Sostenibilità fiscale

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Vedo una luce in fondo al tunnel.

Per sostenibilità fiscale si intende l'essere in grado di ripagare il debito pubblico. Esistono formulette più o meno sofisticate per calcolare questa sostenibilità, ma alla fine è il mercato obbligazionario che decide, poiché è qui che il debito viene venduto determinando così il tasso d'interesse.

Finché ci sono risparmiatori disposti a comprare Bot e Btp (le obbligazioni dello stato italiano), e cioè ad imprestare allo stato, vuol dire che un certo livello di indebitamento è ritenuto sostenibile. Lo stato per loro sarà in grado di ripagare il debito. Prima o poi.

Ma se lo stato italiano è perennemente in rosso (sforna deficit anno dopo anno) com'è possibile che ci siano investitori disposti a dargli fiducia? Ci saranno finché sembrerà possibile che lo stato italiano possa ripagare sia debito vecchio che addizionale ossia, grossomodo, se l'economia cresce di buon passo rispetto all'indebitamento (grazie anche ad un tasso d'interesse moderato), allora il rapporto debito/Pil rimane sotto controllo.

In valore assoluto il debito crescerà pure (al momento 1700 miliardi di euro), ma in termini relativi possiamo comunque parlare di indebitamento sostenibile.

Per questo motivo il Ministero dell'Economia e delle Finanze pubblica il Programma di Stabilità dell'Italia (occhio, 1.4mb) che analizza a p.54 la sostenibilità del debito pubblico. Quest'ultimo documento è del Novembre 2007, quindi di prima della crisi, ed applica una metodologia standard a livello europeo.

Riporto qui le proiezioni per il debito pubblico (in % al Pil) fatte un anno e mezzo fa.

Per il 2011 il debito pubblico era previsto a 95% del Pil. Contando su un'economia mediamente in crescita per i prossimi quarant'anni dell'1-2%, e un tasso di interesse reale del 3%, il Tesoro stimava un calo del debito fino al 60% entro il 2020. Si entrava dentro i parametri di Maastricht in pressapoco dieci anni.

Naturalmente dopo questa crisi le proiezioni non sono più così rosee, ma questo non per colpa delle formule. L'aritmetica di base è difatti piuttosto semplice.

Il debito pubblico altro non è che l'accumulo dei deficit realizzati anno dopo anno:

Debito(oggi) = Deficit(oggi) + Deficit(ieri) + Deficit(l'altro ieri) + ...

O più semplicemente, il debito(oggi) è uguale al debito(ieri) più il deficit conseguito oggi:

Debito(oggi) = Debito(ieri) + Deficit(oggi)

Il deficit consiste nel buco che il governo fà ogni anno nei conti pubblici. L'Italia poverina è anche "brava" a tassare ancora di più di quanto spenda. Difatti il bilancio primario italiano è normalmente positivo e meglio della media europea:

Bilancio Primario = Tasse - Spesa

Purtroppo, oltre alla spesa pubblica lo stato deve anche pagare interessi sull'enorme debito pubblico che accumulò soprattutto negli anni '70 e '80. Talmente tanti interessi che, come deficit, l'Italia è sotto la media europea:

Deficit = (Bilancio Primario) - (Interessi sul Debito)

Per colpa di un debito da record (terzo al mondo in valore assoluto, dopo Usa e Giappone, e secondo al mondo in % al Pil, dopo il Giappone), il tasso d'interesse influenza pesantemente il deficit:

Debito = Debito(ieri) + (Spesa - Tasse) + interessi*Debito(ieri)

Il debito cresce così. Dopo si può analizzare più in dettaglio come la spesa pubblica cresca secondo l'aumento dei pensionati, o come le entrate fiscali dipendano dal reddito nazionale (il famigerato Pil), e così ricostruire la proiezione del Tesoro raffigurata sopra.

