Euro-Lira: uno stato, due monete

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Concedetemi questo sogno di una notte di mezza estate. Colpa di un’indigestione a base di profezie di D’Alema, affermazioni del Guardian, dati Istat, previsioni del Fondo Monetario ed i grandi successi del G8.

Non credo che la sparata del Guardian sull’uscita dell’Italia dal G8 sia realistica. Questo club di stati con il Pil più grosso non è poi così cruciale, e non avrebbe senso umiliare il premier mondiale che ha in mano le sorti del paese al 156° posto al mondo per efficienza della giustizia ed al 73° posto al mondo per libertà di informazione. Escludere l'Italia dal gruppo, formando un G7 o sostituendola con la Spagna, non gioverebbe.

Qualche giornale insinuava che l’affermazione del Guardian fosse concertata con le scosse al governo previste da D’Alema. Piuttosto, se ci saranno scosse per l’Italia in campo internazionale, esse riguarderanno la sua permanenza nell’area euro. Di questo tratta il mio articolo.

Una settimana fa l’Istat riportava i conti pubblici per il primo trimestre 2009. La notizia ha fatto un po’ di sensazione per come è stata riportata dalla stampa: un deficit a -9.3% sembra già fuori l’orbita di sostenibilità. In realtà sia la produzione che i conti pubblici italiani hanno molta stagionalità perciò, quando paragonato ad una media decennale per ogni trimestre, la situazione fa meno affanno: -9.3% rispetto ad una media del -7.2% per il primo trimestre.

Media decennale per trimestre (in % al Pil):

 

Trimestre

 
 

ENTRATE

 
 

USCITE

 
 

DEFICIT

 
 

Media I

 
 

39.1

 
 

46.2

 
 

-7.2

 
 

Media II

 
 

45.1

 
 

45.5

 
 

-0.4

 
 

Media III

 
 

42.7

 
 

45.4

 
 

-2.7

 
 

Media IV

 
 

52.3

 
 

55.2

 
 

-2.9

 

Primo trimestre 2009 (in % al Pil):

 

Trimestre

 
 

ENTRATE

 
 

USCITE

 
 

DEFICIT

 
 

2009 I

 
 

39.9

 
 

49.2

 
 

-9.3

 

Quello che invece vale la pena notare è la risposta delle Entrate (tasse) e Uscite (spesa pubblica) allo shock sul Pil dovuto alla crisi; shock che il Fondo Monetario adesso stima al –5.1% per il 2009. Durante il primo trimestre il rapporto Entrate/Pil rimane in media, al 39-40%. Questo significa che, con il Pil (al denominatore) in calo del 5%, le Entrate (al numeratore) calano pressapoco altrettanto.

 

La costanza non è più vera per le Uscite (spesa pubblica). Se il Pil cala del 5% lo stato non riesce a ridurre le spese di altrettanto, ossia la spesa pubblica non è una funzione del Pil. Anzi, in termini nominali la spesa pubblica è sempre in aumento, e al massimo si riesce a farla crescere meno dell’inflazione. L’aumento del deficit (in rapporto al Pil) sta tutto qui: la spesa pubblica non riesce a diminuire neanche quando crolla il Pil. Vale la pena notare, qui, che in Italia non v'è stato alcun gran piano di spesa "keynesiana", stile stimolo obamiano: la spesa pubblica è cresciuta mentre il Pil calava ma NON perché questo governo abbia deciso di lanciarsi in straordinari investimenti pubblici. È cresciuta perché così è fatta l'idrovora che si chiama stato italiano: ha sempre fame.

 

Avanzo una previsione scontata: accadrà la stessa identica cosa negli altri trimestri del 2009 e, rispetto al -2.7% del 2008, il deficit raddoppierà nel 2009 arrivando quasi ad un -6%. Dopodiché l’economia potrà anche riprendersi, come dice il Fondo Monetario, con una recessione solo del –0.1% nel 2010 e continuare negli anni venturi con una media di crescita del 0.9% (la media nel decennio prima della crisi). Però anche se l’economia si riprende, il deficit rimarrà elevato.

 

Dopo un crollo del Pil di –5.1%, e con queste previsioni di ripresa, l’Italia ci metterà un decennio a tornare al Pil del 2007. Questo vuol dire che il rapporto Uscite/Pil rimarrà sproporzionato anche nel lungo termine (salvo un miracoloso dimezzamento della spesa pubblica). Non sto nemmeno tenendo conto dell’aumento del debito pubblico. Non è più in discussione che il rapporto debito/Pil sarà ben oltre il 120% per il 2010. Anche trascurando un possibile aumento dei tassi d’interesse reali, l’impatto degli interessi su un 15% in più di debito (rispetto al 106% nel 2008) sarà pari ad un ulteriore 1% del Pil di deficit.

 

Ora, se l’economia si riprende dopo la crisi, crescendo dello 0.9% all’anno, cosa c’è da preoccuparsi? (Chi se ne frega se ci supera la Slovenia in reddito pro capite...) Non è solo una questione d’orgoglio nella graduatoria europea: l’impressione che ho avuto a Unindustria Treviso sui mancati pagamenti di appalti pubblici pare moltiplicarsi e, data la dipendenza di una grande fetta dell'economia italiana dalla capacità dello stato di pagare i propri fornitori, questo potrebbe avere effetti per niente gradevoli.

