Salerno vs Catanzaro: telecronaca di una partita persa dal paese. Seconda puntata

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Seconda puntata di questa ignobile vicenda, in cui si cerca di spiegare qual è l’oggetto della presunta “guerra” tra Procure, altresì definita guerra “per bande di magistrati”.

Prima di continuare il racconto sono doverose due precisazioni. Come dicevo, uno dei procedimenti è stato avocato dal Procuratore generale facente funzioni di Catanzaro, dopo che De Magistris aveva indagato il ministro. Oltre all’inerzia investigativa esiste anche un altro motivo per cui il Procuratore generale può avocare l’indagine e cioè quando il magistrato inquirente non si sia astenuto in presenza di un interesse proprio. Se si considera la sequenza temporale degli eventi, esercizio dell’azione disciplinare da parte del Ministro e successiva iscrizione dello stesso nel registro degli indagati da parte di De Magistris, il provvedimento potrebbe essere giustificato sotto il profilo della violazione del dovere di astensione da parte del magistrato. La legittimità del provvedimento rimane oltremodo dubbia, ma su di esso tornerò in seguito. Sempre per la precisione, specifico che la sottrazione del procedimento “Poseidone” da parte del Procuratore capo non avvenne a seguito di un atto di perquisizione nei confronti del senatore, bensì, allorché divenne pubblica l’emissione di un avviso di garanzia nei suoi confronti.

Veniamo, ora, agli ultimi sviluppi della vicenda.

Crescendo furioso

Dunque, De Magistris viene condannato in sede disciplinare e trasferito, non so esattamente che fine abbia fatto il Procuratore di Catanzaro, CSM ed ANM sono soddisfatti, tutte e tre le inchieste “Poseidone”, “Whynot” e “Toghe lucane” sono ferme e/o rimaste ferme per un anno almeno.

La Procura di Salerno, competente, si ricorda, per i magistrati di Catanzaro, continua ad indagare. Archivia, per infondatezza manifesta, i procedimenti aperti contro De Magistris ed invita i magistrati di Catanzaro, con appositi ordini di esibizione, ai sensi dell’art. 256 CPP a trasmettere copia degli atti in relazione ai presunti reati oggetto delle segnalazione di De Magistris. L’art. 256 CPP così recita: “1. Le persone indicate negli artt. 200 e 201 (pubblici ufficiali) devono consegnare immediatamente all’autorità giudiziaria, che ne faccia richiesta, gli atti e i documenti, anche in originale se così è ordinato, e ogni altra cosa esistente presso di esse per ragioni del loro ufficio, incarico, ministero, professione o arte, salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di segreti di Stato ovvero di segreto inerente al loro ufficio o professione”. Si ricorda, infatti, come, mentre De Magistris aveva mandato l’originale del procedimento denominato “Poseidone” a Salerno, gli atti del procedimento “Why not”, avocati dal Procuratore generale FF erano finiti presso la Procura generale di Catanzaro.

Stando a quanto si legge nel decreto di perquisizione, i magistrati della Procura generale di Catanzaro rifiutano la trasmissione degli atti a Salerno con la seguente risposta “specificare le sottese esigenze di natura investigativa proprie della Procura richiedente, onde evitare di incorrere nel divieto di cui all'art. 329 C.P.P.”. Si tratta di una motivazione che, se non fosse stata scritta da magistrati sarebbe degna della pagina di barzellette su Topolino. Qui, invece c’è, decisamente, poco da ridere. In sostanza, questi magistrati si trincerano dietro il segreto istruttorio. Però, bontà loro, sono disposti a collaborare con la Procura di Salerno e, pertanto, dicono alla Procura che sta indagando: “specifica quali reati vuoi dimostrare ed allora io ti do gli atti relativi a quel fatto”. Provate un po’ voi ad immaginare una obiezione del genere in una qualsiasi indagine. Il PM và da in una grande azienda in cui parte dei manager sono indagati per bancarotta fraudolenta, e dice: “mi può dare, per favore, questo bilancio e quest’altro, oltre ai contratti, alle delibere sociali ecc.?” Altri manager della medesima azienda rspondono: “Certamente, ci mancherebbe altro, solo che dovreste specificare esattamente quale atto di sottrazione del patrimonio hanno commesso i nostri collaboratori, così vi diamo la relativa documentazione, tutto il resto ce lo teniamo per noi, sa com’è, lo spionaggio industriale”.

