Sette Miti. Anzi, no: sette confusioni. (II)

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Consideriamo il secondo mito nella lista. Questo è il mito che ha condotto BB&Co, il mese scorso, a decidere la riduzione dei tassi d'interesse sui fondi federali a zero. Mi viene detto che persino Bob Lucas, sul WSJ, condivide la scelta. Beh, io no: o è inutile, o crea un po' d'inflazione in futuro o, peggio ancora, fissa le aspettative degli agenti in una direzione completamente errata, oltre che altamente pessimistica.

Questo non è altro che l'eterno mito della "curva di Phillips" o del trade-off "produzione-inflazione", vestito in abiti leggermente diversi. Quasi quattro decenni dopo che questa assurdità venne distrutta, prima teoricamente e poi dalla dura realtà degli anni '70, essa è ancora la norma nelle menti dei politici e dei banchieri centrali.

Poiché il vecchio nome "stagflation" dovrebbe essere ben noto ai lettori, provo a mettere a fuoco gli episodi più recenti. Riassumiamo comunque i fatti: vi è stata forte crescita negli anni '50 e '60, quando l'inflazione era molto bassa; c'era poca crescita negli anni '70 e fino al 1982, quando l'inflazione fu elevata. Dopo di allora l'inflazione è discesa e la crescita è ripresa. In effetti, la crescita media è stata più elevata tra il 1992 ed oggi che tra il 1982 e il 1992, mentre il contrario è vero per il tasso medio di inflazione. Certamente: mai, durante questo periodo di tempo, abbiamo dovuto affrontare un tasso di crescita negativo dell'indice dei prezzi al consumo. Però: gli anni durante i quali il tasso di inflazione è stato inferiore al 2% (1986, 1998, 2002) non sono stati anni di particolarmente debole crescita del PIL. I dati storici sono ancora più interessanti: nel corso dei due decenni '50-'60 vi furono vari anni di bassa inflazione o persino deflzione. Ma, anche nel corso di tale periodo, un basso tasso di inflazione non si accompagno ad alcuna depressione. Fatta eccezione, dunque, per l'unico episodio dellla Grande Depressione 1929-1939, da dove viene l'idea che la deflazione causa depressione?

I credenti in questa ipotesi usano spesso l'esperienza del Giappone tra il 1992 ed il 2003 per sostenere che la mancanza di crescita economica fu causata dalla "spirale deflazionistica". Il fatto è che non vi è stata alcuna spirale deflazionistica in Giappone: i prezzi delle attività patrimoniali si gonfiarono durante gli anni '80, ed i loro valori crollarono tra il 1989 (che è più o meno quando il Nikkei raggiunse il suo massimo storico) ed il 1996 (quando il mercato immobiliare toccò per la prima volta il fondo). Da allora, con svariati alti e bassi, i prezzi delle attività patrimoniali giapponesi non si sono mai recuperati e l'indice Nikkei è ora circa il 23% del suo picco storico! In altre parole: quasi vent'anni dopo una deflazione patrimoniale monumentale i giapponesi non sembrano essere alla fame, anzi! La stessa cosa è accaduta negli Stati Uniti (e in tutto il mondo) durante gli ultimi mesi. Pertanto, abbiamo già sofferto la nostra più importante (e necessaria) deflazione: la deflazione patrimoniale! Mi auguro che i teorici della spirale deflazionistica non abbiamo in mente di voler ri-gonfiare i valori patrimoniali per farli ritornare al punto in cui erano uno o due anni fa! Questo sarebbe disastroso: è un obiettivo impossibile e tentare di raggiungere causerebbe danni veramente sostanziali.

Durante lo stesso periodo, infatti dopo il 1992, il Giappone ha anche sperimentato una lieve deflazione dei prezzi al consumo. Questa ha consistito di un'inflazione vicina allo zero per un certo numero di anni, con piccoli numeri negativi (-1,0% il più negativo, nel 2001) nel corso gli anni 1999-2002. Nel complesso, tra il 1992 e il 2002, il deflatore del PIL giapponese è passato da 100,1 a 92,3 (la deflazione dei prezzi al consumo è stata pari alla metà) mentre, nel corso dello stesso decennio, il reddito reale pro capite è cresciuto dal 3878 al 4244 (che è circa il 9,5%). Nulla di drammatico, soprattutto se paragonato alle precedenti prestazioni giapponesi, ma nemmeno la fine del mondo. La maggior parte dell'Europa continentale ha fatto solo marginalmente meglio nel corso dello stesso periodo di tempo! Cosa più importante: come abbiamo ormai capito i bassi tassi di crescita giapponesi non sono stati causati dalla deflazione e dalla mancanza di domanda, ma, invece, dalla mancanza di incentivi per gli investimenti interni. Tale mancanza di incentivi era dovuta fondamentalmente alla paralisi del sistema bancario, in cui le banche venivano tenute in vita artificialmente, consentendo loro di accumulare liquidità al di là di ogni ragionevole livello. Ma su questo punto tornerò più avanti, discutendo un altro mito. La cosa più interessante è che il Giappone ha sperimentato la deflazione anche nel 2003 (-0,8%), 2004 (-. 3%), 2005 (-. 1%), 2006 (-. 3%) ed ha avuto un tasso di inflazione molto basso nel 2007 (.3% ). Durante questi anni, però, il tasso di crescita del PIL è stato, rispettivamente, -. 3%, 2,7%, 2,95, 2,6% e 2,2%. In altre parole, la deflazione giapponese è continuata dopo il 2003, mentre la crescita del reddito è ripresa!

