Gli esodati e la matematica

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Un esempio astratto che suggerisce che la questione esodati non sia questione affatto, una volta che ci si pensi con un po' di chiarezza e un goccio di matematica attuariale. 

Tanto per essere chiari diretti (con un po' di provocazione, lo ammetto): gli esodati non sono un problema. Basta saper fare i conti.

Pero' e' necessario un esempio, diciamo cosi', astratto.

Il signor A ha pianificato di andare in pensione al tempo T, con 100 monete all'anno finche' campa.

Il signor B ha lasciato il lavoro al tempo T-1 (con una buona uscita o meno), sapendo che al tempo T sarebbe andato in pensione con 100 monete all'anno all'anno finche' campa.

Ma al tempo T il governo ha deciso che chiunque avesse diritto alla pensione al tempo T potra' esercitare questo diritto solo al tempo T+1, sempre per 100 monete all'anno finche' campa. Questo quindi vale per entrambi il signor A e il signor B.

Il signor A lavorera' un anno in piu' e percepira' la pensione per un anno in meno.  Lavorando, anche se non avesse risparmiato nulla (ne' avesse accesso a credito parenti, amici, banche, sistema previdenziale)  non avra' problemi a campare.

Il signor B invece e' un esodato. Se avesse risparmiato per un solo anno  (non avesse accesso a credito da parenti, amici, banche, sistema previdenziale) e non avesso modo di trovare un lavoro per un anno, potrebbe avere problemi a campare  tra T e T+1.

Che fare? Tutta la discussione oggi e' nella seguente forma: quanto diamo al signor B a T per evitare che abbia problemi a campare? Tutto un anno di pensione (100 monete)  o solo una parte?

Questo e' un modo incorretto ed ingiusto di guardare al problema. E' incorretto perche' molti dei signori e delle signore nella situazione del signor B avranno modo di lavorare un anno in piu', come richiesto al signor A. Ma non ci e' dato sapere chi. E' ingiusto perche' al signor A cosa diamo? Ciccia. Lavori in silenzio. Lui ad esempio sarebbe ben contento di non lavorare al tempo T, rientrare tra gli esodati ricevendo un sussidio per un anno e andare in pensione al tempo T+1, invece di lavorare.

Naturalmente possiamo dare tutto a tutti, svuotando cosi' la riforma delle pensioni. Ma la spesa pensioni in Italia era (ed in parte ancora e', ma questo e' un altro discorso) eccessiva - va tagliata - non se ne poteva fare a meno (si poteva fare meglio, ma anche questo e' un altro discorso).

Ma c'e' un'altra possibilita' - piu' corretta e  giusta (il fatto che non sia discussa a me fa pensare male, perche', credetemi, non e' che ci voglia Leonardo da Vinci  a pensarci, e' cosa ovvia a chi mastichi un poco di queste cose; perche' il ministro Fornero non ne parla? Ne' Grilli o Monti?):

  • il signor A lavora e va in pensione al tempo T+1 con 100 monete l'anno;
  • il signor B va in pensione al tempo T ma a 100-x monete finche' campa; 
  • x e' determinato attuarialmente in modo da rappresentare il costo di un anno in piu' di pensione. 

Si possono fare bene i conti, ma x sara' molto piccolo, e' un anno su 20 o 25: il signor B non avra' problemi a campare con 100-x monete l'anno invece di 100 (se ha problemi e' perche' li aveva anche con 100 monete - e' un altro discorso, nulla a che fare con gli esodati). Se poi lavora un anno in piu' non avra' nessuna diminuzione del consumo rispetto al caso di 100 monete per anno. Un esempio numerico per farsi un'idea dell'ordine di grandezza:

Supponiamo la pensione del signor B sia di 20.000 Euro l'anno (circa 1.666 Euro al mese). Supponiamo che egli sia uscito dal lavoro a 63 anni, pensando di andare in pensione a 65, mentre invece andra' in pensione solo a 67. Supponiamo che la sua speranza di vita a 67 anni sia di altri 20 anni. Supponiamo infine che il tasso di interesse attuariale sia del 2%. In questo caso x, la riduzione della pensione mensile del signor B, sarebbe di circa 140 Euro al mese (di 120 con un tasso di interesse del 4%).  

In buona sostanza, la questione degli esodati non e' che essi sono danneggiati dalla riforma piu' di chiunque altro - e' che il danno per loro non e' ben ripartito nel corso della pensione ma piuttosto concentrato in quegli anni in cui, senza lavoro, aspettano la pensione. La soluzione di questo problema non e' di ridurre il danno, ma invece di ripartirlo meglio nel corso della pensione. 