 

I quotidiani nazionali non ne parlano, ma nella stampa locale capita di leggere di bancarotte come questa: un’altra ditta va in fallimento per 800 mila euro di appalto pubblico che non vengono pagati dopo ormai due anni. Questi sono sintomi di uno stato alla frutta: oltre ai sempre più scadenti servizi pubblici oramai asfissia i propri fornitori. Manca solo che gli investitori perdano la fiducia sui titoli di stato e la frittata è fatta.

 

Mi spiace contribuire sempre articoli così cupi quando bisognerebbe sorridere con ottimismo. Perciò questa volta propongo, con grande ottimismo, una soluzione azzardata.

 

Entro il 2011 l’Italia doveva rientrare dentro il parametro di Maastricht che prevedeva un rapporto debito/Pil del 60%. Questo spassoso articolo del 1998 descrive il piano di Ciampi per dimezzare il debito con ben un anno di anticipo (dal 121% del 1998 a meno del 60% nel 2010). Il tutto secondo una “doppia simulazione” elaborata dai “Ciampi boys”: la simulazione, doppia, prevedeva una crescita nominale del Pil pari al 4.5% annuo ...

 

Ora, solo perché l’Italia non rispetta Maastricht non ne consegue un'automatica espulsione dall’euro; alla fine si tratta di una decisione politica. Ma qualcosa ci verrà chiesto di fare, non ne ho il minimo dubbio. Quali sono le soluzioni possibili all’imminente crisi dei conti pubblici? Io ne vedo tre.

 

1. Restare nell’euro e vendere tutto. Questo non risolve i problemi strutturali del contenitore Italia, ma permetterebbe di ridurre il debito, riportare temporaneamente alla normalità i conti pubblici e posticipare di altri 7-8 anni i problemi veri. Non so quanto sia rimasto da privatizzare di enti pubblici. Venduta la Rai (ve l'ho detto che questo è un sogno di mezza estate!) toccherà vendere la Torre di Pisa agli arabi e Palazzo Ducale ai cinesi. Pare una barzelletta ma il ministro della difesa ha intenzione di fare un albergo a cinque stelle nello storico Arsenale di Venezia. Prima o poi toccherà anche al Palazzo Ducale.

 

2. Uscire dall’euro per ripartire con una lira svalutata. Mettendo da parte l’orgoglio, questa sarebbe la scelta più facile. Non è politicamente impossibile per la semplice ragione che l’alternativa potrebbe essere peggiore. È vero che è ridicolo fare troppo i pignoli con i parametri di Maastricht, però questi servono come punto di riferimento. Se si è completamente fuori dalla media degli altri paesi, la politica monetaria comune potrebbe non essere adatta per l’outsider.

 

In questa maniera si potrebbe velocemente ripristinare liquidità, le banche ricomincerebbero a fare prestiti alle ditte in difficoltà, e le esportazioni aumenterebbero grazie al ritorno della svalutazione competitiva. Non sarebbe la prima volta. Nell’autunno del 1992 la lira non riuscì a stare in un cambio semi-fisso con il marco. Da un cambio di 1100 con il dollaro, la lira schizzo' in poco tempo a 1700 e oltre. Quella "svalutazione competitiva" ha pompato artificialmente l’export per buona parte degli anni novanta.

 

Il grande svantaggio di questa opzione è che sarebbe un’altra maniera per posticipare il problema di altri 7-8 anni (posticipa oggi, posticipa domani, intanto tiriamo avanti ...). Un ritorno alla lira porterebbe vantaggio alle ditte settentrionali legate all’export, che a loro volta sarebbero in grado di continuare a produrre linfa fiscale per il sistema assistenzialista meridionale.

 

3. Euro-Lira: uno stato, due valute. È possibile utilizzare la politica monetaria per scavalcare le resistenze politiche e facilitare riforme strutturali? Un problema strutturale del contenitore Italia consiste nel tandem di mancato sviluppo economico al Sud (dovuto all’assistenzialismo) ed eccessiva pressione fiscale al Nord (per finanziare l’assistenzialismo). Ci sono altri problemi strutturali, ma questo è sicuramente un ostacolo che frena un sano sviluppo economico.

 

L’idea è di mantenere l’uso dell’euro nelle regioni settentrionali, ma lasciare che la lira venga utilizzata nelle regioni meridionali. E' fondamentale che il debito pubblico venga denominato in lire e che nella regione Lazio vengano utilizzate le lire, perché qui risiede la stragrande maggioranza di dipendenti statali, parlamentari in testa.

 

Questo permetterebbe allo stato di ricevere il grosso degli introiti fiscali in euro, e di pagare il grosso della spesa pubblica in lire. Il cambio euro-lira sarebbe naturalmente flessibile. Questo permetterebbe di risanare i conti pubblici dando la possibilità di diminuire la pressione fiscale. Ancora più importante, darebbe una possibilità di crescita al Mezzogiorno abbassandone i relativi costi di produzione.

