Bersani si inventò le parafarmacie. Uno di noi è solito passare le vacanze in un paesino della provincia di Taranto, profondo Sud, martoriato dal sottosviluppo e dalla disoccupazione. Nel 2007, una intraprendente farmacista, ha aperto una parafarmacia. Adesso vi lavorano in tre. Tre posti di lavoro creati e prezzi più bassi per i consumatori senza aver speso un euro in “politiche industriali”, senza aver introdotto una tassa, semplicemente riducendo, e nemmeno abolendo, un privilegio corporativo. Davvero, prof. Amato, liberalizzare è contrario all'interesse della parte più debole del mercato?

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Commenti

Ci sono 49 commenti

Questo post dà a chi non ne sa abbastanza argomenti forti per sostenere qualcosa che intuitivamente era già abbastanza evidente. Comunque credo che la liberalizzazione in questo settore stenti a passare a causa del notevole numero di avvocati sia  nei due rami del Parlamento, in particolare nel centro-destra, sia nella constituency del centro-destra.

Ho condiviso l'articolo su FB per stimolare la discussione con un po' di amici praticanti. Si è concluso che l'abolizione dei minimi dovrebbe andare di pari passo con la possibilità di pubblicizzare le tariffe, altrimenti fare concorrenza sui prezzi diventa difficile.

Riguardo l'obiezione N° 2, per la quale "il consumatore si prende delle fregature", è chiaro che con tariffe minime non si risolve certo il problema, anzi spesso il consumatore si becca lo stesso la fregatura ma paga di più per averla!

 

È interessante che negli US abbiano proliferato negli ultimi 5 anni diversi servizi Web-based che offrono recensioni e ratings di professionisti, fatti da utenti in modo C2C. È in sostanza lo stesso modello di servizi online che, come Tripadvisor, offrono valutazioni di ristoranti ed alberghi, applicato però a medici, avvocati, elettricisti, ecc.. L'azienda leader di questo settore riesce persino ad ottenere un canone d'abbonamento dai suoi utenti, altre vivono grazie all'advertising.

Se è vero che un utente, non essendo necessariamente un esperto del tipo di professione che recensisce, può sbagliare e riportare un'impressione errata della qualità del servizio ricevuto, sui grandi numeri (decine e decine di recensioni per uno stesso professionista) queste piattaforme offrono un discreto indicatore di performance.

 

Ecco, magari se qualcuno è in cerca di un'idea per una nuova attività imprenditoriale in Italia... ;) Attenzione però, che anche negli US c'è stata una levata di scudi (nel loro caso dei medici, degli avvocati non ho notizie).

Se l'applicazione delle tariffe liberalizzate avviene in modo trasparente (in questo senso, concordo con quanto scritto da Vincenzo Pinto) allora si potranno anche verificare degli effetti favorevoli in capo al soggetto-cliente.

In particolare, se ciò avvenisse, si potrebbe generare un effetto di portata sistemica in grado di determinare una ristrutturazione della stessa professione forense (portando gli studi legali a strutturarsi come imprese) e vi sarebbero indubbiamente dei vantaggi in termini di costi per il cliente (privato o impresa che sia).

Tuttavia è giusto anche essere onesti, e dire che tale situazione comporterebbe una selezione molto netta all'interno del settore, a vantaggio dei grandi studi.

Nell'ottica di favorire l'entrata dei giovani nel mondo professionale, quindi, l'abolizione delle tariffe è un elemento interessante, ma non è detto che si ripercuota necessariamente a loro favore. Se vi sono giovani che hanno mezzi e disponibilità economiche in partenza, ciò può essere senza dubbio un punto a favore: questi potranno - con uno studio appena aperto e un piccolo numero di collaboratori e dipendenti -  essere aggressivi sul mercato dei servizi legali, acquisendo posizioni di rilievo.

