La fine della scuola come la conoscevamo

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Per tutti quelli che cercano dove mandare i figli a scuola, ecco dove Bill Gates manda suo figlio. Potete farlo anche voi.

La notizia è questa.

Costa poco, e funziona bene. Eccola qui. la presentazione grafica può migliorare.

Basta tradurla in italiano ora.

Seriamente, perché no?

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Ci sono 46 commenti

Perchè se parliamo di studenti in fase pre-adolescenziale o adolescenziale è necessario che questi abbiano contatti con l'esterno, ciò significa interazioni con altri coetanei che non avrebbero se dovessero stare chiusi in casa a seguire le lezioni. 

Secondo me in quella fase è necessario che i ragazzi vivano in un mondo dove esistono delle regole generali da rispettare.

Io passo ore a imparare computational methods da qui

http://videolectures.net/

Molti di questi video sono fenomenali, 1 ora e mezzo circa, hai sia le slides che il video della lecture. Puoi fermare e fare rewind se non hai capito una cosa. Io di solito mi guardo quelli di machine learning che sono teachers eccezionali. Ma ce ne sono per tutti i gusti.

 

Commento a me stesso perche' il post puo' sembrare sibillino.

Ormai negli USA un genitore con la testa sulle spalle non si sogna certo di mandare il proprio figlio nel mondo con la preparazione che danno le scuole ufficiali, pubbliche o private che siano. Certo, la scuola serve per socializzare, per imparare a stare con gli altri (cos'altro? temo sempre di scordarmi una voce della lista). Anche mio figlio va a una scuola tradizionale (privata, costosa). La funzione di questa e' di apprendere ameni luoghi comuni del pensiero progressista piu' avanzato degli anni '70, con qualche tonalita' aggiunta religioso-buddista-obamiana-GLBT(Q). Niente di tragico. Io ho imparato a suo tempo

AvemariaGratiaPlenaDominusTecumBenedictatuInMulieribus

lui impara Sei Miliardi di sentieri verso la pace.

Niente di tragico. Ma la preparazione vera, quella formativa, si fa altro, ed e' quasi tutto on line. Due esempi dei corsi piu' popolari:  Stanford Math non e' male, un po' noiosa, sui 500 dollari a corso. Non e' male anche The Art of Problem solving,  ideata e organizzata  da uno dei componenti della Math team degli Stati Uniti. E' per studenti seri, le risposte alle domande si scrivono in LaTeX. Ce ne sono decini di altri.

Io non so come sara' la scuola del futuro, ma quella di qualita' del presente e' una combinazione di scuola tradizionale e scuola vera, fatta on line. O addirittura a casa: Oggi il quattro per cento degli studenti bianche negli USA fa homeshooling (cioe' fa scuola a casa), Famiglie di redddito medio-alto, di educazione superiore alla media.

Bah, vediamo come e' questa KahnAcademy, vi faro' sapere.

Se a cinque anni mi avessero proposto di passare il mio tempo con "The Art of Problem Solving" al posto dei miei amati LEGO forse avrei imparato a leggere prima, ma credo che la mia stabilità psichica ne avrebbe risentito parecchio...

Quello che più mi preoccupa però è la frase "Oggi il quattro per cento degli studenti bianche negli USA fa homeshooling (cioe' fa scuola a casa), Famiglie di redddito medio-alto, di educazione superiore alla media": cosa vuol dire? il 4% è un buon inizio? bisogna arrivare al 40%? al 100%? E' così ovvia che reddito medio-alto + educazione sopra la media causino un'istruzione "migliore"?

L'homeschholing che vedo in Italia (ma, vi prego, datemi dei ragguagli su US) è fatto sostanzialmente da gruppi di famiglie accomunate da un'esperienza religiosa più "estrema" delle altre. In questa configurazione i vari genitori fanno un po' quello che sanno fare, oscurano al punto giusto quello che accade "fuori", etc. Il caso estremo è CL in Lombardia, dove grazie ai grandi numeri l'homeschooling si fa direttamente in strutture scolastiche (a Crema, e tralasciamo come questa scuola sia stata istituita...): bambini e ragazzi vengono spediti al mattino, educati & istruiti da loro peers, e recuperati al pomeriggio, col risultato che Darwin non hanno idea di chi sia...

 

 

Anche mio figlio va a una scuola tradizionale (privata, costosa). La funzione di questa e' di apprendere ameni luoghi comuni del pensiero progressista piu' avanzato degli anni '70, con qualche tonalita' aggiunta religioso-buddista-obamiana-GLBT(Q).

