Spese, maledette spese

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Dove si descrive come il BelPaese lo affossi, rodendoselo, la Casta. In complicità con quelli che della Casta sono dipendenti, clienti, o mantenuti. Dopo i salari ed i redditi disponibili esaminiamo il capitolo delle spese, pubbliche ovviamente. E di nuovo le tasse, perché quelle spese le finanziano gli altri italiani, a mezzo dell'(op)pressione fiscale subita.

Nelle due puntate precedenti abbiamo visto che:

(1) I salari degli italiani non crescono perché non cresce la produttività del lavoro. Quindi il PIL, la torta da cui tutti mangiano, cresce poco. Più tardi spiegheremo perché alla torta vada tolta la crosta, per cui ciò che si può mangiare è una quantità più piccola, ossia il PIN (Prodotto Interno Netto) che è cresciuto ancora meno del PIL. Ad essere precisini, e far contenti i nostri amati lettori che son ben secchioni, dovremmo guardare ad una quantità leggermente ancora più piccola, ma vi risparmiamo la solfa. La sostanza non cambierebbe.

(2) Di ciò che è mangiabile - che è cresciuto molto poco - il settore pubblico si è andato prendendo, dal 1990 al 2006, una fetta sempre più grande: dal 14% al 24%. Il che spiega perché i redditi disponibili delle famiglie siano aumentati, in media, di quasi niente. Quando usciranno i dati per 2007 e 2008 la fetta del settore pubblico sul PIN risulterà essere ancor maggiore, azzardiamo il 25-26%. Ma non fa più tanta differenza: la situazione è folle comunque.

Nella puntata (2) si è anche evidenziata un'anomalia: a fronte di un reddito lordo disponibile che in 16 anni è cresciuto di circa il 5%, le famiglie sembrano aver accresciuto i propri consumi di circa il 18%, ossia tanto quanto è cresciuto il reddito nazionale (famiglie + imprese + settore pubblico). Questo fatto non è necessariamente un'anomalia, anzi: potrebbe essere spiegato da una semplice ipotesi teorica che, seppur qualcuno di noi la ritenga fondamentalmente valida, è considerata comunemente alquanto "ardita". Vi è un'altra spiegazione, meno ardita e più triste, ossia che le famiglie italiane si stanno mangiando il capitale. Non avendo ancora trovato il tempo di studiare con cura quei dati, sospendiamo il giudizio sino ad un nuovo articolo - che verrà ovviamente intitolato "Consumi, maledetti consumi".

Questo articolo è dedicato invece a chiarire un altro problema, che qualche lettore si è, e ci ha, posto: com'è possibile che il reddito a disposizione del settore pubblico - una volta pagati gli stipendi netti ai suoi dipendenti pubblici, le pensioni e le altre prebende monetarie, nette a pensionati, invalidi, cassintegrati e capitalisti di stato - possa essere cresciuto, in proporzione al PIN, di dieci punti percentuali se, da quanto ci dicono, la pressione fiscale è rimasta costante o quasi, dal 1993 al 2006? Ce lo siamo chiesti anche noi, e siccome siamo dei testoni duri ma metodici siamo andati a rifare i conti per benino, memori del famoso detto secondo cui ci sono le bugie, le maledette bugie e le statistiche. Il quarto mistero di Roma ci è stato, ahinoi, rivelato. Ve lo raccontiamo, sommariamente ma, speriamo, precisamente.

Cominciamo riportando l'evoluzione del rapporto fra spesa pubblica totale (azzurro) ed entrate pubbliche totali (puntini) sul PIN. Normaliziamo a 100 il livello di entrambi i rapporti nel 1990 per facilitare il calcolo dell'evoluzione nel tempo. Per i lettori interessati ai valori assoluti, quelli iniziali e finali erano:

- SPESA PUBBLICA: 48% del PIN nel 1990, 59% del PIN nel 2006.

- ENTRATE PUBBLICHE: 38% del PIN nel 1990, 54% del PIN nel 2006.