Per gli altri, tuttavia, ciò potrebbe paradossalmente risolversi in un destino di subordinazione alle dipendenze dei proprietari di questi grossi studi.

Per questo, occorre disciplinare assolutamente il rapporto di lavoro dell'avvocato-dipendente, e finalmente parificarlo a quello di un qualsiasi lavoratore dipendente (stavo per scrivere comune mortale). 

Bene che la professione venga smossa e si generi più concorrenza. Si venga però incontro anche alle istanze dei giovani avvocati che, in maggioranza, non chiedono di poter assurgere a chissà quali rendite: chiedono semplicemente di non essere sfruttati. 

Probabilmente hai ragione sul fatto che certi grandi studi sarebbero in grado di organizzare un sacco di servizi a prezzi molto competitivi.E mi sembra un' ottima cosa.

Ma in primo luogo avranno bisogno di personale per fornirli (leggi: giovani avvocati) e non potranno competere sul solo prezzo col neolaureato che lavora da casa.

Chi ci perde sono le vie di mezzo: i piccoli studi individuali o familiari ben avviati. E pure qui non vedo nessun problema: se sono capaci troveranno il modo di stare sul mercato specializzandosi, associandosi o quant'altro. Se no chiuderanno, come capita ad ogni azienda non competitiva.

Secondo me si dovrebbe smettere di riconoscere un valore morale superiore alle professioni come l'avvocatura.Quello che intendo dire è che in Italia si discute molto (anzi troppo) sui guai causati agli avvocati dall'abolizione dei tariffari minimi (o di quelli che causeranno i soci di capitale nelle società di professionisti) e non ci si rende conto che l'avvocato è un professionista tanto quanto l'ingegnere elettronico o il traduttore, che, sebbene siano professionisti degnissimi, non hanno mai goduto di privilegi particolari (minimi tariffari, pianta organica, escusività dell'esercizio della professione, ecc...).

Allo stesso modo toccherebbe rendersi conto che lo scopo dell'ordine è quello di garantire a un "profano" che il professionista iscritto all'albo è una persona valida e non un cialtrone. Questo si ottiene radiando i cialtroni, non con i minimi tariffari che servono solo a garantire un reddito alto agli avvocati a scapito del resto del Paese. Pare, almeno a un "profano" come me, che l'ordine abbia radiato pochissimi cialtroni (io almeno ne ho incontrati da riempire un albo parallelo, ma saremo sfortunati a Roma e provincia) e che si sia concentrato su politiche di "casta" (sbaglio se dico rent seeking?).

Le uniche professioni riconosciute in Italia sono quelle nate prima del regno di Carlo Magno (vetturino, medico, avvocato, farmacista, notaro, ecc...), per questo il nostro Paese rimane fermo all'alto medioevo. Non sarebbe meglio eliminare tutti i privilegi di queste categorie, metterle sullo stesso piano delle altre e diventare un Paese moderno? (Ovviamente lasciando le regolamentazioni necessarie alla tutela della clientela, perché non auspico un mondo in cui io domani mattina possa millantarmi cardiochirurgo)

Sono un avvocato del libero foro in una piccola cittadina della provincia italiana. I miei genitori non sono avvocati e l'unico avvocato nella mia famiglia era un prozio, morto quando avevo tredici anni, che, peraltro, non ha mai esercitato, occupandosi di varie altre cose. Eppure ho aperto un piccolo studio di mia proprietà e, bene o male, riesco a vivere nonostante la crisi.

 

Faccio parte pertanto del proletariato forense e, avendo cominciato a conoscere il mondo dell'avvocatura soltanto ventuno anni fa come praticante, faccio parte della schiera dei giovani, che dovrebbero ricavare grande vantaggio dall'abolizione dei minimi tariffari.