Anche solo inserendo questa formula in Excel si può pressapoco replicare la previsione fatta a fine 2007 dal Tesoro (fra parentesi qualche commentino sul realismo delle ipotesi da loro fatte). Si parte con un valore del Pil pari a 100 per il 2011, una crescita del Pil pari al 1.7% annuale (come indicato nella Tavola 13 del documento sopracitato, su cosa questa previsione si basasse non chiedetelo a me), un tasso d'interesse (reale) al 3% (questo è endogeno, come vedremo, ma date le altre loro ipotesi non è incredibile), un debito nel 2011 di 95 (idem, ossia basato sulla politica dell'ottimismo anche se allora al governo c'era quell'altro), una spesa pubblica al netto degli interessi costante al 42% del Pil (la media decennale della spesa, peccato che il trend fosse un po' diverso: nel 2000 tale valore era 40%, nel 2007 era il 44% ...), e delle entrate fiscali al 46% del Pil (il valore nel 2007, quasi un massimo storico):

D = (1+r)*D-1 + (g - t)*(1+n)*Y-1

(Pil Y=100; debito D=95; tasso d'interesse r=3%; tasso di crescita n=1.7%; spesa/Pil g=42%; entrate/Pil t=46%)

Il grafico illustra il rapporto tra debito e Pil (D/Y), utilizzando le stime pre-crisi. Invece, secondo gli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale nel 2008 il Pil è variato di -1% e il debito/Pil è salito al 106%. Per il 2009 si ci aspetta un Pil in calo del -4.4% e un debito/Pil a 115%. Per il 2010 viene stimato un Pil in calo del -0.4% e un debito/Pil a 121%. Nella previsione di qui sopra era al 95% un anno e mezzo dopo: 26% del Pil di differenza!

Ad un primo sguardo questo tracollo potrebbe non dare preoccupazioni di sostenibilità per due motivi. Primo, l'Italia in passato è stata indebitata ben oltre, fino al 129%. Secondo, tutte le economie del mondo quest'anno hanno sofferto una forte recessione ed un indebitamento epocale.

Il primo punto è poco rassicurante perché al tempo c'era la lira. L'euro ha portato stabilità ai conti pubblici italiani. Eliminando il rischio del cambio valuta, ed ereditando una bassa inflazione dovuta alla politica monetaria europea, i tassi di interesse sul debito si sono decisamente abbassati. Questo ha portato un notevole risparmio e un graduale calo del debito in quest'ultimo decennio di euro.

Questo aumento del debito dal 103% nel 2008 al 121% nel 2010 sotto regime euro è invece più preoccupante. Intanto lo spread tra obbligazioni tedesche e italiane si è stabilmente allargato segnalando solamente un sostenuto rischio-paese, oltre che a presagire più interessi da pagare. Inoltre non esiste la valvola della svalutazione per sgonfiare la pressione del debito; la svalutazione praticamente consentiva di diluire il dovuto ai creditori fossero essi esteri (lira svalutata) o interni (maggior inflazione).

Il secondo punto, guardato più da vicino, è ancor meno rassicurante. È vero che tutte le altre economie del G7 subiranno un aumento del debito, mediamente di un 20%. Ma oltre alla comune recessione che riduce il Pil, tutti gli altri paesi hanno anche approvato degli enormi stimulus plans. L'Italia no, ed il debito italiano sta crescendo altrettanto senza che il governo faccia nulla di particolare.

Non si può neanche guardarsi attorno e dire che c'è chi sta peggio di noi. La sostenibilità non si basa su una singola soglia di indebitamento da non sorpassare, ma su più fattori. Per esempio, anche la Grecia è piuttosto indebitata e come deficit è messa peggio dell'Italia, però l'economia greca cresce mediamente molto di più di quella italiana.

Cosa succederà, dunque, al debito italiano? Beh, la crisi non può durare per sempre, no? Non è impossibile che presto torni il sereno, anzi ci dicono da fonti ufficiali che sta già tornando. Per esempio, in questo grafico utilizzo i dati negativi del Fondo Monetario del 2008-2010 (Pil: -1%, -4.4%, -0.4%), l'attuale tasso d'interesse reale pressapoco a 4%, ed il temporaneo calo delle entrate fiscali al 40% del Pil per il 2009. Dal 2011 in poi suppongo si ritorni ai valori rosei utilizzati dal Tesoro nel 2007 (interessi=3%; Pil=1.7%, spesa=42%, entrate=46%).