Riassumendo: l'esperienza giapponese non è stata di deflazione generalizzata a seguito di una deflazione patrimoniale due volte la dimensione quella che sperimentiamo attualmente; inoltre la deflazione dei prezzi al consumo non si è associata ad una lunga e grave depressione economica. Soprattutto: dopo che il sistema bancario venne "ripulito" gli ultimi anni hanno visto sia una deflazione relativamente "alta" che una relativamente "alta" crescita economica. Nel corso degli anni precedenti, quando il sistema bancario era "intasato", c'era soltanto meno crescita non di più deflazione! Ancora più importante è il fatto che la deflazione giapponese non è stata una spirale e che il paese non è arrivato al collasso. A mio avviso questi fatti implicano che i tassi di crescita negativi, che è ragionevole aspettarsi nei prossimi trimestri, possono essere dovuti a una varietà di cose (comprese le cattive politiche), ma non vi è alcuna prova che essi siano dovuti alla incipiente "deflazione". Una storia praticamente identica potrebbe essere ripetuta per l'esperienza di Hong-Kong post-1998, ma eviterò al lettore uno noiosa ripetizione.

Dato che le statistiche e l'evidenza storica non suggeriscono una correlazione (tanto meno un nesso di causalità) tra deflazione e depressione economica, prendiamo in considerazione i due argomenti teorici secondo cui occorre inflazionare per uscire da questa crisi. Il primo è il seguente: in un ambiente deflazionistico i consumatori si aspettano che i prezzi dei beni durevoli diminuiscano in futuro, questo deprime la domanda corrente e porta ad un'ancora maggiore diminuzione dei prezzi, la qual cosa rafforza le aspettative deflazionistiche producendo una drammatica spirale verso il basso. Questo è possibile, in teoria ed in circostanze particolari, quando si danno le condizioni (alquanto complicate, oltre che empiricamente rare) per l'esistenza di "equilibri multipli" dovuti a esternalità di "search". Ci sono motivi per ritenere che il diffuso timore oggi evidente nel settore privato (creato anche dai ripetuti annunci di catastrofi a venire, se questo o quel piano di salvataggio non viene approvato, accoppiati al senso di panico che l'adozione di misure eccezionali di politica monetaria induce) abbia creato una situazione favorevole a tali "cattivi equilibri". Pertanto, non posso escludere tale possibilità, ma preferisco trattarla più come "indotta da una (cattiva) politica" che altro. Pensare che le politiche che hanno creato la crisi ci tireranno anche fuori da essa, è un pio desiderio. Nondimeno, rimango in ansiosa attesa di una replica Obamiana dell'insano appello televisivo di Bush del 24 settembre u.s.: Bush lo utilizzò per cercare di far passare la prima versione del piano Paulson, Obama lo ripeterà per promuovere la sua versione di un "pacchetto di stimolo". Teniamoci saldi.

Tale teoria omette anche il fatto, evidente ai più, che in un ambiente di deflazione globale anche i salari ed i redditi nominali dovrebbero scendere. In altre parole, o i teorici della deflazione-disastro ci chiedono di credere che i prezzi scenderanno ma i salari non lo faranno - in modo tale che il reddito reale magicamente aumenterà: Alleluja, abbiamo finalmente trovato la soluzione a tutti i nostri problemi - o la storia della spirale sembra improbabile anche teoricamente. Se rinviate l'acquisto odierno in attesa di prezzi più bassi, domani dovrete comprare con un reddito inferiore rispetto a oggi. Se, per compensare, risparmiate una parte del reddito corrente vuol dire che oggi state investendo che è (per gli argomenti dati qui) esattamente quello che dovremmo fare. Risparmiare non riduce la domanda aggregata di oggi: semplicemente ne cambia la composizione. I teorici della spirale, a questo punto, possono solo affermare che le famiglie nasconderanno centinaia di miliardi di dollari sotto i loro materassi. Possibile, ma non sembra: per il momento le famiglie comprano buoni del tesoro o, semplicemente, lasciano i soldi in alcune banche di cui si fidano. Il problema è: perché queste banche non prestano (assumo sia vero che le banche non stanno proprio prestando, occorrerà ritornarci)? In sintesi: o i ripetuti annunci di BB & GWB ci hanno portato ad una situazione di "equilibrio recessivo dovuto ad aspettative pessimistiche" (in tal caso, devono invertire le loro politiche e smetterla di parlare così tanto), o l'argomento "spirale deflazionistica" è una sciocchezza. Se l'impatto che la deflazione (ammesso che sia in atto) ha è quello di portare a più risparmio e meno consumo, allora sarebbe un bene e non un male.