 

La mia modesta esperienza, maturata tuttavia nella vita reale e non nell'accademia, mi suggerisce la seguente unica conclusione: ritenere che l'abolizione dei minimi, piuttosto che dei massimi tariffari o delle stesse tariffe nel loro compelsso o la riforma delle medesime, possano in qualche modo modificare l'attività forense o i rapporti con i clienti, dominati o sottomessi, realtivi o assoluti che siano, è indice o di una abissale ignoranza circa il mondo dell'avvocatura o di una sfacciata malafede.

 

Soltanto chi nulla sa di che cosa sia fare l'avvocato, trattare con i clienti e mediare fra questi e la giustizia, oppure è ben deciso a vendere fumo e a promettere di cambiare tutto per non cambiare nulla, può fare affermazioni simili.

 

Tanto vigente il vecchio tariffario, quanto applicando il nuovo sistema (ho sulla scrivania la bozza del regolamento del ministro della giustizia sui nuovi parametri per la liquidazione delle spese giudiziali), i valori tariffari (massimi e minimi) sono del tutto aleatori, legati unicamente alla buona fede (sperabilmente), se non all'arbitrio (il più delle volte) e spesso all'abuso (purtroppo) delle parti interessate (avvocato e cliente). Spia di questa situazione, che tutti gli operatori ben conoscono, è la circostanza che mai sono state applicate sanzioni per violazione dei minimi e molto raramente - per di più in casi estremi - per violazione dei massimi tariffari. Il più volte, in tale ultimo caso, la sanzione era strumentale a castigare un avvocato scomodo, magari perché difendeva la controparte di un assistito da un consigliere dell'ordine, titolare dell'azione disciplinare. A proposito lo sapete che i clienti veramente dominanti si fanno sempre difendere da consiglieri dell'ordine? Ma chi sono poi i clienti in posizione dominante? Quelli in posizione dominate relativa non li conosco ma conosco quelli in posizione dominate assoluta. Sono i nullatenenti che devono recuperare un credito e che rappresentano o tacciono la seguente circostanza: "se vinciamo e incassiamo (le due cose non coincidono n.d.s.) incassiamo in due, viceversa io non posso pagare"; il che configura di fatto un patto di quota lite. Si fa, si è sempre fatto e sempre si farà.

 

Ma avete mai provato a guardare un tariffario di quelli vecchi o, ancora di più, i nuovi criteri per la liquidazione? Non vedete quanto è facile andare sopra o sotto tariffa? Basta dimenticare o aggiungere voci. Una volta ho provato a fare due parcelle per la stessa pratica: una la più bassa che potevo, l'altra la più alta. Il rapporto era di più di dieci a uno. Erano entrambe ineccepibili e qualsiasi consiglio dell'ordine le avrebbe liquidate. Un altro esempio: le compagnie, nell'infortunistica stradale e fino ad un certo valore, riconoscono al legale il 10% del danno risarcito (100 al cliente + 10 all'avvocato = 110). Ricordo una segretaria che, per ogni pratica di questo tipo, era in grado di confezionare una parcella, seguedo voci e valori del tariffario, che arrivava sempre esattamente al 10% liquidato, mai una lira di più, mai una lira di meno. Una segretaria non un fisico nucleare o un principe del foro. E' allora mi spiegate che senso ha parlare di minimi e massima tariffari, quando comunque si mettono le cifre che si vuole? La realtà, quella che non si conosce o che si vuole ignorare, è che tutti trattano: clienti dominanti e non, avvocati giovani, vecchi, di mezza età e decrepiti.

 

Forse sarebbe necessario scendere dalla torre d'avorio e, se ci si vuole proprio occupare dei problemi dell'avvocatura, cercare quelli veri, tra i quali c'è sì la dignità della professione, che però, credetemi, non discende dal tariffario.

 

Ricordo una segretaria che, per ogni pratica di questo tipo, era in grado di confezionare una parcella, seguedo voci e valori del tariffario, che arrivava sempre esattamente al 10% liquidato, mai una lira di più, mai una lira di meno. Una segretaria non un fisico nucleare o un principe del foro. E' allora mi spiegate che senso ha parlare di minimi e massima tariffari, quando comunque si mettono le cifre che si vuole?

