PAGAMENTI BANCARI
Per mettere l'argomento nel suo contesto, è bene cominciare col ricordare cosa succede "dietro le quinte" quando si effettua un bonifico bancario. Il caso piú semplice è quello in cui il trasferimento è effettuato tra due conti nella stessa banca. In questo caso, ignorando eventuali commissioni, la banca semplicemente sottrae l'ammontare del pagamento dal saldo del conto del pagatore per aggiungerlo a quello del conto del pagato.
Le cose cominciano a complicarsi se il conto di partenza e quello d'arrivo sono aperti in due banche diverse. Tradizionalmente questo richiedeva che la prima banca avesse un conto nella seconda, o viceversa; questo genere di conti viene chiamato "conto nostro" o "conto vostro" a seconda del punto di vista di chi parla (anche inaltrelingue, a testimonianza di un tempo i cui i banchieri italiani erano pionieri nel mondo).
Evidentemente questo meccanismo non "scala" bene col crescere del numero di banche, dato che il numero di rapporti bilaterali cresce grosso modo quadraticamente (N*(N-1)/2) col numero di partner. Qualche semplificazione è possibile se le istituzioni piú piccole usano alcune di quelle piú grosse come intermediari, e ancor meglio è se questi intermediari sono pochi e specializzati. Questa è appunto la direzione verso cui si è andati negli ultimi decenni, col la creazione di "sistemi di regolamento" (in inglese, "settlement systems") a ciò dedicati. A volte si tratta di entità private operate da consorzi interbancari, come ad esempio CHIPS negli Stati Uniti, e altre di sistemi gestiti direttamente dalla banca centrale (come Fedwire negli Stati Uniti, o BI-COMP e piú recentemente BI-REL in Italia).
Una nota interessante, importante per quel che seguirà piú avanti, sta nei due modi possibili in cui il sistema può effettuare il regolamento dei conti con le istituzioni partecipanti. Nei cosiddetti sistemi di regolamento netto a fine giornata, i trasferimenti durante il giorno sono effettuati "sulla fiducia", e solo a fine giornata lavorativa ogni istituzione partecipante trasferisce sul conto del sistema di regolamento il saldo netto, che rappresenta la differenza tra tutti i pagamenti che ha effettuato e tutti quelli che ha ricevuto durante il giorno. Questo metodo presenta vantaggi di semplicità e costo, ma implica un rischio di credito se una delle istituzioni partecipanti diventa inaspettatamente insolvente prima del regolamento di fine giornata. Un modo per evitare ciò è che ogni singolo pagamento sia effettuato in tempo reale, addebitando o accreditando fondi sui conti in attivo che ogni istituzione finanziaria ha col sistema di regolamento. Sistemi di questo genere sono chiamati "lordi in tempo reale", e per funzionare richiedono che ogni istituzione abbia un conto "nostro" con il sistema di pagamento con un saldo attivo sufficiente per assorbire pagamenti in uscita prima che arrivino sufficienti pagamenti in ingresso. Questo potrebbe sembrare costoso da realizzarsi, data la liquidità che deve essere impegnata unicamente a questo fine: ma se il sistema di regolamento è gestito dalla banca centrale nazionale il problema non si pone, perché le banche commerciali sono comunque tenute a mantenere ampie riserve con la banca centrale per ragioni regolatorie e di politica monetaria. Questa è la ragione per la quale i sistemi di regolamento lordi in tempo reale ("RTGS" in inglese) sono tipicamente gestiti dalle banche centrali: è il caso appunto di Fedwire in USA, BI-REL in Italia, RTGSplus in Germania, TBF in Francia e cosí via).
REGOLAMENTI NELL'EUROZONA: IL SISTEMA TARGET2
A questo punto possiamo esaminare il caso dei pagamenti internazionali, in particolare nell'Eurozona dove l'uso di una sola valuta (l'Euro) permette di evitare complicazioni relative al cambio. Sin dall'introduzione della valuta unica, nel 1999, era stata creata una piattaforma distribuita chiamata TARGET (acronimo di "Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System") come sistema di regolamento di conti tra le banche centrali nazionali dell'Eurozona; nel 2002 furono decisi dei cambiamenti per permettere pagamenti piú frequenti di piccole dimensioni, e questi diventarono operativi con l'inaugurazione, nel 2007, della piattaforma centralizzata TARGET2.
TARGET2, che è operato dalla BCE, funziona da "sistema di regolamento per i sistemi di regolamento": un pagamento che coinvolge due banche in paesi diversi dell'Eurozona vede la banca del primo paese addebitare l'ammontare del bonifico al conto del suo cliente e quindi dare istruzioni di pagamento alla sua banca centrale, dicendole di addebitare il suo conto "nostro" presso di lei; questa passa l'istruzione tramite TARGET2 alla BCE, che di nuovo attraverso TARGET2 la passa alla banca centrale del secondo paese, che accredita l'ammontare del bonifico sul conto "nostro" della banca di destinazione, e quest'ultima a sua volta finalmente accredita la cifra sul conto del suo cliente.
