Banca Italica e Mr.Impresa

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Qualche sera fa sera non riuscivo a prendere sonno. Il mio apparato digerente era alle prese con i postumi di una cerimonia di prima comunione, di quelle che per abbondanza ti fanno dubitare della legge d’incompenetrabilità dei corpi. Dopo aver sperimentato uno strano digestivo particolarmente alcolico, suggeritomi da losco figuro conosciuto su nfA, sono finalmente riuscito ad addormentarmi mentre leggevo l’ultimo pezzo di Franco Bocchini e ho fatto uno strano sogno, c’erano due personaggi…

Mr. Impresa: Buongiorno, avrei bisogno di un finanziamento…

Banca Italica: Mi perdoni, ma lei chi è?

Mr. Impresa: Mi chiamo Mr.Impresa e come le dicevo avrei bisogno…

Banca Italica: Mmm, cominciamo maluccio, lei non ha un conto qui?

Mr. Impresa: No, in effetti, no, tuttavia cercavo di dirle…

Banca Italica: Non crede che sarebbe il caso di aprirne uno? In fondo, chiedendoci di erogarle un finanziamento, lei pretende che le accordiamo la nostra fiducia. Non le sembra giusto darci un po' della stessa fiducia aprendo un conto corrente?

Qualche istante di perplessità.

Mr.Impresa: beh, non ha tutti i torti. Francamente non ci avevo pensato. E’ sicuramente una possibilità che potrei prendere in considerazione. Ma come cercavo di dirle…

Banca Italica: Beh, scusi ora che fa? Apriamo il conto corrente e poi mi dice…

Mr.Impresa: Abbia pazienza, io il conto sono anche disposto ad aprirlo, dopo. Ora volevo parlare del finanziamento.

Banca Italica: Mmm, permalosetto? Non è della zona? Non l’ho mai vista in giro.

Mr.Impresa: Beh, ho passato un po’ di tempo all’estero studiando per il dottorato…

Banca Italica: E adesso ha deciso che è ora di comprare casa eh? Bravo. Di che immobile parliamo?

Mr.Impresa: Mi scusi, ma c’è un equivoco. Io vorrei avviare una nuova impresa.

Nuovi istanti di perplessità.

Banca Italica: Naturalmente. Che cosa può offrirci come garanzia?

Mr.Impresa: Mi scusi, ma non vuole sapere di che tipo di impresa si tratta?

Banca Italica: No, no, quello viene dopo. Che cosa può offrire come garanzia del finanziamento?

Mr.Impresa: Veramente io credevo che la solidità del mio progetto fosse sufficiente, ha vinto un premio internazionale per nuove idee…

Banca Italica: Credeva male. Se non ha una garanzia non posso darle il finanziamento

Mr.Impresa: Ma il progetto non vuole neanche vederlo? Ho un business plan sintetico sulla chiavetta usb.

Banca Italica: Un bis che? No qui le chiavette non ce le fanno usare per paura dei virus. Mi spiace ma senza garanzia…

Mr.Impresa: Va beh, allora arrivederci.

Banca Italica: Aspetti, dove va? Il conto corrente non vuole aprirlo?

Mr.Impresa: L’ha dimenticata la storia della fiducia? Se permette il c\c, se proprio devo aprirlo, lo apro da chi mi accorda il finanziamento.

Banca Italica: Mmm, aspetti che vediamo se si può fare qualcosa. Ce l’ha una busta paga?

Mr.Impresa: Perché?

Banca Italica: Perché il progetto non posso finanziarglielo, ma se ha una busta paga potremmo farlo figurare come credito al consumo.

Mr.Impresa: Ho un assegno di ricerca all’università

Banca Italica: Tempo determinato o indeterminato?

Mr.Impresa: Determinato.

Banca Italica: Durata residua?

Mr.Impresa: Credo due anni e mezzo.

