Sovranità nazionale e mercati finanziari

/ Articolo / Sovranità nazionale e mercati finanziari
  • Condividi

Qualche giorno fa ho scritto un pezzo per Repubblica, motivato in negativo da un editoriale di Zagrebelsky pubblicato il giorno prima sullo stesso giornale. Il tema è sovranità nazionale, mercati finanziari, e indebitamento. Ripropongo qui il mio pezzo in forma modificata – per il lettore nFA – e più estesa. In particolare cerco di articolare meglio una proposta per produrre garanzia, cioè “collateral”, spendibile da paesi sovrani che quindi permetta loro di indebitarsi a condizioni favorevoli. 

Tra le varie questioni politico-economiche discusse nel corso della crisi greca, quella della relazione tra sovranità nazionale e mercati finanziari globali mi pare di eccezionale interesse. Molti osservatori hanno interpretato la crisi come una battaglia impari tra uno stato sovrano democratico e un meccanismo economico governato al massimo da leggi non scritte. La retorica è sempre un po' la stessa: David e Golia, il piccolo paese sovrano schiacciato dal Moloch dei mercati finanziari globali e quindi sopra la legge. Nessun lettore di nFA si stupirà se dico che questa retorica non mi piace affatto perché espressione di ideologia non masticata.

Di conseguenza, molti hanno reagito con disagio davanti ai dettagliati piani economici proposti (alcuni dicono imposti) alla Grecia da parte delle organizzazioni internazionali creditrici. Alcuni lettori di nFA forse si stupiranno invece del fatto che a mio parere questi piani di ristrutturazione economica fossero effettivamente inappropriati interventi nella sfera della sovranità nazionale greca. Essi infatti prevedevano interventi molto specifici relativi ad esempio a chi, come, e quando tassare, a cosa (non) spendere, o addirittura a come delineare un codice di procedura civile. Difficile in questo contesto non chiedersi con quale diritto queste organizzazioni entrassero - e continuino ad entrare - nelle decisioni politiche specifiche di uno stato sovrano.

Ma vorrei innanzitutto eliminare una confusione di base. Quando dico che questi piani mi paiono inappropriati interventi nella sfera della sovranità nazionale greca so bene che la Grecia non ha mai perso il diritto di dichiarare default, diritto che essa ha spesso rivendicato infatti in sede negoziale, fino al referendum.  So bene anche che questi piani non sono che le condizioni richieste dai creditori per rilasciare ulteriori crediti e permettere alla Grecia di evitare il default. In questo senso, la loro accettazione sarebbe quindi sì una limitazione della sovranità nazionale, ma una limitazione che la Grecia si auto-impone per evitare le conseguenze del default. Auto-imposte limitazioni della sovranità nazionale non hanno nulla di inappropriato in linea di pricipio. Non è in questo senso quindi che dico quindi che mi pare che questi interventi mi paiono inappropriati. La loro in appropriatezza non è dovuta, a mio parere, dalla limitazione della sovranità nazionale in sé, ma dal fatto che tale limitazione avvenga ex post, in modi e forme determinate arbitrariamente dalla dinamiche della contrattazione, che essa appaia e sia disorganizzata, non regolamentata, senza limiti né vincoli.  

Il mio punto è quindi che varie limitazioni della sovranità nazionale hanno una funzione economica nel contesto di uno stato sovrano che ricorre ai mercati finanziari per raccogliere fondi (indebitarsi) ma che sia appropriato che tali limitazioni siano definite ex ante piuttosto che contrattate ex postSvolgo l'argomentazione di seguito.

Auto-limitazioni della sovranità nazionale - funzione economica. La sovranità nazionale, nel contesto di un paese che decida sovranamente di raccogliere credito sui mercati internazionali, è un vincolo, un costo, imposto alla raccolta stessa. Maggiore è la sovranità nazionale, minore sarà l'accesso al credito e/o più alto il suo costo. Questo perché la sovranità nazionale di un paese, rendendo più semplice e meno costosa la rescissione dal debito (dichiarare default) da parte del paese stesso, rende più complesso ai creditori garantirsi il ripagamento dei debiti da esso incorsi. Naturalmente questo non significa affatto suggerire il Partenone o un paio di Cicladi a garanzia del debito greco. Significa però realizzare che stati sovrani possono avere razionale interesse ad auto-imporsi forme di limitazione della sovranità nazionale come mezzi per ottenere maggiore credito. Un esempio servirà a chiarire, per analogia: una impresa ha minore e più costoso accesso ad un fido bancario qualora non possa o non voglia cedere immobili o altre attività a garanzia; qualora cioè la banca, in caso di bancarotta, non possa facilmente rivalersi su attività dell'impresa a parziale rimborso del credito. Lo stesso vale per uno stato. 