 

Questa definizione è geniale, e purtroppo anche vera. Facendo esami agli studenti universitari - fortuna che è ingegneria - mi accorgo che al 3°-4° anno (quindi anche alla specialistica) diverse persone hanno problemi con l'italiano (e.g.: "sè fossi trà questi"), con i concetti di base della matematica (derivata del rapporto = rapporto delle derivate) e della fisica (somma di resistenze e capacità).

Siccome questi studenti hanno studiato quanto me, come durata degli studi, o hanno passato il tempo a farsi le canne, o non hanno mai dovuto fare nulla, o i loro corsi erano sul nulla. Temo un mix delle tre cose.

Ho fatto un po di insegnamento online, e mi sono convinto che, dato lo stato attuale della tecnologia, non sostituisce il face-to-face. Uno dei motivi e' che non credo che insegnare sia una strada a senso unico. Le mie presentazioni migliori (secondo me) non sarebbero state tali con una audience diversa da quella che era nella stanza in quel momento, e non sarebbero ripetibili per una telecamera, a freddo. In questo senso, le video lezioni saranno anche fantastiche ma dubito che sostituiranno l'insegnamento interattivo nel breve/medio periodo. Nel lungo periodo, qualcuno inventera' una tecnologia che permette interazione vera anche se si e' in posti diversi. Detto questo, lungi da me il suggerire che guardando i video non si possa anche imparare qualcosa, ma non credo questo fosse lo spirito.

Tutorial on line? Lo deve aver scoperto anche la Gelmini!

Si sono stata un’insegnante di università  a contratto, ma anche di scuole superiori (sono stata perchè ogni tanto mi arrivava qualche supplenza, ma  la riforma Gelmini ci lascia tutti a casa e la cosa peggiore è che in Italia non ne parla nessuno!).

Per me è molto importante l’apprendimento fatto in presenza e del rapporto allievo, classe e docente. Eccomi qui a parlarvi della mia esperienza.

Ogni volta che entro in classe i miei studenti li saluto allegramente (questi ragazzi sono spesso arrabbiati e annoiati, sono gli “amici di Maria” e “del “Grande Fratello”, e che colpa ne hanno loro?); ascolto i loro commenti senza che se ne accorgano,  mi soffermo a guardare di nascosto i loro atteggiamenti, mentre aggiorno il registro di classe. Tutto, persino i loro astucci, le tennis sgualcite, gli atteggiamenti da bullo, il trucco pesante delle ragazze, parla di loro e della loro età.

Poi si inizia la lezione che cerco di rendere interessante per loro. Ogni volta spero si appassionino, anche solo un po’ ,a ciò che io racconto. Insegno che la matematica non è astratta ma aiuta a capire e a decidere; che è sintesi e ricchezza di significato, che nella vita può insegnare loro più di quanto pensano (anche a scegliersi la ragazza!). Ogni occasione è buona per rivelare la non astrattezza  dei loro programmi di studio . Se li vedo attenti e ogni tanto sorridere alle mie battute, penso che anche questa volta sono riuscita a non annoiarli. Dopo un po’, a seconda della mia capacità di interessarli e di dosare le mie spiegazioni con la necessità delle loro pause, inizia lo scricchiolio delle sedie, il loro muoversi sempre più a ciondoli sul banco. I più vicini alla finestra azzardano un saluto a qualche amico che passa per strada, e capisco che è finita la mia ora di lezione…. 

Prima di andarmene un pensiero a quello studente con lo sguardo assente, che sembra non aver ascoltato nulla di ciò che ho detto. Oggi si è perso nella mia spiegazione (crisi adolescenziale ? il messaggino della ragazza arrivato dal cellulare sotto il banco? la litigata con il padre che gli rompe l’anima con “sto studiare”?). Domani devo trovare il modo di coinvolgerlo perché non resti troppo indietro.

L’insegnamento è così.

Fatto di preparazione, ma anche di sensazioni, occhiate furtive, dei loro sguardi pieni di curiosità e, magari annoiati. Un feedback continuo tra te e loro che rappresenta ancora di più una sfida quando lo fai (grazie Gelmini!) con 30 alunni in classe, o magari con alunno certificato privo di insegnante di sostegno.

Ma ha un senso se ci si guarda in faccia, se ci si adatta di continuo, noi a loro e loro a noi,  perché ogni uno di loro è diverso, ogni loro atteggiamento ha un significato diverso, e ogni ora di lezione finisce, per questo, col diventare unica.

Aldo, approfitto del fatto che hai scritto di scuola, e non di Università, per porre una domanda che mi frulla nella testa da quando ne parlai, en passant, con Alberto Bisin a Firenze (in verità fu lui a parlarne, io ne sapevo a stento dell'esistenza).

Ma le charter school come stanno andando ? Fra tutte le cose amerikane di cui si parla questa mi era sembrata molto interessante, importabile in little italy, ma sui media italiani non ce n'è traccia.