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Prima osservazione: sia le spese che le entrate sono cresciute MOLTO di più di quanto sia cresciuto il PIN. Il PIN è cresciuto (in termini nominali) di circa il 62%, mentre entrambe le altre due poste son cresciute, sempre in termini nominali, di più del 100%. Infatti, nel 2006 il valore (Spese/PIN) è del 24% più alto che nel 1990, mentre quello (Entrate/PIN) lo è del 43%. Quando è successo cosa e quale governo abbia compiuto quale crimine i lettori lo possono facilmente inferire dal grafico.

La seconda osservazione è che, nonostante le spese siano aumentate, le entrate son cresciute ancor di più: la linea punteggiata si distacca dall'azzurra nel 1993-94 e non torna mai sotto, anzi. Per questa ragione, mentre il deficit dello stato era pari a circa 10% del PIN nel 1990, nel 2006 esso era "solo" il 5% circa.

Terza cosa da notare: come mentire con le statistiche. La procedura è in due parti. Anzitutto, si mette al denominatore il PIL e non il PIN. La differenza fra i due, praticamente, consiste nel deprezzamento dello stock di capitale, ossia quella parte di quanto si produce annualmente che non è consumabile a meno di non volersi trovare con uno stock di capitale inferiore a quello dell'anno precedente. Si dà il caso che - per una serie di ragioni che, se volete proprio fare i super-secchioni, discutiamo nei commenti augurandoci però che non succeda - il tasso di deprezzamento del capitale è andato crescendo un po' in tutto il mondo dalla metà degli anni '80. Questo vuol dire che la distanza tra PIL e PIN è aumentata: mettendo il primo al denominatore al posto del secondo si ottengono non solo numeri più piccoli sia nel 1990 che nel 2006, ma numeri particolarmente più piccoli nel 2006. Questo attenua l'impressione statistica del reale aumento dell'(op)pressione fiscale. Ma, di nuovo, ciò che conta è il PIN, perché a tassare anche il deprezzamento del capitale si finisce senza capitale. Seconda parte della procedura: si prende un anno fra il 1993 ed il 1995 come punto di partenza, non il 1990. Come vedete in quegli anni, e nel 1995 in particolare, sono &$%# particolarmente amari. Ragione? L'Italia è in recessione, quindi il PIN (ed il PIL ed anche il PIM, il POM e la PAM) cala mentre tasse e spese rimangono stabili. Qualche anima, beata ma altamente confusa, chiama questa tragedia "effetto stabilizzatore della spesa pubblica"; sospettiamo si riferisca allo stabile far nulla degli uscieri di Montecitorio ... Effettivamente, dal 1993-95 le tasse sono cresciute più o meno tanto quanto il PIN e, rispetto al 1995, le spese sono cresciute anche meno del PIN. Noterete, però, che la tendenza a crescere meno del PIN (già debole per le prime) si è invertita negli anni recenti. E gli anni recenti NON sono anni di recessione, anzi: in termini relativi il PIN italiano è cresciuto nel 2006 (e nel 2007) più del "normale". Nonostante questo, tasse e spese pubbliche son cresciute ancor di più. Scommettiamo che quando fra un anno rifaremo questi calcoli entrambi i rapporti saran cresciuti? E l'anno dopo (oramai già deciso dalla finanziaria 2007) pure?

Nel prossimo grafico vedete l'evoluzione, sempre in rapporto al PIN, di alcune delle spese pubbliche principali. Si commentano da sole. Notiamo solo che, per una volta, i cosidetti capitalisti han ragione a lamentarsi (relativamente parlando): fra tutti gli eleganti suini che pasciono alla mensa pubblica, loro son gli unici che sono andati perdendo quota relativa.