Banca Italica: Mmm, volendo un finanziamento a due anni si potrebbe anche montare. I suoi genitori hanno redditi da pensione? Ha una moglie che lavora?

Mr.Impresa: Mi scusi ma io per fare impresa l’università dovrei lasciarla, così non avrei più la “busta paga”.

Banca Italica (ammiccando): Sì, ma questo avverrebbe DOPO aver preso i soldi, no?

Mr.Impresa: Ok, ma non c’è un meccanismo di controllo? Dico, se io prestassi soldi a qualcuno periodicamente vorrei accertarmi di quanto è capace di restituirmeli.

Banca Italica: Ma lei i soldi li vuole o no? Controlli periodici noi non ne facciamo e guardi che è stato all’estero troppo tempo, in Italia per debiti non pagati non è mai morto nessuno.

Mr.Impresa: Beh, se lo dice lei. Che diceva della famiglia?

Banca Italica: Dicevo che lei è un cliente nuovo, probabilmente ci vorrà una fidejussioncina. Di quanto aveva bisogno?

Mr.Impresa: Inizialmente circa 30mila euro.

Banca Italica: Naa sono un po’ troppi per il credito al consumo. Una cifra così, senza ipoteca non gliela finanzia nessuno.

Mr.Impresa: Veramente non capisco. Io non voglio acquistare un bene e poi rimborsare un finanziamento. Io voglio fondare un’impresa. Sono disposto a lasciare il lavoro e a investire i miei risparmi che altro devo fare?

Banca Italica: Mmm ma quindi lei una parte dei soldi ce li ha?

Mr.Impresa: Beh, certo, che domande, non pretendo mica di fare impresa coi soldi degli altri! Poi se avesse letto il business plan avrebbe visto che…

Banca Italica: Impresa coi soldi altrui? E’ stato proprio parecchio all’estero eh? Mi è simpatico e voglio aiutarla, quanto ha da parte?

Mr.Impresa: Circa 20mila euro perché?

Banca Italica: Perché lei ora mi apre un bel conto e ci versa i 20mila. Le presento il direttore e gli racconta di quella cosa che mi diceva il bisex là...

Mr.Impresa: Business plan.

Banca Italica: Esattamente quello, vedrà che un modo per far partire la sua impresa lo troviamo.

 

'<h' . (('3') + 1) . '>'Una volta sveglio ho pensato a due finali alternativi per la storia.'</h' . (('3') + 1) . '>'

'<h' . (('3') + 1) . '>'1.Finale realistico'</h' . (('3') + 1) . '>'

Mr.Impresa portò a casa un mirabolante “superconto nuove aziende”, commissioni anticipate per 1,250€ e dopo poco tempo ricevette un rifiuto secco alla domanda di finanziamento perché la garanzia prestata dalla madre, che aveva appena compiuto 70 anni aveva fatto saltare i parametri dell’istruttoria di fido.

'<h' . (('3') + 1) . '>'2.Lieto fine'</h' . (('3') + 1) . '>'

Mr.Impresa riuscì ad ottenere l’importo di cui aveva bisogno come somma di 12 forme tecniche di finanziamento diverse, (tra cui una carta di credito revolving) ottenuti da 8 diversi intermediari finanziari (di cui 6 banche). L’operazione complessiva di finanziamento gli costò €2000 in consulenza presso un commercialista (che era anche mediatore creditizio e promotore finanziario, nonché nipote del primo direttore di filiale), €5000 in 'commissioni di intermediazione' (pagate rigorosamente in contanti) tre polizze di assicurazione index linked, nonché la sottoscrizione di un paio di derivati creditizi.

Il progetto imprenditoriale non diede i suoi frutti, perché il business plan aveva sottostimato gli oneri finanziari, ma questa è un’altra storia.

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Commenti

Ci sono 40 commenti

Smettetela di bere e mangiare copiosamente, bere strani intrugli, o uscire senza cappello, perchè se comincio io a raccontare quel che vedo dopo mangiato, o bevuto, o aver fatto strani incontri, non mi fermo più...