 

La lira solo nel Mezzogiorno e nelle transazioni interne dello stato italiano potrebbe essere considerata come una politica monetaria per lo sviluppo, alternativa ai fondi europei. Gli unici a perderne sarebbero gli investitori che possiedono titoli di stato italiano, ma questi rischiano a prescindere.

Mi rendo conto che questa è una proposta apparentemente fuori da ogni logica, ma come esiste una moneta per più stati, puo' esistere uno stato con due monete. Questo era il caso dello stato di Serbia e Montenegro, dove l'euro veniva utilizzato in Montenegro.

Dipende solo da come questa transizione viene introdotta. Potrebbe essere una specie di ufficializzazione degli SCEC, le monete alternative locali che già riescono ad avere risalto mediatico al Sud. Oppure potrebbe essere in stile IOU californiani in busta paga. By the way, i californiani vogliono finanziarli con la legalizzazione della mariuana, quindi non ridete troppo rapidamente della mia proposta: desperate (indebtness) times call for desperate measures.

 

Questo governo ha le capacità mediatiche per vendere alla popolazione questo tipo di soluzione. Avrebbe sicuramente la benedizione leghista ed esistono incentivi per assicurarsi il consenso dei politici meridionali, in particolare a fronte delle alternative che implicano tutte drastici tagli dei trasferimenti al Sud.

Parlare di un’idea così fuori dagli schemi a metà estate 2009 pare una barzelletta per rallegrare le ferie. Ma a metà estate 2010 ci sarà poco da ridere, e ci sarà bisogno di soluzioni radicali.

 

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Commenti

Ci sono 89 commenti

Perche' escludere il default? Dopotutto, cambiare la denominazione del debito esistente da buona moneta (Euro) a carta straccia (Lire) non e' molto diverso da una diretta insolvenza.

D'altra parte, con le previsioni di deficit che girano in Europa, un -6% per l'Italia non e' poi cosi' eclatante. E non stare nell'area Euro non e' stato di gran beneficio all'Islanda, tant'e' vero che gli scandinavi stanno facendoci un pensierino.

 

"Perche' escludere il default? Dopotutto, cambiare la denominazione del debito esistente da buona moneta (Euro) a carta straccia (Lire) non e' molto diverso da una diretta insolvenza."

Secondo me è esattamente la stessa cosa di una diretta insolvenza. Prendiamo il caso del possessore non italiano di un titolo di stato denominato in euro. Egli dirà: se volete adottate pure come moneta la pataka di Macao, ma a me il bond me lo rimborsate in euro. Con piccole differenze il ragionamento è valido anche per i possessori italiani.

Quello che sfugge nell'articolo è che quando l'Italia ha adottato l'euro la lira ha cessato di esistere come valuta determinando di conseguenza la conversione automatica da lira a euro di tutto il debito pubblico. Ma se l'Italia dovesse uscire dall'area euro questo continuerebbe ad esistere come valuta ed i debiti denominati in euro continuerebbero ad essere esigibili in euro. A meno di un default vero e proprio, beninteso.

Un paese che non ha saputo e non sa gestire il proprio bilancio in tempi normali dubito sia in grado di studiare ed adottare una "exit strategy" quando il problema diventa sempre più difficile. La verità è che quando si arriverà al culmine della crisi del deficit e del debito l'Italia sarà completamente in balia degli eventi e non è possibile sapere cosa avverrà (nulla di buono comunque). Poi, se si parla dell'euro, bisognerà vedere la reazione degli altri paesi dell'area di fronte all'evolversi della situazione dell'Italia. Ovviamente, essi agiranno per evitare che l'incendio si propaghi anche a loro, non certo per fare un favore agli italiani.

Da aggiungere all'articolo, come aggravante per i conti pubblici, c'é il problema del costo del denaro attuale (moooolto basso), quindi se questo parametro aumenta (e probabilmente lo farà entro il prossimo lustro), bisogna rivedere la quota degli interessi sul pil:

 

l’impatto degli interessi su un 15% in più di debito (rispetto al 106% nel 2008) sarà pari ad un ulteriore 1% del Pil di deficit.

 

A me, ignorante, sfugge come sia possibile pensare che un ritorno alla lira potrebbe portare a risolvere il problema dell'enorme debito pubblico che abbiamo: gli eventuali (incerti) vantaggi compenserebbero le molto maggiori spese (sicure) per interessi?

Da profano mi vien da ipotizzare che una eventuale uscita dall'Euro implicherebbe il default, più o meno contemporaneo. Scusate l'ipotesi ardita.

 

Hai ragione. Non e' che cambiando moneta si "crea" magicamente benessere. Con la lira ci sarebbero sicuramente tassi d'interesse piu' elevati per compensare il rischio di svalutazione.

Nella mia ipotesi fantasiosa pero' il grosso delle entrate fiscali (dal settentrione) resterebbe in euro, e questo compenserebbe, forse.

Per risolvere il problema del debito pubblico (come gia' discusso su nFA) ci vuole crescita e meno tasse. Ecco, la crescita forse verrebbe stimolata al Sud con una currency area a se stante (anche con delle eventuali competitive devaluations). Svalutando la spesa pubblica (pagando i parlamentari con milioni di lire), si libererebbero anche delle risorse per alleviare la pressione fiscale. Ma questo secondo passaggio e' pura utopia.