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Per quelli che stanno seguendo il ragionamento di contabilità nazionale, ricordiamo che le tre voci di spesa pubblica riportate nella figura qui sopra vanno sottratte al totale delle entrate pubbliche della prima figura per ottenere il reddito disponibile del settore pubblico. Al netto delle tasse esse confluiscono nel reddito disponibile delle famiglie e delle imprese. La seconda figura è rilevante perché prova che l'aumento della quota di reddito disponibile nazionale che va al settore pubblico (evidenziata nell'articolo di Andrea e Thomas ) NON è dovuto ad una moderazione nella crescita delle pensioni e degli stipendi dei dipendenti pubblici in rapporto alla crescita del PIN. Queste due ultime voci, strumenti chiave per l'acquisto del consenso elettorale alla casta, han continuato a crescere più rapidamente del PIN, ossia della torta mangiabile.

Però, e qui si chiude il cerchio, siccome [l'(op)pressione fiscale]/PIN è cresciutapiù rapidamente - da 100 a 143, vedasi primo grafico - di (previdenza+compensi+sussidi)/PIN - da 100 a 130 circa, vedasi secondo grafico - la differenza fra i due - che è praticamente il reddito disponibile del settore pubblico - è cresciuta ancor di più. Questo spiega i due grafici riportati nell'articolo "Tasse, maledette tasse" di Andrea e Thomas il cui titolo, ad alcuni oscuro, speriamo sia ora meno tale.

Dove se li sono spesi questi extra soldi "disponibili"? Per ripagare il debito? Nemmeno per sogno. Il debito, in rapporto al PIN, è rimasto lì, come tutti sappiamo. Il che vuol dire che non solo non è stato ripagato, ma è cresciuto più o meno come il PIN. Se li sono spesi, come riporta il grafico che segue, in parte in beni e servizi per il settore pubblico ed in parte per ridurre il deficit. Attenzione, ridurre il deficit NON vuol dire ridurre il debito, vuol dire farlo crescere meno o non farlo crescere.

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Siccome sospettiamo che i nostri lettori siano non solo dei simpatici secchioni ma anche degli attenti contabili, sgombriamo il campo da un ultimo dubbio: non è che son gli interessi sul debito che si mangiano il reddito disponibile del settore pubblico, mentre la spesa al netto dei medesimi è stata messa sotto controllo? Magari! Purtroppo è vero quasi tutto il contrario: guardate il primo grafico. Vedete quel piacevole e salutare calo nel rapporto spese/PIN dal 1995 al 2000? La prima parte, dal 1995 al 1996, è chiaramente dovuta ad un effetto ciclico (PIL e PIN calarono alla grande nel 1995 per poi risalire nel 1996) ma dal 1996, che è più o meno a livello 1993-94, al 2000 il rapporto cala. La cosa triste è che quella discesa si deve (non interamente ma in gran parte) al calo del costo del debito, causato dal trend favorevole dei tassi d'interesse internazionali. Infatti, il rapporto fra spesa al netto degli interessi e PIN non cala mai (c'è un blip in giù, di -4% circa nel 2000, immediatamente recuperato nel 2001) e ricomincia poi a crescere, accelerando nel 2006 (e, continuiamo a scommettere, nel 2007 e 2008). Gli interessi sul debito sono calati da dieci anni a questa parte, ed il loro peso sul reddito nazionale è ora di circa 7 punti percentuali minore. Nonostante questo, lo stato e chi lo (s)governa non ha restituito un-euro-uno di quei miracolosi risparmi - miracolosi, perché dovuti a un trend mondiale - agli italiani, riducendo l'(op)pressione fiscale. Li ha spesi tutti, e non contento ha tassato ulteriormente per spendere ancor di più.

Riassumendo: l'(op)pressione fiscale è cresciuta, eccome. La spesa pubblica è cresciuta, eccome. Entrambe son cresciute più, molto di più, del reddito nazionale. Di conseguenza, lo stato controlla oggi quasi il 60% della torta. A chi lavora nel settore privato rimane solo il 40%. Le conclusioni tiratele voi, che a noi per una volta mancano le brutte parole.

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Commenti

Ci sono 15 commenti

Tanto per non smentire le nostre arti divinatorie, come prenannnunciavamo nel post, eccovi i dati per il 2007. La dummy Visco pare non smentire il suo valore predittivo.

