I baroni sono tutti dei porci...

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Forse i più vecchi  la ricordano: era, con leggera variazione, una canzone di Giorgio Gaber… Non so se fosse vero  allora, e non so se sia vero ora. Sicuramente, sia la Gelmini che gli oppositori alla sua legge sembrano crederlo. Il ministro sostiene che la sua legge è contro i baroni, gli oppositori ribattono che li rende padroni  dell’università. E’ vero? Proviamo a leggerla.

In primo luogo è necessario definire “barone”. Nella vulgata, è divenuto sinonimo di professore ordinario (o di  I fascia), ma non è esatto.  I “baroni” sono un sottoinsieme, seppur ampiamente maggioritario, dei professori ordinari. Più esattamente definirei “barone” chiunque si dia da fare, con  un minimo di successo, per facilitare la carriera accademica di una o più persone. Con la normativa vigente solo un professore ordinario può essere “barone”, in quanto solo i  professori  di I fascia possono essere commissari ai concorsi. Fino a due-tre anni fa, i professori associati ed i ricercatori erano membri di commissione e quindi in teoria potevano tentare di promuovere i loro protetti. Qualcuno ci provava, in genere con poco successo. D’altra parte non tutti gli ordinari sono “baroni”. Alcuni (pochi) si rifiutano di partecipare al gioco per scelta ideologica. Altri (pochi) per mancanza di allievi da promuovere. Un numero consistente di  professori ordinari vorrebbe essere “barone” ma non ci riesce, per incapacità personale nel tessere la rete di relazioni, a livello locale o nazionale, indispensabile a tal fine.

In questa definizione, un “barone” deve fare due cose, logicamente distinte.

i) Scegliersi uno (o più) protetti. Tale decisione è assolutamente arbitraria, a patto che il prescelto abbia la laurea e, ora, anche un dottorato nella disciplina di appartenenza, o in disciplina affine (il rettore Frati ha risolto brillantemente il problema di come assumere una moglie laureata in Lettere alla facoltà di Medicina istituendo una cattedra di Storia della Medicina). A parte questo, tutto va bene. A un estremo, i “baroni” più spudorati scelgono figli, mogli e amanti (la famosa Parentopoli che tanto scandalizza i giornalisti ingenui). All’altro ci sono casi di “baroni” altruisti, che si danno da fare per candidati non allievi diretti o addirittura sconosciuti, o per meriti scientifici. La maggioranza dei “baroni” sceglie semplicemente il proprio allievo,  bravo o pessimo che sia.

ii) Adoperarsi per la carriera del prescelto. In genere si inizia con dargli posti da precario (assegni, borse contratti etc.). poi si crea un posto da ricercatore, e poi si spinge perché sia bandito un concorso da associato etc. fino alla cattedra. Inoltre, il “barone” deve darsi da fare perché il suo allievo vinca i concorsi. Le strategie possibili sono molte, e non posso dilungarmi, anche se magari potrebbe essere divertente e istruttivo. Il punto essenziale da ricordare è che tutti i “baroni” di un Dipartimento vogliono far promuovere i propri allievi. Quindi la concorrenza, soprattutto in tempi di vacche magre come quelli attuali, è spietata, e si è spostata soprattutto a livello locale. E’ diventato più difficile creare un posto per il proprio allievo che fargli vincere il concorso. Nei mitici anni Ottanta e Novanta, un “barone” poteva sperare di portare in cattedra tre o quattro allievi. Ora la mediana è uno, e molti non riescono neppure ad averne uno.

Tutto questo è ABC per gli universitari italiani – ma prego i lettori non universitari (o universitari AmeriKani) di meditare un attimo prima di continuare. Ripeto: il “barone” è colui che fa far carriera ai suoi “protetti”, o almeno ci  prova seriamente.

Cosa dice di NUOVO la legge? E’ importante sottolineare NUOVO. La legge NON aumenta il potere concorsuale dei professori di prima fascia – per la semplice ragione che era GIA’ assoluto. Come detto, solo gli ordinari possono essere membri di commissione di concorso. La legge, contrariamente a quanto detto, NON aumenta neppure il loro potere accademico, almeno direttamente. Infatti, demanda alle università, nei loro statuti, la scelta delle procedure di elezione del rettore (l’elettorato attivo) e delle altre cariche accademiche. Queste ultime, salvo casi eccezionali, sono GIA’ riservate ai professori di prima fascia. La legge aumenta il potere dei Dipartimenti e abolisce le Facoltà (in pratica), ma non limita la partecipazione di associati e ricercatori ai consigli di Dipartimento. In sostanza, non aumenta il potere dei “baroni” perché era già molto forte. D’altra parte non intacca le prerogative personali di associati e ricercatori, tutti di ruolo. Quindi gli oppositori della legge, formalmente, hanno torto. La legge non è a favore dei baroni.

La novità della legge in questo argomento è “nascosta” nell’Articolo 6 comma 7 e 8:

  • nel comma 7 l’ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell’attività di ricerca ai fini del comma 8.
  • il comma 8 prevede che in caso di valutazione negativa ai sensi del comma 7, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.

Dal punto di vista dei “baroni”, questi due commi sono potenzialmente devastanti. Infatti l’esclusione dalle commissioni toglie loro la fonte primigenia del loro potere. Se non possono essere in commissione, non possono  aiutare direttamente i propri protetti e non possono neppure scambiare promesse con i commissari (se ora tu mi fai vincere X, appoggio il tuo allievo Y al prossimo concorso). Si prefigura, per la prima volta nella storia dell’università italiana, una distinzione esplicita fra professori ordinari di serie A e di serie B o, se vi vuole fra (potenziali) “baroni”, e zombie accademici.

Succederà? Tutto dipende dall’ANVUR, che deve stabilire i “criteri oggettivi”. E’  in corso la procedura di selezione dei sette commissari. Entro il 20 settembre, gli aspiranti dovevano candidarsi, ed una commissione di cinque saggi deve presentare al ministro una lista di 10-15 nomi. Il ministro dovrà poi scegliere (tutti i dettagli in http://anvur.miur.it/).  La previsione implicita è che vengano  scelti commissari inoffensivi, vecchi “baroni” al finire della carriera e che questi stabiliranno criteri molto permissivi. In  tal caso, tutti (o quasi) i professori ordinari passeranno la verifica e tutto rimarrà come prima. Ma esiste uno scenario alternativo.

