Lo stato reale delle nostre finanze pubbliche

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L'ultimo documento ufficiale di finanza pubblica (la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2011) disegna il cammino verso il pareggio di bilancio, composto per la maggior parte da una correzione dell'indebitamento netto pari a 25,4 miliardi di euro nel 2012 ed ulteriori 26 miliardi nel 2013. Tale percorso (che in ogni caso porterà il debito pubblico ad una soglia non inferiore al 116% del Pil) si basa su precise ipotesi relative al costo medio del debito e al tasso di crescita del Pil reale (assumendo che il target di inflazione sia rispettato). Tuttavia, Bankitalia e Fondo Monetario Internazionale hanno pubblicato stime molto diverse sull'andamento di queste due variabili macroeconomiche. Rifacendo i conti di sostenibilità delle finanze pubbliche utilizzando queste nuove stime, otteniamo sorprese estremamente sgradevoli: la correzione necessaria per conseguire il pareggio di bilancio è in realtà già oggi di gran lunga superiore.

Dai primi giorni di agosto i rendimenti dei nostri titoli di Stato hanno subito una rapida impennata, dapprima sul mercato secondario e poi nelle aste che il Ministero del Tesoro periodicamente opera sia per rinnovare il debito in scadenza (il roll-over) sia per finanziare il fabbisogno corrente. La differenza di rendimento tra i nostri titoli e quelli tedeschi (il cosiddetto “spread”) ha così invaso i salotti degli italiani e riempito le prime pagine dei quotidiani negli ultimi tre mesi. L’opinione pubblica è stata impegnata in una discussione sulle colpe e le responsabilità: si va dalle spiegazioni più affrettate e meno convincenti  - come “la speculazione internazionale” - a quella che probabilmente è più plausibile: la crescente avversione al rischio sui mercati finanziari,  provati da quattro anni di tensioni, ha preso coscienza della rischiosità del sentiero di sostenibilità delle nostre finanze pubbliche, e pertanto ha cominciato a richiedere un “premio al rischio” più elevato per la sottoscrizione dei nostri titoli di Stato. E’ opinione diffusa che la debolezza politica del Governo, l’incapacità di incidere realmente sulla situazione economica, e un diffuso crollo della credibilità complessiva del Paese sullo scenario internazionale abbiano contribuito in misura non trascurabile al peggioramento della situazione.

L’attenzione mediatica si è concentrata sugli spread, e quindi sugli effetti dell’andamento delle ultime aste sul costo medio del debito. In realtà, pur essendo lo spread un importante segnale della fiducia dei mercati verso il paese, la composizione per maturità del debito italiano è tale per cui i recenti aumenti dei tassi di interesse hanno un impatto relativamente limitato nel breve periodo, come ha ben spiegato Aldo lanfranconi su questo sito. Lanfranconi ha inoltre giustamente attirato l'attenzione sull'importanza di considerare anche altre variabili, oltre ai tassi di interesse, nel valutare la sostenibilità del debito. In particolare, un ruolo importante è giocato dal tasso di crescita reale dell'economia. Qui la domanda importante è: come viene influenzato il tasso di crescita non solo dalla quantità, ma dalla qualità dell’aggiustamento fiscale in atto? In altre parole, cosa succede al cammino italiano verso il pareggio di bilancio se la crescita non è quella ipotizzata dal governo?

Analizzando l’ultimo documento di finanza pubblica disponibile (la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2011), e integrandolo con le più recenti evoluzioni del quadro macroeconomico, possiamo provare a fornire una risposta indicativa.
Il governo dichiara che le manovre estive (il dl.98 di luglio e il dl.138 di agosto) porteranno al conseguimento dell’obiettivo di pareggio di bilancio nel 2013, attraverso i seguenti passi:

  • Una correzione “in corso d’opera” di 2,84 miliardi di euro nel corso del 2011.
  • Due correzioni più sostanziali, pari a 25,4 miliardi nel 2012 e di successivi 26 miliardi nel 2013.