Nonostante tutto, è ragionevole sostenere che il mercato degli alloggi, sia negli Stati Uniti che nell'Unione Europea, è in uno stato di attività molto debole poiché molti potenziali acquirenti sono in attesa di vedere in che misura i prezzi scenderanno. Questo crea ulteriore pressione al ribasso aggravando in tal modo la frequenza di default. Creare domanda di case, e di beni durevoli come le auto più in generale, appare quindi auspicabile. È auspicabile, ma è anche difficile se vogliamo farlo senza causare seri danni collaterali. La ragione è sviluppata nel seguente paragrafo che descrive (credetemi) quello che ha in mente BB nei suoi giorni buoni. Egli vorrebbe far credere questo ai consumatori USA: domani ci sarà inflazione, ma i redditi nominali non cresceranno. Meglio, dunque, procedere all'acquisto di beni durevoli ora che siamo in grado di farlo. Una volta che i consumatori credano che questa inflazione asimmetrica si realizzerà egli (BB) vuole anche assicurarsi di compiere i seguenti miracoli. L'inflazione, in realtà, non si gonfia però parte giusto un pelino (ma i redditi nominali no, altrimenti siamo punto e a capo); non appena la gente inizia ad acquistare case e beni durevoli e la macchina riparte (c'è un problema, lo so ... come riparte la macchina se i redditi nominali stanno fermi? Transeat, questa anomalia concediamogliela) lui ricomincia ad aumentare lentamente i tassi (così nessuno se ne accorge) ed evita un'esplosione dell'inflazione sia dei prezzi che dei redditi nominali. In questo modo non ci sarà inflazione ma ci sarà la ripresa economica ... Se questa fantasia vi suona molto simile al trucco da circo che BB ed il suo predecessore han cercato di mettere in atto tra il 2001 e il 2006, facendoCI cadere addosso sia piatti che bicchieri, avete colto il punto. Infatti è lo stesso trucco, i cui risultati ci stiamo tutti godendo. Questa volta, però, BB & Co han detto che hanno imparato come farlo bene senza farci cadere addosso piatti e bicchieri.

Il secondo argomento teorico è più cinico: abbiamo bisogno di sgonfiare i debiti che non siamo in grado di rimborsare, e questo si ottiene inflazionando. Questa idea funzionerebbe se i creditori fossero davvero "qualcun altro" (i cinesi?) e "noi" fossimo solo i debitori. In questi casi si fa come hanno ripetutamente fatto gli argentini, che sono furbi e nel breve periodo se la cavano sempre ... cioè, se la cavano fino alla prossima volta che hanno bisogno di prendere a prestito! Verificate come i nostri cari cugini imbroglioni se la passano in questi giorni, quando nessuno presta più loro una lira! In ogni caso il problema non si pone perché, oggi come oggi, "loro" (i creditori) siamo "noi" (i debitori)!

Immaginate, infatti, che l'intera operazione inflazionistica abbia successo: i prezzi aumenteranno, i prezzi degli alloggi non cadranno più e magari aumentaranno un po'. Quest'ultimo deve essere veramente "un po'" e sicuramente non tanto quanto l'IPC perché, come affermato in precedenza, un riallineamento dei prezzi relativi è necessario, sano e inevitabile. Altrimenti tutti i discorsi sulla bolla sarebbero assurdi, nel qual caso possiamo anche andare tutti a casa. Inoltre, perché la cosa funzioni, occorre un aumento del valore nominale dei redditi (salari compresi) di circa la stessa percentuale dell'IPC: se i redditi nominali non crescono, mentre l'IPC lo fa, siamo in guai ancora peggiori perché i redditi reali calerebbero e questo, dopo il calo della ricchezza che abbiamo già sperimentato, ridurrebbe ulteriormente la domanda e, quasi certamente, aumenterebbe il tasso di default sui prestiti ... Mi auguro che questo punto sia chiaro, perché è fondamentale.

