Qual è il numero ottimale di immigrati?

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Quest’estate ho scritto per Peregrine (una pubblicazione della Hoover Institution) un articolo intitolato “Qual è il numero ottimale di immigrati negli Stati Uniti?” (qui la versione originale e qui un podcast, entrambi in inglese) La mia risposta: 2.002.052.035 (due miliardi, due milioni, e cinquantaduemilatrentacinque). Dico sul serio.

La superficie degli Stati Uniti è pari a 9 milioni di chilometri quadrati, circa 33 persone per chilometro quadrato. Nel Regno Unito ci sono circa 250 persone per chilometro quadrato. Se lasciassimo arrivare negli Stati Uniti un paio di miliardi di persone, raggiungeremmo una densità di popolazione inferiore a quella del Regno Unito. Perché proprio il Regno Unito? Beh, mi sembra un bel un paese, tutt’altro che sovrappopolato. Anche in Olanda si vive bene, con 483 persone per chilometro quadrato. Quindi forse dovremmo far entrare negli Stati Uniti quattro miliardi di immigrati, non due. Si, forse negli Stati Uniti c'è piu' deserto, cosi' come piu' tundra inabitabile, per cui potremmo farne entrare, diciamo, solo un miliardo. Comunque si voglia metterla, gli Stati Uniti sembrano decisamente sottopopolati in rapporto a molti altri paesi avanzati che offrono un piacevole standard di vita.

Come capite da questi miei calcoli semiseri, il titolo di questo articolo pone la domanda sbagliata. Qual è il numero ottimale di pomodori importati? I pianificatori centrali dell’Unione Sovietica cercavano di risolvere le cose in questo modo. I legislatori e il governo americani non dovrebbero farlo. Dovremmo decidere i termini ottimali dell’importazione di pomodori e poi lasciare che sia il mercato a decidere il numero. Allo stesso modo, dovremmo decidere quali sono i termini ottimali dell’immigrazione (in che modo facciamo immigrare le persone? Che tipo di persone?), in modo che la vasta maggioranza di questi immigrati arrechi un beneficio netto agli Stati Uniti. Poi, lasciamo che tutti quelli che vogliono venire vengano. Se abbiamo scelto i termini giusti, il numero si regolerà da solo.

Questi sono principi elementari di economia: fissa il prezzo, fissa le regole del gioco; ma non stabilire la quantità, e non decidere il risultato finale. Quando una società fissa le quantità, o stabilisce delle quote (come fanno gli Stati Uniti con l’immigrazione) il risultato è, di solito, un disastroso spreco. Con una quota predeterminata di immigrati, un imprenditore che potrebbe venire negli Stati Uniti per avviare un’attività da un miliardo di dollari si troverebbe davanti le stesse restrizioni di chiunque altro. Il potenziale Albert Einstein o Sergey Brin non avrebbe alcun modo di segnalare di quale entità potrebbe essere il suo contributo alla nostra società.

Perché temere gli immigrati? Si potrebbe temere che abusino dei servizi pubblici. Da un punto di vista morale, il perché le tasse di un americano dovrebbero aiutare uno sfortunato nato nel Maine e non un (altrettanto) sfortunato nato a Guadalajara è una domanda interessante, ma lasciamola da parte. Non è affatto complicato definire delle condizioni che proteggano i conti pubblici: gli immigrati potrebbero pagare un deposito alla frontiera, diciamo 5.000 dollari. Se dovessero finire i soldi e richiedere assistenza pubblica, oppure essere condannati per un crimine, non avere assicurazione sanitaria, ecc., il deposito viene utilizzato per pagare il biglietto di rimpatrio. In alternativa, il governo potrebbe stabilire una verifica per patrimonio e reddito: gli immigrati devono mostrare di possedere almeno 10.000 dollari di patrimonio, assieme a un lavoro (entro sei mesi) oppure un reddito da impresa o da patrimonio.