Auto-limitazioni della sovranità nazionale - distrazioni intellettuali.  Argomentare che auto-limitazioni della sovranità nazionale, nel contesto di uno stato sovrano che ricorre ai mercati finanziari per raccogliere fondi (indebitarsi), sarebbero estorte a un paese in ginocchio, non è sostenibile. Il caso dell''indebitamento greco è un buon esempio: tale indebitamento è chiaramente il risultato di decisioni sovrane, se pur opera di democrazia rappresentativa. Ancora più importante è che argomentare, come fa Zagrebelsky nell'articolo su Repubblica, che uno stato sovrano in quanto tale non possa fare default perché a uno stato sovrano nulla può essere richiesto -- nulla, nemmeno il ripagamento dei debiti! -- è un argomento sofistico. Lo è perché è argomento puramente nominale; riguarda cioè la definizione di default e non la realtà dello stesso e le sue conseguenze, né il punto di cui sopra: che se ad uno stato sovrano non può esser chiesto di ripagare i debiti esso non avrà debiti da ripagare perché nessuno gli farà mai credito.

Auto-limitazioni della sovranità nazionale - ex ante o ex post. La distinzione tra auto-limitazioni ex ante o ex post è naturalmente connessa alla distinzione tra regole e discrezionalità, comune agli (ma a mio parere ancora sotto-utilizzata anche dagli) economisti; si vedano le Nobel lecture di Kydland e Prescott per entrare in dettaglio. Definire forme e modi di auto-limitazione della sovranità ex ante, nel contesto a cui si fa riferimento in questo post,  è associabile a definire regole che definiscano forme di garazia del debito e quindi governino, rendendo agibile e se del caso limitando, il ricorso dei creditori in caso di insolvenza.  Auto-limitazione della sovranità ex post significa contrattare coi creditori meccanismi e strategie di ristrutturazione del debito una volta che lo stato di insolvenza sia acclarato, come sta avvenendo da ormai 2 anni in Grecia. Naturalmente sto assumendo che auto-limitazioni ex ante siano oggettive forme di garanzia, siano cioè caratterizzate da "commitment": Se lo stato sovrano cede un'isola, e/o 2% del gettito fiscale, in garanzia, li cede e basta, non può tornare sulle proprie decisioni - vedremo poi come meccanismi di questo tipo possano essere messi in atto. Per ora mi sia permesso ai fini argomentativi ipotizzare commitmentVi sono varie ragioni per cui auto-limitazioni ex ante sono meglio di quelle ex post.

Innanzitutto la questione della certezza: Il contratto di credito ha una struttura di ripagamento ben definita, nel senso che il debitore e il creditore possono valutare con una certa accuratezza i costi della insolvibilità. Questa certezza implica decisioni più chiare - senza inutili rischi aggiuntivi - e quindi mercati meglio funzionanti. 

Ancora più importante è la questione della incoerenza temporale ("time-inconsistency"): la definizione di regole che definiscano forme di garazia del debito toglie sia al debitore che al creditore l'opzione di rinegoziare ex post il contratto. In mancanza di una regola di questo tipo, chi tra le controparti abbia un vantaggio in termini di potere contrattuale in caso di insolvenza (rispetto alla situazione ex ante, in cui i termini del contratto sono delineati) opterà per ricontrattare. Questa rincontrattazione ex post sarà anticipata ex ante e in generale limiterà i termini del contratto che siano effettivamente possibili, spesso con effetti drammaticamente inefficienti.  Consideriamo il caso estremo (per chiarezza, ma non è necessario ai fini dell'argomentazione) in cui  ad esempio il debitore possa facilmente rescindere il contratto di credito senza costi: in questo caso il creditore saprà di non avere alcuna possibilità di essere ripagato e quindi non concederà credito (richiederà un rendimento elevatissimo in casi meno estremi). Molto inefficiente e costoso per il debitore, in termini di accesso al credito. Consideriamo invece il caso estremo opposto, che i costi di insolvenza per il debitore siano elevatissimi: in questo caso è il debitore a ridurre a zero la domanda di credito (a richiedere termini favorevolissimi), nel timore che uno shock possa portarlo in insolvenza e quindi, chessò, a ridurre il proprio paese in schiavitù del creditore. Ancora una volta, molto inefficiente e costoso per il debitore, in termini di accesso al credito. Questa forma di inefficienza è accentuata dal fatto che la contrattazione in caso di insolvenza porterà le controparti a scelte politiche potenzialmente inefficienti al di fuori della contrattazione stessa: il debitore sceglierà un  negoziatore ideologicamente estremo (ad esempio eleggendo un governo ideologicamente contrario a cessioni di sovranità e/o alle riforme economiche preferite dal creditore) e il creditore metterà  la negoziazione  in mano a istituzioni "forti", con obiettivi non completamente allineati a quelli dei creditori stessi. Come suggerivo, questo è quello che sta succedendo in Grecia: con l'elezione di  Syriza e la Troika e Schauble in controparte. 

