Sull'Europa a due velocità.

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Alcune considerazioni preliminari sulle parole della Merkel relative ad una Europa a due velocità.

La settimana scorsa il cancelliere tedesco Angela Merkel ha parlato per la prima volta apertamente di una Europa a due velocità. Non ha sprecato molte parole, ma ha detto una sola frase, la seguente: "Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni che ci potrebbe essere un’Unione Europea con differenti velocità e che non tutti parteciperebbero ogni volta a tutti i passaggi dell’integrazione. Penso che questo potrebbe essere inserito nella Dichiarazione di Roma".

L'idea non è per nulla nuova. Nella prima metà degli anni '90 infatti, soprattutto da parte della Cdu/Csu, era venuta la proposta di una integrazione progressiva a partire da un nucleo centrale di paesi già coesi tra di loro. Nel 1994 l'attuale ministro delle finanze tedesco Wolgfan Schauble presentò al Bundestag un documento, assieme al collega Karl Lamers, dove veniva delineata una strategia per l'Unione Europea che faceva perno sulle "geometrie variabili" e su un'Europa a due velocità. (1) Il ragionamento di Schauble-Lamers era chiaro: la nuova Europa economica e monetaria post Maastricht non avrebbe funzionato se non si fosse raggiunto un maggiore coordinamento ed integrazione delle politiche economiche.(2) Nel documento venivano esplicitamente escluse (dalla partecipazione al nucleo centrale) sia l'Italia che la Gran Bretagna che la Spagna, almeno fino a quando non fossero state pronte, politicamente ed economicamente, ad entrarci.

Se all'epoca l'idea fece un certo scalpore e venne accantonata, saltando invece ai giorni nostri, vediamo che almeno in Italia qualcosa è cambiato. Nell'Italia squassata da ormai 8 anni di crisi e convinta che l'euro sia la fonte di tutti i mali, non solo l'idea di una Europa a due velocità piace, ma l'intervento della Merkel è stato letto come lo sdoganamento di una eventuale scissione dell'euro. Ma in realtà il progetto tedesco è sia molto di più che di meno.

In sostanza la Germania sta cominciando a prendere atto del fatto che l'area euro è ancora in mezzo al guado, che così com'è sarà sempre instabile e che il problema è tutto politico: in alcuni paesi manca la volontà politica per fare gli aggiustamenti necessari e non si riesce ad andare oltre la continua e strumentale richiesta di "maggior flessibilità", ovvero maggior debito. Crediamo di poter ipotizzare che questa acquisita consapevolezza abbia di fatto condotto Angela Merkel ed il suoi consiglieri a ripescare dall'archivio della storia il documento Schauble-Lamar, proponendosi in campagna elettorale come la persona capece ed intenzionata ad implementarlo. È inutile sottolineare che il numero due della Merkel è proprio Schauble.

Ma da dove nasce simile idea?  Capirlo è vitale per ipotizzare i possibili sviluppi futuri. Il nocciolo centrale è quella che tecnicamente viene chiamata "area valutaria ottimale". L'unione monetaria europea, per funzionare, dev'esser capace di diventare, per l'appunto, un'area valutaria ottimale. Ora, sommariamente, perchè un'area valutaria funzioni in modo efficiente, bisogna che vi sia :

1) mobilità territoriale dei fattori di produzione nell'intera area valutaria;
2) mobilità, quindi libero commercio, di beni e servizi;
3) integrazione finanziaria, ovvero libertà di movimento dei capitali;
4) non divergenza delle politiche economiche per evitare grandi divergenze nei prezzi relativi dei vari paesi;
5) un grado ragionevole di flessibilità dei prezzi di tutti i fattori di produzione (quindi anche dei salari).

Come avrete visto nella lista non ci sono i trasferimenti. La ragione è semplice: i trasferimenti non servono per far funzionare un'area valutaria. Non è un caso che l'area monetaria ottimale precedente, ovvero l'area marco, funzionasse benissimo senza il benchè minimo trasferimento e che quella del dollaro lo faccia da due secoli con trasferimenti minimi e comunque non sistematici. E non è un caso che, ad esempio, quell'area monetaria pre-euro chiamata Italia, al suo interno non funzionasse e ancora non funzioni ottimamente nonostante enormi trasferimenti dal nord al sud. Questo perché all'area valutaria della lira mancava completamente il punto 5, mentre il punto 1 è molto parziale e, per il sud Italia, manca anche in parte il 2 e, per quanto attiene alle politiche regionali, anche il punto 4. Non è scopo di questo intervento spiegare la mancata convergenza del sud Italia verso il livello di reddito procapite e produzione del nord, ma un punto è chiaro: in mancanza dei cinque requisiti appena elencati i trasferimenti "solidali", per ampi e duraturi che siano, non portano necessariamente ad alcuna convergenza economica fra le regioni che sono parte di un'area valutaria comune. 

Tornando a noi e al discorso della Merkel: la Germania a questo punto sembra mirare ad implementare definitivamente i 5 punti, con chi ci sta. Oggi l'Europa è ferma ad una implementazione (molto lenta a molto parziale) dei primi tre; manca quasi totalmente del quarto, mentre il quinto è stato oggetto di mille conflitti sia internamente ai singoli paesi membri dell'area euro che fra di essi. In particolare, come è noto, l'idea che la "deflazione salariale" tedesca (e di altri paesi del nord Europa) sia la causa di tutti i guai dei paesi del sud Europa è tutt'ora una bandiera, sia a destra che a sinistra, dei movimenti no Euro e gli aggiustamenti salariali post-crisi sono estremamente differenti da Portogallo a Grecia, a Spagna ed Italia. 