Mettiamo che si siano presentati  alcuni modernizzatori AmeriKani e che la commissione li abbia inseriti nella lista. Mettiamo che il Ministro li scelga – in parte per odio nei confronti dei professori in parte per risparmiare (i professori che non passano la valutazione non hanno diritto agli scatti di stipendio dopo il 2013). Il Comitato Direttivo ANVUR si trova con una maggioranza di AmeriKani, che impone una visione molto rigorosa dei criteri minimi per una valutazione positiva dell’attività di ricerca. Io mi intendo di pubblicazioni in Economia , e quindi  faccio un esempio del settore. L’ANVUR potrebbe stabilire che il minimo di attività è la pubblicazione di un articolo in una delle 219 riviste citate nella lista di Kalaitzidakis-Mamuneas-Stengos (An  Updated Ranking of Academic Journals in Economics, Rimini Centre for Economic Analysis WP 10-15, 2010). Un articolo in tre anni su un totale di 219 riviste e diciamo circa 15000 articoli non è certo un ritmo di pubblicazione da Assistant professor in tenure track ad Harvard. Per fare un esempio, Boldrin ne ha sei dal 2008 al 2010. Eppure, secondo il Bollettino dei Concorsi di Perotti, circa la metà dei commissari ai concorsi a cattedra 2000-2004 non aveva nessun articolo in una lista di 169 riviste (una versione anteriore) nell’intera loro carriera. E comunque l’ANVUR, nella sua versione AmeriKana, potrebbe essere anche più dura, chiedendo 3 articoli invece di uno, o magari un articolo nelle 100 riviste più importanti o uno nelle 50 più importanti e così via. Tanto più i criteri sono stringenti, tanto meno sarebbero i professori ammessi al sorteggio per partecipare alle commissioni. Il metodo è applicabile, più o meno facilmente, a tutte le discipline (per Lettere bisogna lavorare un po’, ma si può fare)*.

Quali sarebbero i vantaggi?

a) solo i professori in grado di pubblicare su riviste di livello internazionale potrebbero essere in commissione. Questo sarebbe già un vantaggio. In teoria, questi potrebbero avere (e scegliere) allievi incapaci, ma è poco probabile. Inoltre i bravi avrebbero ben pochi incentivi a far passare allievi di zombie accademici, che, essendo  esclusi dalle commissioni, non avrebbero possibilità di vendetta;

b) gli zombie accademici si troverebbero  in una situazione molto difficile, con poche o nulle possibilità di esercitare  potere “baronale”. Scommetto che molti, soprattutto anziani, sceglierebbero il prepensionamento, come exit strategy dignitosa. Questo sarebbe di per sè positivo. Ridurrebbe i costi del personale, e quindi aprirebbe spazi per nuove assunzioni;

c) tutti i professori ordinari sarebbero stimolati a pubblicare nelle riviste internazionali. Per i migliori, non sarebbe un problema. Dovrebbero solo continuare a fare quello che hanno già fatto. Per gli zombie ed i professori marginali (quelli che hanno passato la selezione per il rotto della cuffia) sarebbe invece difficile. Pubblicare sulle riviste internazionali richiede conoscenze ed abilità che non si improvvisano in pochi mesi. La soluzione più semplice sarebbe quella di trovare co-autori in grado di farlo. In altre parole, firmare i lavori dei propri allievi e protetti, con il giusto mix di lusinghe e minacce;

d) i “baroni” non potrebbero più scegliere ad libitum i loro  protetti. Dovrebbero preoccuparsi della capacità dei prescelti di scrivere articoli pubblicabili, e non solo per il bene dell’allievo stesso, ma anche per il proprio. Paradossalmente, questa esigenza sarebbe tanto più sentita quanto meno bravo è il “barone”. Uno veramente bravo non ha bisogno di farsi scrivere gli articoli dagli allievi. Al limite, potrebbe scrivere lui gli articoli e farli firmare agli allievi (magari giovani e belle/i).  Inoltre, gli allievi bravi dei “baroni” mediocri avrebbero comunque un minimo di potere contrattuale. In caso di difficoltà col proprio “barone” potrebbero sempre offrire la propria penna a qualche altro “barone” (altrettanto scarso ma più amichevole) alla ricerca di pubblicazioni.

In questo scenario, la legge potrebbe cambiare alla radice i meccanismi e gli equilibri di potere nell’università, riducendo il numero dei potenziali “baroni” e costringendoli ad un comportamento virtuoso per non diventare zombie. In questo caso, la Gelmini avrebbe ragione: è una legge contro i “baroni”

Purtroppo, come la maggioranza dei miei colleghi, anch’io ritengo lo scenario virtuoso poco probabile (il 5%? Il 10%?). Ma, data la posta in gioco, forse varrebbe la pena di fare qualcosa per promuoverlo.

*PS pregasi astenersi da commenti sui criteri oggettivi. Tipo: ma un articolo fondamentale può anche uscire su una rivista sconosciuta e simili. Lo so, anche se è statisticamente improbabile. E’ la legge che parla di criteri oggettivi. L’ha scritta sicuramente un economista.

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Commenti

Ci sono 109 commenti

Nei poteri dei baroni hai tralasciato di indicare che hanno anche il potere di influenzare i corsi di laurea, imponendo la presenza di materie a loro gradite, ma che poco o nulla hanno a che fare con quanto serve ai laureati per trovare un posto di lavoro. FIno adoggi ho visto infatti basare l-assegnazione dei posti in funzione dle "carico didattico", per cui chi era "in sofferenza" (molte lezioni e poche persone nel settore scientifico disciplinare) aveva molte piu' probabilita' di avere dei posti da gestire. LA potenza dei baroni si vede anche dal fatto che dopo complicatissimi calcoli per valutare il grado di sofferenza (tiene conto delle laurre seguite, delle ore di lezione, del numero degli esami, tutti con pesi diversi), se alla fine il conto non favorisce il barone di turno, dopo avere perso ore di riunioni per decidere i cirteri ed applicarlli, con buona pace di chi risulterebbe stracarico di lavoro e con pochi docenti viene messo a tacere perche' "la facolta'" non ti dara' mai un ricercatore e il posto se lo prendono i soliti noti che imperano a piacere nei consigli di dipartimento e facolta'.