Il grafico replica il decollo del debito pubblico previsto dal Fondo Monetario, ma dal 2011 in poi tutto si riassetta e il debito torna a planare. Questa proiezione però non la considero realistica. Ecco perché.

La stabilità fiscale può essere ridotta a tre fattori: i) il livello del debito (più alto è, più a rischio il paese); ii) lo shock temporaneo, in questo caso la crisi e il tracollo delle entrate fiscali; e iii) i parametri di lungo termine (crescita media, bilancio fiscale, tasso d'interesse).

Il primo fattore non ha bisogno di spiegazioni. Più si è indebitati più si è a rischio. Il secondo fattore, lo shock temporaneo, se abbastanza elevato può spingere oltre il point of no return.

Il terzo fattore è altrettanto importante perché se ci sono buone prospettive per il futuro, anche un debito elevatissimo può essere sostenibile. Qui però, nel caso dell'Italia, bisogna essere più realistici con i numeri.

Riguardo la crescita, in questo decennio (2000-2008) l'Italia è cresciuta mediamente dello 0,9%. Non è una scoperta che l'Italia, boom e recessioni a parte, soffra di una crisi strutturale che la colloca come ultima in Europa in fatto di crescita economica. Basare una proiezione di lungo termine su una crescita media al di sopra dell'1% è eccessivamente ottimistico, data la totale mancanza di serie riforme strutturali.

Riguardo il tasso d'interesse, bisogna tener conto dell'impatto long-term di questa crisi. Tutti i paesi industrializzati si sono enormemente indebitati per far fronte alla recessione. Ritengo inevitabile che nel mercato obbligazionario globale i tassi di interesse dovranno salire (e restare alti). Non solo, la propensione o tolleranza al rischio sembra fortemente diminuita, quindi gli spreads dovuti alla differente rischiosità dei debitori riappariranno. L'Italia, assieme alla Grecia, ha già il peggior rating dell'area Euro; questo si rifletterà progressivamente sui tassi. Quindi come minimo, anziché un 3%, credo sia più realistico assumere che l'attuale tasso di interesse, al 4%, rimanga con noi a lungo termine. Potrebbe anche andar peggio.

Riguardo il rapporto tra tasse e pil, non esiste un rapporto così lineare. Mediamente, nell'ultimo decennio, le entrate sono rimaste stabili attorno al 45% del Pil, ma i primi dati del 2009 indicano che le entrate tributarie sono calate molto di più del calo del Pil.

Il fatto è che, anche solo tenendo conto di una crescita più realistica (0,9%), di un tasso d'interesse reale più probabile (4%) e di un lievissimo pessimismo per le entrate fiscali (44% del Pil), le prospettive cambiano drasticamente.

La spesa al netto degli interessi, by the way, quella facciamo finta che rimanga stabile al 42% nonostante sia già oggi abbondantemente al di sopra e nonostante il trend storico, che è ben diverso. Se avessi inserito il trend storico della spesa, la curva non solo usciva dal grafico, ma schizzava dalla pagina di nFA.

Tanto per dare un'idea di cosa conta e di cosa non conta, nel grafico precedente l'Italia viene paragonata alla Grecia (linea rossa), un paese simile in debito/pil, con un maggior deficit (mediamente 5%), ma un'elevata crescita economica (mediamente 4%). Mentre la Grecia riesce a sopportare lo shock temporaneo ed a planare, il debito italiano vola via, come un palloncino nel cielo.

Con questa prospettiva, cosa può fare il governo per dirottare l'insostenibilità del debito pubblico?