È importante sottolineare che l’obiettivo di deficit zero nel 2013 verrebbe comunque accompagnato da un rapporto debito/PIL ancora notevolmente elevato (116.4%).
Ammettiamo che la correzione 2011, che rappresenta poco meno di due decimali di Pil,  vada a buon fine. La maggior parte del rispetto dell’obiettivo di pareggio di bilancio risiede nelle due consistenti manovre del 2012 e del 2013, pari a un punto e mezzo di Pil ciascuna. Ma qual è lo scenario macroeconomico sotto il quale queste manovre – se fossero effettivamente realizzate – raggiungerebbero gli obiettivi di finanza pubblica?

Come si sa, le tre variabili fondamentali per giudicare l’efficacia di un percorso di risanamento delle finanze pubbliche sono il tasso di inflazione, il costo medio del debito e il tasso di crescita del Pil nominale. Ipotizziamo che la dinamica dell’inflazione prevista dal governo (1.9% nel 2012 e 1.8% nel 2013) sia rispettata. L’articolo di Lanfranconi fornisce ottime rassicurazioni sulla tenuta del costo medio del debito da qui al 2014, nonostante il forte rialzo dei rendimenti dei titoli in offerta nelle aste dei titoli di Stato degli ultimi mesi. Prendiamo quindi per buona la stima del governo, che ipotizza un tasso di interesse medio sul debito pari al 4.44% del Pil nel 2012 e al 4.73% nel 2013 (otteniamo questo dato dividendo l’incidenza del servizio sul debito sul reddito nazionale per il rapporto debito/Pil, per ciascuno dei due anni). La variabile fondamentale per valutare l’efficacia del percorso di risanamento della finanza pubblica italiana diventa, quindi, il tasso di crescita del Pil reale.

Per quanto riguarda il 2012, il governo ipotizza una crescita reale pari allo 0.6%.  Sotto queste condizioni, la realizzazione di un surplus primario pari al 3.7% del Pil -  attraverso l’aggiustamento di 25,4 miliardi - dovrebbe consentire il raggiungimento del primo passo verso il pareggio di bilancio: la riduzione dell’indebitamento netto dal 3.9% del 2011 all’1.6% del 2012. In realtà, se utilizziamo l’aritmetica del debito pubblico, scopriamo che per raggiungere quest’obiettivo non è necessario un surplus primario del 3.7, ma “solo” del 3.3. Come mai allora il governo prevede una correzione superiore di circa 6,5 miliardi a quanto sarebbe necessario per raggiungere l’obiettivo dichiarato? L’unica spiegazione possibile è che la stima di crescita del Pil reale sia ritenuta eccessiva dallo stesso governo, probabilmente conscio degli effetti recessivi dell’aggiustamento sul saldo primario. Tutti gli osservatori internazionali, infatti, collocano le stime di crescita dell’economia italiana per il 2012 tra lo 0.2% (dati: Fitch) e lo 0.3% (dati: Fondo Monetario Internazionale). E in effetti, rifacendo i conti, si scopre che il surplus primario del 3,7% è esattamente quello che sarebbe necessario qualora la crescita del Pil reale si collochi allo 0.2% (invece dello 0.6% annunciato nelle stime ufficiali). Sembra quindi che il governo sappia che la già asfittica crescita del Paese sarà ulteriormente influenzata al ribasso dalla contrazione della domanda aggregata dovuta al primo step del cammino verso il pareggio di bilancio; quindi, ipotizza una manovra che già internalizza quest’effetto recessivo, senza avere tuttavia la trasparenza di ammetterlo nelle stime ufficiali.

L’apparente eccessiva prudenza del 2012 si trasforma, nel 2013, in conti che non tornano più. Prendendo per buono il fatto che l’economia italiana passi da un tasso di crescita dello 0.2% nel 2012 allo 0.8% del 2013, il saldo primario che serve per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica (pareggio di bilancio e debito pari al 116.5% del Pil) non è il 5,4% annunciato dal governo nella Nota di Aggiornamento, bensì il 5.6% (quindi superiore di 3,3 miliardi). Se poi ipotizziamo che la crescita reale sia la stessa del 2012, il surplus necessario è del 6,33%, pari a circa 15,5 miliardi in più di quanto previsto. Volendo ipotizzare una crescita reale dello 0.4%, significa comunque che la correzione del 2013 è inferiore di 11,5 miliardi a quanto in realtà è necessario per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.

