Quanti modi per tagliare la bolletta elettrica

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Il Ministro dello Sviluppo Economico Zanonato ha ribadito al recente meeting annuale di CL la volontà di alleggerire la bolletta elettrica degli Italiani. Volontà più che condivisibile, data l’incidenza del consumo di energia elettrica sulla spesa delle famiglie italiane, e sulla competitività delle imprese nazionali.

A ben vedere però, la soluzione individuata dal Ministro - che modifica il meccanismo di attribuzione degli incentivi alla produzione da fonti di generazione rinnovabili - potrebbe determinare il paradossale risultato di aggravare il peso di tali sussidi sulla bolletta elettrica e di allungarne la durata della copertura attraverso il gettito raccolto dai consumatori di energia elettrica.

Di seguito illustriamo la proposta avanzata dal Ministro dello Sviluppo Economico e cerchiamo di avanzare alcune proposte alternative, e più efficienti, di tagli alla bolletta elettrica.

La proposta del Ministro Zanonato: bond per gli incentivi alle rinnovabili

Nel 2011, la spesa media mensile delle famiglie italiane ha riguardato per il 5.2% l’impiego di combustibili ed energia – valore salito al 5.6% nel 2012, per effetto dell’aumento dei prezzi di gas, elettricità e carburanti - con un peso del consumo di energia elettrica pari in media a circa il 2% della spesa media mensile complessiva. Del resto, stando ai dati Eurostat, nel secondo semestre del 2012 il prezzo dell’elettricità per i consumatori domestici ha subito in Italia un incremento dell’11% rispetto alla seconda metà del 2011 - contro un aumento medio del 6.6% della intera UE a 27, e secondo solo a Cipro (+21%) e Grecia (+15%) - attestandosi intorno ai 23 €/100kWh (dietro solo a Danimarca 29.7 €/100kWh, Cipro 29.1 €/100kWh, e Germania 26.8 €/100kWh). Analoghe considerazioni valgono per le piccole medie imprese italiane che nel secondo semestre del 2012 hanno fronteggiato un costo per l’energia elettrica pari a 22.74 €/100kWh, secondo solo a quello di Malta (25.89 €/100kWh) e Cipro (30.92 €/100kWh).

La proposta avanzata dal Ministro dello Sviluppo Economico per ridurre il costo dell’energia elettrica prevede l’imposizione di un tetto di 9 miliardi di euro annui ai prelievi in bolletta per l’incentivazione della generazione da fonti rinnovabili e la conseguente emissione di bond - probabilmente da parte del Gestore dei Servizi Energetici, l'organismo pubblico incaricato di amministrare gli incentivi - per finanziare la parte eccedente i 9 miliardi. Coerentemente con la volontà di non toccare gli incentivi alle fonti rinnovabili, visto che abbiamo 500 mila produttori con cui non possiamo rinegoziare gli accordi”, questo sistema non genererebbe alcun cambiamento per i produttori da fonti rinnovabili che si vedrebbero comunque riconoscere gli incentivi previsti nei tempi previsti. Diversamente, per i consumatori domestici e le piccole medie imprese, questo meccanismo determinerebbe secondo il Ministro un risparmio annuo del 7%-8%. Tuttavia, una simile emissione obbligazionaria ha l’effetto di rendere più lungo l’orizzonte temporale per cui gli incentivi continueranno a gravare sulla bolletta elettrica con un aumento inoltre del costo dell’incentivazione per la generazione da fonti rinnovabili. Al costo degli incentivi andrebbe infatti sommato il costo degli interessi sui bond. Secondo una stima di Assoelettrica, tenendo conto di tali interessi, il costo per l’incentivazione della generazione rinnovabile passerebbe da un valore cumulato nel periodo 2010 - 2032 di 220 miliardi oggi stimati, a circa 250 miliardi di euro. Inoltre, il debito legato agli incentivi si estinguerebbe nel 2038 e non più nel 2032 per effetto del rimborso dei bond a scadenza.