Scusa per l'OT, se è troppo OT ne riparliamo altrove.

Immaginiamo che io sia uno studente universitario in una qualche discipline scientifica. Immaginiamo anche che, a un certo punto, mi venga una qualche curiosità su un argomento che non fa parte del mio curriculum (ipotesi: studio matematica ma vorrei sapere qualcosa sulla organizzazione sociale delle formiche). La cosa più naturale da fare è trovare un amico entomologo e farsi spiegare il tutto in parole semplici Alternativamente posso cercare un qualche testo divulgativo sull'argomento o affidarmi ad un sito di tutorial on-line dove imparare le basi senza troppa fatica.

Fin qui tutto bene. La cosa funziona da dio.

Ipotizziamo che io sia sempre lo studente di matematica di qui sopra e che mi renda conto che i miei appunti sull'algebra tensoriale facciano acqua da tutte le parti. In sovrapprezzo il mio libro di testo è incomprensibile e nessuno dei miei compagni può/vuole aiutarmi. Allora vado su internet, mi guardo 15 minuti di tutorial, oltrepasso quello scoglio concettuale che mi impediva di vedere le cose nella giusta prospettiva e torno al mio libro di testo. Magicamente quell'assurda serie di simboli arcani avranno acquistato un senso.

Anche qui tutto bene.

Dove casca l'asino è se io penso di laurearmi in matematica studiando solo e unicamente sui tutorial on-line. Ma anche pensare di far imparare ad un ragazzino delle medie le frazioni con questo metodo è fallimentare. Certo, se un genitore offre al figlioletto tutorial ben fatti e ci somma tempo e disponibilità a spiegargli le cose di persona, chiarirgli i dubbi (se uno ha una domanda è difficile farla ad un video su youtube) ecc allora potrebbe anche funzionare. Ma di solito si mandano i figli a scuola con l'idea di pagare uno specialista (l'insegnante) per fare un lavoro che a noi porterebbe via troppo tempo ed energie. Se poi non siete contenti degli insegnanti dei vostri figli questo è un altro problema.

I tutorial on-line (ma anche le pagine di Wikipedia o di MathWorld) vanno usati come materiale di supporto e non come mezzo principale per l'insegnamento (messa giù così è di una banalità sconcertante, ma non mi pareva così ovvio a tutti a giudicare da alcune cose lette).

Semplicemente la scuola è un'altra cosa, sta in un'altra galassia, e non c'entra niente. Chi pensa che questa possa essere un'alternativa alla scuola, e non un'altra cosa (magari in qualche caso, per qualche aspetto dell'istruzione, complementare come dice Jacopo Bertolotti), ha un'idea della scuola molto molto riduttiva, e deformata.

 

A me sembra che sia una scuola buona per chi, gia' sapendo qualcosa, voglia imparare qualcosa di piu'.

Mi perplime anche la tuttologia di Khan, indice forse di una certa superficialita'.

 

BTW in Italy avevamo il Maestro Manzi, illo tempore. Mutatis mutandis il buon Khan e' arrivato due, pero' ha beccato, per sua fortuna, il target degli acculturati chic e danarosi, e non dei contadini analfabeti degli anni 50 italiani

 

 

Premetto di non avere dati "duri" alla mano ma solo un'impressione confermata da qualche aneddoto. E cioé che il post sia influenzato da un "academic parent bias", chiamiamolo cosi. L'accademico vuole che suo figlio diventi come lui, quindi ha delle preferenze distorte, e molto, sulla qualità dell'istruzione. L'accademico ha una cerchia di amici accademici che fanno le stesse cose e hanno le stesse preferenze, e così via... Non è una critica, sono così anch'io ovviamente, ma quando parlo con gente "normale" non vedo nessuna ossessione sulla scelta della scuola e sulla qualità dei programmi, salvo qualche lamentela occasionale. Prendo atto del fatto che ora nemmeno la scuola privata buona e' sufficiente. 

Un esempio: sono andato sul sito di una ottima scuola privata americana (ci va il figlio di un mio amico :-) ), la migliore in quella città, e ho cercato il programma di un corso di matematica avanzata. Non l'ho trovato ma ho trovato un pdf con delle domande (cliccare su "login as a guest"). Ho scorso il pdf. Ci ho trovato tutto e di più di quello che vorrei conoscessero i miei studenti universitari, o, giusto per andare sul personale, mia figlia alla fine delle superiori. Ci sono poi corsi di statistica (che noi non facevamo), di logica (idem).... Sono i programmi ad essere insoddisfacenti o la qualità dell'insegnamento? Vorrei capire bene quale e' la motivazione per cui tu e i tuoi amici/colleghi sentite il bisogno di supplementare la formazione scolastica con quella online ("...oramai la preparazione, quella formativa, ... e' tutta online" hai scritto, addirittura). 