La questione della incoerenza temporale è ancora peggiore qualora abbinata alla mancanza di certezza. Si finisce per contrattare per anni con gravi danni sia per i creditori che per i debitori. Il debitore chiede una ristrutturazione radicale del debito e il creditore chiede controllo sulla economia del debitore e a entrambi conviene non accettare facilmente compromessi per stabilire una reputazione di forza contrattuale. E passano gli anni con i creditori che non vedono una lira (per i più giovani, modo di dire che riferisce a un sistema di pagamento prevalente in passato in Italia ma ormai obsoleto a meno che i creditori non ci costringano a ritornarvici) e i debitori che soffocano senza risorse. 

Un ultimo vantaggio di forme e modi di auto-limitazione della sovranità ex ante in questo contesto è che costringe i rappresentanti politici dello stato sovrano a una maggiore chiarezza riguardo ai termini del debito nei confronti dei cittadini e dell'elettorato. Questo punto è importante perché i rappresentanti politici hanno interesse in generale ad indebitarsi eccessivamente rispetto a quanto sia efficiente: dal punto di vista degli interessi particolari dei rappresentanti politici, infatti essi spendono l'intero ammontare raccolto a debito ma ripagano il tutto solo qualora siano ancora al potere alla scadenza del debito, e quindi hanno eccessivi interessi particolari a indebitarsi. Da questo punto di vista si potrebbero pensare a linee guida definite costituzionalmente che definiscano auto-limitazioni accettabili di sovranità nazionale da parte della politica contingente. Una analogia può essere utile a spiegare questo punto: Il diritto civile definisce ex ante cosa il creditore privato possa chiedere (e il debitore dare) in garanzia, ad esempio solo la seconda e non la prima casa, per evitare paternalisticamente al debitore di finire per strada (o per evitare di dover provvedere alla prima casa del debitore qualora egli la perda a favore del creditore). Allo stesso modo, definire anche costituzionalmente ex ante quale siano le forme e i modi di garanzia appropriati nel caso di indebitamento sovrano potrebbe ridurre gli incentivi dei rappresentanti politici del paese all'indebitamento eccessivo.  



Auto-limitazioni della sovranità nazionale - una proposta in stato embrionale. Ma se auto-limitazioni della sovranità nazionale ex ante hanno una chiara funzione economica nel contesto di un paese che voglia indebitarsi sui mercati internazionali, come ho argomentato, cosa sono queste auto-limitazioni? Quali di esse in particolare hanno la caratteristica fondamentale di costituire oggettive forme di garanzia, sono cioè caratterizzate da "commitment"? Tutto si può immaginare, incluso uno stato sovrano che permetta a un esercito straniero o a quello delle Nazioni Unite postazioni tali da garantire che una parte del suo territorio, qualora data in garanzia ai creditori possa effettivamente essere da essi utilizzata (ri-venduta, sfruttata economicamente,...). Questo tipo di auto-limitazioni della sovranità sono in realtà abbastanza comuni (il nostro paese ha avuto e ha basi americane dal secondo dopoguerra), ma tipicamente lo sono come forma di garanzia strategica-militare, non come forme di garanzia economica. Immagino che così sia perché non sarebbero considerate accettabili dall'elettorato; certo io sarei contrario ad accordi simili nel mio paese. Senza pretendere di esaminare ogni possibile forma di garanzia economica, provo invece a suggerirne una che mi pare potrebbe funzionare. Se lo facesse sarebbe utilissima, a mio parere proprio a causa delle argomentazioni di cui sopra, a permettere accesso al credito a stati sovrani a condizioni favorevoli senza per altro fornire eccessivi incentivi all'indebitamento. 

La proposta consiste in una forma regolamentata di imposizione fiscale direttamente ad opera di organismi internazionali. Consideriamo il caso di uno stato sovrano che conceda accesso e controllo del proprio meccanismo di raccolta fiscale a una organizzazione internazionale indipendente (o almeno abbastanza indipendente), come il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Supponiamo quindi che il FMI possa, senza alcuna necessaria autorizzazione formale né senza alcuna necessaria azione legislativa o tecnico-amministrativa da parte dello stato sovrano, avere accesso ad una parte del gettito fiscale del paese (una percentuale massima rispetto al gettito o al Pil, potrebbe essere definita costituzionalmente). In questo caso il paese potrebbe dare a garanzia del credito sovrano internazionale una percentuale del suo gettito o del suo Pil (gli incentivi sono diversi) per un numero di anni - i termini andrebbero definiti al momento dell'estensione del contratto. Il FMI garantirebbe il creditore rispetto all'implementazione del contratto in caso di insolvenza del debitore. [Riferimento al Pil aggiunto per chiarificazione un paio d'ore dopo la pubblicazione; grazie a Luca Filippa]