Comunque stiamo facendo dell'accademia, siamo perfettamente tutti consapevoli che i professori sono tremendamente conservatori e che riusciranno ad eliminare ogni ostacolo alla loro attivita', applicando il motto di Tomasi di Lampedusa e facendo fallire anche questa riforma, cosi' come, spalleggiati dagli ordini professionali, hanno fatto saltare quella del 3+2.

 

Come non l'ho detto: "si crea un posto da ricercatore" per mettere a posto l'allievo con una serie di strategie che non ho spazio per raccontare in dettaglio. In alcuni casi si enfatizzano le necessità didattiche esistenti con complicati calcoli, in altri quelle future (p.es. l'apertura di nuovi corsi di laurea che inevitabilmente attrarranno migliaia di studenti), in altre ancora si sottolinea la bravura del proprio allievo o ci si appella alla tradizione decennale della materia etc. Ciascun "barone" usa le tecniche persuasive che ritiene più efficaci a conseguire il proprio fine - convincere gli altri "baroni" a creare il posto per il proprio allievo. Associati e ricercatori sono (quasi sempre) una massa di manovra.

E comunque l’ANVUR, nella sua versione AmeriKana, potrebbe essere anche più dura, [...]

A scanso di equivoci concettuali, mi inserisco per informare il lettore medio di nFA che l'"ANVUR ameriKana" non esiste. Chiunque proponesse una roba del genere dovrebbe anche avere fatto un buon training di mezzofondo e cominciare a correre, correre, correre...

Folle vocianti (di Americani veri, armati di forcone) sarebbero tosto alle calcagna dello sfortunato...

RR

 

 

...?

Non credo di aver capito questo commento.

Nel senso, una ANVUR americana? Non credo che fosse questo il punto del post, penso che l'idea fosse, una ANVUR italiana con una maggioranza di personaggi che l'estero lo conoscono e sono in grado di pensare razionalmente e non in modo baronale.

Per quel che ne so, non esiste una ANVUR americana perchè ci sono altri canali di valutazione, più efficaci e diversificati. Ma, again, senza valutazione non si va da nessuna parte. Qualsiasi valutazione, intanto, poi si vedrà di raffinarsi.

Articolo lucido e preciso, grazie al postatore!

Queste sono banalità per un insider, ma è bene ribadirle una volta ogni tanto, per ricordarsi che queste banalità sono forse la piaga peggiore dell'Università italiana. A starci dentro si rischia l'assuefazione, sembra che queste cose siano fisiologiche. Non lo sono, sono una forma di delinquenza.

La mia riflessione è che - ancora una volta - non resta che prendere atto di come questa riforma sia una non-riforma. Aspettiamo che parta l'ANVUR, tutto ruota attorno alla valutazione. Se davvero esiste il 5-10% di porbabilità che l'ANVUR alzi l'asticella anche di pochino, vale la pena di impegnarsi perché accada.

Non credo che si farà. Nel frattempo, aspettando la riforma, avremmo potuto partire con altri CIVR. Non lo abbiamo (per ora) fatto. O avemmo potuto lanciare l'agenzia di valutazione quando la proponeva Mussi. Non s'è fatto. L'aria che tira da molti molti anni è che nessuno voglia sul serio la valutazione.

Forse non ci sarebbe bisogno di una maggioranza di ameriKani, ne basterebbero uno o due: ai baroni non piace essere additati al pubblico ludibrio. e di questi tempi non e' difficilissimo farlo. 

Ti illudi....:-)

Proprio oggi leggevo questo recente articolo apparso su Nature, che (come un'altro apparso alcune settimane fa) parlava della riforma Gelmini in termini positivi perché:

 

Establishing ANVUR would show that Italy has placed its university system on the road to true reform

 

Visto quello che ho appena letto su questo post, l'ottimismo britannico non e' affatto giustificato, e questo a prescindere dal proverbiale pessimismo italico.

Perche? L'interpretazione di Giovanni lascia uno spiraglio di ottimismo. Tutto dipende dall'ANVUR, e ci sono margini di discrezionalità sufficienti perche' la cosa funzioni. I 5 saggi che devono scegliere il comitato direttivo sono questi, qualcuno li conosce?

- Prof. Marco Bersanelli (Prof. Ordinario di Astrofisica presso l'Università degli studi di

Milano)

- Prof. Claudio Bordignon (Prof. Ordinario in Malattie del sangue all'Università VitaSalute San Raffaele di Milano)

- Prof. Salvatore Settis (Prof. Ordinario di Storia dell'arte e dell'archeologia classica nella

Scuola normale superiore di Pisa)

- Dott. Marco Tornasi (Direttore Generale per l'università, lo studente  e il diritto allo

studio universitario)

- Dott. Dirk Van Damme (Capo del Centro per l'educazione, la ricerca e l'innovazione

presso l'OCSE).

 

A mio parere, sulla base di quello che ho capito e di quello che sento, pur augurandomi di sbagliare, le norme introdotte giocheranno a favore dei baroni/porci.

L'art. 17 introduce l'abilitazione scientifica nazionale come requisito "necessario" per poter accedere ad un ruolo di prima/seconda fascia. In realtà risulterà essere un requisito "sufficiente", in quanto se un contendente prende questa idoneità ne consegue che poi nessuno avrà la concreta possibilità di dire che un certo pretendente non va bene. Lo spazio di discrezionalità a livello locale si incrementa, con un effetto complessivo assai regressivo rispetto alla situazione in cui eravamo arrivati (in realtà grazie alla Moratti). Se uno è un barone/porco avrà certamente un livello di condizionamento a livello locale (altrimenti che barone è ...) e quindi la contendibilità dei posti diminuisce drasticamente.

La contenbilità dei posti si giocherebbe in teoria a livello di ottenimento dell'abilitazione scientifica nazionale. Ma a questo livello ci sono due difetti importanti della procedura introdotta: esiste la componente aleatoria (con questa chi entra non "rende conto" a chi lo ha eletto) e non esiste il numero massimo di concorrenti idoneati. Per quale ragione la commissione che si muove su queste regole dovrebbe convergere su regole di lavoro restrittive ? Sarà seria o poco seria ma prevedo che converga su regole poco restrittive.