 

Non è una critica, sono così anch'io ovviamente, ma quando parlo con gente "normale" non vedo nessuna ossessione sulla scelta della scuola e sulla qualità dei programmi, salvo qualche lamentela occasionale.

Io ho letto, mi pare Economist, che le lamentele sulla qualità dell'istruzione e sulla severità dei metodi o  la quantità dei programmi, siano molto più comuni fra i genitori immigrati di origine asiatica, specie per i programmi quantitativi.

L'accademico vuole che suo figlio diventi come lui...

Io non ho figli, ma ho sempre sentito che queste forme di pressione tendenti a indurre nei figli forme di emulazione/replicazione delle scelte dei genitori siano la ricetta perfetta per spingerli giusto nella direzione opposta. Ma, al solito, parlo per sentito dire...

E' possibile che ci sia un bias. Me lo dico tutte le sere.

Pero' i dati che conosci quanto me dicono che nel futuro mercato del lavoro internazionale ne' gli Stati Uniti ne' l'Italia sono a livelli soddisfacenti.

Guarda a pagina 12, per sempio...

Io credo che molte delle riserve che si mostrano nei riguardi del tipo di offerta didattica descritta da Aldo siano conseguenza di un taboo più o meno conscio circa la non ordinarietà della "merce" educazione, che alcuni si rifiutano di considerare tale tout court. Un po' come l'idea dell'acqua pubblica come articolo di fede.

Aggiungo che i docenti sarebbero i primi a sminuire questo tipo di educazione perché il loro ruolo verrebbe di molto ridimensionato.

E' singolare però che molti di coloro che contestano simili metodi educativi si eccitino assai a raccontare di Alessandro Magno educato (home schooling ante litteram) da Aristotele, o di sodalizi intellettuali tra giganti della scienza che non hanno risentito di questa peculiare forma di educazione.

In linea di massima avere un precettore privato (o più precettori per diverse discipline) sembra avvicinarsi a quelle condizioni ottimali che in genere associamo all'insegnamento scolastico tradizionale: una ratio fra docenti e discenti praticamente perfetta; la possibilità di adattare modi e tempi alle esigenze manifestate da chi impara; la creazione di un rapporto intenso anche sul piano emotivo e pedagogico fra maestra e discepolo. Ripeto: quando queste cose si realizzano nelle scuole tradizionali tutti decantano la qualità di quella scuola, ma se poi il trend si estremizza, portando quelle qualità indiscutibili a loro livello massimo, si tira fuori il problema della socializzazione carente perché non si impara in classe con altri bambini ragazzi. A questa obiezione si potrebbe rispondere che oltre alla scuola esistono, o potrebbero esistere, canali di socializzazione esterni alla scuola o all'educazione "fatta in casa" (da espressione derogatoria rispetto a una qualità con standard elevati, "fatto in casa", se fatto con maestri buoni o programmi avanzatissimi, può diventare segno di una educazione di elite).

Se posso fare il profeta, la diversificazione delle fonti educative andrà di pari passo a quanto abbiamo conosciuto per altre forme di servizi alla persona o di servizi e merci in genere...certo a tutti ci mancheranno le rane nascoste nel cestino della merenda dei compagnetti, o episodi di bullismo a metà tra Libro Cuore e Gomorra; e non oso nemmeno immaginare la mestizia delle foto della classe con un solo elemento; o le gite scolastiche da soli...ma ci saranno altri momenti di socializzazione no? Sport, scouts, babygang...

In realtà il rapporto docente-discente che si è instaurato tra Aristotele e il suo allievo più famoso è stato uno dei più infruttuosi che la storia ricordi. Nulla nella politica di Alessandro riflette le teorie del suo maestro, e d'altra parte le disquisizioni politiche di Aristotele spiccano per ignorare totalmente l'esempio dello stato macedone che stava soppiantando il modello morente della polis greca (un classico caso di denial).

Comunque la scelta tra l'home schooling (nella variante vecchio stile e in quella online) e la scuola tradizionale è, in assenza di hard evidence, motivata da considerazioni soggettive (legate al vissuto emotivo degli anni scolastici e alle opinioni sull'educazione in generale). Una domanda più concreta è: se si considera fondamentale garantire la formazione primaria a tutta la popolazione (io sarei di questa idea, altrimenti il concetto di pari opportunità va un po' a sfumare) quale tipo di alternativa all'istituzione scolastica sarebbe valida ed economicamente sostenibile?

Tornando a un piano più personale, io non rinuncerei alla mia esperienza scolastica per nulla al mondo. Come diceva il papà di Calvin: tempra il carattere.