Insomma, secondo questi magistrati di Catanzaro, quelli di Salerno dovevano sapere esattamente quali reati dimostrare e, soprattutto, con quali carte perché loro solo quelle intendevano mandare, tutto questo, in quanto, asseritamente, temevano la violazione del segreto istruttorio, come se quegli atti li avesse chiesti Novella 2000 e non un ufficio giudiziario tenuto al segreto istruttorio esattamente come quelli di Catanzaro. Non so di preciso quante volte sono stati mandati infruttuosamente questi decreti di esibizione, pare che, comunque i tentativi siano stati molteplici. Di certo, se un ufficio pubblico o privato dà una risposta come quella data dalla Procura generale di Catanzaro ad un PM, questi ha il diritto/dovere di acquisire gli atti con un provvedimento di imperio e cioè con un decreto di sequestro. Poiché, per far ciò, è necessario accedere ad uffici e/o abitazioni private, ci vuole anche un decreto di perquisizione. Entrambi gli atti vengono fusi in un unico provvedimento e devono essere motivati. La Procura di Salerno si rende conto della gravità dell’atto che sta per compiere e delle polemiche che avrebbe suscitato e, di conseguenza, decide di “scrivere” un provvedimento lungo circa 1500 pagine. È alquanto inusuale che per una perquisizione si rediga una motivazione così ampia, non trattandosi di una richiesta di misura cautelare o di una sentenza. Tuttavia, un provvedimento non può essere criticato perché è troppo lungo, semmai, al contrario, perché non è sufficientemente motivato. Qui, almeno in linea teorica, il provvedimento sarebbe addirittura affetto da ipermotivazione.

Il problema, dunque, non è la sua lunghezza, ma la sua tecnica di redazione ed i suoi contenuti. La motivazione di un provvedimento giudiziario consiste in un ragionamento logico deduttivo che analizza gli elementi del fatto e li elabora. Nel caso di questo decreto tutti gli elementi a disposizione, dalle intercettazioni, ai verbali delle audizioni dei De Magistris ed altre persone informate, non vengono analizzati e valutati, ma, semplicemente, trasfusi nell’atto, secondo la tecnica del copia e incolla. L’evidenza di ciò vi risulta chiaramente se comparate il decreto di perquisizione con la richiesta di archiviazione formulata dai medesimi magistrati, questa sì, ben motivata (trovate i link nella prima puntata). La tecnica di redazione delle motivazioni secondo il sistema del copia e incolla è un modo di procedere poco professionale ormai molto diffuso specie negli uffici inquirenti e presso gli uffici GIP. In assenza della necessaria elaborazione degli elementi probatori, essa conduce a risultati spesso sconfortanti; di fatto, capita che PM e GIP finiscano con l’appiattirsi sulle posizioni della polizia, con conseguenze per ognuno facilmente immaginabili. Dunque, nel momento in cui la Procura di Salerno decide di procedere alla perquisizione di un altro ufficio giudiziario, per di più in una vicenda sotto i riflettori dell’opinione pubblica, avrebbe dovuto scrivere un atto elaborato e ragionato sugli elementi indiziari a disposizione ed a giustificazione del provvedimento. Questo è il primo grosso errore che questi colleghi hanno commesso e che potremmo definire metodologico.