 

Scusami, ma in questo modo stai dando ESATTAMENTE ragione a chi sostiene l'utilità l'eliminazione dei vincoli tariffari: se va bene sono inutili, se va male (come nei tuoi esempi) fanno perdere tempo ad una segretaria di assicurazion e danno potere di interdizione e di ricatto a avvocati influenti e senza scrupoli su alcuni loro colleghi.

Premetto che non conosco il mondo degli avvocati, ma, Giorgio, ma in questo tuo commento mi sembra che ci sia un po' di confusione.

 

"avendo cominciato a conoscere il mondo dell'avvocatura soltanto ventuno anni fa come praticante, faccio parte della schiera dei giovani"

 

E' ironica questa affermazione? Dopo 21 anni di carriera nel mondo degli avvocati uno e' ancora giovane?

Per il resto, come gia' commentato da Giuseppe, anche a me sembra che il tuo commento confermi che i minimi tariffari sono inutili, e, quindi, implicitamente, eliminabili.

Ma che senso ha fissare per legge le tariffe se poi italianamente si procede nella sostanza come se non ci fossero, e ancora piu' italianamente si interpreta la legge per gli amici e la si applica ai nemici? Infinitamente meglio eliminare questo genere di leggi: non si risolvera' certo lo stato disastroso della giustizia in Italia, ma almeno si semplifica la vita a tutti e si evita la pratica nostrana di applicare la giustizia in maniera arbitraria solo ai nemici.

Lo sfacelo giudiziario italiano e' determinato, oltre che dalla cultura italiana, anche da troppe leggi spesso anche stupide e nocive ma comunque diffusamente violate. Sarebbe meglio che il legislatore italiano si concentrasse su poche leggi utili e cercasse di farle applicare. Avere una norma, e consentire la sua violazione diffusa, e' il massimo della stupidita' e/o della malafede, ed e' uno dei principali mali dell'Italia

Non è esatto, le tariffe erano proposte dal CNF al Ministero che poi le approvava.

In teoria, erano inderogabili per patti privati: in pratica, si attribuiva maggiore importanza alle minime, intese come una sorta di protezione degli avvocati nei confronti della maggiore forza contrattuale di certe categorie di imprese (specialmente assicurazioni e banche). Queste tendevano, a loro volta, a negoziare una sorta di tariffario privato, formalmente rispettoso delle tariffe minime ma che escludeva la remunerazione di certe attività, onde controllare i loro costi (mi è stato riferito che, in alcuni casi, si tendeva addirittura a scendere sotto i minimi).

In ogni caso, la fissazione delle tariffe era anche in funzione della liquidazione giudiziale delle spese di lite.Infatti, la definitiva abolizione decisa dal governo Monti ha lasciato un vuoto normativo, che dovrebbe essere colmato dal decreto ministeriale sui parametri.

Ciò detto, mi permetto di esprimere dissenso dall'entusiasmo che circola in molti interventi. Non credo che sia seriamente contestabile che l'effetto dell'abolizione delle tariffe sia favorevole alla clientela imprenditoriale e sfavorevole alla maggioranza degli avvocati: dubito fortemente che la conseguente riduzione dei costi si risolva automaticamente in un vantaggio apprezzabile per la clientela di banche ed assicurazioni. Tanto meno che ne consegua un effetto positivo sulla lunghezza dei processi: chi lo ipotizza immagina, probabilmente, che gli avvocati moltiplicassero le attività processuali per conseguire compensi ulteriori, ma ignora sia che la parte più consistente dei loro compensi era data dagli onorari, commisurati a poche attività qualificanti, sia che la direzione del processo è, da tempo, nelle mani del giudice.

 

in pratica, si attribuiva maggiore importanza alle minime, intese come una sorta di protezione degli avvocati nei confronti della maggiore forza contrattuale di certe categorie di imprese (specialmente assicurazioni e banche). 

