Più IVA più sommerso?

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Il governo ha aumentato l'aliquota IVA standard dal 20% al 21%. Al probabile effetto depressivo sui consumi (sottolineato da molti) si aggiungererà probabilmente un effetto espansivo sulla dimensione dell'economia sommersa (ignorato dai più).

La figura sotto mostra che nel gruppo dei paesi OCSE esiste una la relazione positiva tra il livello di tassazione del valore aggiunto (la nostra IVA) e la dimensione dell'economia sommersa. Sull'asse orizzontale è riportata l'aliquota standard (ingnorando cioé le eventuali aliquote ridotte per particolari categorie di beni e servizi) dell'imposta sul valore aggiunto e sull'asse verticale la dimensione dell'economia sommersa, come stimata da Friedrich Schneider e Andreas Buehn (media dal 1996 al 2006).

http://www.flickr.com/photos/66112502@N05/6179155856/

vat

Una classica interpretazione di questa correlazione positiva è la seguente: più la raccolta delle imposte è inefficiente (e quindi più grande è l'economia sommersa) più i governi fanno ricorso a tassazione indiretta. L'enforcement della tassazione diretta dei redditi, infatti, è più difficile dell'enforcement della tassazione indiretta: nascondere il proprio reddito è più facile che nascondere l'acquisto di un'auto o di un appartamento.

C'è però una seconda interpretazione, che rovescia il nesso di causalità: più si tassa il valore aggiunto mediante imposte indirette sulla produzione, come l'IVA, che si basano su un sistema credito/debito più è forte per le imprese l'incentivo a nascondere al fisco le proprie transazioni. Non sto parlando dell'incentivo (ovvio) per il consumatore finale ad acquistare senza fattura per non pagare l'IVA, ma di un incentivo per le imprese che si propaga lungo la catena produttiva.

L'idea è molto semplice ed è stata ben illustrata da Aureo De Paula José Scheinkman, sebbene in un modello più complicato e più interessante di come racconto io la storia in questo post. L'IVA, come tutti sanno, funziona essenzialmente così: ogni acquisto di beni e servizi viene tassato. Chi riscuote l'imposta (vendendo un prodotto) ha un debito verso il fisco pari all'imposta riscossa. Chi la paga (acquistando un prodotto) acquisisce un credito verso il fisco pari all'imposta pagata, che può far valere a fronte del proprio debito, se si tratta di un soggetto che ha un diritto di detrazione. Questo diritto non lo hanno né i consumatori finali -- cosicché alla fine l'IVA è un'imposta sul valore aggiunto a carico del consumatore -- né (e questo è il punto cruciale) le imprese che operano nell'economia sommersa.

Di conseguenza, le imprese sommerse hanno un incentivo ad acquistare beni intermedi da altre imprese sommerse. Infatti, se li acquistassero da un'impresa che emette fattura pagherebbero l'imposta senza acquisire alcun credito IVA. Questo incentivo è tanto più forte quanto maggiore è l'aliquota IVA (le imprese sommerse potrebbero anche acquistare da imprese regolari senza far emettere fattura, certo, e in pratica lo fanno, ma aumentare il volume di transazioni sommerse per un'impresa formale è più rischioso che per un'impresa che è già sommersa al 100%). Inoltre, c'è un ovvio effetto a catena: le imprese sommerse tenderanno a vendere a clienti anch'essi sommersi (quando questi clienti sono altre imprese), perciò l'aumento dell'attività sommersa in un punto della catena produttiva si propaga all'intera catena: anche variazioni apparentemente piccole come un 1% possono alla fine risultare grandi.