Si supponga, quindi, che questo miracolo accada: tutti i prezzi ed i salari aumentano, per esempio, del 10% all'anno per i prossimi due anni, i prezzi degli alloggi aumentano, per esempio, del 2% e la produzione cresce. Cosa succederà ai mercati finanziari e alle banche in particolare? Le banche, di per sé, sembrano non avere problemi: devono quantità nominali e stanno meglio ... Ma, e qui sta la trappola, i finanziatori delle banche siamo noi e noi non siamo così stupidi (quando agiamo come finanziatori) quanto lo siamo (apparentemente) nel prendere a prestito. Il motivo è semplice: i tassi d'interesse reagiscono all'inflazione, e reagiscono rapidamente. Non dimentichiamo che la maggior parte dei prestiti sono ARMs e che Libor, Euribor e tutto il resto, non stanno fermi un minuto: se spunta l'inflazione essi ripartono. A questo punto siamo tornati alla casella di partenza: il 10% di inflazione implica un aumento del 10% dei tassi nominali, che corrispondono al 10% di aumento del valore nominale dei redditi! La situazione reale delle famiglie, che ora hanno problemi a pagare i loro debiti, rimane esattamente la stessa!

Beh, probabilmente non esattamente la stessa, perché, come abbiamo appreso per esperienza, l'inflazione porta a cambiamenti imprevisti e dannosi dei prezzi relativi che portano a perturbazioni economiche che portano, quasi sempre, a minore reddito reale. Per fortuna (strana fortuna, ma sempre fortuna è) che i mercati finanziari non sembrano (finora) ritenere che BB avrà successo: i tassi di interesse nominali sono in continua diminuzione. In altre parole, le banche stanno prendendo tutto il credito che viene pompato dalla Fed per accumulare riserve e non per spendere, ossia prestare. Nel caso in cui inizino a prestare aspettandosi tassi bassi per un lungo periodo ... vedremo se si ripete il 2001-2004 oppure no. Voi, che dite?

In sintesi: abbiamo sperimentato una grande deflazione patrimoniale, purtroppo inevitabile. A questa deflazione patrimoniale seguirà un lieve deflazione dei prezzi al consumo e, forse, dei redditi nominali dovuta, tra le altre cose, al fatto che le componenti di costo legate ai valori delle attività patrimoniali sono ora inferiori. Fatti e teoria suggeriscono che tale lieve deflazione, per sé, non causa una spirale o una depressione. Essa comporta, semplicemente, un riallineamento dei prezzi relativi, riallineamento che credo molto necessario e comunque inevitabile. Se dovesse venire la depressione, l'esperienza dimostra, sarà perché i mercati finanziari (ossia, le banche) rimangono "intasati" e non operativi. Qui è dove l'attenzione dei responsabili politici dovrebbe concentrarsi, non sulla deflazione.

Infine, vi è il problema della formazione delle aspettative guidate dalle attuali politiche monetarie e fiscali. Vale a dire il fatto che, osservando un governo ed una Federal Reserve che prendono azioni estreme, gli agenti privati (ragionevolmente) interpretano queste azioni come un segnale che il "governo sa qualcosa che noi non sappiamo, qualcosa di veramente brutto". In questi casi vendere azioni e ridurre i piani di investimento, perché la fine del mondo è vicina, appare stranamente ragionevole ... Potrebbe venire la fine del mondo, ma se venisse io sosterrò che BB & Co hanno contribuito a causarla.

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Commenti

Ci sono 59 commenti

 

Il secondo argomento teorico è più cinico: abbiamo bisogno di sgonfiare i debiti che non siamo in grado di rimborsare, e questo si ottiene inflazionando. Questa idea funzionerebbe se i creditori fossero davvero "qualcun altro" (i cinesi?) e "noi" fossimo solo i debitori. In questi casi si fa come hanno ripetutamente fatto gli argentini, che sono furbi e nel breve periodo se la cavano sempre ... cioè, se la cavano fino alla prossima volta che hanno bisogno di prendere a prestito!

 

Pero' li' la cosa e' diversa: gli argentini non monetizzano il debito tramite inflazione: si dichiarano direttamente insolventi (anche perche' i loro debiti sono denominati in valuta straniera).

Io francamente credo che, alla fin fine, la strada praticata sara' quella della monetizzazione del debito, fregando i creditori sia interni che internazionali: e sara' gia' qualcosa se BB & Co. riusciranno a mentenere l'inflazione a livelli moderati (tipo, diciamo, anni '70) senza che prenda piede un'iperinflazione stile Weimar. Il fatto che l'oro se ne stia pervicacemente attorno agli 850 dollari all'oncia, in barba ai profeti di sventura della deflazione, sembra suggerire che non sono l'unico a pensar male.