Dato il paradossale rimedio proposto dal Ministro Zanonato, che aggrava e allunga i tempi dell’incentivazione, c’è da chiedersi intanto se l’intoccabilità degli incentivi alla generazione da fonti rinnovabili possa ancora giustificarsi, e secondariamente se davvero non esistano interventi volti ad alleggerire la bolletta più efficienti di quelli proposti dal Ministro.

Come vedremo, la bolletta degli Italiani cela numerose forme di incentivazione, che spesso esulano dalla logica del fallimento di mercato, a beneficio di quello o l’altro monopolio. 

Il meccanismo di incentivazione della generazione da fonti rinnovabili

A oggi, la generazione da fonti rinnovabili gode di due diversi meccanismi di incentivazione: il V Conto Energia che prevede lo stanziamento di 6.7 miliardi di incentivi annui per il fotovoltaico (già raggiunti a giugno, per il 2013), e un sistema di remunerazione sino al 2015 basato su aste per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Aste che avrebbero lo scopo di rendere i sussidi elargiti funzione della domanda di mercato ma che, prevedendo invece un prezzo minimo di offerta, di fatto garantiscono un sussidio minimo ai produttori aggiudicatari delle aste. Oltre a tale beffa, occorre ricordare la generosità degli incentivi erogati alle tecnologie di generazione rinnovabili che sono passati da circa 4.7 miliardi di euro nel 2009 a oltre 10 nel 2010, con una previsione per il 2016 che supera i 12 miliardi di euro. Incentivi la cui generosità è ben mostrata dall’andamento dell’ammontare di capacità fotovoltaica installata che è passata da meno di 1 GW nel 2008, a ben più di 16 GW nel 2012 (si veda Figura 1). 

Gli incentivi alla generazione da fonti rinnovabili gravano nella componente A3 della bolletta elettrica che copre circa il 62% degli oneri generali di sistema, i quali sono i principali responsabili del folle incremento della bolletta elettrica negli ultimi anni. Gli oneri generali di sistema sono infatti cresciuti del 125% dal 2007 al 2012, contro un aumento delle altre componenti della bolletta che oscilla dal 10% al 30% (si veda la Figura 2 - Dal 2004, gli oneri generali di sistema sono cresciuti di ben oltre il 260%. La Figura 2 considera le osservazioni successive al luglio 2007 in quanto prima di tale data i costi di rete includevano i costi di commercializzazione dell'attività di vendita che, a partire dalla stessa data, sono stati attribuiti ai costi di energia e approvvigionamento). Questi incentivi sono stati talmente generosi da consentire all’Italia di raggiungere l’obiettivo europeo con quasi 10 anni di anticipo (circa 92 TWh generabile dalla capacità installata a fine 2011, rispetto ad un obiettivo 2020 di 100 TWh).

Incentivi generosi, cui si affianca l’esenzione per i produttori da fonti rinnovabili dal pagamento dei c.d. corrispettivi di sbilanciamento - gli oneri dovuti a una maggiore attività di Terna per il bilanciamento del sistema, e dovuti all’immissione in rete di un quantitativo di energia diverso dal programmato. Il sistema elettrico deve essere infatti mantenuto, per ragioni fisiche, in costante equilibrio: poiché la produzione da fonti quali fotovoltaico ed eolico non è programmabile ed è solo parzialmente prevedibile, l'operatore di rete deve continuamente aggiustare il profilo di produzione degli impianti convenzionali allo scopo di bilanciare gli eccessi o i deficit di produzione rispetto alle previsioni. I costi dello sbilanciamento, aumentati negli ultimi anni per effetto dell’accresciuta presenza di fonti intermittenti nel parco di generazione, sono socializzati attraverso un aumento degli oneri di dispacciamento che gravano nella componente tariffaria relativa ai servizi di vendita. Il TAR Lombardia ha infatti accolto recentemente il ricorso dell’ANEV (Associazione Nazionale Energia del Vento) contro una delibera dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas che estendeva anche ai produttori da fonti non programmabili la corresponsione dei corrispettivi di sbilanciamento poiché in grado di prevedere lo sbilanciamento prodotto come i produttori da fonti convenzionali. Da un punto di vista economico, lo sbilanciamento dovuto all'intermittenza è un'esternalità negativa causata dai produttori rinnovabili.