Dobbiamo quindi aspettarci che laddove si tassa il valore aggiunto con questo metodo credito/debito aumenti delle aliquote foraggino l'economia sommersa rafforzando la convenienza all'interazione tra imprese informali e che riduzioni delle aliquote abbiano l'effeto contrario. De Paula e Scheinkman mostrano che la seconta aspettativa è corretta: quando gli stati brasiliani di San Paolo e Rio Grande hanno ridotto le aliquote IVA per le piccole imprese (nel 1998 e nel 2005) si è assistito a un aumento del tasso di formalità delle imprese. Se è così, il recente aumento dell'IVA in Italia mostrarerà presto che anche la prima aspettativa è corretta e che il tasso di informalità delle imprese e la dimensione dell'economia sommersa aumenteranno.

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Commenti

Ci sono 58 commenti

Segnalo che in Svizzera le micro imprese che fatturano meno di 100'000 franchi (oggi circa 80'000 euro) non sono soggette ad IVA. L'importo è appena stato aumentato (era 75'000 CHF). Per un consulente free lance, per chi lavora da casa e non ha personale (quasi il 50% delle microimprese svizzere sono ditte individuali con un solo addetto) è un modo per non cadere nella trappola del sommerso. A questo aiuta anche il basso tasso di IVA (che al massimo è 8%) e la bassa fiscalità diretta. Credo pero' che il maggior vantaggio non sia di ordine economico diretto (in fondo il risparmio è solo dell'8%) ma che sia legato al costo burocratico. Questo sia per una microattività che dovrebbe tenene i conti IVA per cosi' poco, sia per l'amministrazione che dovrebbe esaminare una valanga di dichiarazioni di scarso valore economico. Penso che operativamente una simile misura possa ridurre il sommerso in Italia e permettere all'amministrazione di concentrarsi sui casi seri.

Ne approfitto per fare una domanda. Vista la relazione tra aliquota e sommerso, si puo' ipotizzare che una diminuzione dell'aliquota, unita a semplificazioni amministrative, potrebbe ridurre il sommerso e quindi generare un gettito elevato piu' corrispondente alla nuova aliquota. Il gettito attuale a quale aliquota teorica corrisponderebbe?

 

questa sistema svizzero meriterebbe un approfondimento da parte di qualche esperto in materia. Se effettivamente aiuta a far emergere il sommerso e può essere presentato come una semplificazione per le migliaia di partite IVA italiane (penso anche a tutti i "consulenti"che in realtà sono dipendenti costretti ad aprire la PI) il fatto che non abbia nemmeno sfiorato la mente degli italici governanti (una parte dei quali spesso cita il canton ticino come Eden a cui aspirare) mi sembra argomento degno di analisi.

Interessante il sistema svizzero. Per le imprese il vantaggio e' amministrativo, certo.

Ne approfitto per fare una domanda. Vista la relazione tra aliquota e sommerso, si puo' ipotizzare che una diminuzione dell'aliquota, unita a semplificazioni amministrative, potrebbe ridurre il sommerso e quindi generare un gettito elevato piu' corrispondente alla nuova aliquota. Il gettito attuale a quale aliquota teorica corrisponderebbe?

Un conto parecchio rozzo e' il seguente. Il sommerso in Italia e' circa 1/5 del Pil; immaginiamo che tutto il valore aggiunto venga tassato al 20%. Allora il gettito attuale (circa 0,2*Pil) si puo' ottenere con un'aliquota del 16% circa. Naturalmente questo non implica che con aliquota al 16% non avremmo piu' evasione IVA.

Mi e' stato detto (da un amico architetto che lavora in proprio) che chi lavora in proprio in UK non paga l'IVA se ha un fatturato minore di 50,000 sterline all'anno. (Anzi, guardando adesso il sito per la registrazione al pagamento IVA, sembra che il limite sia 73,000 sterline).

 

Credo pero' che il maggior vantaggio non sia di ordine economico diretto (in fondo il risparmio è solo dell'8%) ma che sia legato al costo burocratico.

 

A questo proposito, e' possibile stimare quant'e' il costo burocratico di questo piccolo aumento?