L'idea pare semplice. Nel caso del diritto privato contratti di questo tipo esistono in qualche forma in molti paesi. In Italia prendono la forma chiamata della cessione del quinto: il debitore cede fino ad un quinto del proprio stipendio a garanzia del credito (tipicamente al consumo) e il datore di lavoro garantisce che il quinto sia versato al creditore in caso di insolvenza. Questi contratti, mi par di capire - ma non sono certo un esperto - funzionano ragionevolmente a garantire accesso al credito a individui privi di attività finanziarie, immobiliari o commerciali sufficienti. Naturalmente questa è solo una analogia, la questione di diritto pubblico internazionale è molto più complessa. La garanzia non è mai completa in questo contesto - uno stato sovrano può sempre rompere ogni accordo o legislazione internazionale abbia sottoscritto, almeno fino al punto di non provocare un intervento armato da parte della controparte. Ma, ancora una volta, qui non si tratta di questioni strategico-militari, ma piuttosto di questioni "solo" economiche. In campo economico, accordi e trattati internazionali sono considerati tipicamente forme di "commitment" sufficienti nel senso che uscirne comporta tipicamente conseguenze gravi in un mondo globalizzato. Un esempio basti a questo proposito: la creazione di una Banca Centrale Europea a cui affidare molte delle funzioni precedentemente prerogativa di banche centrali nazionali è vista come un solido "commitment" a un coordinamento della politica monetaria europea. La sua esistenza ha reso l'opzione Grexit molto più costosa, forse addirittura inaccettabile ai greci. 

[Aggiunta un'ora dopo la pubblicazione; motivata da commenti e scambi con Giulio e Sandro] Per essere piu' chiaro, voglio reiterare che a mio avviso la proposta non richiede che il  FMI abbia gli elicotteri in Italia e appena appena gli italiani non sgancino si vada a prendere i soldi in via XX settembre. La Banca Centrale Europea non ha elicotteri in Italia e ciononostante nessuno ha (ancora) pensato a riaprire la zecca e stampare Euro. La garanzia funziona se il gettito va automaticamente nelle casse FMI. Ci vuole un'agenzia di raccolta - non politica, solo tecnico amministrativa!! Non parlo di promesse da parte del Tesoro. In un contratto di cessione del quinto, il quinto dello stipendio non passa dal lavoratore. Cosi' in questo caso la percentuale dovuta al FMI non passa dal Tesoro. Perché la cosa sia veramente automatica bisogna bypassare in parte l'Agenzia delle Entrate. Il FMI deve essere dentro l'Agenzia, non con gli elicotteri ma con personale amministrativo. Ribadisco che la cessione di sovranita' alla BCE non e' totalmente dissimile.   L'agenzia che impedisca al FMI di trattenere la parte del gettito pattuita sara' punita dagli stessi che puniscono la Banca d'Italia che decida di stampare Euro. 

Alle urla di sovranita' violata si risponde che le decisioni politiche su come e quanto tassare rimarrebbero sovrane - molto più che in Grecia oggi. il FMI avrebbe un ruolo amministrativo, non politico. In particolare non potrebbe chiedere di attuare le politiche economiche che preferisce allo stato sovrano. Inoltre, la proposta alternativa che va per la maggiore per risolvere i problemi dell'indebitamento sovrano all'interno dell'Unione comporta una Unione Fiscale - questa si' una limitazione immensa di sovranita' nazionale . E lo stesso si puo' dire degli Eurobond in quasi tutte le loro accezioni. Insomma, questa proposta va letta, io credo, come unalimitazione ordinata, relativamente minima, ed esplicita della sovranita' nazionale. 

Non dico che la proposta sia facilmente implementabile, né che lo sia affatto, si tratta di meccanismi istituzionali delicati e complessi. Ma per quanto ambizioso, questo è un progetto cui secondo me vale davvero la pena pensare.

Indietro

Commenti

Ci sono 35 commenti

di gestione straniera di attività proprie di stati sovrani. I primi due che mi vengono in mente  -  l'impero ottomano nel 1881 (riservava alcuni incassi agli interessi del debito pubblico ottomano) e le dogane cinese dopo la guerra dell'oppio (erano gestite da occidentali per garantire il rispetto del libero commercio).  In ambedue i casi, il commitment era stato estratto con metodi - diciamo- non del tutto diplomatici

Se ricordo bene quanto ho letto nel libro di David Landes "Bankers and Pashas" funzionava cosi anche in Egitto nell'ottocento: Gli inglesi si prendavano il reddito del neo-costruito canale di Suez e l'utilizzavano per ripagare i debiti del Pasha, prima che potesse sperperare altri soldi. Poi ci domandiamo perche i rapporti tra paesi del medio-oriente e paesi occidentali sono cosi tesi e difficili al giorno d'oggi...

Anche in Cina non si sono mai scordati certe "umiliazioni nazionali" (come le chiamano loro).

dai giovanni, che ti annoi in vacanza, raccontaci. alex, anche tu, rispolvera Landes in dettaglio

A me ovviamente viene in mente la gestione da parte dello stato italiano delle entrate della pubblica amministrazione, in special modo per quanto riguarda la Sicilia, ma anche delle altre, in veritá.