Ciao buon anno a tutti voi..

volevo solo farvi notare questo link a due dati interessanti e sobering, vista l'ubriacatura di piagnistei che l'informazione economica sta avendo in questi giorni, sulla current US recession

http://www.minneapolisfed.org/publications_papers/studies/recession_perspective/index.cfm

ciao

f

 

 

Ciao Fabrizio. Ho visto i grafici. Mi par strana la definizione delle mildest/harshest recessions mese per mese. A veder il grafico pare che siamo lontani dalla harshest recession, ma la harshest recession come definita li' non e' mai avvenuta. Forse non ho capito. Ma se ho capito non mi pare una  utile benchmark. 

 

Ma allora ci leggi, o finocchione!

Contribuisci la tua saggezza minesottiana, allora!

O sei troppo occupato a far polpacci per la Val de Mezdì? Lascia stare, che scendono valanghe fra un po', e ti preferiamo intatto!

Baci alla famiglia (meno che a te), abbracci a quelli che incontri per il corridoio del settimo piano e schiaffoni paterni a te, oh grande lavativo.

P.S. Sai mica se Chari, Pat e Larry hanno updated i loro dati? Lo stiamo facendo fare anche qui alla Fed di St Louis, ma se l'hanno già fatto ci si risparmia l'RA :-)

P.P.S. Dovreste aggiungere anche la dinamica dell'occupazione disoccupazione, oltre che i dati sintetici. In particolare, hiring/firing. L'impressione è che l'unemployment è schizzato perché si è paralizzato l'hiring più del normale, non tanto per il firing che sembra in media. Sbaglio?

Ciao Alberto

I dati mese per mese sono quelli di employment..che pero' sono i piu' usati per bc studies .. tipo oggi che e' uscito l'employment report si son sentiti i vari strilli, il peggior drop dalla second guerra mondiale.. si pero' in termini percentuali il drop non e' cosi' catastrofico..

(nota pero' che i GDP numbers sono quarterly e according to that measure this is by far the mildest)

la harshest recession (in terms of % drop in employment) e' quella del 1948.. (se clicchi sul tab depths of recession lo vedi)

 

 

Su invito di Michele (sono tentato di scrivere "Prof MB"), vi segnalo il nuovo sito di "communication" che i miei padroni (leggere employer) hanno graciously fornito al mondo. La timeline e' molto utile per ricordare quando e' successo cosa:

The Financial Crisis - a Timeline of Events and Policy Actions

http://www.stlouisfed.org/timeline/default.cfm

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Upon invitation of Michele B, let me call attention to the new communication website that the St. Louis Fed set up to keep track of the recent events. The timeline (pdf available) is especially handy.

The Financial Crisis - a Timeline of Events and Policy Actions

http://www.stlouisfed.org/timeline/default.cfm

 

 

 

Considerazioni in gran parte condivisibili e difficilmente opinabili. Credo tuttavia che ci sia anche un "effetto soglia" (o comunque è tale nella nostra percezione): inflazione e deflazione non incidono in modo rilevante sul tasso di crescità finchè si mantengono entro livelli contenuti (qualche punto percentuale) il loro effetto sui prezzi relativi e sulle aspettative rimane trascurabile. Non credo che ci sia qualcuno che pensi seriamente di rinviare o anticipare un acquisto perchè si aspetta una diminuzione o un aumento del prezzo dell'ordine dell'1-2%. Però variazioni attese dei prezzi più consistenti (+/-5% ?) cominciano ad avere un peso significativo nelle decisioni di spesa. Negli USA, qualche settimana fa, il tasso di deflazione atteso ad un anno (differenza fra rendimento dei titoli di stato a tasso fisso e TIPs) aveva superato il 5%, un livello che ha cominciato a destare qualche preoccupazione. In seguito si è ridotto di almeno 1/3, forse perchè le preoccupazioni si stanno cominciando ad orientare verso gli effetti potenzialmente inflazionistici a medio termine delle attuali politiche poco ortodosse adottate dalla FED. Concordo che quest'ultima, unitamente alle altre "autorità", non abbia affatto dato l'impressione di avere la situazione sotto controllo, mentre si dimostra troppo compiacente ed empatica col sistema finanziario. La BCE è assai meno schizofrenica.

 

Negli USA, qualche settimana fa, il tasso di deflazione atteso ad un anno (differenza fra rendimento dei titoli di stato a tasso fisso e TIPs) aveva superato il 5%, un livello che ha cominciato a destare qualche preoccupazione.