Può, se venisse attuato questo nuovo orientamento politico, portare alla scissione dell'euro in due parti ? Non necessariamente. Il documento originale di Schauble, letto oggi, ha una impronta comunque fortemente europeista e non a caso indicava chiaramente che bisognava fare di tutto affinchè i tre paesi esclusi inizialmente dal nucleo "duro" , venissero successivamente inseriti nell'unione monetaria. Anche adesso, pur con tutti i problemi esistenti, rimane solo un punto da sviluppare, il quarto, che andrebbe verso una maggiore integrazione politica, ma senza però arrivare, al per ora impossibile, stato europeo federale.  E tranne per la Francia, non ci sono resistenze ideologiche insormontabili tra i paesi "euro" verso la sua implementazione. Con una ulteriore eccezione: l'Italia. Il punto 4 infatti, operativamente si esplica nella coordinazione europea non solo sul livello del bilancio pubblico, cosa già vigente oggi, ma anche e soprattutto nella composizione del bilancio pubblico. E su tale aspetto proprio il nostro ministro delle finanze Padoan è stato chiarissimo la settimana scorsa commentando l'ipotesi di apertura del meccanismo di infrazione europeo, da evitare a tutti i costi perchè comporterebbe "una riduzione di sovranità sulle scelte di politica economica..." (3)

Qual'è il rischio vero di tutto questo? Ce lo dice chiaramente il documento del '94: visto che la Gran Bretagna si è tolta di mezzo da sola, che la Spagna post troika rispetta pienamente i 5 criteri di convergenza e non ha la benchè minima intenzione di uscire dall'euro, alla fine gli unici paesi non in grado di implementare tutti i 5 punti, e solo per mancanza di volontà politica, sarebbero l'Italia e la Grecia. Il rischio diventa allora che ad un certo punto, e solo dopo aver provato in tutti i modi di non arrivarci, la Germania e il resto dei paesi dell'area euro possano decidere di scindere l'euro e creare una valuta diversa, meno forte e lasciata nelle mani dei due paesi devianti: l'Italia e la Grecia. In questo modo si otterrebbero almeno tre effetti positivi per i paesi che rimanessero nell'area euro. Due di essi sono economici mentre il terzo è politico.

1) Essendo maggiormente integrata, l'area euro sarebbe molto più resistente agli shock esterni, di qualsiasi tipo siano. Probabilmente in pochi anni la moneta diventerebbe un nuovo franco svizzero molto più grande, beneficiando del relativo afflusso di capitali alla ricerca di garanzie finanziarie e stabilità.

2) I costi della separazione sarebbero di fatto tutti in capo alla moneta debole, che essendo molto più inflattiva vedrebbe una perdita costante di capitali. Proprio per la sua relativa "debolezza" (di tipo inflattivo ma anche e forse soprattutto di sostenibilità del debito pubblico) una uscita di Grecia ed Italia dall'euro per adottare una propria moneta, sarà sempre e comunque un costo. Non esiste una uscita non traumatica dall'euro, per chi ne esce. Neanche se i "tedeschi" cooperano e magari anche danno una spintina verso la porta.

3) Last but not least: verrebbe messa in riga una eventuale Francia Lepeniana tramite la minaccia di relegarla assieme ai due paesi mediterranei di fatto espulsi.

Accadrà tutto questo? Difficile dirlo e credo tutto sommato poco probabile. Due fatti però sono chiari: a) come detto sopra la Germania ha preso atto che l'Europa così com'è è ancora in mezzo al guado e ha chiaramente avvisato tutti che lei andrà avanti; b) l'Italia non pare avere grande voglia politica di seguirla. Chiaramente se la Germania va in una direzione e l'Italia in un'altra, la corda che li unisce prima o poi potrebbe spezzarsi.

(1)  Link al testo  http://www.thefederalist.eu/site/index.php?option=com_content&view=artic...

(2) Schauble e Lamers hanno successivamente chiarificato cosa intendessero con quel documento ad esempio nell'intervista pubblicata sul numero 2/95 della rivista Limes a pag.157 e pag.169

 (3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/02/conti-pubblici-davanti-al-mal...

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Commenti

Ci sono 1 commenti

1) Le cinque ipotesi di Juncker sul futuro d’Europa

 

2) Libro bianco sul futuro dell'Europa  


Vedremo come evolve la proposta ma in linea di principio sono d'accordo con l'idea di un'Europa in cui chi vuole attua una maggiore convergenza politica, mettendo alcune competenze in comune ad una sorta di livello federativo e chi non vuole cedere potere, non lo fa ma è libero di cambiare idea in seguito. 

 

Ritengo che i maggiori compiti da mettere in comune siano Difesa e Welfare previdenziale e del lavoro ed ovviamente questi compiti avranno una gestione finanziaria "federale", sul modello ad esempio svizzero. Proprio la Svizzera è nata alla fine del 1200 in questo modo. Gradualmente: prima tre cantoni fondatori (il nocciolo duro, detto Svizzera primitiva o "forestale") e poi via via tutti gli altri, nel 1300, 1400 e 1500. Gli "altri" che sia chiaro, fin dall'inizio conoscevano il patto tra i tre fondatori ma non vollero aderire. Come vedete dalla mappa temporale, cambiarono gradualmente idea. 

Linea temporale della Vecchia Confederazione dal 1291 al 1536