 

chiamala se vuoi concorrenza!

 

Non credo che sia seriamente contestabile che l'effetto dell'abolizione delle tariffe sia favorevole alla clientela imprenditoriale e sfavorevole alla maggioranza degli avvocati

 

D'accordo, ma non vedo perchè lo stato dovrebbe occuparsi di favorire l'avvocato nella trattativa col cliente (o viceversa).

 

dubito fortemente che la conseguente riduzione dei costi si risolva automaticamente in un vantaggio apprezzabile per la clientela di banche ed assicurazioni.

 

Pure io: non c'è abbastanza concorrenza nel settore. Si tratta di una questione separata, e la soluzione è promuoverla.

 

Tanto meno che ne consegua un effetto positivo sulla lunghezza dei processi

 

L' idea non mi ha mai sfiorato.La durata dei processi va ridotta, ma credo sia piu una questione di revisione delle procedure e riorganizzazione burocratica.

 

Ammetto di non essere molto pratico dell'argomento, per cui certe considerazioni non le avevo nemmeno fatte, ma non mi pare che abbia portato argomenti validi a sostegno delle tariffe regolamenatte (e non sono nemmeno sicuro che questo fosse il suo scopo)

Ohibò, mi venite dagli States per dirci che la tariffa minima è dannosa. Bene, è un'opinione ma io l'avrei messa in altro modo. La vera barriera all'accesso nel mercato degli avvocati (commercialisti, notai,...) non è il costo della prestazione ma il fatto di dover sottostare per (almeno) due lunghi anni a fare il tirocinio presso un dominus di uno studio avviato. Così per due anni si lavora a costo zero (o quasi) per l'avvocato che manda i praticanti in giro per uffici a sorbirsi file o a fare fotocopie. Poi si deve fare l'esame di stato e se sei bravo o se si viene aiutati, si passa, si diventa avvocato, altrimenti un altro anno di schiavitù legalizzata. Questa è la vera barriera altro che chiacchiere. Ci sono pratiche che si possono fare anche con pochissima esperienza (tra l'altro hanno messo in piedi la mediazione con personale non specializzato, basta essere laureato e fare un corso da 1500€), solo che i giovani laureati in giurisprudenza non possono operare perchè non iscritti all'albo. Vogliamo abbattere le barriere in ingresso nel mercato dell'avvocatura (commercialisti, notai,...)? Beh, basta eliminare il tirocinio obbligatorio però poi finiamola con questa storia delle tariffe minime. L'abolizione è stato un'altro regalo alle grandi aziende, assicurazioni e P.A. che con questa manfrina sono riuscite a far abbassare le tariffe praticate loro dagli avvocati. Una domanda per farvi riflettere. Perchè si parla solo di avvocati, commercialisti e compagnia cantante e non di ingegneri? Forse perchè tutti i laureati in ingegneria possono accedere direttamente alla professione, con un esame di stato relativamente semplice e senza dover sottostare ad un ingegnere più anziano? ==> Nessuna barriera d'accesso!!!! Se non è così spiegatemi meglio. ;-) Di nuovo, sono sorpreso dagli Italiani d'America...

Prescritto dalla Costituzione, riguarda tutte le professioni. Che sia una barriera all'accesso mi sembra un'esagerazione: non ci sono forse più di duecentomila avvocati in Italia?

L'abolizione è stato un'altro regalo alle grandi aziende, assicurazioni e P.A. che con questa manfrina sono riuscite a far abbassare le tariffe praticate loro dagli avvocati.

Io, da sempliciotto qual sono, ne deduco che la tariffa minima teneva artificialmente elevato il prezzo della prestazione.

 

Le tariffe minime servivano per dare un piccolo vantaggio ai professionisti rispetto ai soggetti economici più forti, le aziende e la pubblica amministrazione. E' facile immaginare come possano andare le trattative tra una azienda ed uno studio tecnico oggi.