L'effetto combinato sarà nella direzione non voluta. Una concessione mediamente "lasca" dell'idoneità nazionale più un condizionamento assoluto della chiamata a livello locale consentono di posticipare tutte le operazioni accademiche non gradite, e di concretizzare solamente quelle che rispondono alla logica desiderata.

Concordo con il post che l'art. 6 avrà un effetto importante. Nel medio termine però. Le vicende concorsuali sono sempre per definizione vissute sul breve termine.

 

Non concordo. L'articolo 6 può avere effetti molto profondi ed immediati. Forse non mi sono spiegato bene. Ipotizziamo che l'ANVUR adotti un criterio molto selettivo per la verifica dell'attività scientifica (OK, lo so, non succederà mai, ma ci spero). Supponiamo che sia tale da far passare solo il 10% dei professori  ordinari nella prima applicazione (i "bravi"), e che ci sia un altro 10%, pur non approvato, è abbastanza vicino al limite minimo per poter passare la prossima volta (i "bravini"). Il restante 80% è troppo distante e non sarà mai in grado di raggiungere il limite (gli "zombie"). L'elenco è noto, in quanto  corrisponde ai sorteggiandi nelle commissioni. Supponiamo anche che tutti i professori ordinari siano "baroni" con un allievo da far promuovere all'abilitazione da ordinario. Ma solo uno dei "bravi" può essere in commissione. Che interesse avrebbe costui a far passare un allievo di un "zombie", che sa per certo non potrà mai essere in commissione e quindi  rendergli il favore? Dal punto  di vista della logica baronale, gli  converrà piuttosto far passare il proprio protetto e quelli degli altri "bravi" o al massimo dei "bravini". Così facendo, infatti massimizzerà le possibilità di trovar posto ai propri allievi, piazzandoli nei posti che venissero a crearsi negli atenei dove il professore è uno "zombie", che in quanto tale non può aiutare il proprio protetto. La qualità del corpo docente migliorerebbe perchè i bravi si riprodurrebbero e gli "zombi" no. Si aggiunga che la commissione  non potrebbe ragionevolmente abilitare studiosi che non avessero i requisiti minimi per essere a sua volta commissiario. 

Ammetto, è una visione utopistica e tirata per i capelli... :-) Ma la logica è quella dei modelli di selezione naturale.

Dall'ANVUR:

 

- Prof. Marco Bersanelli (Prof. Ordinario di Astrofisica presso l'Università degli studi di
Milano)
- Prof. Claudio Bordignon (Prof. Ordinario in Malattie del sangue all'Università Vita-
Salute San Raffaele di Milano)
- Prof. Salvatore Settis (Prof. Ordinario di Storia dell'arte e dell'archeologia classica nella
Scuola normale superiore di Pisa)
- Dott. Marco Tornasi (Direttore Generale per l'università, lo studente e il diritto allo
studio universitario)
- Dott. Dirk Van Damme (Capo del Centro per l'educazione, la ricerca e l'innovazione
presso l'OCSE).

 

I 5 saggi non sembrano malaccio, mi sbaglio?

Oggi ho trovato un aggiornamento sul sito di VIA academy: qualcuno puo' confermare?

A prima vista non sembrano malaccio nemmeno questi.

 

Si ok abbiamo capito il meccanismo. Ma voi che gli amerikani li conoscete bene, ci volete far sapere se di grazia si sono immolati per la causa? Farebbe loro grande onore :-)

Ma, data la posta in gioco, forse varrebbe la pena di fare qualcosa per promuoverlo.

 

cosa? no, davvero, diteci cosa, e noi partiamo.

 

 

Ma, data la posta in gioco, forse varrebbe la pena di fare qualcosa per promuoverlo.

 

cosa? no, davvero, diteci cosa, e noi partiamo.

 

a questo punto (a legge approvata, commissione di saggi nominata, probabile shortlist ANVUR  in mano al ministro) la domanda  da 100 milioni mi sembra questa:  che si puo' fare  ? 

Concordo con chi ha scritto che ai baroni non piace essere pubblicamente additati come maestri di imbrogli.  Quindi penso che una attivita'  di monitoraggio delle nomine, sulla falsariga dei "Bollettini dei Concorsi"  di Roberto Perotti, resa pubblica su questo sito, o su una pagina dedicata,  magari pubblicizzata da un editoriale su un quotidiano importante potrebbe aiutare. L'obiettivo dovrebbe essere quello di rendere piu' accountable chi potrebbe non sentirsi tale.  

Se qualcuno ha altre idee le esponga.  Non posso credere che NFA  si lasci scappare una causa persa come questa.

ps. Scrivo questo con la consapevolezza che  un monitoraggio pubblico (noto a tutti i partecipanti al gioco) puo' comunque essere inutile di fronte alla determinazione dei Baroni doc,  come ben illustrato dalla vicenda di Roma 3  in cui fui sportivamente coinvolto.

 

 

Secondo me fate i conti senza l'oste. Conti abbastanza insensati. Se i criteri vengono messi molto stretti sin da subito, è probabile che non si potranno formare le commissioni... per mancanza di commissari. E' altamente probabile invece che i criteri non siano affatto stretti.

Conviene che i criteri siano stretti? Secondo me, NO. Ma le mie ragioni sono complicate, e capisco che la mia posizione qui possa risultare pro-baronia. Secondo me, a dirla tutta, stabilire dei criteri nazionali unici di valutazione dei docenti è una follia statalista, e mai mi sarei aspettato su questo blog di sentir perorare questa causa.

Per quanto riguarda l'abilità dei baroni a pubblicare: soprattutto nel settore di medicina (a mio parere uno dei settori più corrotti in assoluto in Italia), il professore ordinario firma tutto il firmabile, spesso senza neanche leggere i lavori. Dato che i criteri non saranno stretti, per un barone superare lo scoglio non sarà poi troppo difficile, basta non avere sotto di se dei deficienti completi. Inolte, rimane il problema di stabilire dei criteri decenti per letteratura, filosofia, giurisprudenza, etc.