E quello che si riesce a vedere a Napoli in determinate condizioni sono inimmaginabili: ho visto cose che gli umani non hanno mai visto...

Ho 22 anni, studio economia aziendale e ho una piccola impresa commerciale, avviata 4 anni fa all'età di 18 anni. Sempre andato in utile e non ho mai avuto una grande esposizione bancaria.

Io il sogno non l'ho fatto, ma lo vivo nella realtà, e assomiglia molto di più ad un incubo.

Senza una garanzia o la fideiussione dei miei genitori quest'anno nessuno m'ha prestato neanche 1000 euro. Le varie finanziarie e banche a cui mi sono rivolto non hanno neanche inoltrato la pratica.

" La Direzione rifiuta in blocco tutte le pratiche. Se non si tratta di mutui ipotecari neanche le guardano. Se inoltriamo la pratica e poi la rifiutano, lei resta segnalato alla centrale dei rischi. Meglio che se ne vada..."

Questa è la realtà.

 

" La Direzione rifiuta in blocco tutte le pratiche. Se non si tratta di mutui ipotecari neanche le guardano. Se inoltriamo la pratica e poi la rifiutano, lei resta segnalato alla centrale dei rischi. Meglio che se ne vada..."

Chissà se Callisto è segnalato.

Il tono del post era scherzoso, ma l'intento era comunque di fornire degli spunti di riflessione. Considera comunque che seppure in maggioranza simili gli interlocutori non sono tutti uguali. Ti riporto una piccola esperienza personale.

Nel 2003 ho avuto il mio primo contratto a tempo indeterminato come lavoratore dipendente. Assunto da un mese, le maggior parte delle banche mi chiedeva fideiussione dei genitori e non mi dava un mutuo con rata >30%  Poi ho trovato Abbey National che "si è fidata" della mia anzianità di un mese, mi ha dato un trentennale con rata ˜55% del mio netto in busta paga SENZA FIDEJUSSIONI di nessuno. Ricordo che quello che mi sorprese era l'approccio focalizzato sulle mie potenzialità di rimborso futuro più che sull'immobile. 

Per dirla tutta non si è "fidata" mi ha chiesto un check up medico (con tanto di elettrocardiogramma sotto sforzo e test HIV), una polizza vita + una contro la perdita del lavoro e lo spread sul variabile era altino per l'epoca. Però ho avuto la soddisfazione di comprare casa da solo e qualche anno dopo sono stato accettato come cliente da ING Direct (che di recente è uno dei più schizzinosi) riducendo sensibilmente lo spread.

Poi Abbey ha ceduto tutto a Unicredit banca per la casa e sinceramente non so se oggi ci sono player così lungimiranti. Però vale la pena cercare, guardando alle società con mentalità più "aperta" (basate su on line e promotori).

Altrettanto buffa è la situazione in cui si trova, spesso, chi le garanzie da rilasciare ce le avrebbe pure.

Da quel che vedo nel quotidiano, le banche italiche sono burocratizzate peggio del peggior incubo ministeriale. Per approvare un finanziamento per il completamento di un sito immobiliare in costruzione (una cosa semplice in teoria, 5-minute business plan basato sui prezzi medi di vendita nell'area), ti chiedono un pacco di documenti così enorme e particolareggiato, che poco manca a dover presentare pure le analisi delle urine di tutti gli operai del cantiere.

Poi se una virgola va fuori posto, magari perché ha piovuto tanto e i terrapieni si è dovuto rifarli, rischia di partire un'istruttoria che blocca i pagamenti in SAL, e intanto lì che impresa e fornitori aspettano...

Infatti Abbey National e ING Direct non sono proprio le "tipiche banche de noantri". A proposito (se qualcuno lo sa) ma, in questa Europa unita, non è possibile chiedere mutui e finanziamenti a banche di altri paesi?