Tutto chiaro? "Hmmm..." dirà un lettore attento, "nella descrizione hai saltato due passaggi: non è citato alcun addebito o accredito sui conti mantenuti delle banche centrali nazionali dei due paesi con la BCE". Vero! Non è citato perché non c'é: le banche centrali nazionali non hanno alcun conto "nostro" con la BCE. In un certo senso, TARGET2 opera come se fosse un sistema di regolamento netto: ma non a fine giornata. Neanche a fine mese o anno: il regolamento dei saldi (debitori o creditori che siano) non è effettuato MAI. In compenso, le banche centrali nazionali con saldo debitorio pagano su questo saldo alla BCE (e, di converso, quelle con saldo creditorio percepiscono dalla BCE) un interesse calcolato al tasso di rifinanziamento, che al momento la BCE ha fissato allo 0,75%. In tutto questo, la BCE non estende alcun credito, né riceve o paga interessi: è solo un tramite per le istruzioni tra banche centrali nazionali, e i saldi TARGET2 (che per questo neppure compaiono nel bilancio della BCE) rappresentano l'integrale nel tempo della bilancia dei pagamenti di ogni paese limitatamente al totale dei suoi partner dell'Eurozona. In pratica, le banche centrali nazionali con saldo TARGET2 positivo estendono credito a quelle con saldo negativo, a un interesse fisso e basso (e indipendente dallo specifico rischio di credito sovrano), e senza alcun collaterale.
PICCOLA STORIA DEI SALDI TARGET2
Per i primi anni seguiti all'introduzione dell'Euro i saldi dei vari paesi si mantennero piuttosto bassi, anche perché i disavanzi della bilancia dei pagamenti nel conto delle partite correnti erano compensati da quelli nel conto dei movimenti finanziari (i paesi con un surplus di conto corrente tendevano a reinvestire in quelli con un deficit). Questo rendeva giustizia agli architetti di TARGET che non si erano dati la briga di prevedere un metodo di pagamento per ripianarli. La situazione però mutò radicalmente allo scoppio della crisi finanziaria nel 2007, quando le preoccupazioni degli investitori sulla tenuta dell'Eurozona causarono il blocco del mercato interbancario, e in parallelo cominciarono a causare imponenti flussi in conto capitale dalla periferia verso il centro. In altre parole, investitori sia istituzionali che privati cominciarono a preoccuparsi per la stabilità di certi paesi, e a trasferire fondi da questi verso altri ritenuti piú solidi.
I primi a risentire di questo stato di cose furono Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, mentre inizialmente l'Italia fu beneficiaria netta di trasferimenti. La situazione per il nostro paese cominciò a cambiare nel 2010, e a metà 2011 il saldo TARGET2 dell'Italia diventò negativo, e in rapida picchiata. In breve la differenza tra saldi creditori e debitori sarebbe salita a diverse centinaia di miliardi, per cominciare a ridiscendere solo dopo il famoso discorso di Mario Draghi il 26 luglio 2012 ("La BCE farà tutto il necessario per salvare l'Euro…"). Tutto questo è visibile in un grafico, aggiornato quotidianamente, pubblicato dall'Università di Osnabrück a www.eurocrisismonitor.com (cliccare sull'immagine per aprire una finestra con una versione ingrandita):
I SALDI TARGET2 ARRIVANO SULLA STAMPA
A inizio 2011, la questione dei saldi TARGET2 venne portata alla ribalta da un intervento del prof. Hans-Werner Sinn dell'Istituto Leibniz dell'Università di Monaco di Baviera in un summit economico tenuto a in quella città nell'aprile del 2011, poi citato in un articolo allarmista di Martin Wolf su Financial Times del 31 maggio, a sua volta riecheggiato il giorno dopo dal solito Paul Krugman nella sua colonna sul New York Times. La tesi di Sinn (poi riassunta in un articolo pubblicato il 1 giugno da Voxeu) era che la Bundesbank, che stava prefigurandosi come il maggior creditore in ambito TARGET2, stava assumendosi un rischio di credito considerevole permettendo una sorta di "salvataggio ufficioso" dei paesi alla periferia, fuori dai canali ufficiali (EFSF / EFSM / ESM) e di nascosto; che questo "credito nascosto" ai paesi della periferia permetteva di sottostimarne l'esposizione debitoria; e che TARGET2 forniva ad essi liquidità a buon prezzo a spese dei paesi piú solidi come la Germania, i quali vedevano ridotta nella stessa misura la propria liquidità interna (accreditare una quantità di denaro alla banca destinataria del bonifico, diceva Sinn, implica una riduzione delle riserve della banca con la banca centrale, e la somma di tali riserve, assieme alle banconote e alle monete in circolazione, costituisce la base monetaria, o M0). Per giunta, questo "credito nascosto" secondo Sinn permetteva di finanziare per un tempo indefinito i disavanzi di conto corrente dei paesi in deficit, togliendo stimolo per le necessarie riforme strutturali e in definitiva creando azzardo morale.