Infine, sulla definizione di barone data all'inizio. Guardiamo ai "full professor" europei. Chi non ricade in quella categoria? E negli USA? Davvero i full professor non hanno "protetti" e "preferiti" da piazzare magari in altre università? Io potrei enumerare almeno 4-5 casi di "baroni" che siano riusciti a piazzare i propri allievi in posti strategici, oppure anche al loro posto al momento della pensione. Potremmo forse dire che i "protetti" negli altri paesi hanno dei curriculum migliori del protetto medio italiano. Sicuramente non si arriva agli scandali italiani. Ma non raccontiamoci barzellette: la "politica" universitaria gioca un ruolo importante in tutte le Università del mondo. Credere di poterla eliminare con delle regolette legislative per premiare il "merito" in maniera "scientifica" è piuttosto ingenuo.

Lipari, sembri decisamente non capire.

La riforma non l'ha scritta GF o qualche altro redattore di nFA. L'avessimo scritta noi sarebbe molto più semplice e radicale.

Qui si ragiona dentro ai vincoli, stretti, che la riforma impone assieme all'assetto corrente dell'università italiana. La domanda che GF si pone è: data questa pletora d'osceni vincoli, si può sperare di fare qualcosa di utile?

Il paragrafo finale trasuda cattiva coscienza. Non che mi stupisca, ma mi diverte vedervi tutti ripetere sempre questa storiella ridicola secondo cui "tutto il mondo è paese". Sarà anche così, ma alcuni paesi son meglio degli altri ... e chi vale qualcosa lo sa.

Infine, sulla definizione di barone data all'inizio. Guardiamo ai "full professor" europei. Chi non ricade in quella categoria? E negli USA? Davvero i full professor non hanno "protetti" e "preferiti" da piazzare magari in altre università?

Eh? Per mia esperienza, negli usa nessun professore che abbia smesso di fare ricerca conta nel recruiting. In tutti e tre i casi che ho sperimentato, il ruolo cruciale nel mio reclutamento è stato giocato da un associate professor o equivalente, in due casi appena promosso a quel ruolo. Chi fa ricerca conta più di chi non la fa, associato o full che sia. 

Leggiti la legge. Per ciascun settore disciplinare (con almeno 50 professori) deve essere sorteggiato un membro della commissione per l'abilitazione - fatta a livello di  macrosettore. La tenure dura 2 anni - due tornate annuali (se le fanno). In  dieci anni sono necessari 5 professori  - al massimo il 10% del totale - di meno in settori numerosi

I criteri non saranno stretti perchè i "baroni" si ribellerebbero, non perchè sia impossibile farli stretti

 

Per quanto riguarda l'abilità dei baroni a pubblicare: soprattutto nel settore di medicina (a mio parere uno dei settori più corrotti in assoluto in Italia), il professore ordinario firma tutto il firmabile, spesso senza neanche leggere i lavori.

 

Ma scusa leggi  i post? Accendi  il cervello prima del computer? Rileggiti il punto d) dei vantaggi dei criteri stretti

Aspetto con ansia la dimostrazione dei  vantaggi dello status quo (criteri ampi). 

 

Scusate, mi sono spiegato male. Non difendo affatto lo status quo. Avrei voluto una legge molto più estrema e innovativa. E so benissimo che non l'avete scritta voi! Mi scuso per lo sfogo precedente.

A me sinceramente sembra che questa legge cambi pochissimo e che si sia persa un'occasione. Forse GF ha ragione, anzi lo spero: i "baroni" saranno puniti. Ma guardando ad esempio a Frati, citato nel post, difficilmente verrà punito, anzi probabilmente continuerà a far parte di commissioni di concorso, almeno a guardare il suo h-index su google.

Da quello che ho capito, le commissioni devono dare una specie di abilitazione nazionale; poi, il ricercatore TD sarà assunto nella sua università. Mobilità? poca, come adesso, difficilmente una università prenderà uno non locale. Chi mi "crea" il posto nella mia università? Il mio barone, e se lui non mi vuole, non mi prende, che io sia abile o no. Sempre che riescano a fare un concorso di abilitazione annuale, cosa di cui, permettetemi, dubito fortemente. Come fa il mio barone a creare un posto per me? Deve lottare contro gli altri baroni della stessa università. Che cambia rispetto ad ora?

Dite: a livello nazionale, l'abilitazione sarà più seria. E' vero, probabilmente si elimineranno gli "indecenti", e questa è forse l'unica "luce" che vedo nel tunnel di questa legge. Ma finché non vedo, non credo. Se l'asticella per l'abilitazione sarà bassa, l'eccellente "rompiscatole" (che ha litigato con il suo barone) potrebbe essere scavalcato benissimo in sede di assunzione da molti altri "docili" mediocri e restare fuori dalla lotteria delle assunzioni. Se l'asticella sarà troppo alta, tutto il meccanismo si bloccherà. Sapete benissimo che non si possono avere 60 e più università piene di professori al top nel mondo.

Infatti, un'altra cosa che manca è l'incentivo ad "aggregare" per fare massa critica. Serve aggregare i migliori. A qualcuno non piacerà, ma servono centri di eccellenza e università "di seconda fila", non 60 università mediocri. Questa cosa richiederebbe di dare soldi alle università migliori, che possano investirle offrendo stipendi più alti ai migliori ricercatori. Io per esempio avevo questa idea, che sarà anche da ingenuo idealista, ma insomma, perché dovrei rinunciare a dirla (http://scacciamennule.blogspot.com/2010/11/cosa-non-va.html)?

Con questa legge invece ci vogliono valutare tutti uno per uno, e premiarci o punirci singolarmente, indipendentemente da tutto il resto (didattica, abilità di fund raising, etc.) Purtroppo, questa cosa qui potrebbe avere effetti nulli o devastanti, dipende. Se mettono l'asticella troppo bassa, è come non metterla. Se mettono l'asticella troppo alta, premieranno in pochi. Gli stipendi sono già quello che sono, la carriera accademica in Italia diventerà ancora meno attrattiva. Bisogna poi capire quanto sarà messo in questo famoso "fondo" per la meritocrazia.