In ogni caso, quello del welfare e altri servizi sociali è un argomento irrilevante. Gli immigrati potrebbero andare in Francia, se quello che cercano è il welfare state. La stragrande maggioranza degli immigrati arriva negli Stati Uniti per lavorare, e paga le tasse. L’abuso dei servizi pubblici è, semplicemente, un falso problema. Ma se è di questo che siete preoccupati, non è difficile strutturare un accordo (come negli esempi sopra) che risolva il problema.

Potreste allora aver paura che gli immigrati rubino il lavoro e facciano diminuire i salari americani. E' una storia che si sente spesso raccontare, ma in realtà non costituisce un problema serio e, infatti, la protezione che ci illude di fornire in questo modo ai nativi non funziona mai nel lungo periodo. Se non arriva manodopera, il capitale – fabbriche e aziende agricole – se ne va, e i salari diminuiscono comunque. Gli immigrati arrivano per lavorare nelle industrie piu’ aperte, che offrono molti posti di lavoro, non in quelle in cui ci sono pochi posti di lavoro e molti lavoratori che competono per essi. Quindi, le restrizioni all’immigrazione fanno poco, nel lungo periodo e per un’economia aperta come gli Stati Uniti, per “proteggere” i salari. Se restrizioni all’immigrazione che fanno aumentare i salari funzionano, i salari più alti si traducono in prezzi maggiori per i consumatori americani. Il Paese nel suo insieme – specialmente i consumatori a basso salario che tendono a fare la spesa da Wal-Mart e beneficiano maggiormente dei prodotti a basso prezzo – non se la passerebbe meglio.  

Infine, se anche dovesse funzionare, restringere la concorrenza sul mercato del lavoro beneficia alcuni lavoratori americani alle spese di altri lavoratori, per esempio quelli messicani. Il ruolo degli Stati Uniti nel mondo è davvero quello di privare i poveri messicani di opportunità per sussidiare lo standard di vita dei nostri lavoratori? Siamo uno strano paese, che proibisce rigorosamente la discriminazione dei lavoratori “per luogo di nascita, discendenza etnica, cultura, caratteristiche linguistiche comuni ad uno specifico gruppo etnico, o accento…” e poi richiede questa discriminazione sulla base di, beh, il luogo di nascita.

Ma se questo vi preoccupa comunque, non c’e’ problema: il governo potrebbe fornire delle licenze per determinati impieghi protetti in maniera tale che solo i cittadini statunitensi possano occuparli. Troppo intrusivo? Beh, è esattamente quello che stiamo cercando di fare tenendo fuori le persone dal paese, e una buona politica non si fa dando una bella apparenza a una politica pessima.

Più seriamente, ci si potrebbe preoccupare del fatto che la nostra società assorbe rapidamente le persone istruite: ingegneri, programmatori, venture capitalists, manager e professori, ma non fa altrettanto con le persone con un livello d’istruzione inferiore. Se l’obiezione della minor-competenza minor-assimilazione ha un senso, allora lasciamo entrare chiunque abbia competenze e credenziali specifiche. Dobbiamo parlare di condizioni, non di numeri.

Forse siete preoccupati per i valori sociali. Si potrebbe facilmente richiedere che gli immigrati negli Stati Uniti parlino inglese e che abbiano una vaga conoscenza delle istituzioni, storia, e leggi americane, sebbene queste condizioni non siano richieste per i nostri cittadini. Bene. Dobbiamo parlare di condizioni, non di numeri.

Forse vi preoccupate per come riusciremo a costruire case e trovare lavoro per tutte queste persone? Non saremo noi a farlo, ma loro. I mercati, e non il governo, forniscono già case e lavoro per i cittadini. E, in ogni caso, non dovremmo preoccuparci per la nostra economia in stagnazione? Tutti vogliono la costruzione di case negli Stati Uniti, eppure c’e’ solo un certo numero di persone che vuole solo un certo numero di case. Immaginate il boom di costruzioni che deriverebbe dall’ingresso di milioni di immigrati aggiuntivi ogni anno. I nostri avi non avevano bisogno che il Governo Federale degli Indiani d’America fornisse loro posti di lavoro o costruisse case. Neppure i nuovi immigrati ne hanno bisogno.