 

Sì,ma che io sappia devi sempre fare riferimento a una filiale italiana (se esiste), perchè è quella che ha le competenze per stabilire se è il caso di erogare e a che condizioni. Non sarebbe molto efficace finanziare a Monaco o a Londra uno che deve comprare casa a Milano o aprire un negozio a Roma.

Gran bel post, mi ha ricordato moltissimo una conversazione avuta nel 2007 con Banca Sella riguardo il loro prestito per frequentare master all'estero. Magari un'altra volta la racconto, oggi non voglio rovinarmi la giornata ripensandoci! :-)

Come funziona in quei posti in cui non hai bisogno di garanzie per ottenere un prestito da una banca per aprire una società? Basta davvero il Business Plan? E che succede se l'azienda poi fallisce?

E che succede se l'azienda poi fallisce?

I soldini volano via e vanno a perdita. Fuori dai confini patri e specie nei paesi angloàsassoni esite il Private equity, il venture capitla che finanziano per davvero le idee, partecipano al capitale ti mettono a disposizione competenze manageriali in attesa che l'impresa decolli. La conclusione del rapporto poi può avere diverse declinazioni.

 

Basta davvero il Business Plan? E che succede se l'azienda poi fallisce?

 

Il BP non solo uno strumento per avere soldini ma soprattutto uno strumento per seguire, mese per mese, l'andamento rale dell'azienda comparato a quello atteso. In ogni caso dalle mie parte se i debiti arrivano al 50% del capitale sociale, si portano i libri in tribunale e quindi almeno la metà del capitale viene "salvato".

Francesco

... prima della crisi, le banche concedevano credito troppo facilmente (tant'è vero che la crisi è scoppiata da questo elemento).... durante e dopo la crisi, rubinetti chiusi. La colpa, insomma, alle solite banche.

A mio modo di vedere, bisogna chiedersi il perchè, la causa di questo comportamento. Le banche ovviamente si comportano come tutti gli operatori: dato un set di informazioni e regole, si muovono di conseguenza.

La causa dell'eccessiva facilità di concessione del credito prima, e della chiusura dei rubinetti dopo, è dovuta ai famigerati COEFFICIENTI PATRIMONIALI e al loro effetto fortemente PROCICLICO; durante l'espansione economica ed ancor di più se caratterizzata da tanta tanta liquidità, accentuano l'espansione e rischiano di formare bolle in alcuni settori (come è accaduto in quello immobiliare); durante la crisi economica e di liquidità, accentuano la caduta.

E' noto che con l'accordo di Basilea 1 prima, e con la successiva revisione poi, la supervisione bancaria si è orientata a garantire un level playing field. Ciò è avvenuto anzitutto attraverso un sistema uniforme di coefficienti patrimoniali; imponendo cioè un rapporto minimo fra il patrimonio di ciascuna banca e il suo attivo ponderato per il rischio. 

Non si discutono qui i meriti di questo approccio. Ha certamente determinato un rafforzamento patrimoniale delle banche, rendendo più solido quello che costituisce il primo presidio contro il rischio che il verificarsi di perdite determini crac finanziari.

Ma forse sono stati trascurati alcuni effetti indotti dal meccanismo dei coefficienti patrimoniali: è stato a lungo descritto l'effetto pro-ciclico dei coefficienti patrimoniali. In periodo di recessione, è più probabile che le banche vadano incontro a perdite sui propri crediti. Questo riduce la dimensione del loro patrimonio, e quindi le costringe a ridurre il proprio credito in una misura pari a un multiplo dei crediti andati a male, quello stesso multiplo implicito nel coefficiente patrimoniale (oggi mediamente 12,5 volte).

è semplicemente questo il motivo per cui oggi è tanto difficile ottenere credito da una banca... se poi, come ho letto prima, c'è qualcuno che non è riuscito ad ottenere un prestito neanche nel periodo 2003-2007... beh, allora credo che a quel tempo rappresentavate il subprime del subprime.