Con l'insegnamento diretto server <-> client o anche con quello peer to peer non viene a mancare un importante fattore di sana competizione tra studenti?

edit: ortografia

 

No, se si ritiene che la competitività sia un "valore" si potrebbe mantenerne un certo livello con delle sfide on line (come in World of Warcraft) o si potrebbe impostare un processo di apprendimento a tappe per creare una sfida con se stessi.

Sicuramente si eliminerebbe il problema del bullismo contro i "secchioni" e di quello st***o che mi rubava la merenda :-)

 

Ho dato un'occhiata (salutare) ad alcuni video e penso che col tempo li usero' per dare una ripassata generale, dopo 35 anni di assenza dai banchi di scuola. Penso che questo sistema posso essere una base importante per ogni studente ma che poi siano necessari anche momento collettivi. Dove si impara il lavoro di gruppo, il team?

Una cosa sono le conoscenze individuali, altro è imparare a lavorare insieme, a risolvere problemi nuovi in gruppo.

Francesco

Tante cose da dire per uno che ormai si dedica a tempo pieno alla scuola. Un flash: Aldo Rustichini pensa  a una formazione composta da una miscela di scuola tradizionale - nel senso di collettiva - e l'uso consapevole dei nuovi mezzi audio-video-digitali più o meno individuali. Il tutto riferito al livello alto della formazione, quello dell'eccellenza. Sposto il riferimento al livello più basso della scala scolastica, quello della deprivazione estrema che normalmente si pone come insuperabile ostacolo alla formazione scolastica: Brasile, San Salvador de Bahia, il progetto Fenix. Realizzato con la fondamentale collaborazione di Cristina Coggi, ordinario di pedagogia sperimentale a Torino, mostra l'efficacia del software interattivo nel superamento da parte dei bambini più svantaggiati nell'apprendimento della matematica. In questo caso il lavoro individuale è in qualche modo propedeutico e accompagna l'inserimento nel gruppo della scuola più tradizionale.

Altro flash: sapete qual'è uno dei fattori determinanti il successo scolastico dei nostri figli? Il livello d'istruzione della madre. Ricerche fatte a suo tempo dal prof. Gattullo a Bologna e confermate più di recente da Gaetano Domenici e collaboratori a Roma (Tre). Sembra invece che nella definitiva affermazione in ambito sociale e lavorativo conti di più ..... lo status del padre.

Un saluto a tutti e a presto.

 

Altro flash: sapete qual'è uno dei fattori determinanti il successo scolastico dei nostri figli? Il livello d'istruzione della madre. Ricerche fatte a suo tempo dal prof. Gattullo a Bologna e confermate più di recente da Gaetano Domenici e collaboratori a Roma (Tre). Sembra invece che nella definitiva affermazione in ambito sociale e lavorativo conti di più ..... lo status del padre.

 

Se ricordo bene vale anche nei dati USA ... roba letta tempo fa, ma ricordo proprio questo particolare. Qualcuno ha la reference?

 

Brasile, San Salvador de Bahia, il progetto Fenix

Grazie per la reference, ho visto 

Non riesco a capire se funzioni veramente, ma mi ha fatto pensare che l'insegnamento on line potrebbe avere applicazione anche dove non avrei mai pensato che fosse utile

 

Scusate, sono nuova di NFA. Ritornando all’oggetto che ha generato il ‘post’ (e non alla ben nota questione della correlazione tra istruzione/status dei genitori e livello di istruzione dei figli):

 

Intanto grazie di avermi fatto conoscere la khanacademy, userò il sito comunque, malgrado qualche perplessità che vado ad esporre.

 

  1. Come è stato già notato in altri commenti non è la fine della scuola: humans have no equal… l’apprendimento online è una utile integrazione alla didattica tradizionale o all’homeschooling, ma vuoi mettere avere un/una docente capace di trasmetterti l’entusiasmo per una materia, rispetto a fissare una lavagnetta nera?
  2. Apprezzo lo scarso personalismo di khan e trovo geniale l’idea e – in parte - la realizzazione del sito ed anche il suo farsi da parte e non apparire, tuttavia continuo a preferire di guardare un volto umano anziché – appunto – una lavagnetta nera (non so se è sensibilità femminile o incapacità di concentrare l’attenzione). Ovviamente c’è poi la questione delle materie: pende solo sul versante scientifico (la storia mi è sembrata un po’ scarsa, ad es.) ma a questo nel tempo si può ovviare.
  3. Ho testato ieri sera la lezione introduttiva di statistica (non so nulla della materia) e l’ho trovata molto chiara e illuminante. Però mi è costato molto sforzo non distrarmi. Stasera voglio testare le lezioni su addizioni e sottrazioni sulla mia figlia minore (6 anni). Se qualcuno è interessato all’esito del test (malgrado la sua irrilevanza statistica…J) vi farò sapere.
  4. A riprova di quanto detto in 1-3, v invito a vedere ad esempio una lezione come questa http://www.academicearth.org/lectures/morality-of-muder-and-cannibalism/

