Non solo (e non tanto) "ius soli"

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Le parole sono importanti, specie in un Paese “governato” – e non solo in senso figurato - da stati emozionali. I politici tendono ad alimentarli per procacciarsi consensi, i cittadini non chiedono altro che pretesti, più o meno fondati, per esibirne la più ampia gamma: tutto si tiene, come sempre. Così le parole, usate in maniera distorta per indirizzare il “sentimento” dell’elettorato, producono esiti surreali nel dibattito nazional-popolare. L’ultimo esempio è dato dalle parole con cui è stata identificata una legge attualmente in discussione: quella sul c.d. ius soli, che lo ius soli in senso proprio non lo prevede affatto.

Il provvedimento ha, infatti, ad oggetto l’acquisizione della cittadinanza da parte dei minori nati in Italia da genitori stranieri, a condizione che almeno uno dei due sia titolare di diritto di soggiorno illimitato (oppure – se non è cittadino europeo – di permesso di soggiorno dell’Unione Europea di lungo periodo); o da parte di minori stranieri arrivati in Italia entro il dodicesimo anno di età, che abbiano frequentato un ciclo di cinque anni di scuola (c.d. ius culturae). Dunque, non si tratta di ius soli tout court, perché la cittadinanza non è automaticamente legata alla nascita sul territorio nazionale, ma vi sono altri requisiti per diventare (e restare) italiani. Eppure, il marchio definitorio apposto alla legge e l’automatismo che se n’è fatto scaturire (cittadinanza italiana per chiunque venga a nascere sul suolo italico) ha orientato ogni discussione in modo da alimentare equivoci colossali. E non poteva essere diversamente, in un Paese ove la lettura e la comprensione di un testo, al di là del titolo dello stesso, paiono un inutile dettaglio (e ove, non a caso, le cifre dell’analfabetismo funzionale sono spaventose). Se molti, politici e non, evitassero di tanto in tanto gli stati alterati cui sono dediti – come detto – si confronterebbero, ad esempio, sull’adeguatezza e la consistenza delle condizioni alle quali il legislatore ha subordinato il riconoscimento in punto di diritto di una integrazione che egli suppone già avvenuta in via di fatto.

Invece, il dibattito verte su tutt’altro: innanzitutto, sulla ineludibile necessità di preservare valori e cultura nazionali contro l’invasione dello straniero. A tale riguardo, appare singolare la circostanza che quelli così attenti alla tutela dell’italianità non abbiano nulla da obiettare circa la legge attualmente vigente, secondo la quale basta avere sangue italiano che scorre nelle vene per poter essere italiani D.O.C. a ogni effetto (c.d. ius sanguinis): ciò anche se valori e cultura del Paese sono sconosciuti e, paradossalmente, se nel Paese non ci si è mai messo piede. Ma evidentemente questo poco importa a politici e supporter ormai usi a incoerenze così smaccate da averne perso ogni consapevolezza.

E’ diffusa, poi, la convinzione che un’espansione delle modalità di acquisizione della cittadinanza determini, quale conseguenza, un aumento del terrorismo (ogni nuovo attentato ne costituirebbe dimostrazione palese, tanto da essere utilizzato per corroborare tale convincimento). I partecipanti al dibattito nostrano non chiariscono il legame di conseguenzialità individuato, né sono in grado di indicare quali “cautele”, ulteriori rispetto a quelle previste nella legge in discussione, potrebbero spezzarlo. Del resto, se i termini di un problema sono così confusi da indurre a dubitare che esso esista veramente, non può trovarsi alcuna soluzione che non sia la chiusura a qualunque soluzione. Ciò è quanto accade in un Paese ove le correlazioni spurie vengono spacciate come nessi di causalità, per far credere qualunque cosa a chi non si premura di capire. Tornando ai timori circa il terrorismo, politici (se non più illuminati, almeno) più onesti mentalmente avrebbero evidenziato all’elettorato che il riconoscimento della cittadinanza se pure non è un antidoto alla radicalizzazione, può rappresentare un segnale positivo sulla strada dell’integrazione. E avrebbero richiamato studi secondo i quali quest’ultima - intesa come “appartenenza a una determinata società” - costituisce comunque un elemento significativo per contrastarla: “molti musulmani europei che si radicalizzano sono soggetti confusi dalla loro identità e che rintracciano un mondo di appartenenza in un’interpretazione fondamentalista dell’islam, invece che nella loro identità di cittadini europei”. Se poi il senso di identità e di appartenenza che - se non l’Europa - l’Italia può offrire non è così solido da rappresentare una valida alternativa, il problema è diverso, ed è tutto italiano.