Senza contare la conflittualita' che questo aumento ha provocato: l'altro giorno su radio24 c'era una trasmissione dedicata, e il caso dell'acquirente che aveva ordinato qualcosa su un preventivo con iva al 20% per poi vedersela fatturata al 21% era quasi un tormentone.

Ad ogni modo e' davvero paradossale che il PdC che fino a poco tempo fa giustificava chi evade (perche' le tasse son troppo alte) ora  aumenti le imposte ancora un po' (a chi le paga - ovviamente).

Attenzione che anche in italia c'è un sistema simile (a memoria è per 35.000 euro): l'iva diventa parte integrante del costo di acquisto e vendita, e non si fa contabilità IVA.

Quanto sia simile al sistema svizzero non lo so, ma da chiaccherate informali sembra che non sia molto vantaggioso, a parte la non tenuta dei libri i.v.a. e la non partecipazione agli studi di settore. Di più non so.

Quanto rilevanti sono le imprese sommerse al 100%? Non è un caso limite contro la media delle imprese che esprimono un qualche x% di nero?

Unrelated note:è interessante vedere come i PIIGS siano quasi tutti nella parte alta del grafico (mi rendo conto che forse sto constatando l'ovvio, ma tant'è)

 

Non mi pare tu stia constatando l'ovvio, anzi:

Mi pare che i PIIGS, oltre a stare nella parte in alto a destra, hanno residui positivi nella regressione, mentre i paesi piu' virtuosi hanno residui negativi.

Questo mi porta il sospetto che bisognerebbe fittare un altro fattore in questo modello...

Quanto rilevanti sono le imprese sommerse al 100%? Non è un caso limite contro la media delle imprese che esprimono un qualche x% di nero?

Buona domanda, veramente difficile rispondere. Tre anni fa la GdF riportava di aver trovato circa 6500 evasori totali con imponibili per 9 miliardi, su un totale di circa 27 miliardi di base imponibile evasa. Fa un terzo. Non ho idea di quanto sforzo la GdF metta nella ricerca degli evasori totali relativamente a quelli parziali, quindi impossibile (per me) dire quanto contano sul totale dell'evasione, ma comunque non sembrano proprio noccioline.

Vedremo nei prossimi anni un riscontro pratico anche qui in Italia. 

 

Avrei un'altra considerazione: a fronte dell'aumento del costo finale (con tutte le conseguenze del caso sui già magri consumi), non può essere che un'aumento dell'imposta indiretta favorisca un'evasione sull'imposta diretta da parte delle imprese per diminuire i costi e mantenere invariato il prezzo finale del bene? 

Assolutamente d'accordo con Giulio. Dato che l'incremento dell'aliquota non è stato compensato da alcuna riduzione di altre aliquote d'imposta, è scontato che l'evasione ed il sommerso tenderanno ad allargarsi.

Giusto una considerazione piccola piccola: ad occhio (ma potrei sbagliare) mi sembra che i paesi più a destra nel grafico siano anche quelli con più alta pressione fiscale totale (non solo dovuta alla VAT, ma a tutte le imposte). Se i paesi più statalisti hanno aliquote VAT più alte per soddisfare le necessità di gettito, può essere che non sia la VAT in sé a provocare maggiore sommerso, ma la pressione complessiva, cioé indipendentemente dal tax mix in essere. Allora potrebbe accadere che sostituire più IVA con meno IRPEF o IRES (ad esempio) non modifichi quanto sommerso complessivamente c'è nel paese. Anche perché l'occultamento di fatturato e costi ai fini IVA agevola la successiva evasione di redditi, quindi le due scelte evasive sono in qualche modo collegate.

Si potrebbe dire che " E' la somma che fa il totale!"

Il problema delle micro/nano imprese italiane (ne ho fatto parte per lungo tempo) è che il volume e la tipologia di adempimenti sono tali da obbligarti a rivolgerti a un professionista con ulteriore aggravio di costi.