L'azienda dice "Ce ne sono 100 come voi, io faccio il prezzo e voi mi dovete abbassare le tariffe a quello che dico io". In questo modo i soggetti più forti possono fare la voce grossa e ottenere, come accade, prezzi stracciati. Con la tariffa minima il professionista aveva sempre avere una soglia sotto il quale aveva un vantaggio negoziale rispetto i soggetti più forti. (Guardate un po' qual'è il valore di mercato di un professionista informatico, 250€/gg una miseria)

Secondo aspetto: come regolarsi nel caso in cui ci fossero dei contenziosi? Una volta c'erano le tariffe minime e massime e si poteva fare un ragionamento su tali soglie ed era facile avere una arma contro i soggetti più forti che non fossero intenzionati al pagamento

 

http://www.centrostudicni.it/index.php/focus-on/item/166-bandi-di-progettazione-2010-ribassi-%E2%80%98lunari%E2%80%99

C'è un un link qui sopra, in c'è un report del Consiglio Nazionale Ingegneri cui si è rilevato che l'eliminazione delle tariffe minime ha ridotto dell'84% il valore delle prestazioni professionali nei lavori pubblici e tutto a scapito dei liberi professionisti. Secondo voi, è normale che ci sia un ribasso dell'84%?. Voi, se foste un soggetto che sta appaltando un lavoro, vi fidereste di coloro che vi fanno uno sconto dell'84%. Io no, mi sorgerebbe qualche dubbio sulla qualità e sulla professionalità del fornitore.

I risparmi dovuti a queste pazzie in definitiva sono dell'ordine dell'1-2% del valore dell'intera opera, quindi anche risparmiando su questi aspetti il vantaggio ottenuto dall'azienda o dalla collettività sarebbe minimo.

Un'aspetto macroeconomico che non viene mai evidenziato, la compressione dei redditi dei professionisti avrà un forte effetto negativo sulla domanda aggregata di beni e servizi in Italia e l'economia ne risentirà come e peggio di adesso. Ma qui in Italia chi consuma, solo gli impiegati della P.A.?

In definitiva con l'abolizione delle tariffe minime si sono andati ad eliminare un po' di soldi da un settore, quello dei professionisti, per dirigerlo verso le aziende con la giustificazione della liberalizzazione.

La manfrina sulla tariffa minima è stato solo un tentativo di generare invidia sociale verso gli avvocati ed i professionisti in genere (ben riuscito) ma che ha distrutto un mercato senza aver risolto nulla al singolo cittadino.

Come vi ho mostrato la liberalizzazione si può fare con altre politiche, già descritte non con la sottrazione dei soldi ad un pezzo di società.

Nel giro di una generazione i liberi professionisti spariranno a vantaggio di aziende fornitrici di servizi. E' questo il bene della nostra società? I professionisti del futuro staranno meglio? Io ne dubito.

Cordiali saluti.

Applicando lo stesso set di criteri ("senza prezzo minimo qualcuno ne approfitta per far lavorare sottocosto" e "questo riduce la domanda aggregata"), suppongo lei sia favorevole alle tariffe minime per elettricisti, idraulici, pizzaioli, lavavetri e parcheggiatori abusivi.

 

P.S.: questa è la stessa logica di chi si opponeva alla GDO perchè avrebbe distrutto i negozi rionali e ci avrebbe obbligati a mangiare solo cibo internazionale malsano e standardizzato. Cosa che alla fine non si è, ovviamente, verificata.

Voi, se foste un soggetto che sta appaltando un lavoro, vi fidereste di coloro che vi fanno uno sconto dell'84%. Io no, mi sorgerebbe qualche dubbio sulla qualità e sulla professionalità del fornitore.

Dipende.Se il prezzo oiginale era gonfiato di 10 volte da una rendita monopolistica potrebbe essere ancora molto maggiore della media europea.