La politica monetaria è stata abdicata con l'euro, e non c'è da aspettarsi un intervento come in USA perché i partners europei non sono intenzionati a monetizzare il debito italiano. Insomma, la BCE non farà a via XX Settembre i favori che la Fed sta ora facendo, e farà, al Treasury degli Stati Uniti. Rebus sic stantibus, mi spiegano, non c'è molto che si possa o debba fare, basta stare calmi e mantenersi ottimisti. Ridimensionare le spese è politicamente impossibile; anzi, dato l'invecchiamento della popolazione ed il peso del sistema pensionistico nei conti pubblici, è più probabile il contrario. Infatti, anche il ministro del Tesoro ha detto che il sistema pensionistico va bene così com'è e che nel mezzo della crisi non si fanno riforme per non spaventare la gente. Dice che gliel'ha consigliato il Fondo Monetario ... Aumentare le tasse accelererebbe la fine, dato che la poca crescita che è rimasta verrebbe soffocata. Diminuire le tasse per stimolare la crescita pare politicamente altrettanto impossibile, oltre ad essere rischioso se nel contempo non si riduce la spesa, vista la sensibilità dei tassi d'interesse al deficit di parte corrente.

L'attuale governo (ci dice che) ha le mani legate (o forse se le è legate da solo, con certe promesse elettorali, dichiarazioni ed altre cosuccie recenti) e non può fare granché. Gli è stato presentato il conto di decenni di amministrazioni inefficenti (per le quali, ovviamente, non ha responsabilità alcuna) e non gli resta che giocarsi la carta dell'ottimismo per uscire dal tunnel. Indicare quella luce in fondo al tunnel, che si fà sempre più luminosa. È il fanale di una locomotiva che avanza spietata.

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Commenti

Ci sono 32 commenti

Complimenti per l'articolo tanto chiaro quanto agghiacciante . Il grafico impatterà sicuramente con il default o con l'uscita dall'euro. Quali delle 2 cose è plausibile e che impatto potrebbe avere sul sistema europa ? ho sempre pensato che il fine ultimo dell'europa , da parte dei politici italiani, fosse quello di accollargli il nostro debito  in un modo o nell'altro.

Sicuramente il default; aggiungo che uscire dall'euro scatenerà sicuramente un default (se non ci sarà già stato).

 

ho sempre pensato che il fine ultimo dell'europa , da parte dei politici italiani, fosse quello di accollargli il nostro debito  in un modo o nell'altro.

 

Il fine che ha motivato il CS all'entrata nell'euro non e' questo ma piuttosto il desiderio di continuare a spendere come e piu' di prima senza essere emarginati dal resto d'Europa. Cio' e' ben documentato negli studi fatti all'epoca e riportati dalla stampa.  Prima dell'Euro, l'Italia aveva inflazione piu' elevata e tassi nominali piu' elevati a causa della maggiore inflazione e del rischio di cambio sul debito collocato all'estero. In queste condizioni sforava fatalmente i vincoli di Maasticht che erano sul deficit statale nominale = deficit reale + inflazione + extra-interessi dovuti al rischio sul rimborso del debito. Passando all'Euro, lo Stato italiano ha potuto mantenere il deficit reale precedente (in parole povere, a spendere come in passato in rapporto alle tasse riscosse) senza sfondare i vincoli UE sul deficit nominale, tagliati su misura per Francia e Germania e (giustamente) punitivi per i Paesi a inflazione elevata e svalutazione ricorrente come l'Italia.

Come ha scritto Ludovico, passare all'Euro tuttavia significa rinunciare ai gradi di liberta' costituiti da cambio e inflazione, quindi rendere il default meno evitabile. Da un certo punto di vista, quello dei credititori dello Stato italiano, e' probabilmente meglio essere di fronte ad un rischio di default (piu' trasparente e meglio individuabile) piuttosto che ad un rischio rimanere fregati da qualche espediente "creativo" del ministro delle Finanze di turno del Belpaese.

Questo articolo mi fa paura.

 

Questo articolo mi fa paura.

 

Ma no, dai: magari la locomotiva è questa ... c'è sempre un binario morto da qualche parte in Italia!

:-)

Complimenti per l'articolo.