Infine, alcuni connazionali temono che nuove ipotesi di attribuzione della cittadinanza possano attrarre ulteriori immigrati, sottraendo risorse pubbliche agli italiani “veri”. Innanzi tutto, ci si dovrebbe chiedere cosa verrebbe sottratto esattamente, considerato che i soggetti destinatari del testo in discussione già godono di diritti spettanti ai cittadini, assistenza sanitaria e istruzione in primis: pertanto, la relativa spesa pubblica è già stata “contabilizzata”. Ma soprattutto ci si dovrebbe chiedere cosa verrebbe aggiunto, considerato che “il saldo tra il gettito fiscale e contributivo versato dagli immigrati in Italia e spesa pubblica destinata all’immigrazione risulta ampiamente positivo”: l’impatto economico e fiscale dell’immigrazione sembra sconosciuto a molti. “Nel 2014 gli occupati stranieri hanno versato 10,9 miliardi di euro di contributi (5% del totale), somma che equivale al pagamento di 640 mila pensioni” (molti stranieri tornano nei luoghi di origine prima di riscuotere la propria, lasciando in Italia diversi milioni di euro). A ciò si aggiunga che nel 2015 essi hanno corrisposto all’erario circa 7 miliardi di Irpef e 3 miliardi di altre entrate (imposte indirette, sui carburanti, lotto e lotterie, tasse su permesso di soggiorno e cittadinanza), nonché prodotto 127 miliardi di ricchezza (8,8% del valore aggiunto nazionale). Di contro, la spesa pubblica italiana destinata agli extracomunitari (sanità, scuola, servizi sociali, casa, giustizia, accoglienza e rimpatri e trasferimenti economici) è stata pari all'1,75% del totale, circa 15 miliardi. Pare significativo fornire qualche dettaglio anche relativamente ai costi “sociali” per gli stranieri, secondo quanto risulta dal Dossier Statistico Immigrazione 2016. “I non comunitari titolari di pensione per invalidità, vecchiaia e superstiti gravano solo per lo 0,3% sul totale delle pensioni (…) Benché sia consistente l’aumento annuale dei nuovi beneficiari, il differenziale rispetto agli italiani sarà elevato ancora per molti anni e andrà a beneficio delle casse previdenziali”. Quanto alle prestazioni economiche temporanee, ad esempio, quelle erogate nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, le immigrate non comunitarie rappresentano l’8,4% delle beneficiarie. E questi sono solo alcuni casi.

Non si pretende in poche righe di esaurire un tema complesso qual è quello trattato. Si è solo voluto svolgere qualche considerazione aggiuntiva e fornire alcuni dati: non bastano, ma forse aiutano a capire. Di questi tempi, sarebbe già un buon risultato.

 

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Commenti

Ci sono 79 commenti

“Nel 2014 gli occupati stranieri hanno versato 10,9 miliardi di euro di contributi (5% del totale), somma che equivale al pagamento di 640 mila pensioni”

Chi scrive queste cose andrebbe appeso per i piedi in pubblica piazza: abbiamo un sistema pensionistico contributivo, gli occupati stranieri (come tutti i lavoratori) stanno pagando le loro pensioni (modulo qualche raro caso di non ricongiungimento contributivo).

Chi afferma cose come quelle nel virgolettato sta scambiando un finanziamento a lungo termine con un ricavo: un falso in bilancio.


Sulla legge in questione propriamente detta, permettetemi di citare le parole di Siddhartha Dhar: "Non sono britannico. Fossi nato in una stalla non mi sentirei un cavallo".

Ogni legge che non prevede un attivo e consapevole assenso alla richiesta di cittadinanza ci legherà per sempre con degli individui che "non si sentono cavalli". Oggi questi mattacchioni li possiamo espellere; domani no, con tutte le conseguenze del caso.