Il secondo grosso errore deriva da questa metodologia errata ed è costituito dal contenuto dell’atto. Difatti, avendo, apparentemente, trasfuso in esso tutti gli elementi presenti nel fascicolo, dicono cose che non hanno alcuna attinenza con l’oggetto del procedimento (i presunti reati commessi dai magistrati di Catanzaro nell’ostacolare le indagini di De Magistris, così come quelli commessi da quelli della Procura generale di Catanzaro nell’ostacolare le indagini della Procura di Salerno) ed ancor meno con lo scopo dello specifico provvedimento (acquisizione degli atti dell’indagine Why not). Invece, nel provvedimento c’è di tutto, dalle intercettazioni del famoso membro di CL con il vescovo, ai suoi rapporti con esponenti del ministero, ai rapporti che sempre quest’ultimo aveva con il Vicepresidente del CSM, al voto di castità dell’ex presidente dell’ANM. Molte di queste cose sono frutto delle elaborazioni di De Magistris, il quale, a torto o a ragione, si sente vittima di una specie di grande complotto per fermare le sue indagini ordito dai “poteri forti”, non ultima l’immancabile massoneria (della quale, peraltro, risultano essere stati membri molti degli indagati nei procedimenti istruiti dal magistrato). Così, in questo grande complotto, non sarebbero coinvolti solo i magistrati di Catanzaro. Ne sarebbero responsabili anche i vertici dell’Associazione Magistrati, in quanto molti di essi inseriti, in posti apicali, nel ministero presieduto dal Sen. Mastella, indagato da De Magistris. Vi sarebbe coinvolto anche il Procuratore generale della Cassazione, che aveva esercitato l’azione disciplinare nonostante il figlio avesse svolto degli incarichi per conto di una delle società lambite dalle indagini di De Magistris, e quant’altro ancora. Ora, il fatto che De Magistris sia giunto a queste conclusioni è sicuramente comprensibile, visto come si è svolta la vicenda e come è stato trattato. Non comprensibile è il fatto che la Procura di Salerno gli sia andata dietro in tutto e per tutto e non abbia fatto un adeguato filtro tra ciò che potrebbe essere di interesse nell’ambito di ricostruzioni giornalistiche e ciò che, invece, è rilevante in un accertamento penale.

Pertanto, è evidente come la Procura di Salerno abbia commesso una serie di errori, per i quali è stata criticata dall’opinione pubblica in generale ed anche dall’ANM con questo duro comunicato'.

All’ufficio in questione si contestano anche altre mancanze. In primo luogo vi sarebbe stata una errata gestione di tutta la vicenda sotto il profilo strettamente, chiamiamolo così, “diplomatico”, in secondo luogo si contesta l’acquisizione in originale dell’intero fascicolo processuale, con ciò determinando un’interruzione delle indagini condotte dalla Procura generale di Catanzaro. Infatti, sotto il primo profilo, si dice che l’ufficio inquirente avrebbe potuto rivolgersi al Procuratore generale presso la Corte di cassazione affinché componesse il conflitto tra loro e la Procura generale di Catanzaro ed imponesse la consegna degli atti rilevanti. Perché ciò non sia avvenuto non mi è noto, comunque, secondo me, non è particolarmente rilevante. Anche la contestazione di aver disposto il sequestro dell’intero fascicolo in originale è fuori luogo. Sembrerebbe essere un atto abnorme, ed invece, non è affatto raro. È capitato, a mero titolo esemplificativo, che siano state falsificate cartelle cliniche al fine di occultare eventuali errori commessi da medici oppure degli atti di pubbliche amministrazioni i cui responsabili erano indagati. Per impedire inquinamenti probatori, si procede al sequestro degli originali, fotocopiatura e restituzione all’avente diritto. Nulla di strano o eccezionale, né si vede perché l’atto sarebbe normale quando si procede contro dei medici o una qualsiasi pubblica amministrazione ed, invece, grave quando si procede presso un ufficio giudiziario.

In definitiva, il dato essenziale è costituito dal fatto che la Procura di Salerno ha agito in piena legittimità, nell’ambito dei suoi poteri e delle sue prerogative previste dal codice di procedura penale, ma che ha commesso degli evidenti e, direi, gravi errori nella modalità di redazione e nel contenuto dell’atto.