Ridimensionare le spese è politicamente impossibile; anzi, dato l'invecchiamento della popolazione ed il peso del sistema pensionistico nei conti pubblici, è più probabile il contrario. Infatti, anche il ministro del Tesoro ha detto che il sistema pensionistico va bene così com'è e che nel mezzo della crisi non si fanno riforme per non spaventare la gente.

Non vedo invece altra sostanziale alternativa, se non quella di aumentare significativamente l'età pensionabile. Speriamo che la "politica" lo faccia prima che il sistema decida di non comprare più i titoli del Tesoro.

 

ma visto che l'argomento "tassa ai ricchi" è tornato popolare, e tanto per ricordare le giornate di firenze dello scorso anno, perché non provare con l'aliquotina marginale aggiuntiva su chi si è "mangiato il biscotto" (pensionati con meno di 40 anni di contributi andati in pensione tipo negli anni 90 e 2000, magari con pensioni "pesanti")? E' solidale come piace ai nostri politici visto che colpisce i ricchi, non disincentiva l'offerta di lavoro, visto che tanto sono pensionati, e magari costringe anche quei pensionati a mandare i figli 40 enni a guadagnarsi da vivere fuori di casa.

Era da molto tempo che mi ponevo questo tipo di domande, tipo: ma il deficit che fine farà ?

Mi hai dato tutte le risposte (e NFA era proprio il tipo di luogo in cui mi aspettavo di trovarle).

Adesso una domanda banale: vedi altre cartolarizzazioni all'orizzonte, o Tremonti ha smesso con il gioco delle tre carte ?

P.s. Lo so che sono pedante, ma cosuccie non si scrive cosucce ? ( e comunque sempre meglio di Axel che ha "inventato" la provicia di Gela) -).

 

sempre meglio di Axel che ha "inventato" la provicia di Gela

GT a inventato la finanza creativa, io la geografia creativa. Entrambi siamo dei geni non riconosciuti dai miscredenti di nFA :-)

Premettendo che la sostenibilità del debito pubblico italiano mi sembra piuttosto problematica (ad essere ottimisti) mi sembra che il tasso di interesse reale usato per le simulazioni sia piuttosto elevato. Oggi il tasso che si può calcolare direttamente a partire dai BTPei (indicizzati all'inflazione europea) è di ca. 2.4/2.5% sulla scadenza decennale, un pò più alto sulle scadenze più lunghe, ma anche assai inferiore sulle scadenze più brevi (intrno all'1% a 3 anni). Inoltre tale dato sconta uno spread di ca. 1% rispetto ai titoli tedeschi, sempre a 10 anni. In generale il tasso di interesse reale , in condizioni normali, non può discostarsi troppo dal tasso di crescita dell'economia. Il problema, per l'Italia, è che in un sistema globale tale relazione va valutata a livello complessivo (mondiale). Questo significa che se la crescita italiana sarà molto inferiore a quella del resto del mondo potrebbe benissimo dover fare i conti con un tasso reale più elevato, a cui bisogna aggiungere un premio per il rischio consistente quando la situazione comincia a peggiorare. Non c'è bisogno di aggiungere che, nonostante gli attuali tassi bassi, un premio per il rischio maggiore di 100bp, come quello attuale, non è già di per sè sostenibile per molti anni. Quindi, o si ritorna rapidamente nella normalità, oppure non ci sono speranze di sostenibilità.

A ciò aggiungerei, con una certa enfasi, che il cd "rientro" del debito pubblico negli anni '90, è avvenuto quasi esclusivamente attraverso la vendita di assets pubblici (ergo è stata una partita di giro), che ha consentito di sfruttare i bassi tassi dell'euro, per tenere in piedi la baracca negli anni successivi. Il contenimento della spesa non c'è stato e, data la classe politica che ci ritroviamo, non credo che ci sarà. Amen.

Poiché non ricordo in coda a quale post si fosse acceso il dibattito sui debiti Fiat e sulle varie operazioni che Marchionne sta cercando di attuare, metto qui il link a questo articolo che sembra riprendere i dubbi che Sandro aveva espresso ed io avevo parzialmente criticato.

