Viaggio in Turchia

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La qualità della vita è una cosa seria, scrisse qualcuno. Per me che sono nato negli anni '80 il paragone con Germania, Francia e via dicendo è sempre sembrato decisamente ridicolo. Viaggiando molto di frequente in Turchia la sensazione è che invece, in breve tempo, il confronto dovremo farlo con chi ci sta ad Est. Continuando a mangiare polvere. Eccovi una piccola esperienza su come la competizione, anche in posti tendenzialmente statocentrici come la Turchia, stia dando i suoi frutti. 

La Turchia è un paese profondamente diverso dal nostro: la popolazione è giovane, il tenore di vita medio basso da far paura (circa 9.000$ l'anno di GDP per capita), servizi ospedalieri carenti (almeno nel settore pubblico), ingresso all'università che è regolato da test (per tutte le facoltà) e ultimo, ma non meno importante, l'esistenza di prospettive di crescita importanti che fanno pensare, anche al turco medio, che i figli vivranno meglio dei genitori. Nonostante differenze così nette non è che la Turchia poi non ci somigli sotto qualche aspetto: corruzione politica diffusa, un settore statale forte e centralista, sole e buona cucina.

I paragoni sarebbero finiti qua, non fosse che un paio di settimane fa, stanchi di Ankara, decidiamo di passare una giornata ad Eskişehir, cittadina collocata a circa 250km dalla capitale, fino a qualche anno fa provincia industriale dalla vita impossibile, attraversata da un fiume paludoso, malsano e puzzolente, oggi dimostrazione di come una buona amministrazione possa cambiare le sorti di una città dalle reali potenzialità inespresse. I paragoni con lo stivale, avevamo detto, sarebbero finiti, non fosse che la Turchia, così come l'Italia, ha una forte predilizione per il trasporto su gomma.

Per inciso, è bene aggiungerlo, avendo girato per motivi di studio l'Italia in lungo e largo ho una buona esperienza nel campo dei trasporti nazionali. Ho viaggiato per anni sul Freccia del Sud (treno tristemente famoso per avere poco della "Freccia" e molto "del Sud") temendo ad ogni giro che mi stessero deportando, data la qualità del servizio. Ho viaggiato per anni sull'infame Iveco 370 dell'Arpa SPA, società per azioni controllata al 95% dalla Regione Abruzzo e al 5% degli enti locali, tristemente famosa per essere l'unica azienda trasporti in Italia che ha ancora un parco mezzi completamente basato sul suddetto autobus (uscito di produzione nel 1999!). Viaggio ancora su un autobus RomaMarcheLinee, da Teramo a Napoli, questa volta compagnia privata, unico vettore tra la mia sperduta città natale e la decadente capitale del sud.

Al solo sentir parlare di autobus sembro un tarantolato. Alla quinta sesta volta che ciancio di sporcizia, posti stretti, biglietti costosi e difficoltà nel prenotare, i turchi mi interrompono e dicono che penseranno a tutto loro e di starmene tranquillo. Vedendo che non muovono una paglia (e la possibilità di acquistare il biglietto online ci sarebbe, non come nel caso dell'Arpa in Italia) non riesco a capire cosa succede. Le risposte, alle mie domande da cittadino proveniente da un posto ormai sottosviluppato anche rispetto alla Turchia, arriveranno l'indomani.

Arriviamo in stazione tramite dolmuş, una sorta di pulmino da 10-12 posti che è forse il mezzo più pratico per spostarsi in città: passa di frequente, fa molte fermate, va in tutte le direzioni e costa soltanto un euro a corsa. Avendo in mente quella cloaca immonda che è Tibus (secondo Wikipedia un moderno terminal arrivi e partenze per autobus a lunga e media percorrenza) arriva la prima sorpresa della giornata. Non siamo di sicuro in Olanda, ma neanche in Italia. La Stazione Autobus di Ankara è sì spartana, ma accogliente: è chiusa e al coperto (una feature non di poco conto se paragonata a Tibus), gestisce un traffico imponente (ci sono circa 60 peron - i parcheggi monoposto a raso da dove partono o arrivano gli autobus), è pulita e decorosa. Visibilmente spaesato, non avendo dovuto affrontare scale, gradini, gruppi di zingari e suonatori di bonghi, la mia compagna e la sua amica decidono di prendersi carico dell'acquisto dei biglietti. Non volendo avere a che fare con maleducati che parlano in dialetto e che sembra stiano facendomi un favore, accetto di buon grado.