La matematica salva vite umane. E sistemi pensionistici. 

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Commenti

Ci sono 42 commenti

La proposta appare ovviamente ragionevole, soprattutto per coloro che attendono una pensione dell'ordine di grandezza indicato o superiore.

Ma restano due domande, la prima, visto che nell'articolo non è indicato un tasso attuariale, quale criterio di utilizza per stabilirlo.

Il secondo cosa succede delle pensioni più basse, diciamo sotto la metà della cifra indicata. Risulta ovvio che sarebbero in termini assoluti meno toccate, ma probabilmente per loro sarebbe comunque un problema. Sappiamo quale sia la distribuzione delle pensioni attese a regime per gli esodati? E sono dati del ministero o dell'INPS (sembra la presenza in piazza secondo gli orgnizzatori o la questura, tragicamente).

E comunque resta la domanda: perchè non ci hanno pensato? Che tecnici sono?

Io ho usato il 2%. Piu' alto e' il tasso, minore e' x. Direi quindi che non ci sono problemi qui. Forse la speranza di vita e' esagerata. Mi par di capire che sia di 19 anni a 65. Ma non tutti gli esodati hanno 65 anni. Non conosco la dstribuzione.

Il fatto che siano esodati, per definizione significa che lavoravano e quindi non credo possano essere in larga parte su pensioni minime. Pero', li' il problema sono le pensioni, non l'esodazione.

... limitarsi ai numeri - a parte il problema del bilancio di cassa - è fuorviante.

Le mie considerazioni al proposito le ho lasciate nel mio blog.

(disclaimer: non sono un esodato né conosco alcun esodato)

@.mau.: ho letto le tue considerazioni. Sul primo punto, che riprende il commento di Amadeus, poco da aggiungere. Sul secondo, gli esodati, qualora fossero andati in pensione come nei loro piani, sarebbero stati quasi tutti dei privilegiati, come lo sono tanti degli attuali pensionati, nei confronti di gran parte dell''attuale forza lavoro, che sta pagando, duramente, ad altri dei privilegi di cui i suoi membri non potranno mai godere. Tu giustamente fai notare che il singolo avrà basato le sue scelte sulle regole in vigore al momento della sua decisione, e che agli esodati sono state cambiate le carte in tavola, ma io mi permetto di suggerirti di introdurre nel ragionamento anche il fatto che nei confronti di tanti, troppi nostri concittadini (tu ed io probabilmente inclusi), per quelle persone, le carte in tavola erano truccate, anche loro malgrado per carità, a loro favore. Non dalle persone stesse per carità, almeno non in maniera diretta, ma quando mi chiedo se fosse giusto continuare a permettergli di giocare con quelle carte, e sfavorire ulteriormente tanti altri attori che già stanno sopportando il peso di milioni di pensionati, io non riesco ad accettare che sia stato scelto il peggiore dei mali possibili.

Cercando di essere costruttivo, si potrebbe cercare di trovare strade alternative, per cercare di rendere il sistema meno iniquo: ad esempio passare al contributivo tutti, anche gli attuali pensionati, magari oltre una certa cifra (1000 Euro? 1200 Euro? 1500 Euro? 2000 Euro?), e usare parte del risparmiato per mitigare lo scalone degli esodati. Mi chiedo però se converrebbe agli esodati, rispetto all'approccio attuariale proposto da Alberto Bisin.

Mi permetto un Off Topic.

Ammettiamo pure per un attimo che si rimpingui il fondo esodati con il prelievo fiscale. Perché non si instaura il principio che dietro il sussidio venga un ritorno in termini di servizi?
M'immagino un ipotetico dialogo tra il signor Contribuente e il signor Esodato:
- "signor Esodato, capisco le sue difficoltà, e sono anche disposto a venirle incontro sostenendo il suo reddito, nessun problema. Però, già che le trasferisco a fondo perduto un assegno di X euro al mese, non ritiene di poter per lo meno ricambiare? Sempre nelle sue possibilità s'intende, senza forzarla. Può essermi utile in una miriade di modalità, dalle più amene (piccoli lavoretti in casa, far delle consegne  etc) a quelle più serie (assistenza agli invalidi, consulenza fiscale etc)."
Qualcuno avrà notato che questa posizione corrisponde all'uscita dallo stato di prepensionamento a favore di un ritorno allo stato di occupazione (piuttosto che darti un reddito da tasse ti do un reddito da lavoro), cosa che ad ascoltare il dire comune sembra impossibile.