Sul debito italiano, invece, non so proprio aggiungere molto al quadro che fa Lodovico, fatta eccezione fose solo per una cosa (che credo amadeus abbia già sottolineato), ossia che (grazie all'oceano di liquidità che le banche centrali hanno immesso sui mercati) per un paio d'anni i tassi reali sul debito pubblico italiano al 4% forse non ci arrivano. Ma solo "forse" e solo per un po' di tempo ... eppoi, chi l'ha detto che rebus sic stantibus l'anno prossimo non sarà negativo di nuovo, per il Pil?

l'articolo giusto per il commento è questo http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/Ma_porca_miseria%2C_anche_qua%3F

Strano che ti sia sfuggito visto che la domanda era stata posta da Filippo Rebessi e non da uno dei soliti odiosi nickname :-)

Credo che sia ancora presto per giudicare tutto, mancano ancora molti tasselli e la partita è ancora in gioco (ad esempio il giudice americano potrebbe decidere diversamente sulla bancarotta di Chrysler).

Quindi attenderei almeno questo pronunciamento prima di parlare di qualunque cosa, anche perchè il giudice dovrebbe avere accesso a quell'accordo che a noi è tenuto nascosto: chi paga cosa.

Le integrazioni con Chrysler da un punto di vista tecnico ci sono: la Fiat produce motori potenti e affidabili, decisamente meno assetati di quegli scassoni antidiluviani che gli americani si ostinano a produrre, molti dimenticano che solo Fiat e VW hanno sviluppato il motore benzina TSI che consente potenze e bassi consumi. E' una tecnologia che si può rivelare vincente in USA. Continuo a pensare che la 500 non si venderà in USA, mentre le Alfa potrebbero avere un mercato, ma non sono Marchionne, e non ho uno straccio di indagine di mercato per suffragare la mia tesi, è giusto una sensazione basata sui gusti dei miei amici americani, quindi sarà errata, ma non lo so.

Su Opel non parlo proprio, la partita è appena cominciata, quello che mi dà fastidio è che Mar vada a parlare con i politici, non con gli azionisti (conterà qualcosa chi ci ha smenato i soldi in Opel, o no ?), e questo mi sembra un vizio italiano trasmesso a tutto il mondo (vedi anche Chrysler). Il Messico sta trasmettendo l'influenza suina, noi il morbo politico.

Sulla caccia ai contributi pubblici esprimo dei dubbi: in Europa c'è un forte sentimento antiitaliano da questo punto di vista, e lo stato tedesco potrà anche dare adesso dei soldi, ma sono sicuro che se Fiat dovesse chiedere ancora soldi la manderebbero a sviluppare i propri bisogni altrove (cagare, in senso tecnico). Non è là che Mar vuole andare a parare, piuttosto segue la sua fissa dei 6 milioni di veicoli. Dove trova i soldi ? nello stesso posto dove li cerchiamo noi imprenditori, nell'ordine: tasca propria (intendendo azionisti), banche (intendendo tutto il settore finanziario),  fornitori, stato.

Se dovessimo guardare il livello di indebitamento raggiunto guardando all'acquisto del momento (un macchinario o la OPEL, fate vobis) non compreremmo niente, ottimisticamente speriamo di ingarrare e guadagnare, e questo sta facendo Mar. Quindi applausi. Il problema nasce quando Mar sbaglia, e qui dovremmo noi tutti alzare un muro, da subito: se sbaglia Mar cazzi suoi. Non nostri.

Mi sembra che le ipotesi fondamentali per questa proiezione _a_lungo_ siamo

1) r=0.03 (su cui si puo' solo incrociare le dita e sperare che Tremari abbia allungato di molto la duration)

2) n=1.7

Ora a riguardo di quest'ultimo punto le (mie) domande sono

a) non si puo pensare ad un recupero del sommerso che viene stimato a circa 30%?

b) cosa impedisce all'Italia di avere un tasso di crescita maggiore?