Il risultato abbastanza ovvio è che nella Repubblica Italiana non c'è alcuna regione con una vera autonomia nella gestione delle entrate:

Entrate Locali PA 2013

<script charset="utf-8" type="text/javascript" src="//embedr.flickr.com/assets/client-code.js"></script>

E che nella realtá dei fatti ci sono 18 regioni ordinarie, checché ne dica la costituzione, e 2 regioni semiautonome (VdA e TAA, 3 province semiautonomee in realtá):

 

Spese Locali PA 2013

<script charset="utf-8" type="text/javascript" src="//embedr.flickr.com/assets/client-code.js"></script>

Il ragionamento è interessante ma ho un dubbio al riguardo. Negli esempi di garanzie ex-ante riportati, praticamente sempre chi si indebita è anche la persona che ha chiari gli effetti del fallire nel ripagarlo (e.g: cessione del quinto, chi si indebita sa che se non paga il debito perde il 20% dello stipendio il mese successivo). È ovvio che in questo contesto sia costretto a fare scelte difficili tra alternative. Sa che se non ripaga il debito il mese prossimo non potrà più uscire a cena tutti i week end.

Ma quando si parla di stati sovrani democratici, c'è un soggetto di intermediazione tra la cittadinanza ed il creditore, che è lo stato. È lo stato che si indebita per dare servizi ai cittadini ed è lo stato che si trova senza risorse se fallisce nel ripagare il debito. Ma i rappresentanti dello stato sono eletti dai cittadini che molto probabilmente hanno difficoltà a comprendere un meccanismo come la percentuale del PIL ceduta e di conseguenza ad allocare le colpe o a valutare in modo adeguato le alternative.

Lo dico in modo più semplice usando la Grecia come esempio. Se ci fossero fatte queste garanzie in essere, alle elezioni a Febbraio quando Tsipras parlava di rinegoziare il debito, la contestazione sarebbe stata, e lo stato perde il 3% del PIL. Al che la contro risposta poteva essere una marea di cavolate e la gente non avrebbe capito. Al contrario, se avessero detto, se non paghi ci prendiamo Egina e Creta, le conseguenze sarebbero state paradossalmente meno gravi economicamente per la Grecia, ma emotivamente più alte.

Non dico che sia giusto cedere sovranità territoriale, dico solo che, vista la differenza di agenti tra chi contrae il debito e chi subisce le cause di un default, la garanzia data dovrebbe avere come proprietà anche la chiarezza delle conseguenze. Questo ovviamente prescinde dal rapporto creditore/debitore ma si lega ad un principio di democrazia a mio avviso.

Cedere (o meglio perdere) sovranità territoriale era l'esito normale di una guerra, oltre alla depredazione delle riserve auree e cose simili, ed era per sempre. Ancora oggi La corsica come l'alta savoia sono francesi, il ct. ticino è in svizzera, la valle d'aosta e la valtellina sono in italia per il solo fatto che re o imperatori i cosi' hanno stabilito nell'ambito di accordi o trattati di pace. 

Non credo sia proponibile oggi nell'ambito di procedure ex-ante legate alla possibilità di defalut. Bisognerebbe chidere alle popolazioni interessate ed in alcuni casi ci potrebbero essere sorprese.

La soluzione tipo "cessione del quinto" è molto piu' interessante ma non mi è chiaro se il prelievo sarebbe fiscale a livello inter-statale oppure direttamente nelle buste paga dei cittadini dello stato fallito (cosa molto piu' coinvolgente).

verissimo, ma indipendente: la democrazia rappresentativa genera incentivi all'indebitamento - ma questo e' sempre vero, con o senza garanzia. La garanzia facilita un processo decisionale piu' trasparente, a mio parere, come argomemento nel post, e questo dovrebbe limitare gli incentivi di cui spra. Non credo che la versione starve the beast che si applica al debito sovrano sia efficiente, anche se eccita le menti anarco-libertarie. 

la tesi esposta è chiara e convincente, la traduzione pratica pare però compromessa dall'imponenza dei debiti sovrani già in essere.

vediamo un po' a casa nostra: se cominciamo anche solo a  rinnovare i btp collocando altri titoli con  garanzia a collaterale costituita da un preciso prelievo automatico di gettito fiscale futuro, non è affatto certo che questo ci consenta di pagare meno il denaro. in teoria,  questi nuovi btp sarebbero debito senior, di prezzo elevato e basso rendimento,  e quello che rimane un mezzanino che verrebbe pagato dopo il servizio al primo.

se però il debito è colossale, in definitiva è già garantito tutto dall'ipotesi fine-di-mondo, cioè l'italia se non paga anche la tranche subordinata, muore immediatamente. (qualcuno dirà che muore comunque continuando a pagarla, però io preferisco non avere fretta).