Ora per non essere frainteso voglio essere un po' più preciso: dalla parte del contribuente non è detto che quel che risparmia in tasse lo riallochi subito in termini di più occupazione a favore degli esodati (potrebbe benissimo decidere di risparmiarlo che non si sa mai...) e dall'altra parte ci sono casi di reale difficoltà a trovare una nuova posizione occupazionale, quindi faccio salvo l'intervento dello stato a salvaguardare le posizioni di reale necessità.
Poi, sempre dove non si riesca a ricollocarsi direttamente non vedo perché lo stato stesso non si occupi di creare dei servizi utili (s'intende che a sovraffollare PA e carrozzoni non si ricava nulla di buono) dove impiegare queste risorse. L'esempio dell'assistenza ai disabili non è a caso: tempo fa al TGR Veneto mi è capitato di vedere un servizio sugli esodati seguito da un'altro di cittadini che sono scesi in piazza a protestare contro i tagli ai disabili; e lì ti viene il dubbio.. perché non risolvere entrambi i problemi con un unico sussidio?

Poi ci sono anche altri strumenti utili, come permettere di parzializzare lavoro e pensione, così da poter vivere dignitosamente anche trovando un lavoro part-time o a basso reddito (vorrei vedere in questo scenario quanto si ridurrebbe ancora l'x di cui parla Bisin, salvo eseginze di cassa).
Insomma, non capisco perché non ci sia l'intenzione di almeno proporre soluzioni di questo tipo mentre il sussidio a fondo perduto sembra dover essere la regola.

Chiudo, e visto che la matematica era il tema faccio anch'io un po' di conti (della serva): se gli esodati sono 390mila e gli occupati 23milioni significa che i primi sono l'1,7% dei secondi. Se l'assegno medio dato ad un esodato è di 12000 euro all'anno (anche troppo basso) significa un peso spalmato di 203 euro per ogni occupato. Confrontiamolo con l'IMU.. Detta così la salvaguardia tout-court nonè così affascinante...

Non sono un esodato ma uno di quelli che un giorno andrà in pensione, e non sono neanche un economista.

Da più di trent'anni sento parlare del problema delle pensioni, e ogni anno il problema sembra sempre aumentare, quasi che la soluzione fosse irrangiungibile.

E allora mi sono fatto una domanda a cui tutti i miei amici economisti non hanno neanche risposto, come si fa con i bambini di 4 anni, che non possono capire.

Perchè io devo andare "in pensione"? O meglio perchè qualcuno che non conosco, obbligatoriamente mi chiede di versargli dei soldi, nella misura che decide lui, nei tempi che decide lui, prevedendo di restituirmeli quando vuole e nella misura che preferirà?

E' l'obbigatorietà che metto in discussione non il concetto che io possa decidere di risparmiare oggi per avere una rendita futura.

Ma vorrei farlo autonomamente, coscientemente e non perchè obbligato.

In molti casi la liquidità mi potrebbe servire adesso, oggi e subito, e invece c'è qualcuno che mi obbliga a risparmiare.

Perchè?

andrea

 

Su due piedi mi viene da dire: per evitare che qualcuno si mangi la sua ricchezza in gioventù e si ritrovi a vivere una vecchiaia di stenti, o pesando comunque sul resto dei contribuenti (ottenendo prestazioni sociali alle quali non ha minimamente contribuito).
Comunque sì, si possono pensare meccanismi totalmente liberi come quello che dici, dove la contribuzione ad un fondo pensione sia volontaria, però bisogna tener conto dei casi sopra. Sarà inerzia culturale, ma personalmente posso dirti di preferire la contribuzione obbligatoria.
Al massimo posso darti uno spunto: misto, contribuzione obbligatoria solo entro una certa soglia (es: per erogare pensioni dopo i 65 anni di 1500 euro max, ovviamente i contributi sono ricalcolati al ribasso di conseguenza), e chi voglia accedere ad una pensione maggiore contribuisce volontariamente per l'ammontare che ritiene opportuno.

Dicesi Stato Sociale. Garantire la sopravvivenza a chi non può, durante l'attività lavorativa, disporre di liquidità da accantonare. Sottovalutarono purtroppo l'attesa di vita lavorativa. Parliamo del ventennio a memoria.

o non sono veri economisti o non sono veri amici!

 

grazie

 

Marco

Credo che i commenti precedenti sul contrasto tra necessità di cassa e ratio economica/attuariale siano azzeccatissimi.

Ragionando per valore atteso, come fa Alberto, risulta anche inconcepibile l'esistenza di una età minima al pensionamento: con questa riforma, come è stata scritta, non posso nemmeno accontentarmi di andare volontariamente in pensione in t-1 con una pensione minore perchè la legge dice che devo avere almeno X anni (salvo casi particolari ma molto particolari). Cioè per qualunque lavoratore, tra due situazioni "attuarialmente identiche", come quelle descritte da Alberto nel caso degli esodati, lo Stato obbliga a scegliere una pensione più elevata a partire da da domani o dopodomani.