Andrebbe approvata il prima possibile e, successivamente, andrebbe migliorata:

  1. 1- rendendola retroattiva, almeno fin dalla nascita della Repubblica, volendo anche da prima:
  2. 2- togliendo quel limite di 2 anni per presentare la domanda,
  3. 3- rendendo automatica la cittadinanza per nascita (anche all'estero) da genitori permanentemente residenti,
  4. 4- rendendo automatica la cittadinanza per nascita in Italia da un genitore nato in Italia.

Al contempo bisognerebbe agire anche per allargare i diritti correlabili allo jus sanguinis:
 

  1. 5- togliendo le residue discriminazioni per i discendenti da donne cittadine italiane (che ad esempio colpiscono i nati prima del 1948), 
  2. 6- concedendo il diritto di residenza incondizionato a qualsiasi discendente di cittadini italiani, ed ai suoi familiari, che non possano immediatamente ottenere la cittadinanza jus sanguinis (e.g. per via della rinuncia o della perdita della cittadinanza da parte di un avo), concedendogli di ottenere la cittadinanza in maniera ipersemplificata dopo un periodo di residenza in Italia.

Ma perché non elargire anche una bella pensioncina da erogare al neoitaliano a partire dal 40esimo anno, ovviamente senza avere mai pagato un centesimo di contributi?

Per finanziare l'iniziativa basta mettere una bella imposta patrimoniale di natura espropriativa

MarioMonti sarebbe sicuramente d'accordo

per chi avesse commentato al seguito dell'idiota anonimo, che ho rimosso cancellando il commento. Non capisco se i vostri si vedano ancora o meno, chiedo scusa. Forse volete ripubblicarli indipendentemente.

Ho letto stamattina il commento ma ero con il cellulare e non sono riuscito a cancellarlo

Tutto bellissimo, un radioso futuro multiculturale e un arcobaleno di gioia, ma solo una piccola domanda: che faranno gli stranieri la cui legislazione non prevede la doppia cittadinanza? Penso per esempio alle comunità cinesi e senegalesi, fortemente rappresentate sul nostro territorio. Quando questi rifiuteranno la cittadinanza italiana ai propri figli per non perdere il legame con i loro paesi non vi sentirete un po' offesi?

Proiezioni d'incubi personali sulle menti altrui?

Ah, btw, il "voi" che continui ad usare a quale gruppo di persone si riferirebbe?

P.S. Fobie pesanti, apparentemente. Il "signore" in questione si è premurato di venirci a trovare su FB. Questo ci permette un breve sguardo su una mente che soffre: la combinazione di frustrazioni sessuali, razziali ed economico-culturali è tipica dell'immondizia umana che rappresenta. 

www.facebook.com/profile.php

Non stupirà nessuno, ovviamente, che nel palesarsi questo poveretto ci abbia accusato di essere tipici esempi di "sinistra al caviale" ... fa il paio con il guevarista autoproclamatosi difensore del popolo sannita (!) che il giorno prima aveva cercato d'offendere nella stessa maniera qualificandomi "servo della borghesia che pasteggia a champagne" :-D

Stanno proprio male. 

Quello che fanno oggi. Generalmente tutti gli stati di quel tipo fanno scegliere i figli in quello scenario al raggiungimento della maggiore età. Immagino ci possano casi più restrittivi, in quel caso sceglieranno i genitori.

O intendevi dire che l'Italia si dovrebbe proporre come capofila per una convenzione per facilitare la proliferazione delle cittadinanza multiple? Dove si firma?

a modesto parere del sottoscritto, che non avendo prole e mai ne avra' e' almeno concausa della situazioen demografica -- si dovrebbe emetter un piano che dice semplicemente che le cittadinanze italiane sono acquistabili (il mio suggerimento e' che un prezzo ragionevole sia dai 55000 ai 75000 EUR) previa una rapida (89 giorni) acquisizine di informazioni sullo stato penale di chi fa domanda, ad evitare di importare troppi venditori di cocaina.