Se il buon senso non fosse sufficiente a far comprendere l’inefficienza di un simile sistema di incentivazione e benefici, a spese dei consumatori, occorrerebbe ricordare che la ragion d’essere di sussidi così concepiti va a mano a mano perdendosi quanto più  si avvicina la grid parity (cioè la competitività di costo, agli occhi del consumatore finale, con le fonti convenzionali) per alcune tecnologie rinnovabili di generazione come il fotovoltaico. Un cambiamento, quest’ultimo, che renderebbe necessaria un’adeguata riflessione sul volume e sulla durata degli incentivi oggi in essere.

Ma qualora il legislatore volesse continuare a essere benevolente verso i soli noti, davvero non esistono altre forme di intervento per alleggerire la bolletta in un modo forse meno costoso rispetto a quello suggerito dal Ministro Zanonato?

Quanti incentivi in bolletta

A ben vedere in bolletta risiedono diverse forme di incentivazione, oltre quelle già citate per la generazione da fonti rinnovabili, che appaiono scarsamente giustificabili - se i sussidi servono a far fronte a fallimenti di mercato - e la cui eliminazione o modifica consentirebbe risparmi per i consumatori probabilmente a costi inferiori rispetto a quelli della proposta del Ministro Zanonato.

Tra gli incentivi alle fonti rinnovabili bisogna ricordare che rientrano anche i sussidi, introdotti nel 1992, ai cosiddetti impianti CIP 6 vale a dire agli impianti che producono da fonti rinnovabili e assimilate. A parte la contraddizione in termini – dal momento che fonti assimilate sono considerate gli impianti come inceneritori o che usano i bitumi, o gli scarti delle raffinerie che sono particolarmente inquinanti - l’incentivo fornito agli impianti CIP6 (nel 2011 pari a 3.257 miliardi di euro di cui il 28.2% alle rinnovabili vere e proprie e il 72.8% alle assimilate) è basato sul cosiddetto costo evitato, e cioè sul costo che l’ex-monopolista avrebbe sostenuto per costruire un nuovo impianto. Tale costo evitato è pari al valore del quantitativo di gas che sarebbe stato necessario a produrre col metano il kWh generato dall’impianto sussidiato. A oggi, grazie a un intervento last minute dell’ ex Ministro Passera, tale valore del gas è ancora parametrato all’andamento del prezzo del greggio anziché - come suggerito dalla stessa Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas alla luce delle recenti evoluzioni del mercato del gas – all’andamento dei prezzi spot del gas, che negli ultimi anni si è vistosamente disaccoppiato. Orientamento che se seguito dal precedente governo avrebbe consentito un risparmio immediato di 500 milioni di euro.

Analoghe considerazioni valgono per i sussidi elargiti alle centrali a olio combustibile, entrati in vigore nel marzo di quest’anno, sotto forma di remunerazione per rendersi disponibili a entrare in funzione per ridurre il consumo di gas per la generazione elettrica a fronte di alquanto improbabili emergenze gas. Sussidi che si aggirano intorno ai 250 milioni di euro annui, spalmati sulle bollette degli Italiani, e che rappresentano un generoso quanto ingiustificato regalo a centrali inquinanti che, per effetto dello spiazzamento delle fonti rinnovabili e dell’operatività di più efficienti impianti come i cicli combinati, sono destinate a chiudere.

Stando sempre alla giustificazione economica dei sussidi, va da sé che nessuna ragion d’essere trova il regime tariffario speciale previsto per le FS (pari a circa 300 milioni di euro per il 2011), e le agevolazioni previste per il Vaticano e la Repubblica di San Marino - tramite l’assegnazione di riserve sulla capacità di importazione di energia elettrica – e che gravano sui c.d. costi di dispacciamento socializzati attraverso la bolletta elettrica. Val la pena ricordare che il regime tariffario speciale per le FS è stato introdotto per compensare FS della perdita perpetua del diritto perpetuo di sfruttamento di fonti rinnovabili come l’acqua e il vapore, derivante dalla cessione ad Enel a titolo gratuito di centrali idroelettriche e geotermiche nel 1963. Perdita che è stata compensata mantenendo il beneficio di acquistare l’energia elettrica, fino ad un livello massimo definito, al costo di produzione com’era in origine.