 

 

Visco replica: www.adnkronos.com/IGN/Economia/

 'Il risultato della lotta all'evasione, pur in presenza di riduzioni di

imposta, ha fatto crescere il rapporto percentuale tra l'ammontare

delle entrate e quello del Pil, cioe' la cosiddetta pressione

fiscale''. Lo ha affermato il viceministro all'Economia, Vincenzo

Visco, commentando i dati Istat che hanno mostrato un aumento della

pressione fiscale nel 2007 al 43,3 per cento.

 

Vorrei partire da alcune considerazioni empiriche che però, per la loro evidenza, mi pare possano essere facilmente condivise. 

SANITA' - Il consistente aumento della vita media porta con sè anche la "gestione" di un numero sempre maggiore di azioni o vecchi, e di conseguenza maggiori oneri per l'assistenza sanitaria. (delle pensioni dico dopo). Siamo in grado di stimare di quanto si ridurrebbe la spesa pubblica se gli italiani vivessero cinque anni di meno? 

SICUREZZA I problemi relativi alla sicurezza sono decisamente cresciuti (microcriminalità, droga, teppismo), e cresce o dovrebbe crescere l'onere per garantirla (o almeno non peggiorarla).

ISTRUZIONE Quando facevo le elementari negli anni '60 eravano in 30 con una maestra. Ora ci sono classi da 20 bambini con 3 o 4 maestre. Il mio compagno di scuola Diego, handicappato, era lasciato in un angolo (e non era "mona", era semplicemente spastico). Ora sono seguiti da insegnanti di sostegno. Oggi dobbiamo integrare ragazzini cinesi, albanesi, cingalesi. E' sbagliato? Non penso. Inevitabilmente tutto ciò costa di più.

In generale chiediamo più garanzie, più privacy, più rispetto delle procedure, più sicurezza nel posto di lavoro: tutto giusto ma tutto più costoso.

Che questo tipo di spese aumenti mi sembra dunque inevitabile, a meno che non si decida che ammazziamo i vecchi a 80 anni (ma è economicamente più vantaggioso farlo prima, diciamo a 70), che per un sacco di lavori o per molti poveri non serve comunque andare a scuola, e che al terzo reato (non c'è qualcosa del genere in qualche stato americano?) si manda la persona in carcere e si butta la chiave (ma potrebbe essere ancora più vantaggioso introdurre la pena di morte).

Che di spesa pubblica improduttiva ce ne sia, è una banalità. Tenete conto peraltro che un 2-3% di impiegati pubblici sono persone che, se non lavorassero nel pubblico, dovrebbero essere comunque assistiti perchè qualsiasi privato si rifiuterebbe di assumerli. Ma i tagli alle spese sono facili da dire e difficili da fare. Qualcosa in realtà ha fatto l'attuale governo, almeno nella "governance" locale (con molti mal di pancia per gli amministratori di società pubbliche, ridotti nel numero e nei compensi). Ma i veri nodi, a mio parere, riguardano le pensioni (cosa che mi pare confermata dall'andamento della linea azzurra "previdenza sociale" del secondo grafico dell'articolo), e da un radicale riassetto Istituzionale (bicameralismo, numero deputati, provincie, comuni mignon).

 

 

Confondi i livelli con i tassi di crescita. È chiaro che c'è più spesa pubblica di quando tu eri bambino. Nulla di male in questo. Pensa alla spesa privata. Quanta gente andava alle Maldive, quanti avevano macchine che paiono autobus, etc. Come andiamo alle Maldive, così abbiamo insegnanti di sostegno per i bambini handicappati. La questione non è che la spesa pubblica cresce. È il rapporto con il prodotto nazionale il problema. È che cresce in rapporto al prodotto.