Meglio sarebbe un tetto (congruo per entrambe le parti) entro il quale si paga un forfait (sull'esempio del minimale Inps) senza troppe formalità. Ovviamente se dichiari il "minimo di sopravvivenza" e vedo che vai in giro in Aston Martin ti levo la pelle del c... a calci!

 

 

Giusto una considerazione piccola piccola: ad occhio (ma potrei sbagliare) mi sembra che i paesi più a destra nel grafico siano anche quelli con più alta pressione fiscale totale (non solo dovuta alla VAT, ma a tutte le imposte). Se i paesi più statalisti hanno aliquote VAT più alte per soddisfare le necessità di gettito, può essere che non sia la VAT in sé a provocare maggiore sommerso, ma la pressione complessiva, cioé indipendentemente dal tax mix in essere.

 

Ragionevole, ma sicuramente intervengono anche altri fattori. Nota come in alto a destra nel grafico ci siano quasi tutti paesi latini (piu' il belgio), e come il tasso stimato del sommerso italiano sia il doppio di quello francese e una volta e mezzo quello dei paesi nordici, tutti sistemi con una pressione fiscale ancora piu' alta di quella italiana.

In realtà un timido tentativo da parte del fisco italiano di alleggerire gli adempimenti fiscali c'è: è il regime dei contribuenti minimi, di chi fattura meno di 30.000 € all'anno e non ha investimenti superiori a un importo che ora non ricordo (comunque molto basso). Il contribuente non ha contabilità IVA, paga un'aliquota forfettaria del 10% e naturalmente paga i contributi INPS. Secondo me il sistema funziona, ha il solo difetto di essere molto restrittivo (ad esempio un agente di commercio non può avere un autoveicolo che superi un valore di 15.000 € (!)).

L'incentivo ad emergere dal sommerso aiuta, soprattutto le microimpese. Sarebbe bene estenderlo anche ad altri segmenti produttivi.

 

 

meno di 15000 di investimenti in tre anni.

l'aliquota è il 20% ma non c'e' scarico iva.

va bene se ti apri un negozietto elttronico o fai micro consulenze occasionali.

 

C'e' anche il regime delle nuove iniziative, ha l'aliquota al 10% ma quasi tutta la burocrazia e dura solo i primi tre anni.

 

 

 

In realtà un timido tentativo da parte del fisco italiano di alleggerire gli adempimenti fiscali c'è: è il regime dei contribuenti minimi, di chi fattura meno di 30.000 € all'anno e non ha investimenti superiori a un importo che ora non ricordo (comunque molto basso). Il contribuente non ha contabilità IVA, paga un'aliquota forfettaria del 10% e naturalmente paga i contributi INPS. Secondo me il sistema funziona, ha il solo difetto di essere molto restrittivo (ad esempio un agente di commercio non può avere un autoveicolo che superi un valore di 15.000 € (!)).

L'incentivo ad emergere dal sommerso aiuta, soprattutto le microimpese. Sarebbe bene estenderlo anche ad altri segmenti produttivi.

 

Confermo: mia sorella aveva adottato questo regime per il 2011.

Non penso pero' che verra' mai esteso,  anzi: mia sorella mi riferisce  che le ultime manovre hanno ristretto questo regime (puo' adottarlo solo chi ha meno di 35 anni).

 

E' il discorso che facevo prima, non puoi dirmi che guadagni poco e poi andare in giro con un'auto da 50.000 Euro.

A suo tempo mi interessai a questo sistema ma più che un "regime" è un incentivo all'avviamento d'impresa, passato un certo fatturato tutto torna come prima.

Il problema è che una micro/nanoimpresa oggi "fattura" poi magari per un anno non vede un cliente.

Nel grafico si vede che gli USA hanno un'IVA dello 0%! Questo è vero, però anche negli USA, in qualche modo, si tassano i consumi!

E' corretto plottare paesi extra-UE (ognuno con il suo sistema, spesso misto federale-statale-locale, come in USA, CH, AUS) nello stesso grafico con i paesi UE (che invece adottano il sistema definito dal diritto comunitario)?