 

Perchè? Appunto, perchè intanto risparmia.

E se va tutto bene, io nel frattempo schiatto.

 

Tolto questo vincolo innaturale per il contributivo, a me la riforma piace (bella forza, vista l'età...)

 

Caro Bisin,

la sua èun'ipotesi sulla quale di massima si potrebbe lavorare e discutere.
Detto ciò, il post contiene però alcune inesattezze: la prima è che il sistema pensionistico costasse e costi troppo; ho volutamente detto inesattezze e non errori; infatti il sistema pensionistico nel suo insieme costa circa il 13 % del PIL, ma limitandosi alla sola previdenza il valore scende a poco più del 7%. Questa "inesattezza" è a mio avviso la madre di tutti gli equivoci e, peggio, impronta una comunicazione sociale del tutto falsa.
Inoltre il costo dell'assistenza grava anno per anno interamente sulla fiscalità, mentre quello della previdenza è compensato dai contributi da lavoro e per questo motivo, già dal 2011 (dal 2008 per i lavoratori dipendenti) ritorna un attivo che nel 2012 crescerà moltissimo, in ragione delle riforme precedenti a quella Fornero. Sono abbastanza stufo di questa commistione che spesso è voluta e mi sa che da ora in poi rifiuterò di parlare genericamente di "pensioni" perpetrando la confusione che ad alcuni fa pro.

L'altra inesattezza del testo riguarda, secondo me, l'indicizzazione con la quale calcolare la penalizzazione. Infatti se i contributi versati vengono indicizzati alla media dell'incremento del PIL degli ultimi tre anni (attualmente e da un po' = zero) non vedo perché per togliere l'indice deve essere 2% o 4 %, come indica lei.
La rivalutazione dei contributi versati è un punto dolente sul quale nessuno si focalizza, ma il metodo di indicizzazione è assurdo, in quanto: 1- Qualsiasi assicurazione a capitalizzazione darebbe rendimenti più elevati. 2- Quei contributi vengono utilizzati dallo stato anno per anno e vanno a surrogare un debito che altrimenti lo stato contrarrebbe a tassi correnti (attualmente circa 5 %).
Possiamo accettare una indicizzazione ridotta in ragione che il sistema è statale a ripartizione; allora però domando perché si accettano alcune difformità mentre verso altre (sistema retributivo) ci si accanisce. Non trova che le due cose si compensino almeno parzialmente?
Infine, mi pare che lei sia favorevole a una ipotesi del tutto simile a quella che gli estensori della proposta di legge 5103 (Damiano e altri)avevano inserito come articolo 1 e cioè la possibilità di accedere con le vecchie regole accettando il passaggio al sistema contributivo integrale, ipotesi che espresse in parlamento anche Fornero.
Mi domando allora perché quell'articolo 1sia stato bollato dalla stampa come un tentativo di smontare la riforma Fornero... (?)

La terza inesattezza consiste nel far credere che il salvataggio di tutti gli esodati smonterebbe la riforma delle pensioni. Nego che ciò sia vero in quanto per gli esodati si parla di un regime transitorio a fronte di situazioni piuttosto peculiari.

 

 

infatti il sistema pensionistico nel suo insieme costa circa il 13 % del PIL, ma limitandosi alla sola previdenza il valore scende a poco più del 7%. Questa "inesattezza" è a mio avviso la madre di tutti gli equivoci e, peggio, impronta una comunicazione sociale del tutto falsa.

 

Da dove saltano questi rapporti rispetto al PIL? L'Istat indica per il 2010 (e anche per gli anni precedenti) una incidenza della spesa per previdenza molto ma molto più alta.

Amadeus: il tuo punto,  mettendo in dubbio che la riforma fornero avesse addentato anche il monte pensioni attualizzato, non solo la sua ripartizione nel tempo.  mi ha turbato. Ho parlato con esperti, che han faticato a rispondere (e io a comprendere le risposte) - prova che la questione e' intricata. 

Il risultato della mio tentativo di maggiore comprensione pero' e' il seguente: la frazione della pensione con il retributivo (tutta per molti che vanno in pensione oggi e una parte per gli altri) che il lavoratore avrebbe percepito senza riforma Fornero e' essenzialmente la stessa con la riforma. Insomma, questi lavorano gratis due anni (se sono tutto retrivutivo, in proprorzione se in parte contributivo). Il retributivo e' un regalo, non sto facendo giudizi di valore. Ma la parte contributiva e' colpita nel montante dalla Fornero, non solo nella ripartizione del tempo. 