L'arrivo nella biglietteria (anche questa al coperto) è un'altra sorpresa: la quantità di compagnie è incalcolabile. Tre si offrono di farci viaggiare entro la mezz'ora (sono le 9 del mattino), aspettando un'oretta si arriverebbe fino a dieci. Le tre compagnie, neanche a dirlo, offrono comfort diversi a prezzi diversi. Essendo la differenza di prezzo esigua decidiamo di viaggiare con Kâmil Koç, la più grande azienda di trasporti del paese, a capitale privato. Paghiamo 15ytl (al cambio attuale circa 8 euro), per 250km. Il personale, contro ogni aspettativa di un italiano come me, è gentile, educato e fa di tutto per servirci nel miglior modo possibile. Dopotutto facendo 10 metri troveremmo 10 compagnie in grado di portarci nello stesso posto. Mentre la curiosità di vedere cosa i turchi intendano per Ekstra-Lüks mi assale, ho venti minuti buoni per girare la stazione, alla disperata ricerca di un barbone o un mucchio di spazzatura che mi faccia sentire a casa.  Missione fallita.

L'autobus è già in strada alle 9:31 e si dirige spedito alla volta di Eskişehir. Per i miei standard (calibrati su convogli bestiame come il Freccia del Sud o lo sconquassato e sporchissimo Iveco dell'Arpa SPA) l'autobus è indescrivibile. E' grande come quelli da 52 posti, ma ne contiene solo 38, una doppia fila a destra (dove sono seduto) e una fila singola sulla sinistra. I sedili sono comodi, larghi (ci starebbe qualcuno anche di 200kg) e soprattutto puliti. Ci si può sedere senza rannicchiarsi, c'è sufficiente distanza tra un sedile e l'altro, il sedile di fronte ha incorporato un televisore di 7-8 pollici, con 20 canali televisivi, la possibilità di inserire la propria penna USB e guardare contenuti propri, aria condizionata regolabile e funzionante.

Il personale di bordo parla turco (e non qualche dialettaccio), non urla, è gentile e premuroso. Al minimo cenno si presenta uno steward con un carrello (largo quanto quelli che si vedono sugli aerei), che ci rifornisce di vivande. I miei compagni di viaggio bofonchiano, dicendo che essendo mese di Ramadan l'offerta di cibo è poco varia. Poco varia magari, ma comunque comprende snack dolci e salati dei migliori brand turchi, the e caffè caldi di ottima qualità.

Il viaggio fila liscio, siamo in orario. Unica pecca il paesaggio. L'Anatolia centrale è un posto arido e roccioso, popolato a sprazzi e per buona parte del viaggio ci accompagnano immense distese di terreni aridi e incolti, intramezzati da qualche sparuto appezzamento dove l'opera dell'uomo cerca di strappare qualche metro a quello che, di fatto, è un deserto.

Arriviamo ad Eskişehir in perfetto orario, dopo aver dormito per buona parte delle 3 ore di viaggio su un autobus silenzioso, dal ritmo di marcia stabile, pulito e confortevole. La stazione di Eskişehir non è molto grande. E' dopotutto la stazione di una città da seicentomila abitanti (niente se paragonata a quegli enormi agglomerati che sono Istanbul, Ankara e Izmir), tuttavia decorosa, pulita e dove si può andare al gabinetto senza timore di infettarsi. Per raggiungere il tram (sì, il tram, di quelli silenziosi e puliti che si vedono ad Amsterdam) non c'è neanche uno scalino, per i disabili è attrezzato un servizio pubblico di carrozzelle, senza che così questi debbano caricarsi l'ingombrante e necessario mezzo per un viaggio che potrebbe essere lungo centinaia di chilometri.

Eskişehir (che in turco vuol dire "vecchia città", ma che di vecchio ha ben poco) meriterebbe un discorso a parte. Dovrebbero portarci in gita quel branco di incapaci che per organizzare un cencio di fiera a Milano son riusciti, in un anno, giusto a spartirsi le poltrone.