Sorprendente, in ultimo, l’extra incentivo rispetto al WACC previsto dal 2007 dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas per la remunerazione degli investimenti effettuati da Terna volti a sviluppare la capacità di trasporto necessaria a ridurre congestioni tra zone di mercato e internazionali, e alla realizzazione di progetti pilota relativi ai sistemi di accumulo. Tale extra incentivo - pari a un +2%/3% rispetto al WACC, per una durata di 12 anni per ogni investimento effettuato - nel 2012 ha riguardato ben l’82% dei capex regolati di Terna.  Difficile comprendere la ragion d’essere di tale incentivo a fronte di investimenti che un monopolista legale avrebbe l’obbligo di realizzare – fosse solo perché oggetto dell’attivitàdi Terna è lo sviluppo della rete di trasmissione – e a maggior ragione in un contesto per definizione privo di rischi di mercato. Senza poi contare che ancora non si è compreso se a parlare di sistemi di accumulo si sconfina nella generazione, per buona pace in caso dell’unbundling, e cioè dell’obbligo di separazione funzionale, contabile, e proprietaria tra l’attività di generazione e trasmissione (e in generale tra le attività svolte in condizioni di monopolio naturale e quelle operabili in condizioni concorrenziali) che è principio cardine dei processi d liberalizzazione.

In ultimo, la rimodulazione dell’ambito di applicazione del sistema di agevolazioni su accise e oneri generali del sistema elettrico per le imprese a forte consumo di energia, c.d. imprese energivore  (le aziende che consumano annualmente più di 2,4 GWh di energia elettrica e che hanno un rapporto tra costo della sola elettricità e fatturato pari almeno al 2%) operanti in settori maturi dell’economia – come stabilito dal decreto del 05 aprile 2013 – potrebbe portare a un alleggerimento non indifferente per le bollette dei consumatori industriali avvantaggiandone la competitività. Rimane tuttavia da comprendere come tale rimodulazione verrà effettuata, e se comporterà o meno aggravi sulle bollette dei consumatori domestici.

In bolletta si celano quindi numerose forme di incentivazione che, non sopperendo ad alcun fallimento di mercato, trovano scarsa giustificazione se non quella di beneficiare l’una o l’altra posizione privilegiata. Se questi sussidi fossero eliminati, la bolletta degli Italiani ne percepirebbe un rilevante alleggerimento. Sul come eliminarli guardando agli effetti sul welfare complessivo occorrerebbe certo un’approfondita riflessione. Ci aveva provato Giavazzi con la sua proposta a fare una simile riflessione, ma sappiamo tutti che fine ha fatto. 


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Commenti

Ci sono 21 commenti

Ho come l'impressione che nell'articolo manchi qualcosa. Questi sussidi eccedentari rispetto alla misura necessaria sono nati per generazione spontanea oppure "qualcuno" ha redatto le norme e "qualcun altro" le ha approvate? E costoro hanno un nome e un cognome? Elargire denaro pubblico a soggetti privati in eccedenza a quanto strettamente necessario è un reato? E se sì c'è qualche magistrato che sta indagando sul caso? La circosranza che il maggiore operatore italiano nel settore delle energie rinnovabili sia un boss della mafia è rilevante ai fini del problema sollevato? Dalle poche notizie pubblicate sulla stampa sembrerebbe di capire che i magistrati inquirenti si stiano concentrando piuttosto sugli aspetti "downstream" vale a dire sulle modalità di costruzione degli impianti piuttosto che su quelli "upstream" ovvero sull'origine delle normative che hanno reso queste operazioni possibili?