Sinn poi confrontava in modo sfavorevole il meccanismo di regolamento dei conti usato da TARGET2 con quello in vigore tra le FED regionali negli Stati Uniti ("Interdistrict Settlement Account"), dato che là i disavanzi attirano interessi di mercato, e devono comunque essere garantiti da collaterale. Una discussione piú dettagliata di queste sue tesi fu successivamente pubblicata in un articolo accademico scritto assieme al collega Timo Wollmershäuser, una versione aggiornata del quale è disponibile qui.
Al "fronte allarmista" arrivarono presto risposte che controbattevano le tesi. Uno dei primi a pronunciarsi, otto giorni dopo, fu Willem Buiter di Citibank, che in un documento intitolato "TARGETing the wrong villain: Target2 and intra-Eurosystem imbalances in credit flows" fece notare anzitutto che i saldi TARGET2 sono largamente scorrelati dal conto delle partite correnti, e infatti erano trascurabili prima della crisi finanziaria. La loro rapida crescita ha coinciso con la fuga di capitali dalle banche della periferia: caso emblematico quello dell'Irlanda, le cui banche avevano un bilancio pre-crisi quattro volte superiore al PIL e il cui saldo debitorio a metà 2011 toccò i 146 miliardi di euro (o 93% del PIL), ben superiore ai 67 miliardi ricevuti col salvataggio "ufficiale" (e su cui pagava il salato interesse del 5,8%). In secondo luogo, il saldo creditorio di paesi come la Germania, e la corrispondente distruzione di base monetaria da parte della locale banca centrale, non si traduce affatto in una stretta creditizia dato che lo stock di moneta è determinato in modo endogeno: quello che l'eurosistema determina esplicitamente (su indicazione della BCE) sono tre tassi d'interesse a breve (di deposito, di rifinanziamento e di prestito marginale), e l'offerta di moneta in ogni paese è determinata in cooperazione tra BCE e banca centrale nazionale in modo da tenere il tasso interbancario nel corridoio compreso tra tasso di rifinanziamento e tasso di deposito. E in ogni caso, l'arrivo di un bonifico estero a una banca tedesca implica una corrispondente sua minor dipendenza dal credito erogato da Bundesbank, il che spiega le rilevazioni empiriche di minor credito concesso da quest'ultima alle banche tedesche: si tratta di una riduzione volontaria, quindi le banche (e l'economia) della Germania semmai ne traggono un vantaggio.
Buiter disputava poi la correttezza in termini contabili di includere i saldi TARGET2 nel totale del debito pubblico, e soprattutto la tesi che il rischio di credito sia a carico esclusivo del paese in credito: tutte le eventuali perdite (con l'eccezione di quelle relative alle procedure di ELA) sono sempre socializzate tra le banche centrali dell'Eurozona sulla base delle loro quote di partecipazione alla BCE. Finalmente, Buiter disputava che l'Interdistrict Settlement Account americano riesca a prevenire la formazione di sostanziosi e persistenti saldi: ad esempio, a marzo 2012 la New York FED era in credito per circa 300 miliardi di dollari, e quella di Richmond in debito per circa 134. Con rimarchevole coincidenza, anche qui i saldi hanno cominciato a crescere in coincidenza con la crisi finanziaria (nel 2008):
(I saldi sono poi tornati quasi a zero nel 2012).
Ovviamente, una ragione per cui in America questa situazione ha attratto molto meno attenzione dei saldi TARGET2 in Europa è che tutte le FED regionali sono di fatto di proprietà del governo federale, mentre la proprietà delle banche centrali europee appartiene ai singoli stati dell'Unione.