'sti titoli nuovi, potrebbero alla fine essere quotati pari pari ai vecchi e saremmo già fortunati. se il mercato ci legge invece una possibile, ancorchè indistinta, furbata del debitore, finisce male.

certo, avessimo un debito al 60% del pil, potremmo sfogliare la margherita con calma, saltando anche qualche asta di titoli di stato mentre decidiamo con oculatezza se fare nuovo debito garantito etc. così non è.

 

assolutamente - dragonfly - la transizione deve essere governata istituzionalmente. completamente d'accordo su questo. se non lo fosse accadrebbe quello di cui parli.

O io non ho capito?

 

Consideriamo invece il caso estremo opposto, che i costi di insolvenza per il debitore siano elevatissimi: in questo caso è il creditore a ridurre a zero la domanda di credito (a richiedere termini favorevolissimi), nel timore che uno shock possa portarlo in insolvenza e quindi, chessò, a ridurre il proprio paese in schiavitù del creditore.

 

Non dovrebbe invece essere così?

 

Consideriamo invece il caso estremo opposto, che i costi di insolvenza per il debitore siano elevatissimi: in questo caso è il debitore a ridurre a zero la domanda di credito (a richiedere termini favorevolissimi), nel timore che uno shock possa portarlo in insolvenza e quindi, chessò, a ridurre il proprio paese in schiavitù del creditore.

 

Se non avendo capito ho detto una sciocchezza, già che ci sono ne dico un'altra. Si potrebbe pensare, oltre al tipo di garanzia proposto da Bisin, anche a qualche garanzia specificamente a carico dei politici responsabili dell'indebitamento? Per dire, in caso di insolvenza, i membri del governo e i parlamentari della maggioranza che avessero votato a favore di una spesa senza copertura, pagherebbero la "penale fiscale" proposta da Bisin in misura assai maggiore, abbastanza grande da indurli a pensarci sette volte prima di aumentare il debito.

Se Grillo la fa sua, la ritiro :-)  

grazie - ho corretto l'errore. sulla penale ai politici: bisogna stare attenti a non rendere i politici inattivi per paura - senno' che li eleggiamo a fare? 

Porre la questione in termini di sovranita' mi pare fuorviante. La sovranita' e' garantita dall'esercito, al quale anche i burocrati dell'FMI si devono sottoporre alla fine. Insomma, la possibilita' di fare default e' garantita dall'esercito, non c'e' commitment con istituzioni internazionali che tenga.

Piuttosto, mi pare che tu stia cercando modi per aumentare il costo del default. L'euro era uno di questi. Le tasse del FMI un altro, ma posso dubitare che, aperta questa porta, poi venga usata per scopi meno nobili? Abbiamo davvero bisogno di un altro ente che trovi la scusa di tassare? Ci sono altri modi per aumentare i costi di default. Tanto per dirne uno, perche' non usare come collateral beni del demanio?

Devo essere veramente oscuro. O anche tu leggi al cesso? :) Nessuno vuol dare al FMI la scusa di tassare. L'idea e' che il FMI garantisce una cessione del quinto (meno in questo caso, ovviamente) da un paese ai mercati. Sto cercando di generare collateral che permetta ai paesi di indebitarsi a condizioni chiuare e trasparenti (chiare e trasparenti per i mercati e per i contribuenti). 

La questione sovranita' non e' una questione solo militare, assolutamente. In ultima istanza si, e' sempre possibile mandare via il FMI con l'esercito. Ma e' costosissimo nel mondo civile di cui stiamo discutendo. Molto piu' costoso di un default. 

Si potrebbe in qualche modo istituzionalizzare creando una imposta ad hoc.

Es paghi l'ISDE imposta per il servzio sul debito estero, se sei dipendente te la preleva il datore di lavoro salvo conguaglio annuale, etc

Aggiungo 2 spunti un po' offtopic.

1) Si potrebbe immaginare che un qualche vincolo in base al quale ad ogni aumento della imposta per pagare il servizio del debito , deve corrispondere una diminuzione proporzionale delle altre imposte sul reddito. 

2) secondo me l'idea andrebbe inquadrata in un sistema piu' ampio di accorgimenti per "aggiustare" i malfunzionamenti fisiologici della democrazia.

Provo a spiegare: in democrazia spesso vince chi promette di piu' e  spende peggio i soldi dei contribuenti. Non c'e' un modo sano per educare gli elettori o per allineare gli incentivi di chi fa politica (che avra' sempre massimo vantaggio a investire in consenso piu' che in cose utili alla collettivita'). Un modo per aggiustare e' restringere l'autonomia di chi governa e questa idea va in quella direzione,

PS tempo fa ne avevo pensata una meno bella e meno sofisticata: ossia dare agli obbligazionisti dello stato un potere di veto sulla politica economica. Trattandosi di investitori a lungo termine questi avrebbero potuto cassare le politiche mordi e fuggi, ma ovviamente non sarebbe politicamente praticabile

il debito /credito non è fisso ma variabile. La variabilità e' soggetta a fattori endogeni ed esogeni. Il ragionamento avrebbe un senso se debito e credito  fossero limitati al l'importo massimo delle garanzie sottoscritte ma...come sappiamo...nei mercati finanziari non funziona così.

