Investire in azioni nel lungo periodo?

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... potrebbe ancora essere un'ottima idea!

La crisi e le fluttuazioni dei rendimenti del mercato azionario hanno indotto molti a chiedersi se sia ancora vero che l'investimento azionario è il migliore nel lungo periodo. Analizziamo i dati del mercato statunitense. La Figura 1 illustra il valore in termini reali (usando l'indice dei prezzi al consumo, Consumer Price Index, per deflazionare i dati nominali) di un dollaro investito nel mercato azionario US nel 1900 con reinvestimento dei dividendi percepiti. Il valore dell'investimento nell'indice Standard & Poor è salito progressivamente fino ad 800 volte il valore iniziale a fine millennio e ha poi fluttuato fino a raggiungere un livello pari a 500 volte il valore iniziale a fine 2008.

Un analisi più attenta dei dati rivela tuttavia che le diverse generazioni da inizio 900 ad oggi hanno sperimentato fluttuazioni rilevanti: la Figura 2 mostra che il rendimento realeannualizzato è stato molto eterogeneo tra una generazione e l'altra.

“Jolting” Joe di Maggio investendo la sua ricchezza in azioni nell’indice quando si ritirò dal baseball nel 1951 avrebbe raccolto sei volte il valore iniziale in termini reali vent’anni dopo (con un rendimento annuale medio del 8,9 per cento). Non sarebbe stato così fortunato George “Mr.Basketball”Mikan, che investendo il giorno della sua inclusione nella “basketball Hall of Fame” nel 1959 avrebbe accumulato solo 1,6 volte il valore iniziale vent'anni dopo (con un rendimento annuale medio del 1,8 per cento). La questione che interessa tutti è cosi succederà a Shaq, e a tutti noi, nei prossimi vent'anni.

È possibile capire cosa spiega le fluttuazioni dei rendimenti del mercato azionario su un orizzonte ventennale ?

Si consideri la figura 3, dove riportiamo i rendimenti ventennali con la variabile che chiamiamo MY (middle-to-young), cioè il rapporto tra la popolazione tra i 40 e i 49 anni (Middle) e quella tra i 20 ed i 29 anni (Young) negli Stati Uniti. Le fluttuazioni nei rendimenti mostrano una chiara correlazione con le fluttuazioni demografiche e le proiezioni per MY fino al 2050 (disponibili sul sito del Bureau of Census ), potrebbe indurre un certo ottimismo per l'investimento azionario del signor O'Neal.

Cosa spiega la (cor)relazione tra la demografia e le flutuazioni dei rendimenti azionari?

Geanakoplos, Magill and Quinzii (2004, GMQ) offrono un potenziale risposta a questa domanda considerando un modello a generazioni sovrapposte in cui la struttura demografica riflette l'andamento delle nascite negli US, che sono state caratterizzate da periodi ventennali alternati di crescita e contrazione. GMQ studiano l'equilibrio di un'economia di scambio ciclica in cui si alternano tre generazioni: gli agenti prendono a prestito quando sono giovani, investono nella loro mezza età e vivono dei proventi dei loro investimentti da vecchi. In questa economia il rapporto dividendo/prezzo, cioè il rendimento di lungo periodo nell’investimento azionario, è proporzionale a MY. Un livello alto di MY spinge in alto i prezzi azionari perchè prevalgono nell’economia i flussi di investimento nel mercato azionario. In un lavoro recente Favero, Gozluklu and Tamoni (2009, FGT)analizzano le implicazioni empiriche del modello GMQ identificando econometricamente un equilibrio di lungo periodo per il rapporto dividendi/prezzi coerente con gli andamenti delle variabili riportate nella Figura 3. FGT illustrano come la media che si evolve lentamente nel tempo a cui tende il rapporto diviidendi-prezzi sia determinata da MY assieme ad un trend che coglie lo sviluppo della tecnologia. A conseguenza di questo fatto i trend demografici risultano molto significativi per la previsione dei rendimenti azionari nel medio-lungo periodo. Gli stessi trend demografici portano ad indicare, come si evince dalla Figura 3, un rendimento annuale reale medio attorno all’8 per cento per il mercato azionario nei prossimi venti anni.

