Il centocinquantenario dell’Unità d’Italia ha prodotto qualche libro tossico (un titolo per tutti “Terroni” di Pino Aprile), molta carta inutile, ridicoli processi storici a Cavour e Garibaldi ma anche qualche buona ricerca. Fra queste, spicca il lavoro co-ordinato da Giovanni Vecchi (Università di Tor Vergata), che ha riassunto i risultati in un volume dal titolo “In ricchezza ed in povertà. Il benessere degli italiani dall’ Unità ad oggi”.
Dichiaro subito il mio conflitto di interesse. Il libro usa, per piccola parte, i risultati di alcuni miei lavori e, soprattutto, Giovanni Vecchi è un mio amico. Ciò detto, credetemi: Il libro è molto bello ed interessante. Esorto tutti coloro che vogliono informarsi sul serio sulla nostra storia a comperarlo e leggerlo. Fra l’altro è anche scritto bene: l’autore ha fatto un lodevole sforzo per rendere comprensibile e attraente un soggetto non esattamente semplice per lettori non specialisti, riducendo al minimo il gergo tecnico e aggiungendo aneddoti e citazioni da opere letterarie per alleggerire la descrizione.
Vecchi e i suoi co-autori considerano l’andamento del reddito pro-capite (più esattamente del Valore Aggiunto pro-capita) e di altri otto indicatori del benessere: nutrizione, altezza, salute, lavoro minorile, istruzione, distribuzione del reddito, povertà e vulnerabilità. L’evoluzione di ciascuno di questi parametri è descritta con indicatori quantitativi, se possibile su base regionale. Inoltre, gli autori ricordano gli elementi essenziali della legislazione.
Riassumere in dettaglio un libro di 400 pagine è difficile, e comunque un riassunto troppo dettagliato renderebbe inutile l’acquisto. Mi limiterò a ricordare i risultati principali
- il PIL pro-capite (stimato da un gruppo di lavoro della Banca d’Italia, ISTAT e studiosi indipendenti) è aumentato di 13 volte, più della media europea, da 2022 euro (a prezzi attuali) a 25668 euro. Soffermiamoci un attimo sul valore iniziale – circa 5 euro al giorno. L’Italia era un paese terribilmente povero. Il reddito medio ha superato i 6000 euro annui (500 euro al mese) nel 1956 ed i 12000 nel 1969.
- La disponibilità media pro-capite di cibo in termini di calorie era già sufficiente nel 1861, ma la distribuzione del reddito lasciava crca il 40% degli italiani sottonutriti, con una composizione dell’alimentazione fortemente squilibrata verso i carboidrati e le proteine vegetali. Da allora ad oggi la quantità di calorie è aumentata, mentre il fabbisogno calava e la composizione è molto migliorata.
- L’altezza alla visita di leva è aumentata in maniera costante, da una media di 162,9 centimetri per i nati nel 1861 a una media di 174,6 per i nati nel 1980. L’altezza è un parametro di benessere generale, di particolare interesse in quanto misurato su tutta la popolazione maschile con tecniche uniformi. Il massimo raggiungibile da ciascun individuo è determinato alla nascita dal suo patrimonio genetico, ma l’altezza effettvia dipende dall’alimentazione, dallo lo sforzo fisico e dalle condizioni igienico-sanitarie. Centocinquant’anni sono un periodo troppo breve per registrare significative variazioni del patrimonio genetico e quindi l’incremento riflette esclusivamente il miglioramento del benessere.
- La speranza di vita alla nascita, un indice delle condizioni igienico-sanitarie, è aumentata da 30 a 82 anni, la quarta più elevata (dopo Giappone, Svizzera ed Australia). Il miglioramento riflette più i progressi della medicina e dell’organizzazione sanitaria che l’aumento del reddito. In particolare, deriva dal calo della mortalità infantile, soprattutto derivante dalle malattie infettive.
- Nel 1861, circa l’80% dei bambini e la metà delle bambine fra i 9 ed i 14 anni lavorava. Da allora il calo è stato costante fino al 10% nel 1961. Il lavoro infantile è ufficialmente proibito (e quindi non rilevato) dal 1967, ma le stime parlano di un 3-5% della classe di età corrispondente che lavora, almeno part-time.