In conclusione, il cammino verso il pareggio di bilancio è composto di due tappe principali: la manovra 2012 (un miglioramento del saldo primario di 25,4 miliardi) e quella 2013 (ulteriori 26). Il primo passo ci rivela una verità imbarazzante: il governo è conscio degli effetti recessivi della tipologia di aggiustamento fiscale scelta (basata per la maggior parte su maggiori entrate), ma non ha il coraggio di ammetterlo nei documenti ufficiali. Probabilmente perché non è disposto ad avere a che fare con le conseguenze di ammettere una crescita reale nel 2012 prossima allo zero. Nel 2013, anche se l’ipotesi ottimistica del governo dovesse verificarsi (crescita reale dello 0,8%), la correzione ipotizzata è comunque inferiore di più di 3 miliardi a quella necessaria. In presenza di ipotesi più realistiche, in ogni caso nel 2013 serviranno dagli 11,5 ai 15,5 miliardi di euro in più di quelli annunciati dal governo. Se poi ricordiamo che quasi il 40% della correzione complessiva prevista dal governo nel biennio 2012-2013 (20 miliardi su 51.4) si basa sulla “riforma del sistema fiscale ed assistenziale” – i cui caratteri sono ancora completamente oscuri – possiamo comprendere come le prospettive della nostra finanza pubblica siano più serie di quanto appaiono. E possiamo capire meglio i motivi per cui i mercati non siano più disponibili a finanziare il nostro debito pubblico. Rendono, infine, non ulteriormente rinviabile il momento dell’agire, concretamente e in fretta. Prima che sia troppo tardi.

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Commenti

Ci sono 36 commenti

Ricordando, come dice Aldo Lanfranconi, che  "il default avviene non perchè l'interesse delle emissioni raggiunge un dato livello ma perchè nessuno le sottoscrive", segnalo il titolo della call di RGE che si svolgerà più tardi:

"RGE Client Conference Call:

Italy Now at Risk of Debt Restructuring  

On Thursday, November 10, at 9:30 a.m. EST / 2:30 p.m. GMT, join Nouriel Roubini and the RGE Market Strategy and Economic Research teams for a conference call to review the urgent state of Italian debt and the asset class implications. Topics of discussion will include the following:

  • Italy is too big to fail and too big to save.
  • Even a credible new government will not be able to reverse the spread blow-up; Italy is beyond the tipping point.
  • A levered European Financial Stability Facility and special purpose vehicle are two turkeys that will not fly.
  • The ECB doesn’t want to be the lender of last resort (and legally cannot be, based on the Maastricht treaty); thus coercive debt restructuring may soon become unavoidable.

A future exit from the eurozone cannot be ruled out."

 

 

"RGE Client Conference Call:

Italy Now at Risk of Debt Restructuring 

 

RGE e Roubini sono ovviamente liberi di fare le analisi che preferiscono, ma i mercati in questo momento la vedono in modo alquanto diverso.  Il rischio di insolvenza o ristrutturazione esiste, soprattutto nel breve termine (un anno o due), ma non è poi così alto.  Se non ricordo male RGE e Roubini sono un po' dei permabear che hanno azzeccato la crisi finanziaria del 2008, ma le loro previsioni sul dopo sono andate fuori strada.

 

dopo il grande lavoro di aldo lanfranconi, questo nuovo intervento riconduce alla causa scatenante della crisi del nostro debito sovrano.

non la speculazione, altro nome del mercato, non i complotti o le guerre "con altri mezzi", non l'dea assurda ( ripresa da m.mucchetti proprio stamanttina sul corriere) che lo stato si sia inguaiato per salvare le banche, quindi colpa dei banchieri. e nemmeno le dimensioni del debito, la cui paternità politica si può palleggiare e spostare sempre più in la, ma che incombe da sempre.