Di questi tempi, la soluzione ipotizzata non è affatto un'amenità estiva. La vedo comunque difficile. Ed il motivo è sempre e comunque la manifesta incapacità di decidere della classe politica e dirigente. E questa a sua volta deriva da una mancanza di visione e di prospettiva di medio-lungo termine. Siamo pur sempre stati ostaggio di tassisti e camionisti come se nulla fosse. Occultamente siamo ostaggio di un mare di altri capicosca, capibastone, clan eccetera. Siamo condannati, autocondannati ad essere trascinati dagli eventi. Senza un guaio grosso e grosso per davvero sul genere della cacciata dall'area €uro, nulla cambierà. Lo so di essere generico ma l'esperienza empirica e lo spettacolo cui ho assistito nei mei primi 6o anni, mi ispirano una siffatta opinione.

luigi zoppoli

Giusto. Unica osservazione: "la cacciata dall'area €uro". Non so quanto dia fastidio agli altri stati membri la presenza dell'Italia nell'euro. Il fatto che uno stato membro ha il debito alto non crea danni agli altri. I parametri di Maastricht li interpreto piu' come un'avvertenza che se vieni a giocare con noi e non hai le carte in regola rischi di farti male. Piuttosto romperebbe di piu' avere le industrie settentrionali (competitive e integrate nel mercato europeo) avvantaggiarsi di svalutazioni competitive. Per i francesi e tedeschi e' meglio tenerle dentro l'euro.

Se ci sara' un'uscita (anche se parziale) sara' prevalentemente una decisione italiana.

Comunque, rispondendo anche ad un altro post, far parte dell'euro ha anche un sacco di vantaggi.

 

Sarà il caldo afoso della bassa padana, ma anch'io faccio sogni strani.

Tipo che teniamo la stessa moneta, ma abbiamo due stati in uno (federalismo vero). All'interno dei due stati ci saranno stipendi diversi, non perchè si usino due valute diverse, ma due criteri diversi; ovvero due panieri per l'inflazione (i prezzi al  consumo sono già molto diversi) e due indici per la produttività.

Avremmo due parlamenti che sommati daranno la metà dei parlamentari di oggi, più un organismo federale competente in materia giuridica e di controllo dei "trasferimenti assistenziali".

Tali trasferimenti saranno effettuati SOLO per la realizzazione di opere pubbliche, a fronte di seri e solidi business plan e con erogazione in fasi successive legate all'avanzamento lavori; il mancato rispetto delle scadenze comporta la perdita dell'erogazione.

Il ridotto costo del lavoro nello stato meridionale attrarrà investimenti da parte di aziende settentrionali ed estere, con il diretto risultato di aumentare l'occupazione e il PIL.

Il ridotto carico fiscale al Nord permetterà di incrementare la propria produttività e l'amministrazione diretta delle imposte di creare infrastutture finalmente degne del III millennio.

Dopo trenta anni, il Sud sarà avanzato come lo è il Nord oggi, magari si potrà pensare ad un riunificazione sensata e...yaawwn...accidenti, mi sono svegliato, troppo caldo...

 

P.S.

nessun politico avrebbe mai il coraggio nemmeno di proporre un'uscita, seppur parziale, dall'area Euro.

P.P.S.

Anche se per motivi non principalmente economici, non vedo la legalizzazione della marijuana come una desperate measure. Maybe it's just me...

 

nessun politico avrebbe mai il coraggio nemmeno di proporre un'uscita, seppur parziale, dall'area Euro.

 

Se non ricordo male Tremonti nell'ultima legislatura anche se non in modo esplicito lo aveva lasciato intendere in diverse occasioni (quando demonizzava l'euro che rendeva costosa la vita alla gente, lo ricordate?)

Io credo che alla fine sia solo una questione di parole. Basta far passare il messaggio che con quella moneta si creeranno le condizioni per un miglioramento del benessere con minore costo della vita per la gente, e pochi si opporranno a "San Tremonti". Certo, si dirà che il passaggio dovrà essere graduato ma alle regioni del sud viene data la priorità per offrire loro vantaggi più immediati ed urgenti grazie alla Nuova Lira Forte...con decreto d'urgenza, mentre per il resto si crea una legge che però dovrà essere dettagliata da norme attuative (prendendo tempo...indefinito) e poi in questo modo si apre la strada ad una eventuale uscita dall'euro di tutta l'Italia. Io penso che tra gli imprenditori del nord una certa parte ne sarebbe felice.

ma l'UE accetterebbe la doppia circolazione? Se sì, penso che altri stati potrebbero attuarla (es. germania est versus germania ovest).

 

e poi vi immaginate consiglieri regionali, poliziotti, impiegati nel pubblico impiego, docenti universitari, etc remunerati con un valore reale diverso?

 

infine, le transazioni intra-nazionali (le importazioni di panettone in sicilia nel periodo natalizio) potrebbero divenire anti-economiche (i siciliani non potrebbero permettersi il panettone)

 

scrooge

 

ma l'UE accetterebbe la doppia circolazione? Se sì, penso che altri stati potrebbero attuarla (es. germania est versus germania ovest).