- Al momento dell’Unità solo un italiano su quattro sapeva leggere e scrivere e uno su dieci non sapeva indicare la propria età (un indice minimo di familiarità con i numeri). La frequenza di almeno quattro anni di scuola elementare era obbligatoria dal 1859, ma l’obbligo venne eluso da una percentuale consistente di bambini almeno fino all’inizio del XX secolo. La percentuale di analfabeti secondo i censimenti è scesa sotto il 5% solo nel 1981, ma ricerche di studiosi indipendenti stimano valori molto più alti per il cosidetto analfabetismo di ritorno (persone che hanno perso le capacità apprese a scuola). Il numero medio di anni di scuola (10) è il più basso di tutti i paesi avanzati.
- Gli autori misurano la distribuzione del reddito familiare con l’indice di Gini, che varia da 1 (totale concentrazione) a 0 (perfetta eguaglianza). L’indice è diminuito da 0.5 (un livello abbastanza elevato) nel 1861 a 0.30 nel 1981 (un livello relativamente basso), per rimanere poi stabile o aumentare lievemente negli ultimi trent’anni. Fino al 1970, la redistribuzione ha beneficiato soprattutto i ceti medi, dopo i più poveri.
- La percentuale di poveri (cioè persone non in grado di raggiungere una soglia minima di consumi, crescente con l’aumento del reddito) è diminuita dal 45% del 1861 al 5% dopo il 1980. La percentuale dei poveri cosidetti estremi (non in grado di acquistare neppure il cibo), pari al 25% nel 1861 ed al 7% nel 1971 si è praticamente azzerata.
- Infine è diminuita anche la vulnerabilità, cioè il rischio di finire in miseria a seguito di eventi negativi imprevisti, soprattutto grazie allo sviluppo dell’intervento statale (assistenza, pensioni etc.) oltre che dell’aumento del risparmio.
In sostanza, una storia con molte luci (in particolare la sanità) e qualche ombra (soprattutto l’istruzione), ma di grande successo. Il periodo di maggiori successi coincide con il miracolo economico (1951-1971), mentre negli ultimi anni si registrano pochi progressi, pur partendo da livelli abbastanza elevati di benessere.
A conclusione, vorrei ritornare sul problema dei divari regionali al 1861 che sembra interessare molto i lettori di nfA. Come detto, il gruppo di ricerca si è posto l’obiettivo di stimare dati per regioni e macro-aree solo per alcuni indicatori. Nella colonna PIL è il reddito pro-capite. Come già anticipato nei miei post con Boldrin ([1] e [2]) i dati mostrano un divario significativo fra Nord e Sud, dell’ordine del 15-20% in termini nominali. Il divario era molto maggiore per le singole regioni. Ignorando il Lazio (un caso anomalo per il ruolo di capitale di Roma), il reddito della più ricca regione del Nord, la Liguria, era doppio di quello della Basilicata, la più povera regione della penisola. Si potrebbe obiettare che i dati del 1871 non sono rappresentativi della situazione al 1861, in quanto già risentono dei (pretesi) disastri economici dell’unificazione. Ma il divario è confermato anche dalle altre colonne. È piccolo per la speranza di vita alla nascita, che risente del clima peggiore del Nord, mentre è enorme per il livello di alfabetizzazione (e anche di iscrizione alle scuole). Il dato più significativo è quello delle altezze: il Sud avrebbe raggiunto il livello che il Nord aveva nel 1861 solo nel 1931. Nel complesso, la ricerca conferma la visione tradizionale di un Sud molto più arretrato del Nord (anch’esso povero e arretrato) e non porta alcun elemento di sostegno alle nostalgie neo-borboniche.
|
Altezze |
Alfabetismo |
Speranza vita alla nascita |
PIL |
(cm) |
(% pop. >15 anni) |
(anni) |
(euro 2010) | |
1861 |
1861 |
1861 |
1871 | |
Nord-Ovest |
163.7 |
47.9 |
32.9 |
2328 |
Nord-Est |
165.2 |
24.1 |
32 |
2060 |
Centro |
163.7 |
23.9 |
32.6 |
2251 |
Sud |
160.9 |
15 |
31.2 |
1876 |
Isole |
160.8 |
12.3 |
33.7 |
1905 |
| ||||
Centro-Nord |
164.1 |
37.1 |
32.6 |
2230 |
Sud |
160.9 |
14.2 |
32 |
1884 |
ottimo grazie, cerco di recuperarlo quanto prima!
mi interessa, in particolare, la questione sanitaria, cioè capire se si riesce ad evidenziare il ruolo della tecnologia, sia nei suoi aspetti "positivi" (ad esempio la diffusione del frigorifero per la conservazione degli alimenti) che "negativi" (inquinamento)