è stata la manovra di aggiustamento di fine luglio, dai contenuti del tutto vuoti e rinviati cmq nel tempo, a dare l'inizio alle danze. siccome poi è stata modificata di corsa un paio di volte,nessuno se la ricorda più con precisione. il governo stesso l'aveva proposta con noncuranza, sperando forse che nessuno l'analizzasse. era in realtà poco più che "parola di re" e veniva da uno dei gioverni meno credibili dell'occidente! non poteva andare a finir bene.

 

la manovra d'aggiustamento di luglio s'era resa necessaria perchè i btp erano già in fibrillazione, ma concordo che quella, associata al balletto a cavallo tra agosto e settembre, siano fondamentali per spiegare la situazione attuale.

Del resto anche le fibrillazioni pre manovra erano dovute a mancanza di reazione efficace del governo alle tensioni innescate dall'ennesima ricaduta greca. I mercati chiedevano crescita e il governo parlava di moschee a milano e leggi ad personam.

Quanto alla crescita, argomento del post, mi ripeto. Visti i dati che continuano ad uscire , buon ultima la produzione industriale, non credo proprio che ci sarà un segno + avanti al numeretto. 

concordo; fossero tre miliardi -0,1% o -,28% non cambia molto sono numeri nell'ordine delle approssimazioni: il pareggio sostanziale ci sarebbe

preoccupa l'efficacia e la capacità di implementazione della correzione prevista: se queste venissero meno altro che 3 miliardi.

la correzione ipotizzata è comunque inferiore di più di 3 miliardi a quella necessaria. In presenza di ipotesi più realistiche, in ogni caso nel 2013 serviranno dagli 11,5 ai 15,5 miliardi di euro in più di quelli annunciati dal governo. Se poi ricordiamo che quasi il 40% della correzione complessiva prevista dal governo nel biennio 2012-2013 (20 miliardi su 51.4) si basa sulla “riforma del sistema fiscale ed assistenziale” – i cui caratteri sono ancora completamente oscuri

secondo l'UE nel 2013 di miliardi ne mancheranno ben 20 (deficit -1,2%)

 

 

Conti pubblici: Ue, a politiche invariate niente pareggio 2013, deficit 1,2%

Bruxelles, 10 nov - A politiche invariate, l'Italia non raggiungera' il pareggio di bilancio nel 2013. E' quanto si ricava dalle nuove stime della Commissione Ue che prevede per quest'anno un deficit/pil al 4%, nel 2012 al 2,3%, nel 2013 all'1,2%. Le previsioni-obiettivo del governo indicano invece rispettivamente 3,9%, 1,5% e 0,1%. Le stime si fondano sulla "piena attuazione" della clausola di salvaguardia sulle entrate previste dal 'pacchetto' dell'estate. Aps-y- 10-11-11 10:30:06 (0123)news,TV,PA 3

 

si,se fosse davvero cosi',cioè un deficit all'1,2 nel 2013,non credo sarebbe un dramma...sarebbe comunque un buon risultato visti i problemi di crescita,la questione tassi e comunque un debito/PIL che si arresta e anzi cala anche se poco rispetto al picco del 2011.Teniamo conto che saremmo comunque il paese col miglior saldo primario di gran lunga e che per Spagna,Francia comunque viene prevista una crescita del debito/PIL tra il 2011 e il 2013,perfino la "virtuosa" Germania,comuque,viene data con un deficit allo 0,7 nel 2013,deficit strutturale uguale a quello dell'Italia a 0,4,con un debito/PIL che cala solo di 2 punti tra il 2011 e il 2013,con PIL che cresce dello 0,8 nel 2012 e del 1,5 nel 2013,aiutato dalla crescita dei consumi pubblici e privati pari a circa 1% ciascuno ogni anno e degli investimenti,ma sorpresa sorpresa,il contributo alla crescita del PIL derivante dalle esportazioni nette sarebbe  negativo nel 2012 e 2013

ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2011/pdf/ee-2011-6_en.pdf

Mah... il rapporto della Commissione prevede anche inflazione nell'Eurozona di 1.7 (2012) e 1.6 (2013), proprio per gli effetti recessivi delle manovre di austerità.  Quanto è realistico questo scenario?  La BCE avrebbe ampi spazi di manovra per espandere la moneta e compensare la stretta di bilancio, almeno nell'ambito complessivo dell'Eurozona.  Resterebbero gli effetti distorsivi della maggiore imposizione fiscale, e il problema della distribuzione.  Ma ora persino la Francia lavora sul risanamento dei conti, e gli altri stati "core" potrebbero accordarsi per fare altrettanto, consapevoli di evitare così le pressioni inflazionistiche interne e di allontanare la prospettiva di un bailout.

Ovviamente se avvenisse una riduzione dell'offerta (p.es. un rincaro delle materie prime), quanto scritto sopra diverrebbe irrilevante, perché la BCE non potrebbe permettere un aumento di domanda aggregata senza violare il suo mandato.  Allora l'Italia sarebbe in grave difficoltà, e sarebbe costretta ad accelerare il risanamento.

 

ma a sto punto,non potremmo fare azione di lobbying nei prossimi giorni,candidare Boldrin a ministro dell'economia :D?Si parte con un tam tam sul facebook e sulla rete su ogni blog,sito possibile...la rete quando parte se parte decisa,in pochi giorni espande esponenzialmente le cose.Spingiamo Monti a nominare Boldrin ministero dell'economia o anche solo ministro dello sviluppo econonomico che forse è quello piu' competente per proporre riforme economiche.Oggi giravano i nomi di Saccomanni,Bini Smaghi....

Spingiamo Monti a nominare Boldrin ministero dell'economia o anche solo ministro dello sviluppo econonomico che forse è quello piu' competente per proporre riforme economiche

A me piacerebbe vedere Roubini, se non all'economia, almeno viceministro con la delega al bilancio, ci sarebbe da divertirsi :)

http://video.corriere.it/i-politici-spread-rating/7fc15f58-0ba5-11e1-a5e8-cd9b2a0894cc

Tutte interviste uniformemente agghiaccianti (e alcune, come nel caso della senatrice De Feo, che segnalano una maleducazione veramente incredibile), ma in tutto questo orrore segnalo l'on. Paola Concia che, oltre a non sapere nulla di economia, scambia ''deficit'' per una parola inglese. Viene invece dal latino, come il suo opposto, e assai meno comune in Italia, ''superavit''. Guardare in fondo a questa pagina, dalla quale ho anche appreso dell'esistenza del curioso termine ''bruxismo'' (è meraviglioso: "digrignamento ritmico e spasmodico dei denti durante il sonno"; you can't make this stuff up).  Devo ricordarmene nel caso mi venga voglia di fondare una corrente politico-ideologica :-)

 

Fini dichiara senza Berlusconi niente governo Monti. 

Santoro legge un'agenzia: B. dichiara senza Bossi niente governo Monti.

Bossi ha già detto che starà all'opposizione.

governo Monti impallinato sul nascere?

Scusate la domanda ignorante, ma se per due anni (2011 2012) continuiamo ad avere un deficit e la crescita cumulata del pil rimane sotto l'1% o comunque non supera il deficit, come fa il debito a scendere a 116,5% ?

 

ti faccio un esempio:

poniamo il PIL del 2011 pari a 100,il debito/PIL pari a 120.Mettiamo ora che il PIL nel 2012 cresca dello 0,6 con deflatore del PIL all'1,9 quindi con crescita del PIL nominale del 2,5,con un deficit all'1,6%.

si avrà che:il PIL del 2012 sarà pari a 102,5...il deficit/PIL pari a 1,64,il debito passa a 121,64,il debito/PIL diventa 118,67 dal 120 del 2011.Bisogna tener conto del PIL nominale,quando di vuole calcolare il debito/PIL.Infatti,il debito nell'esempio cresce dell'1,36 tra il 2011 e il 2012,il PIL nominale cresce del 2,5,per cui crescendo il PIL nominale piu' del debito,il debito/PIL scende

Lei dice : poichè la situazione è questa, i mercati sono diffidenti e bisogna agire in fretta.