 

Non credo, si tratta di un'ipotesi evidentemente provocatoria, ma di cui e' interessante esplorare le conseguenze e i meriti.

 

e poi vi immaginate consiglieri regionali, poliziotti, impiegati nel pubblico impiego, docenti universitari, etc remunerati con un valore reale diverso?

 

Mi cadono le braccia quando sento queste sparate, cosi' indicative della ristrettezza mentale dell'italiano medio.  A volte mi viene il dubbio che vengano fatte solo per indisporre gli interlocutori o per dare aria alle laringi.  Niente di personale, sia chiaro, il tuo intervento e' stata solo la goccia che fa traboccare un vaso gia' pieno, potevo replicare allo stesso modo ad una dozzina di altri interlocutori.

Hai provato a capire se per caso in Italia i consiglieri regionali hanno tutti lo stesso stipendio? Hai almeno qualche dubbio in proposito?  Mai letto i giornali, in proposito? Credi che nel mondo civile tutti i docenti universitari, i poliziotti, i consiglieri regionali abbiano lo stesso stipendio, Stato per Stato, in regioni diverse all'interno dello stesso Stato?

Dev'essere che certi ridicoli quanto sbagliati dogmi politico-statal-sindacali ormai hanno causato danni irreparabili alla capacita' cognitive e di discernimento della maggioranza degli italiani, per cui ormai non vale nemmeno la pena di indisporsi.

Parlo da profano, ma credo che i membri dell'UE vedrebbero piu' di buon grado una uscita che una doppia monetazione - che potrebbe costituire un precedente, per altri membri, di un fattore di destabilizzazione.

Voglio dire: se adesso e' conveniente per un milanese andare in vacanza in Puglia perche' costa meno, e a un pugliese andare a lavorare a Milano perche' guadagna di piu', non e' che con le due monete la cosa cambierebbe, anzi - il pugliese avrebbe il vantaggio ulteriore di importare moneta pregiata a parita' di stipendio percepito, che potrebbe anche essere piu' basso di quello di un milanese, posto che si accettino condizioni piu' dure sapendo che sarebbero per breve tempo.

Logisticamente poi si tratterebbe di avere due zecche (o due dipartimenti, fate vobis), con raddoppio delle strutture - o pensate che per magia gli italiani diventerebbero piu' virtuosi avendo la possibilita' di raddoppiare le poltrone? 

Le banche italiane, gia' notoriamente predaci, potrebbero dar sfogo alla fantasia con qualcuno che aprisse un conto in lire al sud e dovesse spostarsi o fare affari in euro. Il viceversa forse sarebbe meno sensibile, ma perche' dovrebbero perdere occasione di far pagare nuove commissioni?

Oltretutto non potendo impedire all'euro di circolare nel sud, ci potrebbe essere una ghettizzazione della moneta piu' debole - che sarebbe spendibile solo in una parte dello Stato e non altrove. Oppure si dovrebbero obbligare gli esercizi del nord ad accettare, fatto salvo il cambio, pagamenti in lire? Perche' a parita' di condizioni, e' chiaro che tutti preferirebbero gli euro.

Ovviamente, la stessa cosa potrebbe accadere per altre parti di Europa, se l'UE accettasse una doppia monetazione.

A questo punto, ritengo sarebbe piu' onesto (ri)proporre la secessione, e richiedere l'uscita dell'Italia del sud dall'area dell'euro, perche' altrimenti i problemi di cui sopra ci sarebbero comunque. 

Personalmente, concordo con Marco Esposito: l'opzione piu' praticabile e' quella del default.

 

Dici che lo SVIMEZ (ultimo Rapporto sull’economia del Mezzogiorno il documento completo ancora non è disponibile sul sito) sarebbe d'accordo sull'ipotesi 3?

Temo più che altro che sia cominciata la contrarea per fermare quella specie di riforma federalista appena abbozzata.

 

Lodovico il tuo, secondo me, rimarrà un sogno di mezza estate, non solo per le difficoltà dovute alla doppia circolazione, ma perchè, secondo me, ci sarebbe un nuovo shock inflazionistico, come quello legato al passaggio all'euro, e inflazione più recessione uguale stagflazione. Un incubo, non un sogno.

La soluzione rimane quella del federalismo, vero, serio, con la reintroduzione delle "gabbie salariali", introducendole anche per il pubblico impiego. Il problema è politico e tempistico: l'orologio corre e i politici dormono (a pancia piena).

Personalmente voto per il default: solo un sano shock, totale, ci può far intraprendere un'altra strada, quella dell'assistenzialismo l'abbiamo percorsa, non va bene, e fare retromarcia è diventato difficile (impossibile ?).

Al di là delle polemiche sui flussi Nord-Sud, il vero assistenzialismo è stato dare ai dipendenti pubblici gli stessi stipendi in tutta Italia. D'altrone la maggior parte del bilancio dello Stato è rappresentato dalla voce  Stipendi e salari, difatti essi rappresentano oltre i due terzi del bilancio dello stato,poi circa il 18% è costituita dal pagamento degli interessi, il 12% (dodicipercento!) dall'acquisto di beni, servizi e trasferimenti a vario titolo. Qua la fonte, l'autore è sottosegretario dell'attuale governo...