Sul lato dei rimedi invece, se diamo per scontato che non si possano rinegoziare gli accordi con i produttori (ma siamo sicuri? La Fornero non ha forse "rinegoziato gli accordi" con i lavoratori che si aspettavano di andare in pensione in un certo momento e invece ci andranno alcuni anni dopo? Lo Stato non può dire "ti ho promesso di pagarti gli incentivi oggi, te li pagherò invece fra qualche anno, naturalmente senza interessi"?) possibile che la straordinaria fantasia dei nostri legislatori non riesca ad inventarsi che so io, un IMU sui pannelli solari o una tassa sull'ombra proiettata dalle pale eoliche sul suolo pubblico o uno "stercatico" da appioppare agli impianti a biomassa?

la mia solita domanda da ignorante ma se tutti i soldi spesi in incentivi, dalle origini ai giorni nostri, fossero stato utilizzati per realizzare degli impianti (fatti salvi i luoghi di interesse storico artistico ecc. ecc.) quanto avremmo già risparmiato?

So che a qualcuno potra sembrare l'idea del solito nostalgico dell'epoca dei Soviet ma qualcosa di buono l'avranno fatto pure loro!

Dall'ultimo rapporto del WEF a titolo Global Competitiveness Report 2012-2013  leggo che nell'ambito del parametro "Quality of electricity supply" siamo trentottesimi al mondo, il che per essere nel G8 e con un forte settore manufatturerio, credo sia allucinante.

Non sarebbe anche il caso di parlare di contratti e di erogazione? Per esempio che infuenza  sull'economia ed i consumi (o anche "costo opportunità)  ha il fatto che per risparmiare quasi tutti gli italiani hanno contratti da 3KW (passare a 4.5KW leggo che costa a parità di consumo, quasi 200 euro all'anno in piu') e che questo limita fortemente la dotazione di elettrodomenstici ed il loro uso in contemporanea? Oggi per esempio il massimo dell'efficenza per cucinare è una piastra ad induzione (ricordo a memoria un 95% di efficenza) ma per usarla (2000 W) è saggio passare a contratti superiori, altrimenti si deve spegnere tutto in casa. Anche senza induzione, se mamma cucina una torta con il forno elettrico e la figlia usa il phon, meglio spegnere il PC. 

Francamente, trovo molto discutibili i parametri usati dal WEF per quanto riguarda il sistema elettrico. Qui il dato cruciale è la intensità energetica, cioè l'energia spesa per unità di prodotto interno lordo. Questo parametro, non considerato dal WEF (sito solo economico mi sembra)  è quello più vicino a misurare l'efficienza energetica di un paese. Secondo forbes, l'talia è tra i primi posti, precisamente all'ottavo! E comunque anche Forbes compie un errore madornale quando dice che l'Italia è costretta a importare energia costosa per carenza di produzione. L'Italia ha un eccesso di produzione (80 GW  a fronte di 50 GW di picco, e nella grande siccità del 2004 ha aiutato  la Francia che aveva dovuto spegnere molti reattori). Compra energia dall'estero quando questa viene offerta a prezzi particolarmente convenienti, per ragioni di mercato e di dislocazione del produttore sulla rete. L'eccesso di produzione notturna della Francia è un fatto ben noto.

Secondo gli svizzeri ( e molti altri siti affidabili), siamo al 4^ posto.

Perché dobbiamo prendere sempre le statistiche a noi più sfavorevoli, anche quando sono strampalate?