 

 

Mi sembra che ci sia un pò di confusione tra temi distinti.

Tra gli innumerevoli vizi delle banche italiane non c'è mai stato quello di erogare mutui subprime, prodotti "troppo sofisticati" per gli apparati medioevali che hanno in dotazione. Non a caso non è stato necessario salvare nessuna banca italiana dal tracollo. Anche nel periodo di credito facile, un raccoglitore di fragole un mutuo da una banca italiana non lo avrebbe preso (forse con un aiutino da parte di un mediatore, ma quella è un'altra storia).

Quanto all'effetto pro-ciclico o meno non mi pare l'elemento rilevante, accantonare fondi a fronte di impieghi rischiosi risponde a principi basilari di gestione sana ed è sano che i regolatori lo richiedano(aspetto chiarito anche nel post di Franco). Non mi pare una grande idea lasciare che le banche diventino più fragili durante una recessione e in generale cercare di "pilotare" l'erogazione del credito come strumento di politica economica mi pare una distorsione del mercato che può piacere agli apprendisti stregoni della politica (vedi Tremonti Bond) ma che può produrre effetti non desiderati.

 

Lo scopo del post era di sottolineare scherzosamente la mancanza di competenze delle nostre banche. Tuttavia nel fare l'esempio della start up ho calcato troppo la mano. Provo a chiarire

Le banche italiane non sono incapaci perché non prestano soldi a chi vuole fare impresa da zero. Lo sono perché non sanno prestare i soldi alle imprese sane (specialmente piccole) e consigliano male i risparmiatori (ricordate i bond argentini venduti alle vecchiette?)

Con questo non voglio dire che i nostri imprenditori sono dei santerellini: se ci fosse maggiore trasparenza, sarebbe pure più facile dargli credito, ma di questo sarebbe opportuno parlare più approfonditamene in un post che parli delle ragioni delle banche.

Sì perché anche prestar soldi in un paese dove per vendere una casa all'asta ci metti facilmente 10 o 20 anni e dove una buona parte dell'attività economica non si svolge alla luce del sole non è cosa facile, figuriamoci per chi è già deboluccio di suo. 

Nel complesso, il mio parere è che questa accusa non sia fondata, o meglio che lo sia solo in parte: nel senso che il problema non è tanto la scarsa capacità delle banche, ma meccansimi strutturali nel sistema.

Intendiamoci, alcune "colpe" esistono nel sistema bancario: da vera e propria "malpractice" come i Tango bond rifilati alle vecchiette, ad una qualità non sempre alta delle organizzazioni bancarie ereditata da una certa arretratezza culturale ereditata ancora dall'epoca delle banche pachidermiche e parastatali dell'era IRI.

Però, a mio giudizio (abbastanza informato, essendo un banker) i problemi sono un po' diversi:

1) La qualità delle nostre piccole aziende è spesso molto bassa:  poca trasparenza, nessuna organizzazione stabile e proceduralizzata, quote di "nero", enormi rischi catastrofali per mancata compliance fiscale o ambientale, bassa affidabilità. In parte cioè è connaturato al mediocre livello di sviluppo socio-culturale nostrano,  in parte dal fatto che il peso delle piccole aziende è sproporzinato in Italia e ciò grava sui comporamenti "medi" delle banche. [A proposito: le start-up non si finanziano a credito in nessun paese, tranne quello dei balocchi, nemmeno se sono di qualità eccellente: il creditore sopporta il rischio di execution (circolante o investimenti per sviluppo di un business avviato) e MAI quello strategico (perdite iniziali per entrare su nuovo mercato), che è per definizone un rischio equity!]