Comunque, mentre noi abbiamo un dibattito tutto sommato sule cose concrete i nostri politici discutevano così. E' passato quasi un anno, sembra ieri.

No, ci vuole il default, perchè del resto non interessa a nessuno. Speriamo..

L'articolo da per scontato che qualsiasi riforma virtuosa e' politicamente impossibile. Logico che ci sono percorsi piu' semplici per risanare i mali italiani (assistenzialismo, disoccupazione/emigrazione meridionale, ecc...), ma sappiamo per esperienza decennale che niente di tutto cio' accadra'.

Allora mi domandavo, in vista dell'imminente crisi dei conti pubblici e' possibile cambiare binari e creare qualche incentivo?

Non credo che il tutto si risolvera' in un default, ma anche se fosse sarebbe solo una soluzione temporanea. E' una maniera di dare ossigeno ai conti pubblici a danno dei risparmiatori. Pero' se il sistema e' marcio, le risorse che liberi con il default verrebbero gradualmente depredate, e tra una decina d'anni ti ritrovi con un altra crisi dei conti pubblici.

Lo stesso con un ipotetico ritorno alla lira. E in questo caso allora sono d'accordo che tra i due tanto vale fare il default. Comunque, quella della lira rimane una decisione tutta italiana. Ripeto che al resto dell'Europa non da fastidio l'Italia nell'euro, anzi e' piu' un vantaggio. Ma di sicuro non possono impedire al governo italiano di uscire.

Nell'ipotesi di un ritorno alla lira, e' vero che ci sarebbe piu' inflazione ma questa sarebbe spalmata su tutto il territorio. Invece alcune aree predisposte all'export, come il Triveneto, potranno ripartire in quarta e crescere, con il vantaggio che i costi della svalutazione per i consumatori saranno (come una volta) diluiti in tutta Italia.

Allora, perche' non spostare questo al Sud? In realta' la proposta al  punto tre altro non e' che una dollarizzazione del settentrione. Insomma, un qualcosa che ha dei precedenti e che non mi sono inventato io. 

 

La soluzione rimane quella del federalismo, vero, serio, con la reintroduzione delle "gabbie salariali", introducendole anche per il pubblico impiego.

 

Per carita'! perche' mai si dovrebbero reintrodurre le gabbie salariali? Ma il mercato e' proprio impossibile farlo funzionare un po' piu' autonomamente? Basterebbe lasciare che i contratti privati fossero lasciati liberi di aggiustarsi alla produttivita' locale e agganciare i salari pubblici a quelli privati. Poi, in un sistema di governo federale, molti dipendenti pubblici diventerebbero stipendiati dal governo locale, per cui non c'e' alcun bisogno che siano pagati allo stesso modo sul territorio nazionale.

Ma anche in un sistema centralizzato non c'e' alcun bisogno che i salari sia uguali ovunque.

Avevo messo gabbie salariali fra virgolette proprio per il motivo da te addotto, deve essere il mercato a stabilire i livelli di reddito, non la "contrattazione centralizzata", volevo solo far riferimento a una cosa che è già esistita: salari differenti fra Nord e Sud. Parlavamo, quindi, della stessa cosa, su questo siamo d'accordo.

 

Poi, in un sistema di governo federale, molti dipendenti pubblici diventerebbero stipendiati dal governo locale, per cui non c'e' alcun bisogno che siano pagati allo stesso modo sul territorio nazionale.

 

Contratto Nazionale del Pubblico Impiego ti dice niente ? Non importa chi paga (Stato, Regione, Provincia, Comune e via così..): a uguale funzione uguale stipendio. Da Siracusa a Bolzano.

Il problema è il Contratto Unico Nazionale, sia esso pubblico o privato, è quello il totem da abbattere, e ritornare a quella cosuccia insignificante chiamata "mercato". Anche dei salari e stipendi, anche perchè, tra l'altro, poi non funziona nemmeno la teoria economica, sia essa monetarista o keynesiana, che (a memoria, 27 anni fa l'ho studiata..) prevedevano la flessibilità dei salari/stipendi, o meglio non la mettevano in discussione.

 

La soluzione rimane quella del federalismo, vero, serio, con la reintroduzione delle "gabbie salariali", introducendole anche per il pubblico impiego.

 

Per carita'! perche' mai si dovrebbero reintrodurre le gabbie salariali? Ma il mercato e' proprio impossibile farlo funzionare un po' piu' autonomamente?

 

Non e' praticamente possibile usare il mercato per i salari dei dipendenti pubblici. O si fa qualcosa di paragonabile alle gabbie salariali, prendendo come base salari privati o costi della vita locali, oppure si licenziano tutti gli statali e si appaltano tutti i servizi pubblici a ditte private in competizione tra loro.

Un commento inserito qui questa mattina è stato rimosso, seguendo le regole adottate da tempo. Non solo era anonimo (firmato da un certo "gianni") ma conteneva l'usuale sequenza di inviti ai fucili, al napalm e via blaterando. Inviatiamo ancora una volta a non usare i commenti per lasciarsi andare in insulti insensati ed inviti alla violenza.

 

Ho appena letto un articoletto del Sole.