La questione piu’ urgente che gli Stati Uniti devono affrontare è l’assurdo numero di persone di talento che sono costrette ad andarsene dopo il loro soggiorno, spesso dopo aver ottenuto una laurea in ingegneria da un’università americana, e il nostro maltrattamento degli immigrati clandestini che sono qui. Chiunque si laurei in questo paese dovrebbe poter rimanere. Invece noi li cacciamo. Altri 11 milioni di persone sono qui, lavorano duro, pagano le tasse, hanno proprietà, ma si aggirano in uno status di semilegalità.  È un imbarazzo nazionale. Critichiamo altri paesi perche’ praticano forme di “apartheid” quando negano lo status di legalità alle persone che hanno vissuto li’ per decenni, o perfino per generazioni. Eppure, un abitante su venti negli Stati Uniti subisce lo stesso destino.

Se sei stato qui per X anni, hai un lavoro e sei stato alla larga dai guai, allora dovrebbe esserti permesso di rimanere. Se lasciamo arrivare tutti quelli che vogliono migrare secondo questi termini, allora non dobbiamo preoccuparci che “non è giusto che gli immigrati illegali saltino la fila". Scegliamo i termini giusti e non ci saranno ne’ file ne’ ingiustizie.

Dobbiamo parlare di condizioni, non di numeri. Per ogni obiezione alla libera immigrazione, è piuttosto facile trovare i termini dell’accordo per risolvere il problema. I termini giusti faranno si che il numero ottimale di immigrati si aggiusti da solo, cosicche’ nessun uomo dell’apparato a Washington debba inventarsi un numero. Una volta scelti i termini giusti, ogni persona che puo’ apportare un beneficio alla nostra società verrà, e gli Stati Uniti saranno, di nuovo, veramente una grande nazione di grandi immigrati.

Post Scriptum. Se dovessi riscrivere di nuovo questo articolo aggiungerei i medici e le infermiere. Mentre lavoravo alla revisione di “After the ACA”, un saggio su questioni sanitarie, mi sono reso conto di come l’immigrazione e l’economia sanitaria siano connesse. Teniamo dottori e infermieri fuori, per poi lamentarci di quanto costosa sia diventata l’assistenza sanitaria. Le restrizioni dell’immigrazione sono pensate per tenere alti i salari americani, ed eccole qui: funzionanti come promesso. Ma mantenere alti i salari dei medici significa mantenere alti i costi della vostra salute. Questo principio si applica ovunque.

Ho inoltre cercato un’analogia più forte per la situazione degli 11 milioni di “stranieri illegali” (destra) o “lavoratori senza documenti” (sinistra); mi piacerebbe trovare una parola neutrale e priva di connotati politici. Parliamo di 11 milioni di persone che vivono tra di noi, spesso per interi decenni delle loro vite, che lavorano qui, che posseggono casa e automobile, che avviano imprese, pagano tasse, partecipano alla nostra stessa società… eppure con pochi diritti. Non possono citare in giudizio qualcuno che li truffi, non possono votare su come la società in cui vivono debba funzionare, non possono prendere la patente, vivono in una costante paura.

Guardando alcuni degli anniversari dei diritti civili, forse un esempio notevole è la situazione degli afroamericani nel Sud degli Stati Uniti negli anni ’50. Avevano, allo stesso modo, pochi diritti civili, in particolare non avevano il diritto di voto. Ne siamo indignati. Come mai non ci indigniamo per l’identica situazione di questi 11 milioni di immigrati? Ok, sono “illegali”. Ma anche le norme “Jim Crow” avevano la piena forza della legge. Il “devono rispettare la legge” si applica alle leggi sulla segregazione razziale? Anche il Fugitive Slave Act del 1850, era una legge. Non tutte le leggi sono buone leggi. E il “devono mettersi in fila e rispettare la legge” è un’espressione che non vuol dire niente – è semplicemente impossibile per il migrante medio dal Messico, dalla Cina o dall’India arrivare legalmente negli Stati Uniti.