2) La qualità delle banche è salita, e soprattutto è diminuito il numero grazie a fusioni, etc: si sono create alcune banche di taglia potenzialmente continentale e buona qualità, però a fronte di queste le imprese sono rimaste nane. Ora, anni fa le aziende prendevano i quattrini a pioggia, 1 mld dalla Cassa X un altro dalla Popolare Y etc - con criterio in pratica assicurativo (la colletta). Ora ciò non è più possibile, per il ridotto numero delle banche e per i vari Basilea II etc. Tuttavia (e qui il punto maggiore per me): come è pensabile operare un lending sofisticato, basato su analisi di qualità fatte da professionisti di valore elevato, su una scala così piccole come quella che sarebbe necessaria nei confronti delle nostre aziende "nane"?: quanto debbo far pagare un finanziamento a 5 anni da 1/2/3 mn di € se solo la due diligence tecnica e di mercato me ne costa magari 200.000, cioè il 10% ovvero 2% all'anno (sul valore mediano)? e quando il mio interlocutore in azienda è un ragionerino a cui il padrone fa tenere solo i conti ufficiali perchè quelli veri li sa solo lui?

3) Venendo alle colpe delle banche, secondo me la principale (la cui causa secondo me è l'eccesso di finanziariazzazione del sistema e i falsi rimedi via via adottati)  è che la vana ricerca della formula del tutto   (es. rating ex Basilea II) ha avvilito la periferia, trasformato i banchieri in compilatori di formulari, e quindi ridotto la capacità vera di prezzare il rischio, che è un'arte e non una scienza (=valutare persone, circostanze, contesti, etc).  Ragione per la quale quando occorre ridurre gli impieghi, la mannaia tende a colpire in maniera un po' indiscriminata, o comunque meno selettiva del dovuto.

La discussione a me pare interessante.

 

 

 

 

Grazie per la replica. In effetti mentre mettevo giù il post pensavo "dare addosso così alle banche è un pò ingiusto, senza specificare un paio di cosette sulle imprese..." però i "puntini da mettere" sulle imprese (alcuni da te puntualmente esposti) non confutano, a mio avviso, la tesi di fondo. Spiego perché. 

Sui punti 1 e 2 sono d'accordo (in particolare sulla start-up avevo scritto in termini meno propri e tecnici dei tuoi questo). Tuttavia non credo che dire:

2) La qualità delle banche è salita

equivalga a è migliorata la qualità del personale delle banche. Personalmente non credo che il processo di consolidamento del settore bancario abbia influito significativamente sulle modalità di selezione del personale, sui sistemi incentivanti nè che abbia introdotto una logica meritocratica all'interno degli istituti. Neanche credo che quando un' ottima banca di medie dimensioni si fonde con altre mediocri,  il risultato abbia in media qualità pari a quella della banca migliore. Figuriamoci poi quando logiche non di mercato impongono a talune banche di "accollarsi" rottami che non si vuol far fallire.

Credo che la qualità del personale bancario sia bassa principalmente per l'assenza di competizione. Sia tra le banche, che tra coloro che in banca vogliono lavorare. C'è una reale competizione tra gli istituti? Quanto meritocratiche sono le selezioni e gli avanzamenti di carriera? Considera se a un estremo ci sono  punte di eccellenza con poche persone capaci, all'altro ci sono realtà fuori dalla grazia di dio con gente che neanche parla l'italiano ed è stata presa per meriti politici. Sono pessimista su dove cada la media tra i due estremi.

Non metto in dubbio che sia una bella gatta da pelare prestar soldi nel nostro paese per i motivi da te esposti, tuttavia non credo che sia più difficile che fare affari con lo stato (che paga tardi) o con certi clienti italiani (che a volte neanche pagano). A brigante, brigante e mezzo diceva Pertini e tu stesso hai menzionato escamotage tipo i finanziamenti in pool (in quel caso meccanismi farraginosi).[Per inciso, se la due diligence la fai con risorse tue non ti costa 200k e la parte sul settore industriale e sul tessuto geografico  non dovresti 'caricarla' sul singolo finanziamento ma su tutti quelli di quel settore e di quella zona]

Anche io trovo il tema affascinante e ci sarebbe parecchio altro da dire.  