 

Scusa, mi spieghi questa faccenda? Anch'io ho letto che i valori attuali del punto morto d'inflazione sono consistenti con aspettative deflattive, ma a me non pare: Bloomberg oggi da' per i rendimenti annuali (yields to maturity) p.es. dei TIPS a 5 anni l'1.49%, contro l'1.54% delle Treasuries non indicizzate. Quindi, spread molto basso (0.05%), ma positivo.

... queste riflessioni di Acemoglu possono interessare (http://www.voxeu.org/index.php?q=node/2787).

 

OT. Il mio browser (Mozilla) ha il comando dei link inattivo. Qualcuno sa dirmi cosa fare?

 

... queste riflessioni di Acemoglu possono interessare (http://www.voxeu.org/index.php?q=node/2787).

 

Si vabbe', ma io insisto: il sistema che ha fallito era regolato, ed e' la regulation (incompetente) ad aver fallito miseramente nei suoi ruoli statutari. Lo stesso Krugman, ai tempi dell'Asian Crisis, ammetteva che un sistema "austriaco", che lasciasse alle crisi il compito, come diceva Andrew Mellon, di "purge the rottenness out of the system", avrebbe funzionato anche per la crisi che genero' la Grande Depressione, come aveva funzionato in precedenza, se non fosse stato per ragioni puramente politiche:

Certainly there are many who regard this as an easy choice: they would cheerfully give up on stabilization. But they need to persuade the voters - and persuade the markets that they have persuaded the voters. As Eichengreen points out, as long as there were no effective voices on behalf of stabilization the gold standard was stable. But as soon as people began to demand that governments do something about unemployment, speculative attack became a recurrent problem and the system ceased to work.

Hanno voluto la stabilizzazione e la "fiat money" e le garanzie sui conti bancari e gli ammortizzatori sociali e i tagli dei tassi d'interesse e tutte le altre niceties che rendono facile farsi eleggere dal popolo bue, che non gradisce riduzioni dei salari nominali ma si lascia incantare dall'illusione monetaria? Va bene, ma almeno che facciano funzionare il nuovo sistema. Invece no: espandono il credito lasciando che il leverage di istituzioni finanziarie e di privati cittadini vada alle stelle, con bolle speculative nel valore di assets di vario tipo, e quando regolarmente scoppiano si mettono a salvare tutti con i soldi che non hanno (ma possono eventualmente stampare).

 

OT. Il mio browser (Mozilla) ha il comando dei link inattivo. Qualcuno sa dirmi cosa fare?

 

Hai prima selezionato il testo che vuoi rendere un link? L'icona con gli anelli di catena resta disattivata fino a che lo fai.

 

L'articolo più dettagliato è :   "   http://econ-www.mit.edu/files/3722   " 

Nouriel ci marcia, ma un'intervista che uno di noi ha trovato (dove? boh!) contiene un'affermazione che  condivido al 100% (infatti, l'ho scritta anche qua varie volte) ed è la seguente

 

You don't agree with the current stimulus ideas?

I am deeply skeptical. I certainly thought [the Troubled Asset Relief Program] was a terrible mistake. I have enormous confidence in the institutions of America, and I hope they will override the mistakes individuals make. But this whole business of TARP reminded me a lot of the WMD business in Iraq: "Oh my God, just trust us. There are these WMDs, and unless you give us the authority now and right now to bomb them, disaster will befall us all." Giving Wall Street or Detroit or the banks money with virtually no personal accountability erodes the legitimacy of the system. Ultimately, the great strength of this economy is the belief that the game is not rigged, that we can all get ahead if only we try harder. The destruction of that belief could be an awful consequence of this desperate shoveling of money.

 

Poi dice anche

 

How will America be positioned in terms of global competitiveness when it emerges from this recession?


One of the few things I agree with Paul Krugman about is that competitiveness is a dubious notion. One can talk about competitiveness in the Olympics, but competitiveness in terms of economic growth puts things in completely the wrong frame. We are living a world where there is going to be, in the long run, more prosperity in more parts of the world. As prosperity increases in more parts of the world, the U.S. share of world GDP will decline, and that is a good thing. But in the next couple of years, we could completely mess this up and go in the direction of socialism. We could go crazy with these stimulus packages and destroy the free-enterprise ethos that has sustained innovation for the past several centuries. I would rather have a slower recovery than try to accelerate the process and destroy the foundations of the free-enterprise system.

 

Ed anche questo lo condivido ...

Non è che, Mr. Doom a parte, magari il Nouriel ha un mezzo modellino sensato in testa? Comincio a sospettarlo, which would be good news. Contrary to what you may think, mi fa piacere che la gente che finisce sui giornali dica cose sensate invece che insensate. Ora, il problema è riconciliare queste affermazioni con le previsioni della fine del mondo, ma quella è un'altra storia.