Non è un’analogia perfetta. Non c’è un Ku-Klux-Klan o una violenza sistematica contro gli immigrati. Le analogie storiche banalizzano il passato con troppa facilità, come quando si dà del “nazista” a qualcuno. Ma penso che, alla fine, riterremo il nostro attuale trattamento degli immigrati qualcosa di ugualmente offensivo sotto il profilo morale, e delle buone similitudini per le cose che, giustamente, deploriamo meritano di essere cercate. Me ne servono di migliori.

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Commenti

Ci sono 55 commenti

Come Italia, Germania, Grecia, Spagna, ...

Esiste un principio cardine di ogni società liberale: il diritto di proprietà: ho il diritto di escludere tutti gli altri dai beni di mia proprietà, fin qui siamo tutti d'accordo, tranne che a Cuba e in Corea del Nord.

Qualcuno potrebbe dire, va bene, allora installo una tenda nel vostro giardino condominiale. E no, diremmo noi. Il diritto di proprietà può appartenere ad una moltitudine di persone, che hanno il diritto di escludere tutti coloro che non sono proprietari. Quindi niente tenda nel nostro giardino.

Cos'è il nostro Stato, se non il giardino condominiale dei cittadini? Giardino dove facciamo entrare chi vogliamo noi, con gli orari che vogliamo noi, e che devono uscire quando vogliamo noi.

L'immigrazione incontrollata è una grossa ferita al diritto di proprietà; provoca l'aumento dei reati (la grande maggioranza dei detenuti è costituita da immigrati), la diminuzione della sicurezza, con tanti cittadini che hanno paura di uscire di sera; ha rovinato intere zone turistiche e la vita di coloro che ci lavoravano; senza parlare di scontri di carattere religioso che società omogenee da secoli non hanno.  Avvengono occupazioni abusive di abitazioni e non esistono forze dell'ordine sufficienti per impedirle.

Se non è tutelato il diritto di proprietà, nessuno investe, e il declino è inarrestabile.

Quindi il numero di immigrati da ammettere non può che essere deciso dai cittadini stessi, e sarà uno degli argomenti delle campagne elettorali, come è giusto.

Se coloro che vogliono due miliardi di immigrati negli Stati Uniti vinceranno le elezioni, ne entreranno due miliardi. Ma non credo che accada.

 

Quindi il numero di immigrati da ammettere non può che essere deciso dai cittadini stessi, e sarà uno degli argomenti delle campagne elettorali, come è giusto.

 

Corretto.

In Italia ci vogliono 7 milioni di immigrati over 20 under 35 oggi, o in 2 o 3 anni, e 15-20 milioni nei prossimi 20 anni. Preferibilmente laureati.

Chi lo capirà e convincerà gli Italiani, avrà il mio voto.

Il suo commento mi ha sinceramente lasciato di sasso, ma una frase in particolare ho trovato sconcertante: "Cos'è il nostro Stato, se non il giardino condominiale dei cittadini? Giardino dove facciamo entrare chi vogliamo noi, con gli orari che vogliamo noi, e che devono uscire quando vogliamo noi."
Francamente, lascia interdetti che lei appellandosi ai principi liberali poi faccia un'affermazione così collettivista! Anzi, doppiamente collettivista perché da un lato stabilisce (nazionalisticamente?) che lo Stato italiano sia proprietà del popolo italiano, dall'altro che il popolo italiano sia dotato di una volontà collettiva o che sia legittimo per la maggioranza schiacciare a opprimere le minoranze (sia etniche che politiche o intellettuali).
Purtroppo capita troppo spesso di imbattersi in sedicenti liberali che poi rivelano idee e posizioni da conservatori statalisti. Non è un attacco personale, ma faccio davvero fatica a capire come si possa essere "selettivamente fedeli" a certi principi.