Prospettive interessanti dunque per Shaquille O’Neal, rese ancor più interessanti dalla crisi che ha molto migliorato le prospettive degli investitori da oggi in avanti. Divulghiamo i nostri risultati a rischio di affrontare Shaq arrabbiato: non una bella prospettiva, anche tra vent'anni!

Bibliografia

Favero C.A., A.Gozluklu and A.Tamoni (2009) ''Long-Run Factors and Fluctuations in the US Dividend-Price ratio.'' , mimeo, IGIER, Dept. of Finance, Bocconi University.

Geanakoplos, John, Magill, Michael and Martine Quinzii, 2004, Demography and the Long Run Behavior of the Stock Market, Brookings Papers on Economic Activities, 1: 241-325.

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Commenti

Ci sono 17 commenti

Una domanda forse stupida.

Poichè a comprare azioni a wall street arrivano da tutto il mondo, il vostro modello considera i flussi demografici solo degli USA o ha tenuto presente anche quelli del resto del mondo o, quanto meno, di quella parte di mondo con popolazione avente capacità di investimento ?

Insomma, l'investitore giapponese o cinese che decide di comprare azioni google è incluso nel modello o no ?

Altro che stupida, la domanda. Rispondera' Carlo, ma secondo me hai ragione, la scoperta di Wall Street da parte dell'investitore cinese negli ultimi 10 anni conta come i baby-boomers. Solo che i) almeno per ora non investono in azioni, ii) si svilupperanno altri mercati in concorrenza a Wall Street. 

Ma il tuo investitore non e' nel modello. Io penso che contera' in futuro piu' dei flussi demografici. Ma vado a naso. Carlo rispondera' piu' a puntino. 

Con tutto il rispetto dovuto al lavoro degli altri... credo che un tempo ci fossero in giro economisti che avrebbero giurato sull'esistenza di "chiare correlazioni" tra i cicli macroeconomici e il ciclo di Maunder delle macchie solari. Se definiamo a nostro piacimento una qualche variabile, demografica o di altro tipo poco importa, prima o poi riusciremo a trovarne una che grazie a un'accurata scelta di parametri interpola a meraviglia la curva che vogliamo.

Il XX secolo è stato il secolo americano, questo è il punto. Non so quanto valesse la variabile MY a Roma nel seculum aureum, ma sicuramente se fosse esistita la borsa nel II secolo DC sarebbe salita in modo spettacolare. Nel III secolo molto meno e nel 410 Alarico l'avrebbe saccheggiata insieme al resto.

Comunque almeno l'articolo smonta il luogo comune caro a quei simpatici marpioni di promotori finanziari secondo cui nel lungo periodo investire in borsa conviene sempre....

Comunque almeno l'articolo smonta il luogo comune caro a quei simpatici marpioni di promotori finanziari secondo cui nel lungo periodo investire in borsa conviene sempre....


Che i promotori finanziari siano marpioni probabilmente è vero; però sappiamo benissimo che lo sono per via di laute provvigioni offerte gentilmente dalle società in cui lavorano.

Comunque, tipicamente le azioni sono consigliate, giustamente, ai giovani con un orizzonte di investimento lungo (25 - 35 anni). Verso la fine del contratto (anzi a partire dalla metà) la quota di investimenti in titoli azionari tende a ridursi, per far spazio a prodotti più sicuri, facilmente liquidabili e di breve termine. Quindi se parliamo di luoghi comuni, anche quello che dici tu lo è. 

 

 

"Con tutto il rispetto dovuto al lavoro degli altri... credo che un tempo ci fossero in giro economisti che avrebbero giurato sull'esistenza di "chiare correlazioni" tra i cicli macroeconomici e il ciclo di Maunder delle macchie solari. "

Beh, William Herschel era un astronomo e non un economista, eppure osservó una correlazione significativa fra le macchie solari ed il prezzo del grano. 

 Comunque almeno l'articolo smonta il luogo comune caro a quei simpatici marpioni di promotori finanziari secondo cui nel lungo periodo investire in borsa conviene sempre....