Draghi afferma che "il Pil ci metterà quattro anni a tornare ai livelli del 2007". Questo partendo dal 2010 dato che dice che "l'attività produttiva tornerebbe a crescere nel corso del 2010". Insomma entro fine 2013.

Ora, se nel 2007 il Pil era 100, entro fine 2009 sara' 94 (-1 nel 2008, -5 nel 2009). Per tornare a 100 da 94, il Pil deve recuperare 6 su base 94, percio' una crescita dell'6.4%. Dato che la stima piu' rosea in assoluto per il 2010 era dello 0,5% (del Tesoro, se ben ricordo), vuol dire che per gli anni sucessivi si prevede una sostenuta crescita annua del 2% (!).

Nel mio articolo dicevo che ci vorra' un decennio per tornare ai livelli Pil del 2007 perche' mi basavo su una media di crescita dell'1% scarso. Per carita', una stima basata su una media decennale molto backward looking, lo ammetto. Pero' mi piacerebbe sapere come si arriva a stimare un 2% sostenuto. Davvero, almeno imparo qualcosa.

In giro per il mondo si prevede che l'uscita dalla crisi sara' lenta e graduale. In Italia no, se ne viene fuori con una crescita il doppio di prima.

L'articolo poi finisce con la solita predica che ci vogliono riforme strutturali. A parte che il cittadino medio non ha la piu' pallida idea di cosa sia una riforma strutturale, io non penso ci siano riforme strutturali politicamente fattibili. Senza un notevole shock al sistema, s'intende.

 

 

 

si prevede una sostenuta crescita annua del 2% (!).

 

Lodovico, pensavo avessi frequentato a sufficienza (come me) le grandi organizzazioni internazionali ed i centri studi delle banche centrali, per essere a conoscenza della (cattiva) consuetudine del "2% numero magico". :-)

La regola è banale: il mondo in condizioni "normali" (nessuno le ha mai definite né, credo, nessuno potrebbe definirle) cresce spontaneamente al 2%. La chiamano "crescita esogena" ed è un po' come il flogisto ... nessuno l'ha mai vista e nessuno sa cosa sia o cosa la produca, ma assumono tutti che così sia. Ne attribuiscono la paternita a Robert Solow che, poveretto, non c'entra nulla e questa colpa ha cercato di togliersi dalle spalle per mezzo secolo. Ma tant'è: le cattive abitudini si prendono rapidamente e non si tolgono mai. Serve per gli esercizi più improbabili (tipo calcolare l'Okun-gap) oltre che per far finta di sapere cosa accadrà un anno da ora quando, in realtà, non se ne ha la più vaga alba.

Il povero Mario Draghi non ha qui una particolare colpa: qualche giovanotto/a del centro studi ha infilato in solito numero magico nel solito foglio excel (oops, DSGE model ...). L'unica colpa di Mario è non prendere provvedimenti perché, almeno in Banca d'Italia, si smetta di usare questi pass-partout poco. Dovrebbe. Sarebbe bello (e non lo dico ironicamente) che la Banca d'Italia fosse la prima a dare il buon esempio, amettendo che questi esercizi "previsivi" lasciano il tempo che trovano e non c'è alcuna crescita esogena di lungo periodo da prendersi come garantita. C'è quella che si è realizzata negli ultimi dieci anni che, come noti, si aggira al più attorno all'1% ... il futuro è tutto nelle nostre mani e tutto da decidere.

 

L'articolo poi finisce con la solita predica che ci vogliono riforme strutturali.

 

Certo, è la solita predica ed, ovviamente, condivido l'opinione che la fattibilità politica sia decisamente modesta, dal momento che qualunque intervento in quella direzione andrebbe a toccare tali e tanti interessi consolidati da incontrare ostacoli quasi - io sono sempre un inguaribile ottimista .... :-) - insormontabili. Tuttavia, ritengo necessario tenere alta l'attenzione sul tema, giacché quella è l'unica strada percorribile per evitar di vivacchiare - a crisi rientrata - con tassi di crescita risibili, com'è avvenuto negli ultimi 10-15 anni. Sarebbe, altresì, alquanto opportuno dar prova di maggiore coraggio - anche sfidando la nota permalosità tremontiana - ed elencare una rosa d'interventi (talvolta, peraltro, ne ha parlato), stimandone la scala di priorità e sforzandosi di renderne chiare motivazioni e conseguenze alla platea più vasta possibile (e qui, invece, andiamo maluccio ....): trasparenza e conoscenza sarebbero armi importanti.

Per quanto riguarda i tassi di crescita necessari a colmare il calo di PIL attuale nel giro di quattro anni, la mia impressione è che Draghi non ritenga utile rompere le uova nel paniere all'estensore della "versione ufficiale", pur non allineandosi quietamente ad una previsione che giudica - correttamente - per nulla scontata. Dice, infatti:

 

Non basta ritornare ai ritmi di crescita degli ultimi anni, estremamente modesti nel confronto internazionale

 

Se Passera dice che serve una scossa per rimettere in moto un sistema che rischia il collasso, cosa può intendere veramente? LE cose che dice mi sembrano le solite cose che dicono tutti, ma senza una sola proposta concreta.