Non so da dove vengano i tuoi antenati, dove tu sia nato o dove tu viva, ma dubito che tu viva dove sei nato e dove sono nati i tuoi genitori, i tuoi bisnonni, trisnonni, ecc. ecc., come sarebbe avvenuto se quelli del villaggio accanto avessero di generazione in generazione rivendicato il diritto di tener fuori i tuoi avi e, infine, te (se vivi in una citta' diversa da quella in cui sei cresciuto). Ma non l'hanno fatto, e per un'ottima ragione: ci sono ovvii benefici sociali dalla mobilita' geografica, anche costi naturalmente ma il beneficio netto e' molto probabilmente positivo.

Inoltre, e' una bizzarra nozione di societa' liberale quella per cui il destino di un individuo debba dipendere totalmente dalla fortuna o sfortuna alla nascita. Ho la fortuna di nascere in un paese prospero e pacifico: rivendico la proprieta' di questo paese per me e miei figli, e chi ha avuto la sfortuna di nascere in un posto dove lui e i suoi figli muoiono di fame, vengono affettati col machete, e altre amenita' del genere, se lo deve prendere e tenere nel culo perche' gli e' toccato in sorte il condominio sbagliato (mi permetto di far notare, incidentalmente, che il tuo esempio non calza: un appartamento in condominio con giardino uno se lo puo' comprare, il luogo dove nasci non te lo puoi comprare, e questo e' indubbiamente un notevole fallimento del mercato). Almeno nel giorno in cui 300 di questi disgraziati che andavano contro la sfiga natia sono annegati tentando di raggiungere il giardino del condominio degli europei, si potrebbe pensare due volte prima di scrivere.

Infine, come discusso in dettaglio molte volte su questo blog, gli studi empirici hanno ripetutamente indicato che l'affermazione

 

provoca l'aumento dei reati (la grande maggioranza dei detenuti è costituita da immigrati)

 

e' falsa. L'immigrazione non causa il crimine, ne' in Italia ne' altrove. La grande maggioranza dei detenuti e' costituita da giovani maschi con bassa istruzione e basso reddito (prima di finire in carcere). Si da' il caso che gli immigrati siano sproporzionatamente sovrarappresentati in questo gruppo, da cui una correlazione positiva che non e' evidenza di causazione (non "provoca"). Naturalmente si possono e si debbono stabilire condizioni e imporre la legalita' a chi arriva (cosi' come a chi nasce a Napoli, o a Pistoia, o a Treviso). Il punto del post di Cochrane e' proprio questo, mostrare come da una prospettiva liberale (la sua poi, da Chicago, e' dalle nostre parti bollata come turboliberista) non si puo' non trovare osceno l'atteggiamento xenofobo a anti-immigrazione di molti europei, e di troppi italiani in particolare. Chi ha orecchie intenda. E la tenda, per me, la puo' piantare dove gli pare se rispetta il regolamento condominiale:

 

Dobbiamo parlare di condizioni, non di numeri.

 

oltre a quello del mercato, secondo cui l'immigrato conviene perché crea mobilità e dinamismo sociale, risolve la questione demografica e migliora la situazione previdenziale dei residenti.

Mi riferisco all'aspetto antropologico-culturale. Se diventassimo una società chiusa e integralista, come quelle da cui molti degli immigrati provengono, allora dimostreremmo che è quella la cultura vincente e  dichiareremmo la sconfitta dei nostri valori (scusate il tono un po' enfatico). Credo che agli integralisti facciano molto piacere i nostri movimenti xenofobi, è esattamente quello che loro vogliono. La nostra tolleranza è un'arma che loro temono molto più delle nostre atomiche.

E' affascinante come dal diritto di proprietà si arrivi a considerare lo stato come un'entità collettiva e granitica che regola in maniera insindacabile la mobilità delle persone; praticamente dal liberalismo classico a uno statalismo quasi distopico.

Praticamente, il tuo concetto di 'diritto di proprietà' impedirebbe all'imprenditore Tizio di assumere il lavoratore straniero Caio nella propria azienda, e al proprietario di casa Sempronio di affittargli un appartamento.

Mi rendo conto che il problema è più complesso e articolato di come appaia in questa mia semplificazione. E non minimizzo le esternalizzazioni negative legate al fenomeno dell'immigrazione. Ma quella che proponi è in sostanza una forma estrema di protezionismo; difficile pensare che abbia conseguenze economiche brillanti.