Nel nostro campo (Computer Science), ad esempio, si possono fare due tipi di ricerca: sperimentale, molto "costosa" in termini di tempo, e molto rischiosa come pubblicabilità; oppure ricerca teorica, carta e penna e mi invento il nuovo algoritmo per risolvere l'ennesimo problema accademico. Credeteci o no, la seconda è molto più semplice e frutta molto di più in termini di pubblicazioni accademiche, anche se molto meno in termini di trasferimento tecnologico. Valutando solo le pubblicazioni, i docenti saranno spinti a fare questa secondo tipo di ricerca, trascurando la prima, più rischiosa.

Poi: alcuni ordinari, non troppo lontani dalla pensione, da tempo si dedicano al "fund raising" e sinceramente il loro contributo alla ricerca è scarso. Hanno dato nel passato, quando erano più giovani e freschi, e adesso usano la loro posizione per convincere enti pubblici e privati a finanziare la ricerca. Da noi ce ne sono di molto convincenti. Che vogliamo fare, costringere anche queste persone a pubblicare? Vogliamo fare la manfrina di fargli firmare le pubblicazioni del loro gruppo, perché ogni 2 anni devono avere un tot di pubblicazioni? Mi sembra sinceramente ridicolo.

Insomma, io in questa riforma ci vedo molti punti oscuri, alcuni decisamente negativi. E' forse un miglioramento rispetto alla situazione attuale, ma mi sembra che siamo ancora molto ma molto lontani da quello che servirebbe veramente.

 

una canzone di Giorgio Gaber

 

...e prima ancora di Jacques Brel.

Domanda semplice semplice: Boldrin - visto che viene nominato nell'articolo - si è candidato per far parte dell'ANVUR? Quanti della redazione di nFA hanno presentato la propria candidatura???? Insomma, se nessun Amerkano si candida mi pare evidente che poi la riforma non produrrà gli effetti sperati!!! 

 

Nessuno sapeva niente della cosa, ma dai, non ci sono solo gli amerikani. Non era l'anno dell'afrika? Forse si e' candidato Palma...

Non credo ci si possa candidare. Non c'è un voto.

"Alcuni (pochi) si rifiutano di partecipare al gioco per scelta ideologica. Altri (pochi) per mancanza di allievi da promuovere."

Al di là dell' ideologia c' entrano le preferenze e le necessità. Chi non ha bisogno di supportare la propria attività di ricerca con torme di collaboratori e si trova nella felice situazione di poterla svolgerla autonomamente (diciamo un matematico, un letterato o anche un economista che non debba trattare quantità di dati importanti) può felicemente fare a meno degli "allievi", a meno che non sia poweralchoholic e gli piaccia gestire il potere in quanto tale, soprattutto se non ha bisogno per illustrarsi di produrre allievi che gli diano lustro e riconoscenza in quanto "caposcuola" o capobastone (o perchè è in grado di illustrarsi autonomamente o perchè di illustrarsi non gliene importa un granchè). Ciò perlomeno nel nostro sistema universitario dove l' insegnamento graduate è considerato un privilegio e non un dovere accademico. I povericristi che invece svolgono attività di ricerca di gruppo o che comunque hanno bisogno di manodopera per svolgere parte dei loro compiti devono invece per forza avere degli allievi della cui carriera occuparsi al fine di guadagnarsene la collaborazione, soprattutto se i fondi per remunerare i collaboratori sono scarsi o inesistenti e gli obbiettivi che si propongono, tenuto conto del vincolo di bilancio, incompatibili con una remunerazione adeguata dei collaboratori. Per quanto riguarda la mancanza di allievi da promuovere, la cosa mi pare alquanto irrealistica. Non credo in pratica che il problema esista, l' offerta di possibili allievi da promuovere o di allocchi da illudere è praticamente illimitata. Basta abbassare adeguatamente l' asticella. Del resto come diceva un grande barone del passato che per questo è passato alla storia, a mettere in cattedra uno bravo sono buoni tutti. Il capolavoro del grande barone sta, da sempre, nel mettere in cattera gli incompetenti e i cretini.


La necessità di avere un gruppo di lavoro è sicruramente uno stimolo a crearsi un seguito di allievi, ma non è condizione necessaria. Tanto che i baroni di Lettere, dove il lavoro di gruppo è rarissimo,  hanno e promuovono allievi. E' un istinto molto più primordiale. L'allievo ti rassicura sulla qualità del tuo lavoro ed è una proiezione di  te nel futuro - è come un figlio, che, a differenza dei figli, ti puoi scegliere e (tende a) non ribellarsi (finchè diventa ordinario)

Non vi è alcun dubbio che la Gelmini e gli oppositori alla legge che porta il nome del Ministro ritengono che tutti i baroni siano porci. E’ proprio però sulla definizione di barone che si sentono e si leggono le più grandi sciocchezze. Ad esempio è sbagliata l’idea – cerco di essere educato- che è barone chi difende i propri allievi: avere un allievo stupido, e difenderlo a tutti i costi, non è segno di “baronaggine” ma solo di stupidità ed arroganza. Poco a che fare con l’essere baroni. Sorvolo poi sul fatto che la difesa dei propri allievi capaci è qualcosa che ha fatto parte della migliore tradizione accademica.

  I baroni, nell’università di oggi, forse non ben conosciuta anche da coloro che ci vivono, sono un sottoinsieme di professori, quasi sempre di prima fascia, che hanno fatto della politica universitaria la ragione della propria vita. Attraverso un uso spregiudicato del potere che si acquisisce nelle posizioni di “comando” – essere direttore di Dipartimento, membro del Senato accademico, Pro-Rettore, membro del Consiglio di amministrazione – è possibile creare una rete conoscenze e stabilire una rete di interessi che permettono di “sistemare” non solo gli allievi, ma figli, parenti, mogli, amanti e semplici conoscenti.  Il barone può in genere accedere a cospicui finanziamenti, e – facendo lavorare collaboratori –  può anche fare una brillante carriera come ricercatore. Tutto questo è reso possibile dal sistema “democratico- corporativo”, sostanzialmente autoreferenziale, dato che il potere delle autorità accademiche nasce esclusivamente da una delega degli stessi colleghi.