Le sottopongo un'idea:  normiamo anche il creditore che vedrà riconosciuto lo status di privilegiato fino a copertura della garanzia ma  passerà a subordinato(la sovranità nazionale,la gente..) al superamento della stessa. Vedra' come cambia la musica.

Un saluto,

l'endogeneita' del credito e' irrilevante.

Ma io non ho capito lei - facciamo pari.

A me sembra che quanto proposto ridurrebbe il costo del debito fatto esternamente ad un dato Paese, ma sia sostanzialmente impraticabile. La cessione del quinto e simili meccanismi funzionano perche' all'interno di uno Paese lo Stato ha monopolio della giustizia e della forza e l'individuo non puo' sottrarsi. In contesto internazionale non c'e' una legge ben definita, manca chi abbia titolo legale alla coercizione forzosa, e la sensibilita' presente e' che coercizioni forzose da uno Stato su un altro non siano auspicabili ne' utili. Poi il diritto di prelievo sarebbe ex-ante, mentre l'esercizio della riscossione privilegiata in caso di problemi del debitore dovrebbe comunque essere esercitata coercitivamente ex-post in caso di bancarotta, con tutti i problemi delle trattative o eventuali coercizioni ex-post.
In generale, ritengo che indebitarsi all'estero da parte di uno Stato sovrano oltre una percentuale modesta (diciamo 10% del PIL) sia una pessima idea, e specularmente per il complesso dei creditori avere un'esposizione complessiva globale verso uno Stato sovrano oltre il 10% del suo PIL sia sbagliato, nel caso generale. E' molto meglio che ogni Stato si indebiti coi suoi contribuenti ed elettori. Con loro ha una sorta di contratto, mentre l'unico vero vincolo di uno Stato sovrano verso i creditori esteri sono considerazioni di credibilita', affidabilita', immagine. Esposizioni superiori appaiono ragionevoli in contesti molto integrati come l'area Euro (ad un certo punto credo l'Italia era in debito del 50% del suo PIL e forse piu' con l'estero), ma come si e' visto a sufficienza l'evoluzione degli squilibri ha chiarito che anche in area Euro che esposizioni eccessive erano concretamente troppo rischiose. In passato ci sono state limitazioni di sovranita' ex-ante ma mi sembra sempre estorte con la forza e mantenute con la coercizionie effettiva di uno Stato estremamente piu' potente su uno Stato succube e sottomesso. Non mi sembra un modello ne' utile ne' auspicabile da riprodurre oggi. Insomma, per me e' meglio limitare l'indebitamento, e le organizzazioni internazionali e gli Stati devono evitare di salvare i creditori privati e le banche che prestano ad uno Stato sovrano insolvente. Questa strategia non e' utile a trattare i debiti di Stati falliti come la Grecia e probabilmente falliti come l'Italia. Per la Grecia sarebbe onesto e utile ammettere che era insolvente gia' ai tempi del primo salvataggio e farla fallire, azzerando il debito a spese dei creditori. Mantenere il debito Greco e allo stesso tempo chiedere pezzi di sovranita' in cambio di aiuti ha solo senso se l'obiettivo finale e' un'unione europea che diventi uno Stato sostanzialmente centralista finanziariamente e politicamente, un esito che personalmente vedo negativamente. E' meglio per me che ogni Stato rimanga sovrano e libero di fare e rescindere contratti (anche di debito) come desidera, col solo costo della sua credibilita' internazionale come sottoscrittore di contratti e debitore. Questa mi sembra la soluzione piu' soddisfacente anche per evitare una cattiva offerta politica interna agli Stati falliti o semi-falliti, tesa ad addebitare la colpa a complotti internazionali esteri, e a proporre soluzioni nazional-sovraniste che nascondono ed eludono la soluzione dei reali problemi interni.

In lingua ITALIANA SI SCRIVE, E DICE, NON ESSERE DOVUTO A, e non "da"

 

NON ho letto il resto. Peccato. E 'prolusione' troppo LUNGA.

 

Sotto altro profilo - Itali.de, next one to come?

Ottimo il Presidente RAi donna. Buon trigger di voti. Fuori tema?alle dissonanze cognitive, preferisco Maxwell, bottom-up, e non Cartesio.