Ricordo che prima di Ryanair e simili un volo a/r da Milano a Londra costava piu o meno l' equivalente di 5-600€. Ora sono circa 200 con BA (-60%) e 70 con Ryanair (-86%) ed il servizio funziona (per quanto con vari servizi aggiuntivi peggiorati o eliminati)  

I risparmi dovuti a queste pazzie in definitiva sono dell'ordine dell'1-2% del valore dell'intera opera, quindi anche risparmiando su questi aspetti il vantaggio ottenuto dall'azienda o dalla collettività sarebbe minimo.

Anche se destiniamo lo 0.01% dell' IVA agli ingegneri obesi residenti a londra l' impatto sui consumatori sarebbe pressochè nullo, e personalmente apprezzerei molto il gesto.

Insomma, par di capire che le tariffe minime compensassero l'impossibilità di far risaltare in maniera oggettiva o relativa, le proprie capacità. I minimi al posto della pubblicità e come forma alternativa di fininanziamento (in assenza di soci finanziari).

In fin dei conti, non capisco perchè - ora che questi vincoli son caduti - ci si ostini a volere i minimi tariffari (che par di capire fossero comunque aggirati).

 

Se con l'abolizione dei minimi un'azienda risparmia l'1% del valore dell'opera non vedo perchè non dovrebbe reinvestirlo (od utilizzarlo per pagare i fornitori, o le tasse), no?

 

Ultima considerazione: quando parliamo di liberi professionisti, spesso intendiamo singole persone - al massimo coppie, terzetti (dimensioni familiari, insomma). Ecco, forse questo è il limite del nostro ragionamento: se i minimi dovessero indurre l'accorpamento di più professionisti in studi associati (omogenei o come società di servizio plurimi: notaio, avvocato, ingegnere ed assicuratore; pediatra, puericultrice, infermiera, assistente sociale), che male ci sarebbe? Da solo pulisco casa mia, in tre (assieme) mi posso occupare del condominio... cioè: non sarebbe un incentivo all'imprenditorialità (e forse una facilitazione per l'accesso al credito)? Chiedo.

 

Ultimissima: far fare l'apprendistato/tirocinio all'interno dell'università (riconoscendone una validità) vuol dire permettere ai dipartimenti (o ai singoli docenti) di svolgere attività privata? Cioè permettere al dipartimento di Ingegneria civile della locale università di lavorare (con tanto di carta intestata)  come società progettista, o appaltatrice del servizio di sicurezza in cantiere... wow!

Quanto affermato nell'articolo è sicuramente condivisibile. Ma, come spesso accade in Italia, il problema non è questo.

Il vero problema è che gli Ordini professionali non fanno ciò per cui sono stati istituiti ma esattamente il contrario.

Nati come organi di garanzia della clientela, al fine di ovviare al problema dell'"assimetria informativa" si sono appropriati usurpandola della rappresentatività dei loro iscritti.

Invece che verificarne la professionalità, competenza e equità retributiva sono diventati organismi di difesa di una corporazione.

Coorporazioni potentissime, fortemente rappresentate in parlamento che, come disse qualcuno, si sono sostituite efficacemnete alle mancanze di una burocrazia inefficace.

Ed è per questo che neanche Monti, come nessuno prima di lui, ha voluto o potuto minimamente introdurre un vero processo di liberalizzazione. E questo mi fa concordare con uno degli ultimi post. Si è fatto finta di cambiare qualcosa per non cambiare niente.

Ma non c'èra bisogno di cambiare molto: bastava rispettare le leggi che ci sono e imporre agli ordini di fare il loro mestiere. E sulla loro rappresantitività vi invito aleggere il seguente articolo  http://andreabonessa.wordpress.com/2012/01/14/liberalizzazioni-arrivate-non-ne-posso-piu-del-mio-ordine-per-non-parlare-degli-altri/