Non sarebbe meglio dire : poichè la situazione è questa, bisognerebbe prima di tutto agire diversamente, e cioè fare una manovra che non abbia effetti immediati così rilevanti sulla domanda aggregata ?

P.s.  A proposito, si tratta di Franklin Delano, non di Theodor.

Saluti

In secondo luogo, c'è l'interrogativo sollevato dal Financial Times sul rischio che l'aumento dello spread possa innescare un incremento dei depositi di garanzia. È una questione che considero parte di un problema più ampio, che chiamo il problema "Sheleifer-Vishny", dallo studio realizzato dagli economisti Andrei Shleifer e Robert Vishny sui limiti dell'arbitraggio. La loro tesi era che un calo del prezzo di alcuni beni, anche se teoricamente dovrebbe offrire un'opportunità di acquisto in assenza di variazioni dei fondamentali, può trasformarsi in una spirale al ribasso se quel bene è acquistato da una categoria ristretta di investitori indebitati. Perché? Perché le perdite di capitale subite da quegli investitori possono costringerli a tirarsi indietro, invece di accumulare. È quello che sta succedendo in questo caso. La maggior parte del debito pubblico italiano probabilmente è nelle mani di operatori nazionali, che non si lasciano impressionare, ma ai margini ci sono istituti di credito che in caso di aumento dei rendimenti dei Btp potrebbero essere costretti a comprarne di meno, perché quei maggiori rendimenti ridurrebbero il valore dei titoli già in loro possesso. Insomma, nel futuro immediato rischia di saltare il banco. Una ragione di più perché la Bce si decida a entrare in campo e tagliare la miccia. Pronto, Mario? I prossimi giorni potrebbero essere parecchio interessanti. di Paul Krugman 

Secondo me e' un post troppo alarmista e comunque gia sorpassato.

E' una questione molto tecnica.

I buoni del tesoro italiani si possono comprare sia in contanti (cash), che con soldi presi in prestito (on margin) depositando gli stessi bonds presso il prestatore (il cosidetto deposito in garanzia).   Il 9 Novembre la London Clearing House (LCH  Clearnet SA) ha reso piu difficile quest'ultima operazione. Chiedono che si metta lo 11.6% in contanti e ti prestano il resto (il 88.4%); l'undici per cento sembra poco ma e' un grosso aumento rispetto al precedente 6.65%. La ragione dell'aumento e proprio il fatto che il prezzo e' calato recentemente. L'aumento e' per tutti coloro che possedono buoni "on margin", che ricevono un "margin call" cioe la richiesta di depositare una somma aggiuntiva in contanti o di vendere.

Quale e' la preoccupazione di Krugman (e anche di altri, devo dire)? E' che questo rende la vita piu difficile ad operatori che hanno comprato titoli di stato italiani per motivi speculativi. La "speculazione buona", quelli che credono che i titoli siano affidabili e li comprano sperando di guadagnarci su (hedge funds etc.), potrebbero comprarne di meno, o addirittura essere costretti a venderli. Al limite questo potrebbe causare altre vendite e creare un patatrac (quello che Krugman chiama la "spirale al ribasso").

In realta, l'aumento che Krugman temeva si E GIA VERIFICATO 3 GIORNI FA, e i titoli non sono crollati, anzi sono risaliti un po'. Consiglierei a Krugman di fare il professore universitario e di lasciare il trading ad altri.

L'articolo di Shleifer & Vishny del 1997 dice che puo essere difficile stabilizzare i prezzi di un asset quando gli operatori che cercano di farlo operano can capitali presi in prestito. Ma e' un articolo teorico generale, senza rapporto diretto can la situazione odierna italiana. Krugman lo cita per far vedere quanto la sa lunga.

(A proposito di trading, o visto che Soros ha detto al giornale Die Welt oggi che possiede "alcuni" buoni italiani. E questo per me e' un segnale positivo).