In realtà sembra che le affermazioni citate siano da attribuire ad Amar Bhidé, o almeno questo è quello che si trova nel link all'articolo di Business Week:

http://www.businessweek.com/print/magazine/content/09_03/b4116017130825.htm

Sul tema sono da leggere anche i resoconti "agghiaccianti" di FT sull'incorporazione di Merryl Lynch da parte di Bank of America, da cui si ricava che il tesoro americano, pur di non far saltare il deal, si è impegnato a sostenere le perdite sul portafoglio di Merril. Di fatto i soldi dei contribuenti americani vanno agli azionisti di ML e in parte anche come bonus per i dipendenti.

http://www.ft.com/cms/s/0/2ac14f58-e363-11dd-a5cf-0000779fd2ac.html

 

Ogni commento è superfluo.

 

E il buon JC mi imita .... :-)

Congrats John. No one will listen, but at least they will not be able to say that no one said anything.

Cato Institute sta anche cercando di fare girare qualche appello, ma il silenzio dell'accademia e' assordante, davvero. E provare a pubblicare una cosa sul NYTimes contro la follia e' impossibile, ci abbiamo appena provato!

 

Anche Eugene Fama si è espresso contro il "fiscal stimulus"... e DeLong ha cominciato a farlo a pezzi (tirando in mezzo anche Mankiw):

part1     part2     part3     part4     part 5    (...and counting?)

 

Bah.

D'accordo su tutto tranne che sugli ultimi suggerimenti:

 

Buy a nice low-fee corporate or municipal bond fund, or a fund that invests in securitized student loans. Buy some bank stock. You’ll help your economy and you’ll earn a great profit too.

 

Se chi ha emesso le obbligazioni fallisce, o le banche vengono nazionalizzate o anche solo ricapitalizzate con massicce rights issues (pare che il governo britannico si stia preparando a rimpiazzare almeno in parte le azioni privilegiate con azioni ordinarie), addio investimento: altro che profitti. Io semmai metterei quei soldi in depositi a breve garantiti dallo stato, titoli di stato indicizzati al'inflazione, o oro.  

A me pare che, a parte la contingente questione delle banche riluttanti a emettere credito, soprattutto in certe parti del mondo (USA, UK, Irlanda, Spagna, svariati paesi dell'Europa centro-orientale etc.) ci sia un grave problema con i real assets di cui si parla relativamente poco: la proprieta' edilizia e' stata sopravvalutata, credito e' stato garantito da essa, il valore della proprieta' sta rapidamente tornando sulla terra, ma i soldi ottenuti col credito sono gia' stati spesi e non saranno interamente restituiti a chi li aveva prestati. Questo in un sistema finanziario altamente leveraged, cioe' con banche fortemente sottocapitalizzate rispetto ai loro attivi e passivi di bilancio, e con bilanci di dimensioni comparabili con il PIL dei paesi dove operano. E da qui non vedo facili vie d'uscita che evitino fallimenti a catena, se non innalzamento permanente del debito pubblico, o monetizzazione del debito tranne inflazione.

 

 

Segnalo che Caballero sta scrivendo un po' di cose per spiegare "come la vede lui":

part1    part2

 

 

E oggi cita un brano di un articolo di Michele sulla crisi. Ma per primo cita Galbraith. Sono certo che Michele sarà felice dell'accostamento.

 

Visto, grazie Fausto.

Dovrò scrivere a Pirani: la University of St Louis è una scuola di gesuiti giusto qui accanto ... non la mia! E citasse nFA! Ma quello, si sa, non lo fa quasi nessuno, purtroppo.

L'accostamento e', diciamo, intellettualmente coraggioso :-)

 

Ho guardato un po' di cose che c'erano sul GF2009 ed scoperto il nuovo personaggio di successo, che non è quella con la sesta misura, ma una ancora peggio ...

Ho trovato questa (ed altre decine sulla medesima). L'ascesa alla fama di questa hostess Alitalia (guarda caso) mi sembra una specie di simbolo perfetto del decadimento socio-morale del paese. Ma è davvero così?

 

L'immaginario mentale di questa burina è tragico; il suo accento è cafone; la smorfia della sua bocca, rossettata e tumida, è volgare; il biondo platino, ossigenato presumo, è l'unica cosa di brillante che potrà mai esserci in quella testa vuota; la gestualità è quella paesana della finta confidenza spacciata per amicizia...ed era pure una hostess di Alitalia? A me ricorda questa.

Comunque questa feccia non è indicativa di nulla, a mio avviso.

 

Michele,

cerco di non fare troppa confusione e tralasciando premesse inutili, vado diretto ad alcune domande che mi sono fatto dopo aver letto la tua interessante analisi del Giappone 1992-2003 e del rischio deflazione.