Sono in perfetto accordo con il post, non si poteva essere più chiari... Mi viene in mente un' "indiscrezione" circolata oggi sul funzionario del centro controllo nascite di una regione cinese, il quale pensa che siano necessario risolvere gli squilibri demografici attraverso una two-child policy obbligano quindi i cinesi ad avere 2 figli anzichè uno che ovviamente sarebbe ancora più disastrosa della prima oltre che difficilmente realizzabile... stesso errore... link alla notizia: http://goo.gl/2bjdvC

Ai miei occhi la distanza fra chi cerca di imporre la politica del figlio unico, e poi quella del doppio figlio e domai chissà quella del triplo figlio perchè è "buona per il paese"  non è poi abissalmente diversa da chi cerca di imporre un'immigrazione rifiutata, a quando sostiene Boldrin, dal 65% degli Italiani. Altrove, quando gli elettori hanno la possibilità di esprimersi formalmente, come in Svizzera, producono un risultato legalmente vincolante contro un'immigrazione vissuta come eccessiva. Ho difficoltà ad interloquire con Alessandro Riolo; a capire i vantaggi per il paese di sette milioni di  vucumprà laureati e di massaggiatrici cinesi laureate o meno, non ci arrivo proprio; deve essere l'età.

Più interessante la posizione di Boldrin che pone il problema dell'immigrato (laureato o no?) che "cambia il pannolino, non quello che pulisce la casa, non quello che fa la colazione al bar o  serve la cena al ristorante o vende il latte a tarda notte nel negozietto cinese mentre tutti i negozi dei bottegari italiani per bene son chiusi da ore, non quello che pulisce la fogna o la strada, non il garzone del negozio che possiede, non quello che raccoglie a basso prezzo i pomodori nel campo", in altre aprole quelli che fanno i lavori "che gli Italiani non vogliono più fare", lavori che in Amerika chiamano "DDD" (Dirty, Dangerous, Demanding) o semplicemente malpagati. Ora qui c'è un grosso equivoco: molti ritengono che per qualche motivo sconosciuto gli immigrati siano irresistibilmente attratti verso i lavori DDD. Questo è ovviamente falso; gli immigrati fanno questi lavori perchè si trovano in condizione di grave disagio economico e sociale, non parlano la lingua, non godono di pieni diritti etc. Ma naturalmente non appena gli immigrati imparano la lingua, acquisiscono la cittadinanza in breve si integrano, neanche loro vogliono più fare i lavori DDD, nè più nè meno degli italiani "autoctoni", allora che si fa? Un'altra tornata di immigrazione e si ricomincia daccapo? Quindi se il problema è quello di lavori poco graditi, allora l'immigrazione non è la soluzione, ammenochè ovviamente non si ritenga di mantenere gli immigrati in una condizione permanente di disagio socioeconomico in modo che continuino ad essere disponibili per lavori DDD, magari tramandando questa condizione da una generazione all'altra. Non è un concetto puramente teorico, è più o meno quello che accade in Francia e forse è per questo che gli "immigrati di seconda generazione" (si lo so che il termine è assurdo, di fa per capirsi) francesi sono sempre incazzati e vanno in giro ad ammazzare la gente. Se quindi il problema è quello di lavori sgraditi, la soluzione corretta dovrebbe essere di sforzarsi per renderli meno sporchi, meno pericolosi, meno faticosi; per esempio se chi pulisce le fogne avesse, che so io, una giornata lavorativa di sole quattro ore ma un salario pieno la prospettiva potrebbe cominciare a diventare interessante. Oppure certi lavori potrebbero essere pagati meglio: il dentista è sicuramente un lavoro DDD ma grazie alla remunerazione interessante non mancano i candidati.