 

 

E' naturale attendersi maggiori spese per pensioni e sanita' (invecchiamento della popolazione) e anche per migliori servizi statali, ma e' anche vero che e' ragionevole anche attendersi maggiore produttivita' e quindi maggiori redditi. Sembrerebbe logico ma purtroppo non lo e' che un amministratore saggio faccia crescere le spese con un andamento paragonabile a quello dei redditi. Solo una politica insensata e fallimentare puo' pensare di aumentare senza alcun ragionevole limite la spesa indipendentemente dal reddito disponibile. Diversamente da quanto allude certa ridicola propaganda (come quella di Veltroni che vorrebbe aumentare i salari con un'azione di governo) lo Stato non puo' fare molto di piu' che re-distribuire risorse prodotte privatamente, e in qualche caso forse organizzare meglio attivita' che il mercato tende a servire male come sanita' e ricerca di lungo termine.

Diminuire la spesa statale e' un'operazione difficilissima, perche' soprattutto in Italia la spesa statale non consiste in aiuti ad indigenti veri (che sono aiutati 2-3 volte meglio in UK con una spesa statale nettamente inferiore, come mostrano gli studi pubblicati su lavoce.info) ma consiste primariamente in spesa clientelare per acquisto e consolidamento di consenso politico, quindi nella concessione di sinecure ben pagate a statali iper-assenteisti o nullafacenti o comunque in esubero, per finire con le iper-gratifiche ai politici e ai dirigenti statali. Questo tipo di spesa puo' essere diminuito solo in seguito a traumi di una certa entita' come Mani Pulite piu' ascesa della Lega piu' Lira fuori dell'Euro, ma come sie e' visto non e' bastato. Ci vorranno temo dei traumi ancora piu' forti.

 

 

 

Credo occorra distinguere tra qualità della spesa e quantità della spesa.

Alla qualità della spesa attengono le finte pensioni di invalidità, gli uscieri nullafacenti, gli appalti truccati e/o inutili, le consulenze compiacenti ecc. ecc.

In questo caso la questione non mi sembra tanto materia di economisti, quanto di sana e robusta amministrazione e di controlli efficaci dei giudici penali e, last but not least, dei cittadini.

Anche a voler ipotizzare che il santo dei pubblici amministratori faccia il miracolo e renda efficiente la spesa, avremmo sicuramente dei risparmi (meno pensioni e uscieri), ma comunque gran parte della spesa continuerebbe a correre, solo che correrebbe in maniera efficiente e dovrebbe comunque essere finanziata.

Anzi, la ritrovata efficienza dovrebbe portare ad ulteriore spesa pubblica in settori oggi malamente coperti, come l'assistenza sanitaria (l'Italia spende meno della media Ocse), l'assistenza ai disoccupati, la giustizia, l'istruzione e ricerca di base. 

La quantità della spesa pubblica rispetto al PIL probabilmente non varierebbe di molto, anche se la soddisfazione dei cittadini aumenterebbe data la ritrovata efficienza (sto sempre ipotizzando l'intervento del santo protettore).

Se si vuole incidere sulla quantità della spesa, l'unica soluzione è far arretrare lo stato da settori nei quali oggi interviene.

Non mi riferisco solo alle (ovvie) attività economiche (poste, ferrovie ecc.), ma anche a settori della stessa pubblica amministrazione in senso stretto.

Occorrerebbe, cioè, cercare un sistema nel quale alcuni  degli interessi pubblici che oggi sono garantiti esclusivamente dal diretto controllo e dalla diretta amministrazione dell'apparato pubblico (con i connessi costi), possano venire  tutelati da soggetti privati o comunque non inseriti organicamente nella pubblica amministrazione, i quali  con propria organizzazione, propria piena responsabilità ed autonomia finanziaria, siano capaci di adempiere a quelle medesime pubbliche funzioni.

E' insomma il concetto dell'ousorcing delle pubbliche funzioni.

Qualcosa del genere c'è già oggi in Italia.