Questa è roba che mi tiene sveglia anche di sera (ho collegato un mac mini alla Tv a schermo piatto, quindi a casa mia you tube si vede meglio di ‘casalinghe disperate’).  Per chi non lo conosce però il mio sito preferito è questo http://www.ted.com/ ; se vi interessano le neuroscienze consiglio la visione di questo http://www.ted.com/talks/jill_bolte_taylor_s_powerful_stroke_of_insight.html

 

Insomma quando KHAN sembrerà TED e sarà gratuito e con tutorials interattivi gli insegnanti possono iniziare a preoccuparsi… forse

Elisabetta Cassese

 

 

 

 

Francamente, mi sembra una sciocchezza.

L'istruzione online va benissimo come complemento e approfondimento, ma le creature umane, come tutti gli altri animali sociali giovani, per imparare "davvero" hanno bisogno dell'adulto-maestro da imitare e con cui identificarsi. Oltre che degli altri giovincelli con cui collaborare-competere.

Se no si creano situazioni come quella dei genitori americani che fanno causa alla Disney perchè i loro pupi parcheggiati davanti al televisore a vedere i DVD "Baby Einstein" non diventavano tutti geni.

No, davvero, i maestri servono: cerchiamo di averne quanto migliori possibile, con tutti i ragionevoli aiuti complementari, certo. Per quanto riguarda Khan academy, ho visto qualche video sui temi di mia competenza, ma resto francamente underwhelmed. Crerdo di fare un lavoro migliore coi miei studenti.

Ma certo! I sussidi didattici (la tecnologia fortunatamente ne mette a disposizione sempre di più) non sono la scuola.  Il ruolo della scuola non si riduce certo all’istruzione di un robot. Peraltro quelle che oggi appaiono le migliori istruzioni  potrebbero essere anacronistiche domani.

La scuola deve mettere nelle condizioni di saper camminare con le proprie gambe.

Mi auguro che l’efficientismo non si riduca a spersonalizzazione e disumanizzazione.

I sussidi non possono sostituirsi alle relazioni umane tra docente e discenti e dei discenti tra di loro in una comunità che è, va bene un po’ retoricamente, palestra di vita.

Che ruolo ha giocato la seduzione negli insegnanti (“maestro” è per come la vedo io troppo pretenzioso e mi evoca la figura che non mi piace del professor Keating) che ancora ricordiamo? E poi essa è capacità di attrarre non solo a sé, ma, anche per questo tramite,  alle discipline di insegnamento per le quali si è riusciti a trasmettere la passione (non le discipline, ché il modello trasmissivo delle stesse vien oggi aborrito, magari a torto, ma tant’è)

 

E poi non di sole nozioni e/o competenze e/o abilità vive l’uomo, ma magari queste trovano il loro humus germinale in un ragazzo che ha ricevuto tutte le dovute attenzioni.

Insieme alla famiglia, che ha un ruolo incommensurabilmente prioritario (il primo nutrimento è l’affetto, poi la strada è tracciata da regole dimostrate con l’esempio, non predicate), la scuola dovrebbe contribuire a dare solidità all’io, in una fase della vita molto delicata e in cui tutto è ancora possibile nel bene o nel male, per evitare di mettere in circolazione potenziali disadattati, anche se magari ben istruiti. Al centro c’è la persona, e poi, ma soltanto poi, il futuro professionista, magari proprio perché questo abbia domani maggiori possibilità di successo. E visto che qui si assegna una particolare attenzione ai costi, proviamo ad interrogarci sui costi sociali del disadattamento.

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Ne approfitto visto che gli argomenti si legano, non è compito della scuola formare medici o architetti o ingegneri ecc.: a quel compito sono preposti specifici corsi di laurea. La scuola fornisce proprio cultura generalista (non è scadente, non in blocco almeno, bisogna discernere, per appurare che le falle non sono intrinseche al sistema), con accentuazioni variabili in rapporto alla caratterizzazioni dell’indirizzo, ma se è una buona scuola, a prescindere dalla caratterizzazione disciplinare, renderà lo studente flessibile e in grado di intraprendere qualsiasi successivo percorso universitario.