 

 

Nel grafico si vede che gli USA hanno un'IVA dello 0%! Questo è vero, però anche negli USA, in qualche modo, si tassano i consumi!

 

Pero' mi risulta si tassino solo i consumi finali e non gli scambi intermedi tra imprese. Quindi la scelta di fissare al 0% la VAT US mi sembra corretta in questo contesto.

Sarebbe interessante avere anche un'analisi comparativa includendo Nazioni dove al posto di sistemi come IVA (VAT) si ha una Sales Taxes imposta solo al consumatore finale (e.g: USA). Venendo applicata solo al consumatore finale il carico burocratico è imposto solo al retailer e non su tutta la filiera riducendo quindi le spese burocratiche. Inoltre per lo stesso motivo l'effetto teorizzato nell'articolo dovrebbe essere assente o quasi.

Si potrebbe rifare la regressione inserendo una variabile dummy per discriminare i due sistemi di tassazione e misurare il valore del coefficiente della variabile dummy. In teoria questo ci dovrebbe dare una misura di quanto un sistema sia più efficiente dell'altro nella lotta all'evasione fiscale. Questo potrebbe misurare quanto è vera questa osservazione, o no?

 

Ciao

Sicuramente la percentuale di imposte in Italia è molto elevata,però dal grafico questa relazione positiva non mi sembra emergere in maniera netta.Ci sono  5 6 Paesi che hanno la stessa aliquota italiana ma percentuali di economia sommersa molto inferiori.A pesare in maniera rilevante non potrebbero essere altri fattori?Trasparenza ed etica della classe politica,qualità nei servizi,percezione di giustizia sociale da parte del cittadino,inefficace sistema sanzionatorio, criminalità organizzata ecc?

 

L'IVA è un'imposta che grava sul consumatore finale. Per l'operatore economico è, di fatto, una partita di giro. Chi cerca di evaderla, fra le Imprese, non è per la sua stessa valenza, ma perché così occulta del fatturato e le tasse conseguenti su di esso. Solo gli operatori economici completamente occcultati possono, appunto, avere interesse diretto a non applicarla. Ma quanto incidono questi "evasori totali" sul complesso dell'evasione? Credo assai meno del peso che invece hanno evasori parziali. A logica quindi il probelma principale che induce all'evasione non è la tassa sui consumi, ma quella sulla produzione (e la stessa logica, di seguito, è applicabile sul lavoro). Sempre seguendo questa logica, lato imprese lo stimolo forte all'evasione è dato dalla eccessiva progressività della tassa sul reddito e, dal lato dipendente, idem!

Solo quando poi Imprenditore e Dipendente si tolgono il cappello e diventano, a loro volta,  consumatori/acquirenti finali, hanno tutto l'interesse a pagere il 20% (ora 21%) meno (e, magari chiedere uno sconto aggiuntivo sapendo che chi vende loro il prodotto/servizio in nero non ci paga tasse sul reddito).

Applicando queste considerazioni al garfico, dovremmo trovare che nei PIGS il livello di tassazione sul reddito prodotto è maggiore rispetto a paesi quali Austria, Francia, Germania (per rimanere in area Euro) che hanno valori simili cila la percentaule di IVA. Può essere così?  Ci sono, in questi paesi, "incentivi fiscali " a non eludere/evadere?

Qui le statistiche che cerca http://www.oecd.org/document/0,3746,en_2649_201185_46462759_1_1_1_1,00.html

 Gli ho dato un occhiata veloce ma non mi pare che la differenza di imposte pagate sul reddito da sola sia sufficiente a coprire la differente  percentuale  di economia sommersa

 

Ma quanto incidono questi "evasori totali" sul complesso dell'evasione?

Vero, Roberto, questa e' la domanda. In un commento sopra ho riportato una stima spannometrica (concludendo che sono relativamente pochi ma non noccioline) e nei commenti sotto ho chiarito che quantitativamente l'effetto potrebbe essere piccolo.