Mi sembrano da considerare anche altri fattori: in disordine di importanza:

- l' Italia sta cacciando chiunque abbia da dire/dare qualcosa in termini di economia/civiltà: tra chi ha letto almeno 3 libri in vita propria e si riunisce per una pizzetta, il discorso è sempre "ma che ce stam' affà, in Italia" ? Chi viene da noi sembra qualcuno che non avrebbe nulla da offrire a paesi più civili, altrimenti se ne fregherebbe altamente dello Stivale;

- la sparo grossa: non chiedo che noi abbiamo un mercato del lavoro più efficiente, ma meno penoso, sì: i privati/il pubblico, gli enti locali,... esprimono una richiesta di lavoratori, e così si sa chi può entrare utilmente e chi invece alla ventura;

- ricordiamoci che dovresti trovare lavoro perché presumibilmente conosci la materia, non perché conosci Tizio (sono riuscito a scriverlo senza né ridere né piangere !); e questo sia per chi entra, sia per non far passare qualunque voglia a chi qui c' è nato;

- delinqui, almeno oltre un certo limite ? Galera, no semplice espatrio.

- immigrazione clandestina ? Mica penseremo che si sbarchi in aree dove la musica la fanno Stidda/Mafia/'Ndrangheta/Sacra Corona Unita, e don Fefè non sappia/non voglia, vero ? Ma finché egli controllerà millanta mila voti ...

- integrazione ? L' unica possibile è sulla norma; finchè parleremo di culture diverse, non ne usciremo: se la cultura non è quella di rispettare le norme, ti metto in galera, puoi essere italiano, rom, maori: invece, un esempio tra mille, nel sud-est di Roma, zona Tor Sapienza e dintorni, è norma che gli zingari brucino guaine isolanti per rivendere rame rubato: peccato che le diossine che così si producono siano un cancerogeno interculturale (tra l' altro, che culo: proprio il rame catalizza in grandissimo stile la produzione di diossine), e nessuno finisce a Rebibbia per parecchio tempo: eppure da Tor Sapienza a Rebibbia sono al massimo 15' di cellulare (quello della Fiat, non quello della Samsung);

- invece noi vogliamo fare l' integrazione al grido di "sono culture diverse": abbiamo presente il disastro di civiltà così prodotto in UK ? Mica vorremo ripetere le coglionate di Mercedes Bresso, ad esempio, vero ?

- finché continueremo a ragionare in termini di integrazione mediata dalla religione, continueremo ad avere guerre di religione;

- e poi: gl' italiani certi lavori non li vogliono più fare ? Beh, con questa scuola, e con questo sistema bloccato è perfettamente naturale; nel bel paese ove 'l sì suona, come nasci, muori: se sei il figlio del noto studio legale X, non c' è scampo, farai il titolare del noto studio legale X, anche se sei una pippa come avvocato e magari saresti un clarinettista migliore di Goodman; se poi tuo padre/madre ..., ti può raccomandare solo a pulire fogne ... . Lo sapevate che basta chiamarsi "Lavazza" per essere, fin da piccoli, geni del caffè ? Andate a guardare i nomi ricorrenti nelle alte sfere dell' industria italiana, per vedere.

- da ultimo: sarebbe ora di far funzionare decentemente il mercato immobiliare residenziale, perchè altrimenti continueremo ad avere occupazioni, baracche e gente che vive sotto i ponti (attenzione, è peggio di come si può pensare: a Roma, stazione Tiburtina, c' è gente che vive nel "sottoscala" del viadotto autostradale, avendo ricavato "letti" nelle strutture portanti della strada, a circa 5 metri da terra) e non è accettabile.

Poi, certo finché staremo a sentire il curato di Buenos Aires che grida contro il liberismo, tanto lui integra gl' immigrati coi miracoli E COI SOLDI NOSTRI, e finché chi propone soluzioni se non altro nuove, e quindi non sputtanate, prenderà percentuali da prefisso telefonico piemontese ...

 

Qualcuno sarebbe cosi' paziente da spiegarmi quella che mi sembra una contraddizione? (mia ignoranza del sistema americano)

Come e' possibile che gli 11 milioni di immigrati citati nell'articolo siano "illegali" o senza documenti se poi pero' pagano le tasse?