Il test di accesso a un corso di laurea deve selezionare il miglior candidato possibile per intraprendere un certo corso di studi. Quindi dovrà, prima di tutto, verificare che sia in grado di studiare testi complessi; per questo il candidato dovrà dimostrare di saper comprendere, interpretare e inferire: questo è il requisito imprescindibile, tutto il resto viene dopo. Poi verificherà la cosiddetta “cultura generale” (questo è il terreno sdrucciolevole su cui si possono innestare, e di fatto si sono storicamente innestati, quesiti bizzarri e contestabili) e le conoscenze basilari propedeutiche a un certo corso: non può certo pretendere di verificare conoscenze specifiche che saranno state acquisite alla vigilia della discussione della tesi.

Ora, se si parte dal presupposto che sia necessario il numero programmato per corsi di laurea presi d’assalto che non sarebbero in grado di reggerne l’urto se non si discernesse per escludere e per ammettere, e che dunque sia necessaria una selezione, è evidente che si debba somministrare un test, invece di valutare la carriera scolastica pregressa.

Non perché quest’ultima opzione non sia in astratto valida, ché anzi sarebbe la migliore per  ridurre il margine di aleatorietà,  ma perché le valutazioni scolastiche e il voto di diploma, come è noto, sono regolate da criteri che variano in rapporto a molti fattori (neppure questa estate è stata risparmiata dall’annosa polemica).

Già, malgrado le evidenti sperequazioni, al diplomato a pieni voti sono attribuiti concreti vantaggi materiali, che, data la situazione, finiscono per essere iniqui, si vuole aggravare ulteriormente l’ingiustizia e incentivare per l’avvenire la generosità docimologica di taluni?

Il test ha il pregio dell’oggettività e della trasparenza, ma, è vero, ha anche difetti, e soprattutto limiti. La prima correzione non può che consistere nell’estromissione di quesiti “un po’ originali”. Si può perfezionare lo strumento, non abolirlo, ameno che non si contesti l'esigenza stessa della programmazione e della selezione in accesso .

Dati non ne ho, ma geni esclusi o asini ammessi non ne ho incontrati.

 

Non credo che abbia molto senso dibattere se queste forme di istruzione possano sostituire o meno l'insegnamento tradizionale. Un po' come la questione se gli Ipad sostituiranno e faranno sparire i libri di carta... Roba buona per riempire soddisfare la voglia di gossip delle redazioni in estate, ma se il modello superfisso non esiste, allora non esiste neanche qui. Una cosa non sostituisce necessariamente l'altra.

Ma ad essere fisso nella vita di una persona è il tempo, una giornata ha sempre ventiquattr'ore, e allora la considerazione è un'altra: la scuola (italiana, il resto non lo conosco) divora tempo. le sue inefficienze strutturali fanno sì che non occupi solo il tempo che dovrebbe esserle dedicato, ovvero le mattine, ma abbia invaso tutta la giornata di un ragazzino (compiti, compiti e compiti). Ho la sensazione (parlo a naso, non ho dati e non so se ne esistano) che la scuola rubi molto più tempo di quanto non offra in cambio in termini di strumenti utili alla vita, e soprattutto questo furto di tempo sottragga spazio alle alternative, alla voglia di seguire da soli percorsi stimolanti, on line o meno.

Ho assistito con impotenza alla perdita progressiva di interesse da parte di mio figlio verso tutte quelle cose che fino alle elementari lo incuriosivano attivamente (animali, scienza...). Quando si passa metà pomeriggio a cantilenare italiano e matematica rimane poca voglia per andare oltre la tv o la playstation...

Quindi forse il probleme non è se gli strumenti di cui stiamo parlando siano o meno strumenti validi. possono essere delle ottime integrazioni, credo, così come molte altre cose. A condizione che venga lasciato il tempo di fruttare e godere di queste opportunità.

Io comincerei uno sciopero dei compiti...

Io sono molto scettico sul fatto che la conoscenza possa diventare una sorta di servizio on-demand.

Penso che un fattore fondamentale per l'apprendimento sia il rapporto dialettico tra i vari attori (che purtroppo non sempre c'e', nemmeno nella formazione tradizionale).

Altrimenti potremmo chiudere i nostri atenei e aprire ottimi corsi on-line (in effetti in Italia questa e' la tendenza).

Penso comunque che l'intento di Bill (il quale peraltro mi sta un po' sui coglioni - per altri motivi) sia apprezzabile: voleva solo segnalare una "best practice".

Anche io, che insegno, sono interessato a vedere come lavora qualcun'altro (magari bravo): e' dal confronto che si migliora.

Ciao,

c.

PS: Con firefox non mi riesce di vedere i video. Voi vedete tutto?

Sì, vedo tutto usando firefox. Probabilmente devi aggiornare o installare qualche plug-in.