Daccordo in linea generale sull'opportunità di stabilire ex ante e non ex post le condizioni di compensazione del debito da parte del debitore insolvente, però nel caso Grecia le condizioni imposte dai negoziatori europei sono state determinate dalla necessità di concedere nuovi prestiti di emergenza, quindi ex ante, non come contropartita dei debiti non pagati.
Inoltre, mentre per la concessione di credito, una tantum, è quasi normale da parte del creditore predisporre dei vincoli che prevengano la condizione di insolvenza (vedasi mutui casa coperti da ipoteca sull'immobile) nel caso dei Buoni del Tesoro si tratta di emissioni rivolte al mercato, e il mercato (che è plurale) non può negoziare le condizioni d'acquisto con l'emittente (singolare).
Nel caso greco i negoziatori europei hanno acquistato i titoli di credito dai precedenti prestatori (banche private) e quindi mai avrebbero potuto negoziare ex ante il credito con Atene.
Credo quindi che l'argomentazione di Bisin vada bene in linea di principio, ma non sia realisticamente applicabile nel caso del debito degli stati.







Un'ulteriore ramo della discussione potrebbe essere quello di esaminare per cosa il debito è stato acceso. A grandi linee vedo due grandi tipologie: il debito per investimenti strutturali (strade, edifici pubblici, opere pubbliche come dorsali, reti etc) ed il debito per la gestione corrente dello stato (personale, acquisti di beni di consumo, sussidi).

Nel primo caso, l'oggetto dell'investimento in caso di insolvenza potrebbe diventare proprietà del creditore. Il caso è assimilabile, mi pare, al privato che accende un'ipoteca. Qui (CH) si obbliga il contraente ad assicurare il bene, la casa contro i danni che potrebbe subire, dalla natura o da vari tipi di disastri. Questo potrebbe valere anche per gli edifici pubblici. Strade ed edifici pubblici dovrebbero a mio avviso essere sempre assicurati. Invece mi pare che ogni volta che in Italia c'è una calamità naturale si devono stanziare somme per pagare il ripristino della viabilità e degli edifici pubblici coinvolti.
Inoltre chi compra casa qui deve dotarsi di una assicurazione contro la perdita di guadagno. Cosi' se si ammala e non puo' piu' lavorare, l'assicurazione paga le rate. Non so' come sia possibile immaginare una misura simile in campo di debito pubblico ma potrebbe essere una tassa di scopo che alimenta un fondo che copre il rischio di insolvenza. 

Nel secondo caso premetto che per me dovrebbe essere vietato che creditori internazionali finanzino la gestione ordinaria di un paese. Se proprio uno stato vuole indebitarsi per la sua (mala)gestione ordinaria, che lo faccia unicamente con i suoi cittadini. Sarebbe possibile ipotizzare due strumenti di indebitamento, uno per investimenti, accessibile anche per gli investitori internazionali, ed uno per la gestione corrente, solo per i cittadini e le banche di quel paese? So che l'economia poi è interconnessa ed una separazione netta è praticamente impossibile, ma magari  voi mi sapete dire se un una buona idea, realizzabilità a parte.

E' un ragionamento interessante. E condivisibile.
Peccato che il post non si sia sviluppato ulteriormente.

A volte, questo succede perché il post non è interessante. Altre, al contrario, perché è condiviso.

In questo caso, si sente la mancanza di un pulsante "mi piace" (o, eventualmente, "non mi piace") ai commenti.

Credo che non ci sarebbe bisogno di forzare il problema del debito sovrano dentro schemi contrattuali prettamente privatistici se si tornasse a far coincidere la sovranità ha (o sovranazionale se preferite) con la sovranità monetaria.

Lo Stato che stampa moneta per ripagare il suo debito (a parità di livello assoluto di tassazione) ha sempre prelevato risorse dai propri cittadini, attraverso la svalutazione, l'inflazione e l'aumento dei tassi di interesse connesso all'aumento della circolazione monetaria. Questo sistema ha comunque i suoi parziali correttivi interni sia economici che politici. La svalutazione comporta maggiore competitività (parliamo ovviamente di Paesi con struttura economica decente) con effetto alleviante su tassi di interesse e sulla stessa svalutazione; i cittadini, vedendosi tagliati fuori da molte opportunità offerte dai mercati esteri sviluppano atteggiamenti anti spesa pubblica condizionando il livello politico; e così via

Questo è uno dei pochi meccanismi teorici sviluppati dal modello neoclassico che si ha la possibilità di vedere funzionare bene o male "in natura" e l'Europa se lo è giocato... mah!

... laddove per garanzie si intendono riforme sistematiche.

Il principio, espresso così, sarebbe encomiabile e condivisibile.

Se è vero che "le economie sono sistemi giuridici", allora si giunge alla conclusione che migliorando i sistemi giuridici le economie si aggiustano.

La domanda quindi è un'altra: perché anziché pretendere come garanzia della precise ed importanti modifiche sistematiche dei stistemi politico-giuridici, la BCE si accontenta di inutili ritocchi di aliquote e percentuali IVA?

E perché l'accesso alla UE si basò su volatilissimi parametri economici, anziché giuridici?
E' un po' come basare un investimento sull'analisi tecnica, anziché su quella fondamentale. Con la differenza che la prima si fonda sulla possibilità di poter mollare e riprendere l'investimento rapidamente in brevissimo tempo.