Per capire come funziona la tassa sul contante e quali sono i suoi costi sociali basta pensare all'inflazione. Essa scoraggia l'uso del contante. Pertanto gli evasori saranno costretti ad usare strumenti più tracciabili come assegni e bonifici. Questo risultato piace alla Gabanelli e la sua analisi si ferma qui. Ma gli effetti della tassa non si fermano qui. Essa indurrebbe tanti cittadini onesti a modificare il modo in cui conducono le proprie transazioni. I manuali di economia insegnano che questa tassa origina un costo sociale: tutti i cittadini sono ora costretti a sprecare del tempo per liberarsi del contante. Le transazioni che prima si facevano in fretta ora richiedono più tempo. Aumenta il numero di persone (nelle banche, nelle famiglie, nelle imprese) il cui lavoro consiste in una attività assolutamente improduttiva: difendere se stessi e gli altri dalla tassa/inflazione. Sarebbe il caso di fare una analisi di costi e benefici? Credo di sì. Alcune stime indicano che una tassa del 4 per cento (ovvero inflazione al 4 per cento) costi quasi un punto percentuale di PIL all'anno. È possibile argomentare l'ottimalità di una tassa di inflazione in presenza di evasione fiscale, ed è stato fatto in precedenza (si veda questo paper di J.P. Nicolini). Ma il risultato tipicamente è che non risulta ottimale applicarla in larga misura, proprio a causa delle elevate distorsioni create dalla tassa.
Per comprendere la fallacia del principio si provi a portarlo all'estremo: perché non proibire del tutto l'uso del contante? Sicuramente gli evasori non potrebbero più usarlo. Vero, ma tutti gli altri come farebbero a comprare pane, giornale, taxi? Facile, dice Gabanelli, possono usare l'Iphone o la carta di credito. Ricordiamo allora che in Italia il 15 % (non è un refuso, dico quindici per cento) delle famiglie non hanno nessun tipo di conto corrente bancario (dati su indagine delle famiglie Banca d'Italia). Come rispondono queste persone alla tassa sul contante? Un altro incubo da aggiungere al paese delle mille pratiche, in cui la burocrazia rende complicato anche il pagamento delle multe. Notiamo infine che le analisi sugli effetti distributivi dell'inflazione indicano che gli effetti più sfavorevoli sono sulle classi povere, che non hanno accesso a transazioni (leggi strumenti finanziari, banche) per difendersi dalla tassa. In altre parole: tassare il contante significa tassare principalmente i poveri. Proprio i ceti deboli di cui la Gabanelli si preoccupa nella seconda parte dell'articolo.
Secondo punto. In Italia (si sa) si usa molto contante e in parte ciò riflette la presenza di una economia sommersa. Ma non solo. È anche il risultato di una minore diffusione di strumenti finanziari avanzati (carte di debito, credito, smartphones) che non sono gratuite e che molte persone, sopratutto anziane, si rifiutano di usare per gli alti costi di adattamento. Per molte oneste persone che non hanno accesso agli iphone o alle carte bancarie il contante è l'unico modo di effettuare transazioni e anche l'unico titolo in cui investire i propri risparmi. Segnaliamo inoltre alla brava giornalista che il contante è molto utilizzato anche in paesi in cui l'evasione è bassa, per esempio in Germania, Svezia, Giappone e Austria (si veda la figure 4 e, per altri paesi, lo studio di Humprey et al, Journal of Money Credit and Banking 1996). Proprio perché, nonostante le sua primitiva forma, esso è uno strumento molto efficace per fare transazioni: è veloce da usare, è portabile (prova a portare l'Iphone sul surf), tutela la privacy (che esiste anche per molte attività non criminose).
Riassumendo: l'idea di combattere l'evasione fiscale usando una tassa su uno strumento finanziario ha un costo elevato perché distorce le scelte quotidiane di milioni di persone oneste. Avrebbe l'ulteriore grande svantaggio di aggiungere sabbia nei meccanismi di una economia già quasi paralizzata dalla burocrazia (quella che chiede a un professore universitario che organizza il buffet di una conferenza di controllare se il servizio catering da lui scelto è in regola con le imposte). Perché non ci chiedono anche di controllare se i giochi dei nostri bambini che portano il simbolo CE sono davvero conformi alle norme europee? Potremmo essere tutti, nel tempo libero, agenti segreti dell'agenzia delle entrate.
Si è chiesta la Gabanelli come fanno Austria e Germania, con quei cittadini così attaccati all'uso del contante, a far pagare le imposte ai propri contribuenti? La domanda, incredibilmente, ha una risposta semplice. Funzionano i controlli fiscali e le sanzioni per l'evasione sono micidiali. Incredibilmente, il lavoro del controllo fiscale in quei paesi viene fatto dai controllori fiscali, non da fornai, postini, professori universitari e nonnetti. Controproposta alla tassa sul contante: perché non mettiamo un governo serio alla guardia di finanza e sanzioni spaventose (come quelle americane, che prevedono la prigione) per chi evade? A me sembra così facile trovare gli evasori, ovunque vai ne vedi le tracce. La sensazione, di chiunque con un minimo di conoscenza degli strumenti (database disponibili su redditi e proprietà), non è che non si possa fare, è che non si vuole fare.
Sono contento che il paese abbia una giornalista coraggiosa come lei. Ma l'ignoranza economica in cui inciampa ogni volta che si avvicina ai temi macroeconomici rattrista. La superficialità della sua analisi economica, ben descritta dalla logica del modello superfisso, è molto comune in Italia. È, a mio modesto modo di vedere, un ostacolo che impedisce una corretta diagnosi dei nostri problemi economici e rende più difficile uscire dalla stagnazione.
agire sulla moneta per battere l'evasione fiscale è una fregnaccia
il fisco ha tutti i dati per ridurla all'osso: per esempio ogni acquisto di un bene immobile o mobile registrato per cui va declinato il cf al fisco è noto ma non incrocia l'acquisto importante con per esempio le ultime dieci dichiarazioni dei redditi e se lo facesse userebbe criteri di congruitaà da ridere ( per esempio che se il dichiarato è 40 k€ è compatibile con l'acquisto di un'auto da 100 k€)
Manca la vlontà politica di perseguirla, questo è il problema.
In ogni modo con le nostre leggi se qualcuno dovesse, con dichiarazione fedele, al fisco 10 milioni avrebbe tutto l'interesse ad evadere ed al limite farsi denunciare da un amico. Tra ricorsi , commissioni tributarie da 1a n gradi, possibilità di contrattazione alla fine non ne pagherà mai più di un paio. (vedere Pavarotti, Valentino Rossi, Cipollini): questi casi sono noti perchè sono coinvolte persone note al grande pubblico ma non sono certo le uniche.
Si veda anche lo scandalo Mondadori: debito 173 milioni, cancellazione, grazie questa volta ad una legge "ad azienda" con 8,6 milioni (per onestà era al terzo grado di giudizio e nei precedenti il fisco era soccombente)
Aggiungo: anche la curva di Laffer in Italia non funzione. se si riflette essa non è altro che la curva prezzo volume che permette a un monopolio di massimizzare il profitto di un prodotto. Nella curva di Laffer ii prodotto venduto in Monopolio consiste nello scongiurare le conseguenza molto spiacevoli (fino alla restrizione della libertà personale) in caso di evasione accertata, il prezzo le aliquote. In Italia il bene venduto ha valore zero per cui chi evade con aliquota x continuerà a farlo anche con aliquota x/2 perchè in ogni caso non rischia praticamente nulla..