In data 3 dicembre 2008 la Procura di Salerno procede alla perquisizione. L’atto è, sicuramente, clamoroso. Viene immediatamente battuto su tutte le agenzie, pare che sia stata messa sotto assedio la Procura generale di Catanzaro, sono state perquisite le abitazioni di alcuni dei magistrati indagati ecc. ecc. Fin qui, però, nulla di eversivo, tutto nell’ambito di un procedimento penale anche se, evidentemente, nient’affatto normale. I magistrati della Procura generale di Catanzaro apprendono di essere indagati per il reato di favoreggiamento personale a causa del reiterato rifiuto di trasmettere gli atti del procedimento. In questa situazione perdono completamente la testa. Sostengono che il sequestro del fascicolo impedisce loro di concludere l’indagine. Certo è, quanto meno, curiosa questa improvvisa urgenza di concludere il fascicolo che avevano in mano da più di un anno senza che avesse prodotto alcun esito. Ma anche fosse come narrato, avevano a disposizione tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento. Potevano fare una denuncia alla competente (sui magistrati di Salerno) Procura di Napoli e chiedere il controsequestro. Potevano anche rivolgersi, come indagati, al Tribunale della libertà di Salerno. Ed, ancora, semplicemente, presentare una formale istanza di dissequestro alla Procura di Salerno previa acquisizione in copia degli atti. Il procedimento sarebbe rimasto bloccato non più di alcune settimane, dopo essere stato fermo per più di un anno. Invece, nulla di tutto ciò. I magistrati di Catanzaro decidono di aprire un procedimento penale contro i magistrati della Procura di Salerno che li stavano indagando. Il tutto, nonostante sussistesse un evidente obbligo di astensione ed oltretutto senza che vi fosse la competenza territoriale, considerato che, come abbiamo visto nella precedente puntata, contro i magistrati di Salerno deve procedere la Procura della Repubblica di Napoli. Solo a completamento del quadro si aggiunge che le Procure generali, uffici di secondo grado, non procedono ad avviare indagini, attività di competenza delle Procure presso i Tribunali... Dopo aver aperto il procedimento penale in questione, provvedono all’immediato controsequestro del medesimo fascicolo, con il risultato, giustamente definito grottesco da alcuni giornali e stando alle loro cronache, di due Carabinieri chiamati per conto di due distinti uffici giudiziari a vigilarsi l’un l’altro affinché il fascicolo non sparisca. Che tristezza…

Questa, riassunta in poche parole, è la “guerra” tra Procure. Non c’è affatto la guerra per bande di magistrati descritta dai giornali, bensì una Procura che procede ad un atto legittimo, per quanto pasticciato, ed un gruppo di magistrati che, in spregio ai più elementari principi di diritto, prima ancora che di opportunità, approfittano della loro funzione per bloccare un’indagine in corso anche su di loro. Questo è il dato ed è un dato che nessuno ha spiegato alla, giustamente attonita, opinione pubblica.

Ricapitolando, di fronte ad un atto sicuramente legittimo, per quanto, mal motivato e, forse, ma solo forse, inopportuno, commesso dalla Procura di Salerno, i magistrati di Catanzaro, commettono un palese, gigantesco abuso, un atto illegittimo sotto tutti i profili, con ciò avallando i sospetti, più o meno giustificati sulle gravi anomalie esistenti negli uffici giudiziari di quel distretto.

Il Presidente della Repubblica chiede copia degli atti alle due Procure con un atto non previsto da nessuna norma, giustificato solo dalla gravità della situazione e dal fatto che riveste anche l’incarico di Presidente del CSM. Il CSM convoca immediatamente i due Procuratori coinvolti e decide di aprire un’anomala procedura di trasferimento di entrambi, come se le colpe fossero le stesse. È un po’ come paragonare, in termini di pena, un omicidio colposo (automobilista distratto che ha investito una persona) ad uno doloso. Se uno và trasferito gli altri devono essere destituiti dalla loro funzione. Alcuni membri del CSM preannunciano anche un procedimento di trasferimento per i due sostituti di Salerno titolari dell’indagine. Ciò in virtù di due profili di colpa che definire ridicoli è poco. Gli si contesta due cose: quella di non aver specificato nel decreto che gli atti sarebbero stati restituiti dopo la loro fotocopiatura e quella di non aver definito chiaramente i poteri della polizia operante, la quale, a detta di uno dei magistrati perquisiti, lo avrebbe, addirittura, costretto a denudarsi. Per entrambi questi profili di presunta violazione disciplinare devono trasferire non solo i colleghi di Salerno, ma tutti i PM italiani, compreso lo scrivente. Non esiste nessuna norma che imponga di specificare nel provvedimento che gli atti sequestrati saranno restituiti immediatamente dopo la loro acquisizione in copia. Ancora più divertente è l’altro profilo di colpa. Beata ingenuità! Quando vengono perquisiti i magistrati, i consiglieri scoprono i poteri invasivi del PM… Peccato che questi poteri li abbia, in certi casi, autonomamente la Polizia. Un mio amico, con i capelli lunghi e gli jeans, durante un normale controllo antidroga in stazione, è stato fermato perché il cane aveva “reagito”. Lo hanno portato nella posto di polizia, costretto a spogliarsi fino alle mutande ed, alla fine, mandato via senza troppe scuse. Oltretutto, nel caso di Catanzaro, non c’era bisogno di regolamentare un bel nulla, in quanto, era presente un PM appositamente designato per garantire la regolarità dell’atto, il quale, fra l’altro, smentisce il magistrato indagato.