I parametri si possono calibrare per fasce di eta', i proventi servono ad aiutare i comuni che si spopolano ad acquisire strutture di accoglienza, che come tali cesserebbero di essere opere di carita'. pensai a lungo di scrivere una cosa lunga sui motivi di tale idea, che in effetti mi stupisce nessuno proponga almeno in Italia e in Giappone

Qualche volta faccio il conto, ma non credo che la cittadinanza britannica per me e mia moglie sia costata in totale tanto meno di 250 mila Euro. Pagare tributi e contributi per un certo numero di anni (nel mio caso 7, nel caso di mia moglie 5) è un requisito abbastanza comune per i percorsi di naturalizzazione.

Il problema italiano semmai è che il paese, per motivi immagino elettorali, viene gestito come una fortezza. I decreti flussi degli ultimi anni sono ridicoli, a livello che la quota per i lavoratori dipendenti dell'ultimo era zero (ce n'erano 500 per quelli che hanno seguito specifici corsi nel loro paese, e 100 per i discendenti di Italiani, ai quali non comprendo perché non si da come minimo, ma proprio come minimo, il diritto di residenza condizionato che si concede ai cittadini UE).

Gli immigrati li pagherebbero pure i tributi e i contributi per ottenere la cittadinanza, ma se non li fanno entrare, diventa difficile.

In UK, mi hanno risposto in 35 giorni, a mia moglie in 32 giorni, ma eravamo sotto Natale, un mio caro amico che si naturalizzò qualche mese dopo di noi 8 giorni. Oggi per via del Brexit sono oltre il paio di mesi, ma è ovviamente dovuto alla situazione contingente.
In Italia, mia moglie, corsia preferenziale perché sposata con un cittadino, dal momento della domanda (che ha richiesto 6 mesi di lavoro), 3 anni e mezzo per la risposta, 6 mesi per il giuramento, 9 mesi per la trascrizione e l'iscrizione all'AIRE. 
Se volessimo aggiungere il passaporto, un paio di settimane quello britannico, compresa intervista (intervistano gli adulti per il primo passaporto), vs 3 mesi per ottenere l'appuntamento per presentare la domanda quello italiano (mia moglie si è rifiutata, abbiamo ottenuto una carta di identità qualche tempo dopo mentre eravamo in vacanza in Italia).

Visto che siete tutti cosi entusiasti farò il bastian contrario.


In Italia nonostante il nostro governo abbia partecipato alla guerra in Afghanistan e a quella in Iraq, nonostante il nostro governo abbia preso posizione contro i bombardamenti verso Assad, Assad è un nemico dei terroristi dell'ISIS, non abbiamo ancora avuto attentati degli estremisti islamici, il tutto mentre si è perso il conto degli attentati in Germania, Belgio, Francia e Regno Unito.

 

Perché questo successo? Siamo forse dotati dei migliori servizi di Intelligence in Europa? Oppure le cause sono altre? Secondo me uno dei motivi di questo successo è che i nostri servizi di Intelligence sorvegliano i sospettati e appena trovate delle prove di adesione a certi grupi li espelliamo, senza troppi complimenti, ma se gli concediamo la cittadinanza non sarà più possibile espellerli facilmente, anzi nel caso abbiano solo la cittadinanza italiana, magari perché alcuni di loro hanno rinunciato alla cittadinanza per rendere più difficile l'espulsione, ciò sarà quasi impossibile, quindi la concessione della cittadinanza aumenterebbe il rischio attentati, la controprova di ciò è che alcuni dei terroristi islamici, che hanno colpito in Europa, erano già segnalati ai servizi di intelligence dei paesi ospiti ma non sono stati ne arrestati ne espulsi.

 

 

Si potrebbe rispondere a questa obiezione proponendo di mandare i sospetti di adesione ai gruppi estremisti islamici in prigione, peccato che le prove che si raccolgono possono essere sufficienti per giustificare un espulsione, di un cittadino straniero, ma non una condanna penale, quindi la sostituzione dell'espulsione con la carcerazione non è cosi automatica.

A parte il fatto che l'Italia è il paese di Luigi Galleani, Severino di Giovanni, Mario Buda e compagnia.
A parte questo piccolo particolare, dico, dai un'occhiata a questa:

Solo un autoproclamato "ragioniere dalle pessime letture" può scrivere una tale cretinata. E per confondere le acque si e' anche cambiato il nome dietro cui si nasconde ...