Oggi la potenza di picco del fotovoltaico si avvia verso i 18 GW (ora sono esattamente 17,35), pari a circa 120 km2 di celle, ad una produzione energetica media annua di 20 TWh, pari a circa il 6% della produzione elettrica totale. Questo fa risparmiare circa 4 milioni di tonnellate di petrolio (TEP), pari a circa 2.2 miliardi di Euro (non parametrati al gas). Non ci sono i costi di dispacciamento, che sono dovuti al fatto che la rete, fatta per pochi punti di produzione costanti, deve gestire molti punti intermittenti. Sono tanti o pochi 6 miliardi di incentivi (frutto di impegni pregressi, perché in ogni caso siamo vicini alla grid parity)? Non è possibile rispondere a questa domanda in assenza di un piano energetico nazionale (PEN). Il PEN, tanto inviso a molti liberisti, va invece fatto, va considerato un bene nazionale e deve essere rispettato dai governi, che non devono legiferare a briglia sciolta (per non dire di peggio) con provvedimenti estemporanei alla Zanonato. Il PEN deve essere il frutto dell'incontro di tecnici, scienziati, amministratori, politici e deve disegnare il futuro energetico e la politica energetica industriale del paese per prossimi 30-40 anni, tenendo conto di produzione, rete, tecnologia, costi, ambiente, sviluppo. ll PEN andrà approvato dal parlamento, aggiornato periodicamente con scadenze e passaggi prestabiliti, indipendenti dai governi. Non si possono governare argomenti così complessi lasciandoli solo in balia del libero mercato, che ha come immediato orizzonte il profitto da qui a qualche anno, e non gli scenari energetici da qui a 40 anni. Ci vuole ben altro.

E vabbè non abbiamo il PEN, ma abbiamo la SEN; non piace? Cosa manca? A produrre documenti non siamo secondi a nessuno. La Russia si è liberata finalmente dei piani quinquennali e sembra che poci nel XXI secolo ne sentano la mancanza, e noi dovremmo addirittura adottarne uno quarantennale, magari preparato dagli stessi che hanno combinato il pasticcio degli incentivi? Certo, non possiamo  governare argomenti così complessi lasciandoli solo in balia del libero mercato, e invece se li affidiamo a Grillo, a Vendola o a Tremonti stiamo a posto... Loro sì che hanno una visione di lungo termine, diciamo fino alle prossime elezioni. Quarant'anni fa il Club di Roma prevedeva un'imminente esaurimento delle risorse di idrocarburi, e invece si estrae e si consuma a tutto spiano; meno male che nessuno gli ha dato retta...

Noto che, tra i redattori, dopo Brighella è arrivata Colombina. Adesso manca solo Pantalone...(ovvero colui che nel comune sentire è destinato a pagare il conto dell'altrui dissennatezza).

In generale non sarei un fanatico del PEN, però se le aziende si dilettano a fare i loro piani non vedo perchè lo Stato non possa fare altrettanto (purchè sia sempre scritto 'maneggiare con cura'). A maggior ragione, laddove si sono creati degli incentivi, si deve presumere che gli stessi servissero per realizzare degli obiettivi, tenendo conto adeguatamente delle altre variabili coinvolte (consumi previsti, fonti di produzione, comportamento degli operatori di fronte agli incentivi, ecc). Probabilmente se gli incentivi fossero stati disegnati nell'ambito di un PEN sarebbero stati fatti un po' meglio. Fare peggio di così era piuttosto difficile.

Che conclusioni possiamo trarre ?

Che ci vorranno decenni per pagare i danni prodotti dall'incapacità (?) di certi politici (un nome per tutti: Pecoraro Scanio, sedicente ecologista...della Magna Grecia) che si sono inventati degli incentivi così ben congegnati. Tuttavia anche i suoi degni successori non sono sembrati così brillanti e consapevoli, visto che hanno proseguito imperterriti  lungo il sentiero già tracciato.

Per finire con l'ex ministro dello Sviluppo Economico che, dato l'andamento dello sviluppo economico durante la sua presenza ministeriale, non deve essere stato granché,  ma:

 

A oggi, grazie a un intervento last minute dell’ ex Ministro Passera, tale valore del gas è ancora parametrato all’andamento del prezzo del greggio anziché - come suggerito dalla stessa Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas alla luce delle recenti evoluzioni del mercato del gas – all’andamento dei prezzi spot del gas, che negli ultimi anni si è vistosamente disaccoppiato. Orientamento che se seguito dal precedente governo avrebbe consentito un risparmio immediato di 500 milioni di euro.

 

A che servono dunque  i governanti ?

Qui c'è una completa analisi tecnica della situazione attuale.

se ho capito bene, ancora una volta il problema sta nella programmazione e nella gestione, dico bene?