Ok, Repubblica la pubblica solo perchè è in parte contro-governativa. Però, oltre questo: è una previsione sull'autunno che sta per arrivare o sono messaggi in codice per gli amici?

 

Ho letto l'articolo ma mi pare che abbia risposto chiaramente a cosa potrebbe essere uno shock positivo: punta il dito alle infrastrutture.

L'Italia non sara' il top in infrastrutture ma non credo questo sia il problema principale. Fare riforme strutturali non implica per forza imbarcarsi in grandi opere pubbliche (migliorare strade, treni, comunicazione...). E' vero che cio' puo' stimolare l'economia ma non mi sembra che le infrastrutture siano state trascurate in questi ultimi dieci anni e cio' non e' bastato a evitare il declino.

Ci sono riforme strutturali meno costose e fondamentali come avere una giustizia efficiente (e non al 156esimo posto al mondo).

Se quelli che sostengono il partito del Sud leggessero questo articolo si strapperebbero le vesti.

Articoli come quelli del Corriere, di Repubblica o del Tempo, sembrano drammatizzare, quello che invece tu sembri prospettare con le previsioni di bilancio: il sistema rischia di collassare. Chi viveva del sistema assistenziale vede ora diminuire la possibilità di spesa non ha nessuna idea di come governare con meno soldi, ma più efficienza.

Sia che quel che sia, speriamo solo che questo nuovo movimento politico non sia rappresentato da 4 amici come questi.

Ho letto gli articoli, e quello del Tempo mi e' piaciuto molto.

Non vedo perche' il partito del Sud dovrebbe straziarsi per il contenuto del mio articolo. Propone solo una disperata mossa monetaria per agevolare il meridione perche' altri tipi di riforme sembrano impossibili.

Comunque almeno per principio io sostengo la nascita di un Partito del Sud. Siciliani, Campani, Sardi, Pugliesi, Calabresi per quanto diversi hanno delle problematiche in comune. C'e' un potenziale elettorale da sfruttare. Se esistono (o esistevano) partiti schierati con classi sociali, perche' inorridirsi se dei partiti hanno definizioni territoriali.

Purtroppo credo che alla fine il tutto servira' solo per aumentare politicians' rent come e' successo al Nord.

Non sapevo che Charles Goodhart di LSE e Dimitrios Tsomocos di Oxford University leggessero nFA.

Sul Financial Times ho trovato questo recente articolo che mi ricordava qualcosa...:

http://www.ft.com/cms/s/0/5ef30d32-0925-11df-ba88-00144feabdc0.html

In sostanza la soluzione che propongono per i paesi meditterranei in crisi con i conti pubblici e' di introdurre una seconda moneta oltre l'euro. Gli escudos in Portogallo, le dracma in Grecia, e le lire in Italia.

Naturalmente le lire, gli escudos e le dracma servono solo per pagare i dipendenti statali e ridurre il loro stipendio di un 25% e cosi' diminuire la spesa pubblica giocando su un cambio controllato tra lira-euro.

Leggere per credere:

When a subordinate state in a federal monetary union has severe fiscal problems and runs out of money, what does it do? It issues IOUs. Think California or the Argentine provinces before 2000. For example, in Portugal, we could coin a phrase and call such IOUs escudo. Essentially the government passes a decree that states that such escudo IOUs would be acceptable for all internal payments, except tax payments, between Portuguese residents, but not for any external payments between Portuguese residents and foreign residents. All public sector and private sector wage payments shift on to an escudo basis as do interest payments by a Portuguese resident to another resident. Portuguese residents’ deposits and borrowing with Portuguese banks shift to an escudo basis; others remain in euros.

quando ho proposto l'idea in estate 2009 pareva una barzelletta, ora vuoi vedere che lo fanno sul serio?

quando ho proposto l'idea in estate 2009 pareva una barzelletta, ora vuoi vedere che lo fanno sul serio?

Lodovico, tu lo proponevi diviso per regioni: Campania si', Veneto no. E' un po' diverso che proporlo per un intero Stato, a meno che non si intenda la California come una regione (cioe' con regole simili alle nostre) degli USA.

Inoltre loro lo propongono per "all public sector and private sector wage payments" tu solo per il settore pubblico. A me paiono differenze rimarchevoli rispetto alla tua proposta.

Inoltre, sempre da vedere se l'EU accetterebbe una cosa del genere: resto dell'opinione espressa nei precedenti commenti, ovvero che sarebbe piu' facile accettare un'uscita seguita da un default.

E' vero. La mia proposta e' piu' su misura per l'Italia (basandosi sull'esperienza collaudata da Serbia e Montenegro). La loro invece utilizzava come esempio Grecia e Portogallo, percio' la differenza regionale conta poco.

Il succo del discorso comunque e' l'introduzione di una seconda moneta come IOU Californiana (che era quello che avevo detto io). La parte importante dell'implementazione era di alleggerire i pagamenti pubblici, e per questo sottolineavo l'importanza di includere il Lazio nella zona lira.

Ma non ha importanza. Rispondo perche' volevo precisare che un'uscita dall'euro non implica un default, anzi. Con una moneta domestica svalutata il default si evita tranquillamente (si pagano gli interessi sul debito in lire :-)).