Chissà perché non ti ha attraversato la mente che la composizione dell'immigrazione conti, la sua integrazione o meno conti e conti anche il caso?  Hai provato, prima di blaterare cretinate razziste sul passato, il futuro e le conseguenze della cittadinanza, a fare un po' di confronti seri fra i vari paesi europei?

Fallo e torna a postare con nome e cognome. Per il momento basta cosi'.  Tempo di fare un po' di pulizia in questo blog, i commenti stanno scendendo ad un livello imbarazzante.

Al momento la diminuzione reale naturale della popolazione (in Italia, includendo le persone native e le persone residenti non nate) oscilla tra le 128000 e le 130000 ~ per anno.

L'idea che anima quel che penso e' che non sia male che si pensi ad un lento diminuire della popolazione, mentre l'eta' venga ringiovanita.

Il resto mi sembran fenomeni un po' effetto di paranoia varia dovuta a contingenti problemi dati dal terrorismo jihiadista etc., il quale se battibile va battuto con netodi che hanno nulla a che fare con quel che qui si propone.

 

Il numero proposto, non a caso, e' di 50000 entranti.

 

Il numero proposto, non a caso, e' di 50000 entranti.

 

Lo scenario centrale di previsione dell'ISTAT prevede un saldo migratorio netto di 12 milioni di persone dal 2012 al 2065, che richiede 17,9 milioni di ingressi a fronte di una previsione di 5,9 milioni di uscite nel periodo.

Quando all'epoca analizzai lo scenario in questione, trovai che entro il 2040 questo avrebbe significato che circa 16 milioni di residenti sarebbero stati o nuovi ingressi (post 1 Gennaio 2012) o loro discendenti.

Mi aspetto che lo scenario centrale dell'ISTAT, o comunque scenari abbastanza simili, vengano utilizzati nei modelli che dovrebbero verificare la sostenibilità del sistema pensionistico di base a ripartizione e del sistema sanitario italiano.

Quei 18 milioni di ingressi equivalgono a poco più di 331 mila ingressi annui, e quei 12 milioni ad un saldo migratorio positivo di 222 mila persona all'anno, per i prossimi 48 anni di seguito. E dato che dal 2012 ad oggi gli ingressi e i saldi sono stati inferiori agli attesi, bisogna anche recuperare.

forse andrebbero guidati spiegando che una volta concessa la cittadinanza italiana sarebbe piu' facile per gli immigrati che lo volessero lasciare il nostro paese e conseguire successivamente la cittadinanza del paese in cui si recherebbero.

trovo tuttavia antiliberale la proposta di vendere la cittadinanza e credo anzi sia nella teoria liberale la concessione della cittadinanza automaticamente 

Sono molto curioso di sapere in quale stato si recherebbero gli immigrati italianizzati.

Non vorrei deludervi ma ricordo che Macron ha già detto che li rispedirebbe indietro a calci nei denti.

Quanto al trucchetto di italianizzarli per renderli digeribili all'estero, non penso che che francesi e tedeschi ci cascherebbero

Concordo perfettamente, sin dal titolo, che la proposta di inziativa popolare ed il disegno di legge approvato dalla Camera e correntemente in discussione al Senato non propongono in alcuna maniera l'estensione dello jus soli, che è già in vigore in alcuni specifici casi, a tutte le nascite nel territorio del paese.

Se proprio dobbiamo usare il Latino, sarebbe il caso di parlare di jus incolae.

Nel caso, una bella tabellina riepilogativa:

jus sanguinis = cittadinanza ai figli dei cittadini italiani (ad esempio al figlio nato all'estero di un cittadino italiano).

jus incolae = cittadinanza ai figli dei residenti in maniera permanente in Italia (ad esempio al figlio di una persona che risiede in Italia da più di 5 anni).

jus culturae = cittadini alle persone che sono cresciute e che hanno studiato in Italia (ad esempio ad una persona che ha completato le scuole elementari in Italia).

jus advenae = cittadinanza ai figli dei residenti recentemente immigrati in Italia (ad esempio al figlio di una persona immigrata in Italia negli ultimi 2 o 3 anni).

jus inquilini =  cittadinanza ai figli di persone temporaneamente residenti in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia di un diplomatico temporaneamente assegnato al consolato del suo paese in Italia).

jus soli = cittadinanza alle persone nate in Italia (ad esempio al figlio nato in Italia da una turista).