Dal grafico IVA-economia informale andrebbero tolti USA, Canada, Nuova Zelanda, Giappone, Australia. USA non ha ancora una imposta tipo IVA, mentre le altre hanno introdotto imposte tipo IVA solo negli ultimi 20 anni e quindi non possono aver influito sulla relazione in questione, e comunque non più di quanto abbiano potuto fare l'imposta di bollo o sul reddito o il livello di tassazione in generale. Tolti questi paesi, e a parte la Svizzera e Lussemburgo, tutti i paesi rimanenti (tutti UE) sono concentrati intorno all'aliquota del 20% e quindi il grafico risultante non spiegherebbe molto.

Tutta la razionalizzazione si basa sull'ipotesi che il contribuente sia o evasore totale o fedele al 100%. Va bene la semplificazione ma non si può estenderla troppo. Nella realtà il grosso del sommerso viene da imprese che non sono sommerse ma svolgono solo parte della propria attività in nero. L'evasore parziale (che è quello che interessa di più dal punto di vista quantitativo) tende a usare proprio il meccanismo di fatturare gli acquisti e non fatturare le vendite in modo da avere iva a credito, o ridurre quella a debito. Qui nella descrizione comportamentistica contenuta nell'articolo si assume che l'evasore faccia proprio il contrario di quello che l'evasore più comune normalmente fa (fino ad arrivare alle forme perverse di missing trade intracomunitario). In ogni caso anche se esistesse una impresa sommersa al 100% non potrebbe sopravvivere se si limitasse ad avere rapporti commerciali (di fornitura o di vendita) solo con altre imprese sommerse al 100%.

Vale invece la regola generale, e cioè che se aumenta l'aliquota vi è un maggiore incentivo a evadere quell'imposta. E' per questa via che il pronostico contenuto nell'ultimo capoverso dell'articolo dovrebbe essere il più probabile.

 

Sinceramente nemmeno io vedo questa correlazione positiva di cui si parla nell'articolo, quantomeno è tirata per le orecchie quella retta...

Se è vero inoltre che i paesi succitati non hanno una vera e propria imposta sul valore aggiunto risulta ancora più labile la tesi che ad un aumento dell'IVA corrisponda un aumento dell'evasione; considerando i paesi omogenei in quanto a valore dell'imposta si va dall'Austria (7% evasione) al Belgio (18% evasione). Sono altre le ragioni dell'elusione/evasione, per quel che si vede dal grafico.

Saluti

Dal grafico IVA-economia informale andrebbero tolti USA, Canada, Nuova Zelanda, Giappone, Australia. USA non ha ancora una imposta tipo IVA, mentre le altre hanno introdotto imposte tipo IVA solo negli ultimi 20 anni e quindi non possono aver influito sulla relazione in questione

E perche'? USA non ha VAT, appunto: quindi li' il meccanismo che ho descritto non puo' operare e quindi la teoria De Paula-Scheinkman predice relativamente poco sommerso. Quindi USA e' un punto legittimamente incluso.

Gli altri hanno introdotto negli ultimi 20 anni? Ok, sull'assere verticale ho infatti messo sommerso medio dal 1996 (15 anni fa) a 2006. Se guardiamo a cosa e' successo all'economia sommersa in quei paesi da piu' di venti anni fa a meno di venti anni fa vediamo che il sommerso e' aumentato negli altri 4 paesi che citi (le stime piu' vecchie sono disponibili in Schneider 2005, "shadow economies around the world"), dal 1989/1990 al 1999/2000:

 

  • Canada: 3.2 punti di Pil;
  • Nuova Zelanda 3.6 punti di Pil;
  • Giappone aumento di 2.4 punti di Pil;
  • Australia aumento di 4.2 punti di Pil;

 

In USA "solo" 2.1.

Tutta la razionalizzazione si basa sull'ipotesi che il contribuente sia o evasore totale o fedele al 100%. 