 

La prima

Quando confronti il dato sul PIL procapite, in termini reali, confronti il dato del 1992 con quello del 2002. In cosa sono espressi? Immagino siano migliaia di Yen. Te lo chiedo non per fare il precisino, ma i dati che ho io (WEO) mi danno una crescita reale del 6.4%. Nothing to write home about probabilmente, ma 3 punti percentuali in meno di quanto hai tu non sono noccioline.

 

La seconda

Questa è una sciocchezza. A un certo punto, nella versione inglese, abbandoni il GDP e passi al GNP per confrontare crescita e prezzi. Non capisco. Volevi usare il Prodotto Nazionale Lordo ma è stato un typo, o il typo è stato nella versione inglese.

 

La terza

Se ho capito bene, tu dici: il Giappone ha sperimentato una asset deflation senza precedenti (nella propria storia), questa si è tradotta in una deflazione dei prezzi tutto sommato contenuta (concordo) e tutto ciò non solo non si è tramutato in una spirale al ribasso prezzi/crescita, ma la crescita è stata complessivamente dignitosa.In primo luogo mi chiedo perché non entra, nella tua analisi, il ruolo del settore pubblico. Concentrandoci sul periodo dal 1998 al 2002 (cioè quando c’è stata la deflazione dei prezzi al consumo) il debito pubblico è salito, in % al PIL, da circa il 107% di fine 1997 al 167% della fine del 2003. Parte di questo è stato finanziato dall'estero (se non sbaglio). Perché non tieni conto di questo enorme stimolo fiscale? Il counter argument non potrebbe essere: “guarda! se non avessero indebitato all’inverosimile lo Stato, altro che deflazioncina avremmo avuto. La spirale ci sarebbe stata eccome!”

 

La quarta

Un possibile salvataggio, all’epoca, è arrivato dalla domanda estera. In questa crisi (quella corrente intendo), questa via d’uscita è meno probabile data la natura globale e l’intensità della recessione. Quindi si potrebbe dire che oggi, il rischio di una spirale deflazionistica è più probabile.

 

La quinta

L’evidenza storica ed empirica non conferma correlazione o causalità. OK. Tuttavia, la spirale deflazione/recessione, come tante relazioni economiche, potrebbe non essere lineare. Poca deflazione può non aver effetto sulla crescita, tanta si. Ed ecco che a tassi annui di -2/-3% del CPI cadiamo in quella spirale, e allora è meglio cautelarsi e stampare un po’ di moneta e costruire un po’ di strade.

Se a molte di queste domande hai già risposto in precedenti post, scusami e lascia stare

Grazie

 

Fabio,

non ho mai risposto. A volte i commenti son troppi ed uno li perde. Un altro lettore mi ha fatto osservare la mia mancanza. Provo a riparare, un anno e mezzo dopo, sperando tu ci legga ancora.

1. Credo che i miei numeri fossero PPP. Ma non sono certo e non ho preso note. Se vai qui ed usi le opzioni disponibili puoi comparare, in PPP, il reddito pro capite del Giappone e dell'Italia. Si vede subito che il Giappone è cresciuto di più, quindi diciamo che la crescita italiana è un lower bound. Più che sufficiente per dare appoggio empirico al mio punto analitico!

2. Fatto casino, capita scrivendo di corsa. Mi interessa quello domestico, ovviamente.

3. Good point. Non ho fatto l'analisi completa ed hai ragione. Può essere che tutto sia dovuto alla domanda generata dalla grande spesa pubblica. Avrei dovuto guardare ai dati dei vari settori per vedere dove la crescita c'era. Di certo sappiamo che il loro export è cresciuto e quello non dipende dalla spesa pubblica. Ma point well taken.

4. Dubito. Cina, India, Brasile stanno crescendo a razzo e generano MOLTA domanda. Direi che, rispetto agli anni '90, la domanda "estera" rispetto a EU ed USA ora cresce MOLTO più forte della domanda estera di allora rispetto a Giappone. E comunque, SE anche tu pensi che la crescita giapponese sia stata molto "tirata" dal suo export, allora il punto che volevo fare io in 3. si rafforza.

5. Capisco, ma potrebbe essere vero l'opposto: rapida deflazione forza fallimenti rapidi. Crisi brutale, ma breve, poi si riparte. No? Voglio dire, son due ipotesi su controfattuali e per entrambe non abbiamo evidenza chiara.

Io volevo solo argomentare che NON c'è ALCUNA evidenza, né teoria, che giustifichino l'ossessione anti-deflazionistica. L'anno e mezzo trascorso da allora credo mi abbia dato, per il momento, ragione da vendere. Per il futuro, vedremo.

 

sul wall street journal argomenta cose simili alle tue/vostre sul "fearmongering".

Breve e non privo di senso