Pensiamo alle camere di commercio, che curano la registrazione e la certificazione delle imprese; la gestione di albi, ruoli, elenchi, i rilascio di atti, certificati, autorizzazioni, licenze ecc., la gestione dei servizi conciliativi ed arbitrali e la verifica amministrativa dei contratti e così via, insomma esercitano funzioni di interesse generale per conto della pubblica amministrazione

E' vero che sono degli enti pubblici, ma sono enti del tutto autonomi nei quali gli  imprenditori, che sono i maggiori interessati al loro funzionamento, hannno voce in capitolo nella nomina degli amministratori.

Qualcosa del genere è avvenuto anche nel campo della giustizia, dove il procedimento di omologa delle società di capitali, prima affidato ai giudici, è stato demandato ai notai.

Pensiamo ancora a quanto accade in edilizia, settore nel quale in molti casi le verifiche della pubblica amministrazione sono sostituite da certificazioni rilasciate da liberi professionisti. E' ad esempio il direttore dei lavori (ingegnere o architetto) che sotto la sua personale responsabilità certifica, a fine lavori di costruzioneche una casa è abitabile e conforma alla concessione edilizia rilasciata, senza bisogno che sia l'ufficio pubblico ad istrutruire e rilasciare la pratica.

Si tratta, secondo me, di esperienze da prendere in considerazione per una diversa organizzazione della macchina amministrativa, che in molti settori potrebbe venire esonerata dalla gestione diretta, limitandosi all'attività di controllo.

Il perimetro della pubblica amministrazione verrebbe così ridotto e la quantità della spesa pubblica pure.

 

 

Non sottovaluterei i risparmi della riduzione di sprechi e malversazioni, oltre ala riduzione del disgusto per la politica. Fra l'altro, oltre a migliorare la spesa, ci sarebbero da recuperare imposte nel centro-sud Italia pari a spanne al 30-40% del reddito ivi prodotto, portando i relativi livelli di evasione a quelli medi del nord. Questo diminuirebbe la pressione fiscale sui cittadini settentrionali dal 50-55% del reddito al 40-45%, eliminando il peso aggiuntivo di tassazione con cui lo Stato pesa sul Nord rispetto a Francia e Germania, ritornando poi in cambio, ricordiamolo, servizi statali miserabili.

Per quanto riguarda l'aumento ineluttabile della spesa statale, credo solo la stupidita' di certi politici e sindacalisti italiani possa pensare che questo possa avvenire indipendentemente da vincoli di bilancio. Sarebbe molto piu' serio ed onesto iniziare a fare i conti con una percentuale del PIL paragonabile a quella spesa da altri paesi come UK, Francia, Germania e Spagna. Ad esempio, con una frazione del PIL nettamente inferiore alla spesa pubblica italiana, UK aiuta gli indigenti molto meglio dell'Italia.

 

Vi invito a leggervi la velina di regime.  Due considerazioni.

Immaginatevi cosa succede in un altro paese occidentale se un ministro di un governo decaduto, in piena campagna elettorale, se ne esce con un communicato stampa per dire che l'ufficio centrale di statistica, teoricamente un'agenzia indipendente, tecnica ed al di sopra delle parti, ha sbagliato i conti in una direzione politicamente carica di significato. Delle due l'una: o il ministro prova al di là di ogni dubbio che l'agenzia statistica ha sbagliato i calcoli, ed allora si silura immediatamente l'intera dirigenza della medesima assieme al gruppo che compila la statistica in questione, o insorge l'opinione pubblica tutta ed il ministro, seppur d'un governo dimissionario, si dimette per davvero e va a casa con un mese e mezzo di anticipo. Da noi? Da noi nulla.

Seconda osservazione, riguarda la logica (e la decenza nell'attribuirsi meriti).

 

Il maggior gettito - spiega la nota delle Finanze - va collegato «in

larga parte» al recupero di evasione fiscale attraverso la tax

compliance, in pratica attraverso l'adeguamento fatto spontaneamente da

parte dei contribuenti.