Beh no, l'ipotesi e' molto meno restrittiva: basta che esistano alcuni evasori totali, come esistono. Quello che si puo' obiettare e' che sono relativamente pochi e quindi quantitativamente l'effetto che descrivo e' piccolo.

 

'è un ovvio effetto a catena: le imprese sommerse tenderanno a vendere a clienti anch'essi sommersi (quando questi clienti sono altre imprese), perciò l'aumento dell'attività sommersa in un punto della catena produttiva si propaga all'intera catena: anche variazioni apparentemente piccole come un 1% possono alla fine risultare grandi.

 

Mi permetto di dissentire. Non è ovvio l'effetto catena e risulta praticamente poco importante nelle scelte dell'agente economico il meccanismo di debito/credito nella fase intermedia.

Per le imprese completamente sommerse è irrilevante a chi vendere, in quanto la convenienza la si gioca completamente sul prezzo del proprio prodotto/servizio che si riesce a praticare (senza dubbio più basso di imprese regolari). La scelta di operare nel sommerso dipende principalmente dal non pagare contributi previdenziali (eccessivamente onerosi), sostenere oneri gestionali non trascurabili (sicurezza, contabilità, tutele, ecc) e soprattutto imposte dirette e non dal meccanismo debito/credito.

Porto ad esempio ciò che accade nel manifatturiero di piccole dimensioni dove il sommerso è fortemente radicato vi sono implicazioni a mio avviso ben più rilevanti

La dilazione nel pagamento: nelle regioni con elevata stima di sommerso (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) i pagamenti delle forniture viaggiano su termini molto ampi, inoltre i ritardi sistematici sulle transazioni commerciali sono prassi consolidata e agevolata dalla pratica diffusissima di emissione di assegni postdatati.

L'impresa che acquista con IVA pertanto compensa nel mese/trimestre successivo con l'iva sulle vendite (quindi a breve) anche se tale IVA la pagherà al fornitore con molto ritardo ottenendo in pratica una forma atipica di finanziamento a tasso nominale nullo. In tal caso all'impresa intermedia *conviene* acquistare con IVA rendondo ininfluenti le variaizoni minimi dell'aliquota.

es. pratico: acquisto dal fornitore di 100+21 =121 il 30/09/11 con pagamento a 180gg, l'impresa ottiene un credito di 21 da compensare entro il 16/10 sull'IVA da versare, a fronte di tale credito dovrà sborsare denaro effettivamete il 31/03/2012 ottenendo un finanziamento  di 167 gg.(in realtà bisgonerebbe considerare anche l'altro lato ovvero le dilazioni sugli incassi complicando ulteriormente ma in questa sede penso sia possibile tralasciare)

Influenza delle imposte dirette:  la scelta di operare con/senza fattura e di conseguenza con/senza l'IVA nelle fasi intermedie non può prescidendere dall'influenza delle imposte dirette. Per l'impresa intemedia vendere applicando l'IVA ed acquistare senza IVA non ha alcuna convenzienza oltre che per il meccanismo debito/credito (di norma neutrale ma penalizzante se non riesce ad incassare prima del versamento dell'IVA) anche per le dinamiche di composizione del risultato di esercizio, per effetto della deducibilità dal reddito degli acquisti.

In presenza di imposte dirette elevate e vendite tutte regolari si tendenderà dedurre il maggior importo possibile di costi la qual cosa risulta impossibile senza richiedere fattura con l'applicazione dell'IVA.

Al contrario se tenderà a vendere sommerso, non certo per incamerare l'IVA (non essendo possibile nella fase intermedia), lo fa per ridurre le imposte sul reddito ma in tal caso  non è da trascurare l'effetto dell'imposizione diretta con parametri e studi di settore che stabiliscono e impongono di fatto un livello minimo di imposizione annullando la convenienza ad occultare reddito nella fase pre-dichiarativa.