Insomma, per come il CSM ma anche l´ANM stanno gestendo la situazione, si ha una sensazione, quanto meno, sgradevole. Nei confronti di questi due sostituti di Salerno viene preannunciato un provvedimento di trasferimento con delle motivazioni decisamente risibili. Facile leggervi una grave forma di intimidazione in stile “chi prova ad andare a fondo a questa vicenda è atteso al varco ed, al primo errore, verrà eliminato” e quindi “mettete un bel coperchio su questa storia imbarazzante che stiamo tutti meglio”. In una recente trasmissione televisiva il segretario dell’ANM ha sostenuto che il trasferimento o la sottrazione di un’indagine ad un PM non determina alcun danno, in quanto l’ufficio è impersonale. La cosa, sul piano formale, è certamente vera, ma, sul piano sostanziale, in procedimenti di questa complessità, l’eliminazione dei titolari determina un’inevitabile grave e, più o meno lunga stasi del procedimento stesso, per non parlare della citata forma di indimidazione. Questi due sostituti conoscono il procedimento a menadito perchè lo hanno istruito personalmente per un anno intero e trasferirli, significa dover ricominciare tutto da capo…

Intanto a BS ed ai politici torma in mente il detto per cui la cosa migliore è sempre sedersi sulla riva del fiume ed aspettare che passi il cadavere del nemico. La magistratura si autoaffonda ed è alle prese con la sua follia. Nel contempo, emergono una serie di procedimenti penali contro amministratori locali di area PD. A BS non gli par vero, tenta di dare l’affondo finale ed imprime un’accelerazione ai suoi propositi di riforma riproponendo la separazione delle carriere, l’abolizione sostanziale delle intercettazioni e l’abolizione del potere di direzione sulla Polizia da parte della magistratura come soluzione dei problemi della giustizia…

Questa la narrazione della vicenda fino ad oggi. Per le valutazioni vi rimando ad un’ulteriore, spero finale, puntata del sequel.

 

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Commenti

Ci sono 5 commenti

ho inserito un link con un articolo di approfondimento sul trasferimento del Procuratore di Salerno. E´ di ieri la notizia della richiesta di trasferimento formulata dal Procuratore generale della Cassazione. Pare che verrá presentata anche una richiesta di trasferimento dei due sostituti di Salerno incaricati dell´indagine.

sulla questione non ero riuscito a fare chiarezza almeno fino a quando non ho letto il tuo contributo. grazie e approfitto dell'occasione per augurarti buon anno.

grazie per il complimento, buon anno anche a te ed a tutti i lettori. Prima di ritenere chiara la vicenda, comunque, ti consiglio di aspettare la terza puntata (cosí mantengo viva la suspence... :-)

Mi sembra particolarmente anomalo l'intervento del presidente della repubblica. A che titolo? Egli stesso ha precisato che non era come presidente del CSM. In ogni caso come presidente del CSM avrebbe potuto forse convocarlo, cosa che non ha fatto. Mi sembra che l'intervento di Napolitano (non so da chi consigliato) fornisca la giustificazione politica e morale delle successive anomalie "disciplinari" che, alla fine, soddisferanno l'opinione pubblica e metteranno tutto a tacere. Mi viene infatti il sospetto che c'entri anche la massoneria, sicuramente ben presente all'interno dello "staff" del Quirinale.