 

Ricordate 2 anni fa? La teoria allora era che i contribuenti, appena saputo (meglio, previsto) l'arrivo del temibile super-tecnico VV alle finanze, si fossero messi a pagare le tasse spontaneamente, colti da insano terrore. Questo spiegava, ad avviso di costoro, come il gettito fiscale avesse cominciato a crescere ben prima dell'arrivo al governo e dell'operatività del duo TPS-VV. Le altre spiegazioni, chiaramente più realiste (condono aveva fatto emergere imponibile, piccolo "burst" di crescita aveva creato extra-gettito) vennero allegramente rigettate.

Ora la medesima logica non si applica più, anzi va rovesciata. Da mesi gli elettori sanno che TPS-VV sono quasi-storia, e da un mese sanno che sono infatti storia-storia (brutta, sed historia). Anzi, sanno che molto probabilmente arriva di nuovo il nostro amato commercialista, secondo TPS-VV il perfetto amico dell'evasore. Ma, nonostante questo, i contribuenti non si rilassano per nulla, anzi: continuano volontariamente a far crescere l'imponibile che spontaneamente dichiarano. Notate la sottigliezza: poiché i numeri di quanto è stato effettivamente recuperato con la "lotta all'evasione fiscale" sono quelli che sono, e non possono spiegare la crescita dell'oppressione fiscale, si usa l'idea che è la paura della medesima che spinge i contribuenti a dichiarare quello che altrimenti avrebbero evaso. Adoro le campagne elettorali, fanno uscire il meglio che c'è dentro al cervello del politicante. 

 

 

E così si spiega perché non lo hanno ricandidato, evidentemente si sono talmente auto-convinti dell'effetto paura che lo scaricano a mare!

Lasciamo stare l'attacco all'ISTAT, si commenta da sé, voler imporre una classificazione delle entrate secondo principi politici e non economico-statistici è forse un vezzo che VV ha direttamente ereditato da Mao. 

Tecnicamente parlando l'elasticità dellle revenues sul PIL (in particolare IRPEF e IRPEG) ha un andamento molto erratico dagli anni 90 in avanti. Ho provato a vedere se fosse in qualche modo pro-ciclica ma non sono riuscito a trovare grossa evidenza. 

Ho idea che tale erraticità sia in parte legata al susseguirsi di riforme (e controriforme) fiscali che possono aver avuto un impatto negativo sulla compliance, ma non certo a cause di effetti paura, quanto più per l'incertezza che hanno creato, ma anche questa è solo una congettura, anche perché tale livello di inecretzza si riverbera ovviamente nei dati (quasi impossibile stimare una elasticità controlled for changes in policies per esempio)

 

i dati di bilancio (saldi, pressione fiscale, debito, etc) per definizione sono frutto di convenzioni. spesso non consentono di tenere conto di quanto stia accadendo nella sostanza.

ma questo è un problema ben noto nella letteratura economica. pertanto la statistica (e la contabilità nazionale in particolare) si è data delle regole comuni da seguire. le convenzioni forse dicono poco sulle politiche dei governi, ma se poi uno le modifica ogni volta (a suo comodo) allora non dicono proprio nulla.

TPS pare essersi accorto che certe convenzioni non vanno più bene. o meglio, che non gli vanno più bene. e allora spara a zero sull'Istat, spara a zero sulle convenzioni generali, vorrebbe cambiare le regole perché adesso lo penalizzano. ahi ahi ahi... la coerenza...

 

 

Casini: «Una tassa per combattere la criminalità» (ilSole24Ore)

Ottimo! Si passa dall'aumento della tassazione generale all'imposizione di nuove tasse speciali? Comincio a spiegarmi perché, da quando è iniziata ufficialmente la campagna elettorale, i TG italici non parlano che di cronaca nera. Idea "geniale" quella di Casini, e ad ogni fattaccio di sangue in prossimità di finanziaria, questa imposta potrebbe crescere un tantinello in più.

Bravo. Idea quasi al livello di abbassare un pelo le aliquote ICI, contemporaneamente rivalutando le rendite catastali, per poi spacciare l'operazione per un deciso taglio delle entrate... ah, già è stato fatto da qualcun altro? Peccato...