Per esempio, a giudicare da quello che si vede la domanda interna non e' cresciuta molto, si puo' aumentare? Considerato che gli stipendi italiani sono decisamente piu' bassi di quelli nordeuropei.

E' l'italia cosi arretrata teconologicamente (a livello industriale) e di preparazione del personale da non riuscire  ad avere nessuna speranza di una crescita migliore?

 

Bisogna anche pero' dire che il pil usa sarebbe cresciuto dell 1% senza MEW gli ultimi 8 anni

 

 

b) cosa impedisce all'Italia di avere un tasso di crescita maggiore?

 

L'enorme mole di parassiti da mantenere .

 

 

a) non si puo pensare ad un recupero del sommerso che viene stimato a circa 30%?

 

No, non si puo' pensare. Le tasse + contributi incassati dallo Stato italiano sono gia' il 43-47% del PIL totale, non sommerso e sommerso inclusi, anche in presenza di sommerso stimato al 27% del PIL: lo Stato preleva come e peggio dei Paesi civili dove il sommerso e' il 15% circa (Francia e Germania).

Il massimo cui realisticamente si puo' pensare e' recuperare il sommerso ma a parita' di gettito fisco- contributivo, ma anche questo non appare realistico (oltre a non risolvere la sostenibilita' del debito).

Va poi sottolineato che il sommerso recuperabile non sara' mai 30% (o meglio il 27% stimato da alcuni studi) ma semmai al piu' la differenza tra il 27% e il sommerso di un paese piu' o meno civile con pressione fiscale reale paragonabile a quella italiana, quindi tra 15% (Francia e Germania) e il 23% del Belgio.  Tuttavia a causa dell'incompetenza e della disonesta' dei politici italiani, e dell'arretratezza e disfunzionalita' dello Stato e della societa' nel Sud del Paese, ho fortissimi dubbi che sia realistico recuperare piu' del 2-3% del PIL, senza riforme drastiche come un federalismo vero e non posticcio come quello disegnato dalla Costituzione riformata dall'Ulivo.

...non sono per nulla preoccupati:

 

May 5 (Bloomberg) -- Italy, the European Union’s most indebted nation, is likely to fare better than the U.K. and Germany in selling bonds as it prepares to issue a quarter of the region’s securities this year, the head of the country’s debt agency said.

The Italian government plans to issue about 220 billion euros ($293.4 billion) of medium and long-term bonds this year, excluding Treasury bills, Maria Cannata, director general of public debt at Italy’s finance ministry, said in an interview. That’s an increase of about 10 percent from 2008, according to data from the Rome-based Treasury’s Web site.

The 16 nations sharing the euro will issue a record 845 billion euros of debt this year, according to ING Groep NV, as governments seek to finance economic stimulus packages and bank bailouts. The U.K. couldn’t attract enough buyers for all the 1.75 billion pounds of gilts on March 25, the nation’s first failed auction in almost seven years. Germany didn’t manage to sell all the short-term debt it offered on April 20.

“I could have been a little bit concerned about the possibility of a risk of an un-covered auction at the end of 2008, but what we have experienced in the past four months is the opposite situation,” Cannata said. “Demand has been strong.”

Italy attracted bids 1.38 times what it offered at its biggest bond sale of the year on April 29, compared with 1.16 times at the previous auction of 10-year debt in March, according to the Bank of Italy. It sold 12.3 billion euros of securities maturing between 2012 and 2019.

 

 

 

Eurostat non raccoglie dati ma stabilisce delle regole per armonizzare le metodologie http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/about_eurostat/corporate/introduction/harmonization

Non c'e' un Pil calcolato dall'istat e uno calcolato dall'eurostat, c'e' solo quello dell'istat. L'eurostat armonizza, cioe' si accerta che tutti seguano la stessa metodologia, e poi pubblica i dati e magari ci fa pure il commento, ricombina i dati, fa delle belle tabelle. Ok? Se l'Istat non ti piace correggi il dato come ti pare, ma cerca di essere coerente con quello che dici. Non puoi correggere anche il dato statistico inglese perche' hai detto che sopra le alpi lavorano bene e sotto no. Dovresti prima dimostrare che gli inglesi lavorano bene e gli italiani male (che dai per scontato) e quindi correggere solo i subalpini. Se correggi anche gli inglesi stai dicendo che tutte le agenzie statistiche sparano numeri a vanvera. cosa non impossibile, per carita'. 