Una premessa, gli articoli di Boldrin sulla scuola pubblicati sul Fatto sono online da qualche parte? (sul sito del quotidiano non mi pare)

In quanto al reclutamento diretto degli insegnanti da parte delle scuole, un'idea che gira spesso, qualcuno ha mai pensato alla fattibilità tecnica? 

Mi vengono in mente due cose: una ipotetica cooperativa che gestisce una scuola secondo il modello dell'articolo cerca un docente di ...(inserire la materia). Si presentano cinquecento persone. Come si fa? Chi controlla l'effettivo possesso dei requisiti, conduce le interviste e/o corregge le prove scritte...

La cooperativa in questione viene pagata da vouchers dei genitori, ma dal momento che sono erogati dallo stato, ci sarà qualche controllo... che succede se la scuola istituisce una cattedra e la Corte dei Conti o chi altro decide che la cattedra non andava istituita e apre una procedura per danno erariale?

 

Mi vengono in mente due cose: una ipotetica cooperativa che gestisce una scuola secondo il modello dell'articolo cerca un docente di ...(inserire la materia). Si presentano cinquecento persone. Come si fa? Chi controlla l'effettivo possesso dei requisiti, conduce le interviste e/o corregge le prove scritte...

 

Senza alcun intento polemico, ma qualsiasi media industria, o anche piccola o micro, ha esattamente lo stesso problema.

Quando ho avuto bisogno di personale per la mia ditta ho incaricato alcune agenzie e chiesto a confindustria (che fornisce un servizio analogo) di effettuare le selezioni preliminari. Cosa c'è di così diverso in una scuola? Ricordo di aver letto proprio qui su nfa quest'estate qualcuno spiegare come la scuola di suo figlio in Canada facesse esattamente quello, senza alcun problema.

Ah, da me non si sono presentati in 500. Purtroppo.

Queste domande sono apparentemente sensate. Dico "apparentemente" perché derivano da un modo di pensare che pone il "controllo" ex-ante come metodo di verifica, con tutti i problemi di modalità e di interpretazione che ne conseguono - sino all'invitabile tema del "chi controlla i controllori?" - e con l'ovvio insorgere di sospetti a riguardo di legittimità e correttezza.

Se, invece, si parte dal punto di vista che le scuole competano tra loro, ogni questione di "giustizia ed equità" svanisce: ciascun attore nel mercato farà il possibile per conquistarsi clientela, e sarà valutato sulla base dei risultati che otterrà. Per garantire - questo sì - la credibilità oggi assente - come ben si sa guardando alla media dei voti finali paragonata alle classifiche internazionali (PISA) - sarà sufficiente concentrare l'attenzione sull'uniformità di valutazione negli esami finali.

 

Senza alcun intento polemico, ma qualsiasi media industria, o anche piccola o micro, ha esattamente lo stesso problema.

 

già, ma le industrie hanno uffici del personale, le scuole no. Poi, stimare il fabbisogno: ti basi sulle preiscrizioni o sulle iscrizioni reali? Durante l'anno non lo puoi fare perché dovrai creare una commissione per vagliare i candidati e toglierne i membri dalla didattica, poi se le iscrizioni reali non coprono la classe appena istituita che fai, dici al candidato "oops, sorry"? 

se fossimo in un paese normale, da qualche decennio avremmo le SSIS a numero programmato, una lista nazionale degli abilitati per ogni classe di concorso, il preside pubblica un avviso sul sito del ministero, chi vuole risponde e si presenta per una valutazione...ma in quel caso si tratterebbe di gestire dieci o quindici persone tutte con un livello minimo di competenze certificate 

 

 

già, ma le industrie hanno uffici del personale, le scuole no. Poi, stimare il fabbisogno: ti basi sulle preiscrizioni o sulle iscrizioni reali? Durante l'anno non lo puoi fare perché dovrai creare una commissione per vagliare i candidati e toglierne i membri dalla didattica, poi se le iscrizioni reali non coprono la classe appena istituita che fai, dici al candidato "oops, sorry"?

 

Sono tutti problemi risolvibili, e altrove risolti con risultati PISA migliori dell'Italia. Basta volerlo. Il problema e' che la presenza di uno Stato invadente e quasi monopolista in alcuni settori atrofizza volonta' e capacita' di ragionare.

 

già, ma le industrie hanno uffici del personale, le scuole no.

 

Ho specificato apposta aziende medie, piccole o micro.

Ti pare che un'azienda con 5-10-50 dipendenti possa pagarsi un professionista per seguire il personale? Lo fa il boss, il paròn, o come vuoi chiamarlo. Allo stesso modo può farlo il preside. O no?

E non capisco di quali commissioni parli. Hai mai sentito un'azienda convocare commissioni per assumere il capo ufficio acquisti, o un venditore?

Le innovazioni italiane invece lasciano molto a desiderare e destano preoccupazione.