Grazie.

Riprendo alcuni punti:

1) concorrenza tra le banche: mi pare che sia abbastanza marcata, tutto sommato. Le varie strutture hanno appetito di impieghi, e competono abbastanza per avere sia questi che il lavoro commerciale con le imprese etc. Sui servizi retail mi pare  che anche ci sia una buona competizione.

2) efficienza/meritocrazia interna: al contrario, qui ai bassi livelli c'è ancora personale con mentalità "impiegatizia" e caratura modesta, agli alti come giustamente rilevi spesso domina la "politica" - sia esterna (nomine) che interna (cordate e cosche). Velo pietoso sulla composizione dei consigli di gestione / amministrazione...

3) è difficile fare affari anche per l'impresa: vero al 100%, ma è proprio questo il mio punto, cioè che il problema non è che le banche sono arretrate, è il sistema economico italico nel suo complesso ad esserlo (clienti che non pagano, burocrazia, sistema giudiziario di qualità ridicola, eccesso di pressione fiscale sul lavoro, etc).

 4) qualità delle istruttorie creditizie e relativo costo: i costi sono costi, anche se interni. Se devo avere degli analisti ingegneri o economisti aziendali invece che dei ragiunat, devo pagarli bene, ed avene in numero congruo. Però bada bene non dico che è impossibile - per esempio l'antica IMI (pre-fusione Sanpaolo, per sottolineare ancora il Tup punto re fusioni!) mi risulta avesse una struttura di ingegneri ed esperti di alto livello sul territorio per il medio-termine. Però, dico, l'azienda deve essere poi disposta a pagare degli spread congrui (5-6-7%?) sul denaro a M/T!

 

 

 

Sul punto 1 Se prendi in considerazione il mercato mutuionline (cui non accede non solo chi non naviga in internet, ma anche chi non si fida) concordo che Ing Direct e  banca per la casa competono e la BCC di un-posto-a-caso  è assente. Se prendi la piazza di un-posto-a-caso,  dove c'è solo la BCC e una filiale di una grande banca con personale non meglio qualificato della BCC, secondo me il cliente tutta questa scelta non ce l'ha (e avevo in mente questo scenario quando ho scritto il passaggio della penna usb). 

Idem per le imprese, ho amici che lavorano in Fortis e DB (che siano straniere è un caso, non dubito ce ne siano di valide anche  italiche)  e lavorano bene in Italia con medie imprese italiane. In certi settori e in certe aree geografiche va bene. Il guaio è di chi fa impresa tradizionale a un-posto-a-caso e deve destreggiarsi con quello che gli passa il convento (niente contro le BCC, vale lo stesso filiale sperduta di grande gruppo dove finisce chi non è raccomandato). 

Sul punto 2 uno che entra in filiale col maxiconcorso (o anche con selezione meno tribale, ad es ho visto di BNL e Credem che ne fanno) può aspettarsi di diventare qualcosa di più di direttore di filiale in una vita di lavoro? Se in media non può aspirare ad altro è plausibile che chi si sente capace appena può cerca altro e rimane in filiale chi lo è meno o è entrato per altre vie.

Il punto 3 è condivisibile però io direi "le banche italiane sono arretrate e lo è tutto il sistema" se le banche lo siano più o meno del resto non saprei dire.

Sul punto 4 di ingegneri a basso costo l'italia è piena (ne conosco parecchi che accettano di fare perizie immobiliari con contratto a progetto) mi interrogherei sul quanta volontà ci sia ai vertici di rendere efficaci le istruttorie. Secondo me i burocrati in testa (e i loro consulenti stra-pagati) cincischiano sui massimi sistemi e sono scollati da una realtà operativa che non conoscono e non hanno mai conosciuto.