 

Naturalmente se hai informazioni che indichino che mi sbaglio (io e gli esperti),  fammi sapere.

Alberto, purtroppo come spesso accade con le leggi italiane la situazione è complessa e confusa.

 

 Aggiungo velocemente un paio di considerazioni:

1) la riforma Fornero ha spostato l'età minima di pensionamento per tutti, sia per coloro che adottano il metodo retributivo sia per quelli che adottano il contributivo. Perché ? Per qs ultimi è solo un rinvio dei pagamenti (dal punto di vista attuariale non comporta un risparmio). La Fornero ha sempre sostenuto la flessibilità dell'età di pensionamento ma improvvisamente ha cambiato idea e ha rinviato l'età pensionabile per tutti, forse perché era necessario procrastinare i pagamenti. L'ipotesi della rilevanza del rinvio dei pagamenti spiega anche il motivo per cui il governo ha rigettato la proposta Damiano (e Bisin ?) che prevede che gli esodati possano essere 'flessibilmente' pensionati con il contributivo: è già stato contabilizzato un rinvio dei pagamenti. 

 

2) Per coloro che adottano il sistema retributivo il rinvio del pensionamento è effettivamente un risparmio, tuttavia anche per qs scatta il metodo contributivo pro-quota a partire dal 1 gen 2012, quindi lavorando potranno accrescere la loro pensione in base al montante dei nuovi contributi versati. Di conseguenza il risparmio effettivo si riduce. Anche in qs caso l'effetto preponderante è il posticipo dei pagamenti. 

 

Per ottenere un effettivo risparmio di spesa la riforma avrebbe dovuto ridurre l'ammontare delle pensioni in essere. Ciò è stato fatto solo  molto parzialmente, tagliando una parte delle indicizzazioni all'inflazione previste per il 2012.

 

Non sono un esperto, tuttavia spero di essere un osservatore abbastanza attento.

 

PS Se fosse utile, Sandro Brusco ha il mio indirizzo @mail.

Sig. Carugi potrebbe gentilmente spiegare l'enfasi (due punti esclamativi) sulla frase

 

(optando per il contributivo puro!!)

 

 

sembra che il contributivo (all'italiana) non le piaccia, ma magari mi sbaglio.

 

Assolutamente no. Nel mio caso personale poi, dato che ho un montante contributivo che definirei enorme, dati i trascorsi professionali e il fatto che (se salvaguardato, come sembra, avendo due diversi accessi ai 65.000) andrei con 36,5 anni di contributi e quindi con circa il 73% della retribuzione, la differenza per me è pochissimo rilevante.

 

L'enfasi sul passaggio al contributivo puro per coloro che avessero voluto accedere al regime sperimentale previsto dalla bozza iniziale della 5103 era per sottolineare come la possibilità di accedere ancora a pensione di anzianità era subordinata a una discreta rinuncia con il passaggio da retributivo integrale a contributivo puro.

 

Il sistema contributivo puro configura un sistema a capitalizzazione e, abbinato a rivalutazioni congruenti con un tale sistema (vedi mia risposta precedente a Bisin) ha una sua ragionevolezza; noto a margine (per i giovani di oggi che andranno con contributivo puro) che il sistema di indicizzazione previsto dalle ultime riforme e cioè basato sull'incremento del PIL mi sembra esserci una penalizzazione incomprensibile in un regime a capitalizzazione.

Mi sembra che le osservazioni e le critiche fatte alla proposta Bisin siano solo dettagli facilmente affrontabili.

La domanda che alcuni si fanno è stata però:  "ma perché non ci hanno pensato".

In realtà, è una domanda di chi ha ancora fiducia nelle istituzioni. In Sicilia, farebbe parte di quel 44% x (1-%di Grillo) = 33% che ancora ci crede.

 

A me piacerebbe, giusto per farmi del male (non vis esse iracundus? ne fueris curiosus . . . ) conoscere la storia del bilancio dell'INPS, le modalità di investimento dei surplus passati, la storia degli andamenti patrimoniali e mobiliari e quella dei costi di gestione.

Anche perché altre casse pensionistiche sono tuttora in positivo.

Qualcuno mi può dare i giusti link?

professore, condivido totalmente. il problema è stato eccessivamente amplificato dai media (che hanno l'abitudine di cercare di andare "alla pancia" in Italia, anche senza fondamento) ma è un non problema. non solo perché risolvibile, come lei dice, ma anche per un altro motivo: l'incidenza. non è un problema cronico e sistemico, ma cosa di un paio d'anni che riguarda ben poche persone...