Un giorno Vivaldi ...

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Ci ascoltiamo un po' di musica come dentro una favola?

Un giorno Vivaldi ricevette dal Conte Venceslao di Marzin l'incaricodi comporre un'opera in suo onore e, non sapendo bene da dove cominciare, - probabilmente il Conte di per sé non era gran fonte d’ispirazione – prese a girovagare per la campagna mantovana, annotando su un taccuino le sensazioni che la natura gli suggeriva.

Da bravo poeta ascoltò il gorgogliare dei ruscelli, l’erba piegarsi sotto i suoi passi, la brina tintinnare di foglia in foglia, gli uccelli cinguettare il passaggio repentino dal sole ad un inatteso temporale … e rientrato a casa quella sera e le successive, tradusse le sue annotazioni in versi – , proprio in versi – componendo quattro splendidi sonetti, ognuno intitolato ad una stagione dell’anno e della vita.

Da lì, poi, decise di coniugare ai versi le note di uno spartito che dessero potenza musicale alle sue parole, riproducendo il più fedelmente possibile i rumori della natura che le avevano ispirate, fino a realizzare una composizione a specchio che, scandendo il ritmo delle stagioni, abbracciasse in una grande metafora “naturalistica” il valore ed il senso del fluire del tempo nella vita dell’uomo.

I sonetti, ognuno dedicato ad una stagione/tappa della vita (primavera/infanzia-giovinezza, estate/giovinezza-maturità, autunno/maturità, inverno/vecchiaia), partivano dunque con "la primavera" per chiudersi con "l'inverno".

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Il primo movimento del primo dei quattro concerti, La Primavera, si apre con un brioso "Allegro" che altro non è che la trasposizione/interpretazione dell'autore dei versi del seguente sonetto:

Giunt'è la primavera e festosetti
la salutan gli augei con lieto canto
e i fonti allo spirar de' zeffiretti
con dolce mormorio scorrono intanto.

Vengon coprendo l'aer di nero ammanto
e lampi e tuoni ad annunziarla eletti;
indi, tacendo questi, gli augelletti
intonan di nuovo al lor canoro incanto.

E quindi sul fiorito ameno prato
al caro mormorio di fronde e piante
dorme 'l caprar col fido cane a lato

di pastoral zampogna al suon festante
danzan ninfe e pastor nel tetto amato
di primavera all'apparir brillante


Come potrete notare, le ultime due terzine descrivono un'ambientazione "georgica”: la prima narra del riposo del pastore, e verrà tradotta in musica da Vivaldi in un movimento "Largo" e meditativo; mentre l'ultima terzina richiama alle gioie delle comunità agresti, che si risvegliano al piacere del canto e della danza al suono della zampogna nei dì festosi del lieto tempo primaverile, e verranno dunque tradotti da Vivaldi in un "Allegro" festoso.

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L’estate si apre invece, con un “Allegro non troppo” che andrà a descrivere la maturità delle gioie assaporate in primavera, adesso consapevoli e seducentemente abbandonate agli agguati delle improvvise piogge, che squarciano il sereno nei giorni di piena calura estiva:

Sotto dura stagion dal sole accesa
langue l'uom, langue il gregge ed arde il pino,
scioglie il cucco la voce, e tosto intesa
canta la tortorella e 'l gardellino.

Zeffiro dolce spira, ma contesa
muove Borea improvvisa al suo vicino;
e piange il pastorel perché sospesa
teme fiera borasca e 'l suo destino

Toglie alle membra lasse il suo riposo
il timore de' lampi e tuoni fieri
e di mosche e mosconi il stuol furioso

Oh, che purtroppo i suoi timor son veri:
tuona e fulmina il ciel e grandinoso
tronca il capo alle spiche e a' grani alteri


e prosegue con un “Adagio” che è preludio d’attesa e timore per la tempesta che arriverà, puntualmente descritta, con un “Presto”, che musica passionalmente il ribellarsi della natura a se stessa, veemente e carica di energia vitale quanto distruttiva.

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L'Autunno è invece il tempo della vendemmia, della raccolta dei frutti maturi e della caccia, e si apre dunque con un “Allegro” che celebra le gioie di Bacco e dei piaceri morbidi del suo prezioso succo, fino a chiudersi il un “Adagio molto” che culla il sonno dei sensi ora edonisticamente appagati:

Celebra il villanel con balli e canti
del felice raccolto il bel piacere,
e del liquor di Bacco accesi tanti
finiscono col sonno il lor godere

Fa ch'ognuno tralasci e balli e canti
l'aria che temperata dà piacere
e la stagion che invita tanti e tanti
d'un dolcissimo sonno al bel godere

I cacciator alla nov'alba a caccia
con corni, schioppi e cani escono fuore;
fugge la belva e seguono la traccia.

Già sbigottita e lassa al gran rumore
de' schioppi e cani, ferita minaccia
languida di fuggir, ma oppressa muore


Il concerto si chiude con un “Allegro” che simboleggia il risveglio all’albeggiare della comunità che parte per la nuova giornata di caccia, mentre la vita riprende i suoi incalzanti ritmi, doveri ed incombenze.

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L’ultimo concerto – il mio preferito –L'Inverno, incede con un incalzante e struggente “Allegro”, che riproduce l’avanzare del gelo al trotto di una carrozza carica di fiocchi di neve che, avvolgendo di bianco tutti i colori delle stagioni passate, approderà al rassicurante abbraccio di un camino acceso, tradotto nel crepitare della legna in un “Largo” malinconico ma consapevole delle tante gioie che il gelo ancora saprà donare con i suoi bagliori di luce, nell’ “Allegro” turbinare dei suoi tanti venti …

Agghiacciato tremar tra nevi algenti
al severo spirar d'orrido vento
correr battendo i piedi ogni momento
e per soverchio gel battere i denti

Passar al fuoco i dì quieti e contenti
mentre la pioggia fuor bagna ben cento
Camminar sopra il ghiaccio, e a passo lento
per timor di cader girsene intenti.

Gir forte, sdrucciolar, cader a terra,
di nuovo ir sopra 'l ghiaccio e correr forte
sin che il ghiaccio si rompe e si disserra;

sentir uscir dalle ferrate porte
Sirocco, Borea e tutti i venti in guerra;
questo è 'l verno, ma tal che gioia apporte

Giunge quindi la vecchiaia, la chiusura di un cerchio che Vivaldi ci fa percepire come infinito fluire della vita nel tempo, quasi a dire che non si giunge mai ad un’effettiva fine se si sanno cogliere in ogni istante del divenire le gioie dei momenti più teneri, come in un eterno ciclo mai in compimento secondo il naturale succedersi delle stagioni.

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**I sonetti musicati da Vivaldi furono dapprima attribuiti ad un autore Anonimo, successivamente a Vivaldi stesso.

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