   Questi politicanti  sono i baroni di oggi: e la legge Gelmini, disegnata per limitare il potere dei baroni, finisce per conferirgliene di più. Il Rettore acquista maggiori poteri: Senato e CdA, ristretti nel numero dei membri, diverranno meglio controllabili da parte del Rettore: questi sarà il vero satrapo. Chi non crede a quel che scrivo, può provare a ricostruire la carriera di alcuni Rettori in carica oggi, che hanno sistemato l’intera famiglia, e da un punto di vista documentale sono apprezzati ricercatori.

Mi permetto di esplicitare l'allusione contenuta nell'ultima riga di questo commento. Si tratta evidentemente del rettore di Sapienza, incluso in una lista (pubblicizzata da www.lavoce.info) di grandi scienziati italiani per avere un indice H di 42. Prima della pubblcizzazione di questo "criterio obiettivo" si mormorava che questo importante rettore avesse vinto la cattedra per meriti sindacali e che fosse dubbia la sua partecipazione alle ricerche da lui firmate. Ma questi mrmorii non valgono nulla rispetto a "criteri obiettivi".  Per avere un riferimento pratico su che cosa significa un indice H di 42,  mi basterà dire che l'unico italiano che è stato seriamente preso in considerazione per la medaglia Fields del 2010 ha un  indice H di 4. (La medaglia Fields è il massimo premio conseguibile per ricerche di matematica, è attribuito ogni 4 anni, in coincidenza con il congresso mondiale dei matematici; secondo una regola non scritta non si attribuisce a chi ha superato i 40 anni).

Barone, moi?

I miei  allievi li promuovo perchè sono dei  geni. Sono gli altri ad essere baroni schifosi che promuovono dementi e per di più prendono tutti i soldi e le posizioni di potere

Sempre gli altri ...

 

 

Barone, moi?

 

Caro Giovanni,

                      questa domanda mi ha fatto venire in mente un punto nevralgico del paradigma baronale che -forse- nell'articolo e' sufficientemente enfatizzato: i baroni esistono perche' esistono i servi della gleba.

Il potere del barone e' garantito dall'esistenza di un consistente numero di subordinati (piu' o meno precari) che scommettono sul fatto che la fedelta' al signorotto verra' prima o poi premiata (mentre l'autonomia e' in genere scoraggiata).

Il DDL La legge Gelmini, aumentando i margini di precarieta' (un periodo di 3+2 anni in cui la conferma del ricercatore in formazione e' subordinata all'esistenza di risorse prima ancora che al merito), aumenta il potere baronale.

Per il resto, hai ragione: la questione fondamentale, a questo punto, e' la gestione dell'ANVUR (oltre a tutti i decreti e regolamenti necessari per mandare a regime la valutazione e i meccanismi meritocratici.

 

 

Qualche volta, rispondendo ad un commento,  mi capita di sbagliare e  creare un nuovo thread (il che rende la risposta poco comprensibile).

Qual'e' la maniera migliore per rimediare?

Io sarei per cancellare il commento e poi ripostarlo (anche se non mi e' chiaro quale sia la maniera piu' pulita di cancellare un commento).

 

l DDL "La legge Gelmini, aumentando i margini di precarieta' (un periodo di 3+2 anni in cui la conferma del ricercatore in formazione e' subordinata all'esistenza di risorse prima ancora che al merito), aumenta il potere baronale."

Questa osservazione sarebbe condivisibile se attualmente all' università ci fossero solo docenti di ruolo, invece che lo zoo di vari tipi di precari: cultori della materia, contrattisti, assegnisti di ricerca, creati tanto più alacremente e creativamente, secondo la mia esperienza, dai colleghi tanto questi sono più  adusi a protestare contro il precariato. D' altra parte sembra impossibile pensare che tutto lo zoo del precariato scompaia con la riforma Gelmini. (Con la 382 del 1980 si abolirono giustamente e coraggiosamente gli assistenti volontari, statuendo che le conseguenze finanziarie dei compiti assegnati ad eventuali precari abusivamente creati sarebbero dovute ricadere sui docenti responsabili dell' abuso, disposizione mai applicata e prescrizione subito gigantemente violata.) Semplicemente, con la Gelmini si crea una nuova categoria, relativamente privilegiata, in quanto meglio retribuita e con una qualche prospettiva di carriera, di precari (che vengono a sostituire, secondo quanto mi pare di capire, gli attuali assegnisti di ricerca), semplificando la struttura dei  docenti di ruolo, dalla tripartizione attuale alla bipartizione in associati e ordinari, sopprimendo, giustamente, la categoria dei ricercatori, dallo stato giuridico, come le presenti agitazioni confermano, assurdo ed idiota. Ma le questioni delicate della nuova figura sono due. Non  tanto il precariato (la cui creazione creativa è uno dei compiti portati avanti con maggiore successo dalle nostre istituzioni universitarie, per così dire una creazione dal basso, quando dall' alto non vi si provvede), ma: 1. i procedimenti (presumibilmente clientelari) con cui i nuovi precari, come tutti gli altri allo stato presente, verranno nominati; 2. il procedimento, presumibilmente idoneativo (e quindi largamente non selettivo) con cui i precari clientarmente nominati verranno  immessi in ruolo. Chi ha letto la legge (non il sottoscritto, non mi valeva la pena, dato che sto per andare in pensione), potrebbe illuminarmi su questi due punti cruciali?

 

Ma le questioni delicate della nuova figura sono due. [...] 1. i procedimenti (presumibilmente clientelari) con cui i nuovi precari, come tutti gli altri allo stato presente, verranno nominati; 2. il procedimento, presumibilmente idoneativo (e quindi largamente non selettivo) con cui i precari clientarmente nominati verranno  immessi in ruolo. Chi ha letto la legge (non il sottoscritto, non mi valeva la pena, dato che sto per andare in pensione), potrebbe illuminarmi su questi due punti cruciali?

 

Non ho letto la legge (se non pezzi mesi fa) ma rispondo lo stesso in attesa che qualcuno dia dati piu' precisi.