Per quanto riguarda la definizione di sommerso, il calcolo e' gia' abbastanza aleatorio che aggiungerci le rapine o toglierle mi pare irrilevante. Eppoi non saprei dire se Robin Hood aumenta la torta o la redistribuisce.   

Poi su come si calcoli il deficit di bilancio, e' una dialettica tra ministeri delle finanze di tutta europa e le varie istituzioni europee che va avanti da un decennio ormai, ed e' irrilevante per la questione, anche perche' piu' che di statistica si dovrebbe parlare di regole di contabilita'.

 

Eurostat non raccoglie dati ma stabilisce delle regole per armonizzare le metodologie

 

Potresti citare per favore dove avrei scritto qualcosa in contraddizione con quanto sopra?  L'Eurostat provvede raccomandazioni al fine di ottenere dagli Stati dati comparabili (vedi ad es qui). 

 

Non c'e' un Pil calcolato dall'istat e uno calcolato dall'eurostat, c'e' solo quello dell'istat.

 

Puo' darsi che cio' sia vero per il PIL, ma certo non e' vero in generale per i dati economici prodotti dall'Istat. Un esempio e' l'inflazione, per la quale esistono stime diverse Istat e Eurostat, calcolate con metodologie diverse (vedi Repubblica 2002, Inflazione, i dati Eurostat superiori a quelli Istat). I "dati Eurostat" provengono da (o sono elaborazione di) quelli dell'Istat: e allora?  Il punto importante quando si confrontano Stati diversi e' che i dati siano armonizzati.  Quindi inflazione Eurostat si', inflazione Istat no: chiaro?  Le stime Eurostat del PIL vanno bene. Se la stima Istat e' identica, allora va bene anche quella. Le stime Eurostat del sommerso (a mia conoscenza) non esistono.  Le stime Istat del sommerso non vanno bene, nessuno assicura siano armonizzate con quelle degli altri Stati. Le stime del sommerso di Schneider et al. invece sono appropriate, perche' ottenute con metodo uguale per i diversi Paesi.

 

l'Istat non ti piace correggi il dato come ti pare, ma cerca di essere coerente con quello che dici.

 

Non ho corretto dati Istat, ho usato altri dati che sono comparabili per diversi Paesi, e sono stato coerente.  Tu invece hai fatto una proposta poco coerente quando hai corretto il PIL italiano per la differenza Istat-Schneider ma non quello inglese in una precedente replica.

 

Non puoi correggere anche il dato statistico inglese perche' hai detto che sopra le alpi lavorano bene

 

Non ho corretto il dato inglese, e poi logica vorrebbe che se sopra le Alpi lavorano bene non ci sia nulla da correggere...

 

sull'inflazione devi sapere che esistono molti indici dei prezzi, che variano in relazione al paniere di beni che sono inclusi nell'indice.  l'eurostat in particolare ha definito un undice armonizzato (HICP, o IPCA in italiano) dove (sempre partendo dai dati nazionali) considera una metodologia che possa andare bene per tutti gli europei, con panieri di beni specifici per ogni paese. poi ogni stato ha la sua versione domestica (anzi nel caso italiano più versioni, ma se uno guardasse il brasile si perderebbe), con metodologia e paniere di beni e servizi a loro volta diversi. Quindi è normale che diversi indici riferiti allo stesso paese diano valori diversi. In italia abbiamo quindi l'IPCA, il NIC (indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività), il FOI (indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati). La probabilità che in un qualsiasi mese due su tre indici diano lo stesso numero è molto bassa. 

sul Pil getto la spugna....financial literacy non è materia obbligatoria.