Lo jus incolae è ad esempio attualmente in vigore nel Regno Unito dal 1 Gennaio 1983. Sempre nel Regno Unito, i cittadini dei paesi dello spazio economico europeo godevano dello jus advenae fino al 1 Ottobre 2000 (e dato che era automatico, ha un effetto corrente sui loro figli nati in Gran Bretagna prima di quella data). Lo jus culturae è sinceramente la prima volta che lo incontro, e mi pare nel caso una interessante innovazione.

La proposta di legge in discussione in Italia propone jus incolae e jus culturae, ma non applicabili in maniera automatica, ma solo dietro scelta o dei genitori o del diretto interessato.

Lo Jus soli fu istituito negli Stati Uniti e altre ex colonie americane, che erano ancora da popolare. Fu un potente incentivo e raggiunse lo scopo, anche se ora si dibatte se conviene lasciarlo inalterato.

Guardiamo ai paesi europei: sono sovrappopolati. In Italia, poi, abbiamo un tasso di occupazione molto basso e un'indice di povertà da paura. E' ragionevole qualunque provvedimento che faccia balenare in milioni di persone di paesi esteri poverissimi la prospettiva di acquisire diritti e benessere nel nostro paese?

E' una domanda retorica, evidentemente.

Lo jus soli statunitense deriva dalla decisione della Curia domini Regis coram ipso Rege che nel 1608 diede ragione a Robert Colville, nel cosiddetto Calvin's case (1608).

L'estensione agli ex schiavi ed ai loro discendenti venne costituzionalizzata solo con l'adozione del 14mo emendamento il 9 Luglio 1868.

L'estensione agli indigeni tramite lo Snyder Act è del 2 Giugno 1924.

Il PD ha proposto di approvare un’imposta patrimoniale per mantenere i migranti.

La classica fava che fa prendere due piccioni.

Se poi qualcuno avesse ereditato una casa e non potesse pagare può sempre svendere la casa a metà prezzo a qualche società immobiliare tedesca.

Come dicono i francesi …… TOUT SE TIENT

Ci incrociamo anche qui.
Guarda che questi si che bussano, quando non sono daccordo.

 

L'offerta di manodopera a basso costo dovrebbe essere un regalo per qualunque economia.

Il fatto che la burocrazia e le marchette esagerate (che impone lo Stato su stipendi anche bassissimi) impediscano a questa economia di sfruttare tale opportunità è la prova provata che questo sistema politico giuridico non funziona.

E che la colpa è degli ostacoli normativi e tributari imposti dal diritto e dall'autorità pubblica.

Invece che indicare il dito (l'immigrazione), bisognerebbe indicare la luna (l'impossibilità di sfruttarla) per dimostrare l'assurdità del sistema paese.

Se i nostri intellettuali non colgono un'occasione così ghiotta e palese per distruggere le formule politiche (*) che puntellano questo sistema ignobile, possiamo abbandonare qualunque speranza di cambiamento.

 

(*) la "difesa del posto di lavoro", il "valore legale del titolo di studio", gli "ordini", i "salari minimi", la confusione tra sistema pensionistico ed assistenziale, l'equivoco tra "diritto acquisito" e privilegio, gli errori mortali nel calcolo del reddito imponibile, i contratti nazionali del lavoro", le modalità assurde del permesso di soggiorno, l'eliminazione delle caratteristiche di risarcimento, rimborso e deterrenza dalla definizione di pena, il significato contrattualistico di "cittadinanza", quello di "solidarietà" etc.

L'offerta di manodopera a basso costo è talmente un regalo che a forza di diminuire gli stipendi siamo finiti nella merda. Forse bisognerebbe riflettere sul fatto che un lavoratore è anche un consumatore e se non ha soldi per acquistare prodotti l'economia va ad escort

Poi che lo stato si incameri il 75% dei guadagni e che questo sia uno scandalo lo approvo. Ma non inficia minimamente il mio ragionamento