LE DICHIARAZIONI UFFICIALI
Quando iniziò questa controversia, Bundesbank inizialmente mantenne una posizione distaccata; e in effetti, una delle critiche piú puntuali alle tesi di Sinn arrivò in un paper di ricerca di cui uno dei due autori, Ulrich Bindseil, lavora per la BCE. Peraltro, a fine febbraio 2012 trapelò alla stampa una lettera a Mario Draghi del presidente di Bundesbank Jens Weidmann, in cui esprimeva preoccupazione per la continua crescita dei saldi TARGET2, che all'epoca per la Germania avevano toccato i 500 miliardi e continuavano a salire alimentati dalla fuga di capitali da Spagna e Italia. Le dichiarazioni riportarono la questione all'attenzione della stampa: un articolo di Wolfgang Münchau a inizio marzo interpretò la crescita dei saldi in termini di disavanzo di conto corrente; e in aprile due successiviarticoli su Bloomberg misero l'accento sui rischi di tenuta per l'eurozona, o almeno a una percezione in tal senso da parte dei preoccupati investitori e risparmiatori che stavano spostando denaro dalla periferia verso il centro. Ancor piú sensazionalistici (come sempre) furono i commenti su blog italiani come Rischio Calcolato.
Finalmente, come ho detto piú sopra i saldi piú preoccupanti (Spagna e Italia) iniziarono a declinare dopo il discorso di Mario Draghi a fine luglio 2012; quelli dell'Irlanda già erano migliorati nel 2011, col progressivo ritorno della fiducia nella ripresa in quel paese. I nostri sono un po' peggiorati dopo le ultime elezioni, e la cosa non sorprende.
E QUINDI, IN CONCLUSIONE, CHE IMPORTANZA SI DEVE DARE AI SALDI TARGET2?
Come è facile aspettarsi, le attitudini che si riscontrano tendono a essere influenzate dal punto di vista dell'osservatore, ma con strane alleanze. Tra gli allarmisti troviamo:
- Euroscettici della prim'ora, che da anni profetizzano il crollo dell'Eurozona e vedono nella crescita dei saldi solo un altro presagio dell'imminente catastrofe;
- Neo-Keynesiani come Wolfgang Münchau, Martin Wolf e Paul Krugman, che non credono nella possibilità di un'unione monetaria senza unione fiscale e relativi trasferimenti che compensino i disavanzi di conto corrente; a meno che, dicono, la Germania riduca la sua competitività esportando di meno e importando di piú;
- Politici tedesci che devono fare i conti con i propri elettori, perennemente sospettosi di essere in qualche modo raggirati da quei levantini della periferia, sempre pronti a campare a scrocco delle loro fatiche.
Tra chi ostenta meno preoccupazione abbiamo per lo piú:
- Economisti monetaristi abituati a considerare i disavanzi come sostenibili in molti casi;
- Chief Economists di banche internazionali con bilanci in forma men che smagliante, e da ciò incoraggiati ad amare meccanismi che alleviano le tensioni e a minimizzarne i rischi: oltre al già citato Willem Buiter di Citigroup, Erik Nielsen di Unicredit ha definito il dibattito su TARGET2 "semplice contabilità vestita da economia". Da notare che Nielsen condivide la tesi secondo cui la causa prima dei saldi è la somma del disavanzo di bilancia dei pagamenti in conto corrente, e sostiene che la crescita dei saldi a partire dal 2007 è stata causata dal blocco del mercato interbancario, che permetteva a tali disavanzi di essere reinvestiti nelle economie della periferia (compensando cosí nel conto finanziario i disavanzi di conto corrente). A mio avviso questo spiega solo parte della storia, e minimizza indebitamente il ruolo della fuga di capitali.
Sia come sia, è fuor di dubbio che le dimensioni dei saldi manifestano un'elevata correlazione con la fiducia o sfiducia nella risoluzione della crisi e col rating soggettivo dei rispettivi paesi, e rappresentano un altro termometro dell'appetito per il rischio di credito di questi ultimi assieme ad altri indicatori quali gli spread sui rendimenti dei titoli di stato o i prezzi dei CDS sovrani.
Ancora piú interessante è studiare l'andamento, oltre che dei saldi, della preoccupazione in merito a essi: quando il presidente di Bundesbank mostra disagio per il rischio connesso alla sua elevata posizione creditoria, si può immaginare che consideri possibile una rottura almeno parziale dell'Eurozona, perché solo in questo caso il credito vantato da BuBa diventerebbe una fonte di perdite (seppur solo in parte, dato che, come già detto, le perdite derivanti dall'uscita di un paese membro con sua conseguente insolvenza sarebbero suddivise tra le banche centrali rimanenti in base alle quote che ognuna ha della BCE); o, addirittura, stia valutando pro e contro di un'uscita unilaterale dall'Eurozona da parte della Germania. In tal caso, sarebbe forse il caso anche per noi di preoccuparci sul serio... Ed è probabilmente questa la ragione per cui, per calmare le acque, la pubblicazione delle esternazioni nella lettera di Jens Weidmann fu seguita immediatamente da espressioni di elogio e fiducia in Mario Draghi da parte di Angela Merkel, nonostante quest'ultima di Weidmann sia stata una convinta sponsor.
Tanto di cappello alla chiarezza e all'accuratezza!