Influenza dell'ultimo anello: la dinamica dell'IVA si gioca essenzialmente sull'ultimo anello della catena, ovvero tra il consumatore ed il dettagliante. Se il dettagliate vende sommerso (per praticare sconti ed essere concorrenziale o semplicemente per intascare l'IVA) non potrà che acquistare dal grossista merci sommerse nella stessa proporzione altrimenti risulterebbe costantemente in perdita evidenziando una formale antieconomicità dell'impresa.

Il grossista si rivolgerà al produttore chiedendo proporzionalmente di acquistare senza applicazione dell'IVA per non essere sbilanciato su costi/ricavi, ed il produttore si attiverà per l'acquisto di materie prime nello stesso sistema, ma qui la cosa si complica per via del commercio internazionale.

In conclusione, secondo tali osservazioni nella pratica, nel B2B continua ad esserci una neutralità sull'aliquota IVA le cui dinamiche e spinte verso il sommerso sono guidate dalle scelte del dettaglio e dal rapporto venditore ultimo/consumatore.

 

P.S.(spunto per nuovo post) e se...... si pensasse ad un incremento di aliquta al 25% come in nord europa accompagnato da una riduzione dell'imposte sul lavoro per controbilanciare gli effetti regressivi, mirando a rideterminare nelle famiglie la quota di reddito consumato a favore della quota di risparmio...

La scelta di operare nel sommerso dipende principalmente dal non pagare contributi previdenziali (eccessivamente onerosi), sostenere oneri gestionali non trascurabili (sicurezza, contabilità, tutele, ecc) e soprattutto imposte dirette e non dal meccanismo debito/credito.

Vero, la scelta di operare nel sommerso dipende da queste cose che elenchi. Ma la domanda del post e' un'altra, ed e': dopo che hai scelto dove operare, con chi hai incentivo a interagire? Il punto e' che col meccanismo credito/debito VAT se sei sommerso hai incentivo a interagire con altri sommersi, e l'incentivo e' tanto piu' forte quanto piu' alta e l'aliquota.

Come detto in risposta a Francesco sopra si puo' obiettare che quantitativamente l'effetto abbia una rilevanza degna di nota (derivando da quelle imprese sommerse al 100% che non possono convincere i loro fornitori non sommesi a vendere senza fargli pagare l'IVA) ma questa e' un'altra questione.

realtà bisgonerebbe considerare anche l'altro lato ovvero le dilazioni sugli incassi complicando ulteriormente ma in questa sede penso sia possibile tralasciare)

 

non penso si possa tralasciare, in quanto il finanziamento implicito di cui parli viene pagato dal fornitore che parallelamente anticipa l'IVA corrispondente.

Direi invece che un meccanismo da considerare sia il meccanismo di esazione. Il perverso meccanismo di pagamento ogni tre mesi basato sulla fatturazione e non sull'incasso combinato con gli ormai drammatici tempi di pagamento rappresentano un incentivo potente all'evasione E SOPRATTUTTO a dilatare il più possibile i tempi di pagamento

In pratica l'unico che realmente si finanzia con questo meccanismo è lo Stato a spese del funzionamento della catena

C'è un altro aspetto da considerare, spesso chi vende in nero ad un "intermediario" si fa pagare l'IVA comunque, pur non emettendo fattura all'interessato, perchè quest'ultimo non ha interesse a far risultare il suo reale volume d'affari (a sua volta non emetterà fattura). L' IVA incassata verrà poi "distribuita" su altri clienti che, magari trovandosi in "difetto" rispetto agli studi di settore, hanno interesse a far risultare un fatturato maggiore del reale per evitare di incorrere in verifiche e simili.

Qualcuno potrebbe obiettare che così facendo pagano più tasse del dovuto, è vero, ma a questo punto scatta l'italica filosofia per cui oggi mi freghi tu (stato) domani ti frego io e avanti così fino alla prossima scadenza quando "ci si inventerà qualcosa!"