Sara' ma io da quei grafici leggo il contrario. Guarda che il rendimento minimo lo realizza chi disinveste tutto nel moento peggiore del mercato (cosa che sarebbe idiota fare), e anche li' siamo attorno al 2% reale, che non e' poi tanto peggio di quanto realizzabile con reddito fisso. Mi piacerebbe sapere  il rendimento effettivo di una persona che investe in titoli a reddito fisso una percentuale pare ai suoi anni di eta' per esempio, e disinveste diciamo 5% l'anno dopo i 65 anni. 

credo che un tempo ci fossero in giro economisti che avrebbero giurato sull'esistenza di "chiare correlazioni" tra i cicli macroeconomici e il ciclo di Maunder delle macchie solari. Se definiamo a nostro piacimento una qualche variabile, demografica o di altro tipo poco importa, prima o poi riusciremo a trovarne una che grazie a un'accurata scelta di parametri interpola a meraviglia la curva che vogliamo.

si, ma non e' questo quello che fanno GMQ e FGT: un conto e' osservare una correlazione e usarla per fare previsioni, un altro razionalizzare una correlazione all'interno di una teoria (ciclo vitale/reddito permanente in questo caso) piuttosto solida.

le domande importanti sono quella sollevata da sabino (demografia degli investitori vs. demografia del paese dove si gestiscono gli scambi) e le due sollevate da sandro (prevedibilita' dei flussi demografici e alterazione della correlazione nel tempo), ma abbiamo falto molti progressi dai tempi delle macchie solari.

 

1) Anche se esiste una relazione stabile tra variabili demografiche e rendimenti azionari, questo aiuta a pervedere il futuro dei rendimenti azionari solo se sono affidabili le previsioni sugli andamenti demografici. Quindi la prima domanda è: quanto sono affidabili le stime sull'andamento della popolazione nei prossimi 40 anni? Ossia, esistono simili proiezioni fatte nel passato e di cui possiamo controllare l'attendibilità?

2) Il tipo di relazione tra variabili demografiche e rendimenti azionari ipotizzata passa, mi par di capire, per l'offerta e domanda di fondi lungo il ciclo vitale. L'ipotesi è che la relazione tra MY e i rendimenti sia stabile. Però nell'arco di tempo considerato la lunghezza media della vita è cambiata parecchio; un 45enne si aspetta oggi di vivere vari anni in più di quanto accadeva negli anni 50, con conseguente cambiamento nel comportamento di risparmio. Non è possibile che questo introduca variazioni strutturali nella relazione tra MY e i rendimenti azionari?

Bello! La baby-boom generation ha causato il crollo degli anni '70 e il boom anni '90.

Anche la spiegazione e' abbastanza intuitiva. Se c'e' risparmio netto (piu' quarantenni che risparmiano rispetto a ventenni che si indebitano) allora la borsa va su.

La parte triste e' che l'andamento in borsa viene spiegato solo con la supply di risparmio: se i pension funds si gonfiano gli stocks andranno su a prescindere dalla qualita' delle ditte quotate.

Pero' mi sembra un buon metodo per predirre le bolle, e dal grafico mi sembra appunto che si gonfino gradualmente come la crescita demografica, ma poi scoppiano molto piu' rapidamente.

 

 

 

Nulla di triste. La "qualita' delle ditte quotate" non  e' caratteristica immutabile, ma e' endogenamente definita rispetto alla domanda di risparmio. 

Ho capito qual'é la domanda e l'analisi, ma non ho capito qual'é la risposta.

A me sembra semplicemente che tutto dipende da quano entri ed esci e quanto lungo periodo l'investitore puo' permettersi; perché nel lungo periodo saremo tutti morti e di lasciare le azioni in sucessione non so se valga la pena....

nel 2089 saremo tutti morti, noi che scriviamo e leggiamo qui, ma tra vent'anni saremo tutti o quasi ancora in circolazione.

nel post si parla di orizzonti ventennali, dato che morire si deve morire: in questo caso non conta quando moriremo ma quando siamo nati.