1) i ricercatori TD vengono reclutati con concorsi locali simili al passato.  Non so dire se verranno accettate le modifiche di Mussi, che impongono seminario pubblico, valutazione dei soli titoli scientifici con criteri obiettivi e (se ricordo bene) abolizione delle prove scritte.  E' possibile che vengano accettate, perche' in linea con la tendenza di questo ministero di prescrivere per legge una selezione obiettiva e meno manipolabile.  Per quanto io dia atto sia a Mussi che a Gelmini che le intenzioni sono buone (prove scritte e orali specie se privati favoriscono disonesta' e manipolazioni, come confermato anche dalle intercettazioni dei commissari di un concorso manipolato), si tratta di usuali sempre fallite e destinate a fallire prescrizioni formali burocratiche all'italiana, che andrebbero se non abolite tout-court almeno complementate con decente valutazione successiva dei risultati.

2) i ricercatori TD dopo 3+3 anni (forse anche prima, non so) possono essere assunti a TI nella posizione di professore associato dagli Atenei di appartenenza senza alcun ulteriore concorso, se gli Atenei stessi cosi' desiderano, a patto che abbiano conseguito l'idoneita' dalla commissione nazionale. L'idoneita' quindi e' necessaria ma non sufficiente. La responsabilita' dell'immissione in ruolo nello spirito della legge ricade tutta sugli Atenei che in quel modo decidono di spendere i fondi a propria disposizione nei successivi decenni.

  Devo confessare che provo un senso di noia alle diatribe sul reclutamento. Se ne parla da mezzo secolo, e non si è mai fatto un passo avanti: anzi, cercando di infilare nella selezione dei docenti concorrenza e mercato (tra atenei) si è fatto solamente un lungo passo indietro, vedi concorsi locali. Vi è molto poco da inventare: e fino a quando si cercherà di percorrere la strada dei "criteri obiettivi" (vedi abolizione di prove scritte per il reclutamento dei Ricercatori, e simili sciocchezze) non si andrà lontano. Il reclutamento inefficiente deriva da un sistema sbagliato: fino a quando non vi sarà un bilanciamento tra il potere di chi amministra, ed il potere di chi ha in mano la gestione "tecnica" non possiamo aspettarci nulla o quasi di buono. Le tanto celebrate università USA vivono e prosperano con un bilanciamento dei due poteri: i CdA non sono formati in maggioranza da docenti. Un qualche miglioramento potrà esservi nelle ns università quando l'ANVUR funzionerà a pieno regime, e BENE.

   Non è dato sapere fra quanti lustri  

Penso che la tempistica con cui le varie parti della legge Gelmini andranno in vigore sia un fattore non trascurabile.

Mi piacerebbe avere un'idea di quello che succedera' nel breve periodo (nel 2011, diciamo).
Quali saranno gli snodi? Ci sara' il concorsone? In che stati sara' l'ANVUR a fine anno?

Mi sembra che questo post di Giovanni si concentri sugli effetti della legge "a regime", mentre bisognerebbe analizzare meglio cio' che accadra' nel medio-breve periodo. Anzi, per dare una valutazione della "riforma" voluta dalla Gelmini  bisognerebbe prendere in considerazione tutti i provvedimenti emanati dal Ministro (e non solo l'ultima legge), ed anche analizzare quale sia l'effetto combinato dei provvedimenti  Gelmini-Tremonti (p.es.: i fondi previsti sono sufficienti a finanziare  l'attivita' dell'ANVUR?).

 

 

Proprio  per questo ritengo sciagurato l'emendamento Frassinetti-Valditaram che constringe le università a stanziare fondi  per posti di associati a spese di altre voci (art 29 comma 9)

A valere sulle risorse previste dalla
legge di stabilita` per il 2011 per il fondo
per il finanziamento ordinario delle universita`,
e` riservata una quota non superiore a
13 milioni di euro per l’anno 2011, 93 milioni
di euro per l’anno 2012 e 173 milioni
di euro annui a decorrere dall’anno 2013,
per la chiamata di professori di seconda fascia,
secondo le procedure di cui agli articoli
18 e 24, comma 6, della presente legge

  Si noti che tali chiamate, se ho capito bene, prescindono dall'abilitazione nazionale (art 16).  Il tipico contentino clientalare che costerà a regime circa il 2.5% del finanziamento (ed il doppio dei fondi di  ricerca PRIN)

 

Penso che la tempistica con cui le varie parti della legge Gelmini andranno in vigore sia un fattore non trascurabile.

Mi piacerebbe avere un'idea di quello che succedera' nel breve periodo (nel 2011, diciamo).
Quali saranno gli snodi? Ci sara' il concorsone? In che stati sara' l'ANVUR a fine anno?

 

A questo riguardo può essere d'aiuto l'encomiabile tabell(one) sui decreti delegati/regolamenti attuativi preparato da P. Gianni del cartello sindacale CNU.

"Di sicuro" sarà difficile rispettare tutte le scadenze: è anche per questo che stanno guadagnando tempo non pubblicando ancora la legge in G.U.: si stanno prendendo anche quel mese che è concesso fra la promulgazione e la pubblicazione...

Dicevano che avevano già lavorato su alcuni di questi regolamenti (tipo quello per l'abilitazione), ma prima devono comunque farne altri, tipo il riordino degli SSD e l'istituzione dei "settori concorsuali". Ci sono rumors di opposizioni da parte dei settori "scontenti" incorportati alla Ceausescu in settori più grandi, dove tipicamente se lo piglieranno in quel posto.

Sull'ANVUR io ho sbollito le mie speranze, dopo che hanno fatto tutto il possibile per svuotarne le competenze e l'autonomia, e dopo aver letto la presunta lista dei 15 shortlisted, "fatta vedere al Ministro prima ancora della formalizzazione", dove alcuni Signori Nessuno in materia di valutazione figuravano chiaramente per motivi di equilibri politici...

Alla prossima.

RR

 

 

 

Signori Nessuno in materia di valutazione figuravano chiaramente per motivi di equilibri politici...

 

Per esempio?

Il Consiglio dei Ministri odierno ha deliberato l'avvio della

"procedura per la nomina a componenti del Consiglio direttivo dell’ANVUR dei professori: Sergio BENEDETTO, Andrea BONACCORSI, Massimo CASTAGNARO, Stefano FANTONI, Giuseppe NOVELLI e delle professoresse Fiorella KOSTORIS e Luisa RIBOLZI".

A questo punto, sotto a scoprire chi sono questi "Magnifici" 7.