Al ritorno, tanto per vedere se gli scalini infami per salire sul treno descritti da Boldrin esistevano ancora, decidiamo di tornare con il nuovo treno veloce della TCDD, le ferrovie dello stato turco. Gli scalini, almeno sul binario dei treni veloci, non ci sono più. Alla modica cifra di 16ytl (ancora 8-8,5e) siamo ad Ankara in 1h33m (velocità non elevatissime, per una ferrovia veloce, per buona parte del tempo viaggiamo intorno ai 230, per brevissime tratte sotto i 150km/h). Il treno, neanche a dirlo, pulito, preciso, comodo e in orario (dagli altroparlanti si scusano per i 3 minuti di ritardo, in turco e in inglese). Avevo preso tempo fa un Ankara-Istanbul, il Fatih Ekspress (equivalente dei nostri espressi) e per 30ytl mi offrirono un viaggio di gran lunga migliore di quei treni della morte che erano la condanna di quei poveri disgraziati che viaggiavano da nord a sud in un paese dove "si vive bene come in nessun altro".

La morale

Questa storia, oltre che ad essere oltremodo lunga, ha una morale. La morale è che, in primo luogo, la competizione fa bene. Continuo a non voler credere che gli italiani siano degli zotici fannulloni per predisposizione genetica. Credo invece che siccome Kâmil Koç ha almeno 10 altre compagnie concorrenti sulle sue medesime tratte, o mi tratta bene o ciao. L'ARPA (o migliaia di altre compagnie in Italia) o mi vanno bene come stanno o a quel paese mi ci mandano loro. Credo anche che l'avere servizi diversi a prezzi diversi sia a tutto vantaggio del cliente. Quella mattina avrei potuto viaggiare meno comodo e spendere meno, ho viaggiato più comodo e ho speso di più. La scelta è stata mia e non di qualche burocrate con i piedi in troppe scarpe. Il mercato, magicamente, si è regolato per i fatti suoi, e le tratte sottoposte a quella che in Italia sarebbe considerata una "concorrenza feroce e spietata" sembrano essere ancora profittevoli, le dimensioni del business di Kâmil Koç sembrano testimoniarlo inequivocabilmente.

Alla morale potremmo aggiungere un altro pippone sulla condizione delle "cose pubbliche" in Italia. Ormai non reggiamo il confronto nemmeno con un paese scapestrato come la Turchia. Come avevo detto nell'incipit, il rischio (o forse la certezza) è che nel giro di pochi anni il nostro termine di paragone si sposterà verso est, verso paesi che partivano da condizioni disastrate e che a fatica e con molti sforzi stanno cercando di migliorare la loro "qualità della vita". Qualità della vita che, nota per la classe dirigente di casa nostra, non sta tutta in un piatto di spaghetti al dente.

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Commenti

Ci sono 24 commenti

Sono stato ad Istanbul un anno fa, per la prima volta, e l'ho trovata una citta' pulita ed efficiente, oltre che bella. Il paese non mi pare per niente scapestrato. 

Cerchiamo di non lasciarci prendere dall'entusiasmo. Come tutti i Paesi in via di sviluppo, la Turchia presenta realta' di eccellenza e enormi sacche di poverta' e ignoranza.

Vedo che quattro anni non sono passati invano. Adesso puntiamo obiettivi più alla nostra portata :-)

 

 

C'è il federalismo in Turchia?

No. Prendono in realtà l'indivisibilità dello Stato (vedi qui [in inglese] nel preambolo e all'articolo 3) piuttosto seriamente. Non esistono divisioni amministrative come le nostre regioni. Esistono province (simili alle nostre) e una serie di distretti (simili alle nostre municipalità). Le province sono rette dal vali e dal sindaco, il vali è una figura strana le cui attribuzioni non mi sono ancora del tutto chiare. E' una sorta di prefetto di nomina governativa, che è in primo luogo una sorta di ponte tra il governo centrale e l'amministrazione locale, con poteri estesi sulle rappresentanze governative nelle province. 

E' in corso una profonda riforma del sistema, per avvicinarlo agli standard europei di democraticità, con scopi anche formativi per le dirigenze locali (ci sono informazioni, qui).

Io credo che, prima di entusiasmarci dovremmo farci questa domanda :

se i barboni non stavano nella stazione, dove erano ?

se i barboni non stavano nella stazione, dove erano ?

Dove stanno in Olanda credo, ovvero non in stazione. Mi dispiace ma proprio non credo di riuscire a prendere la tua domanda seriamente. Le stazioni sono posti dove arrivano e partono treni/autobus, le sale d'aspetto posti dove la gente aspetta suddetti autobus/treni. Sull'opportunità di trasformarli in bivacchi e ricoveri notturni  ho i miei dubbi.

Cercando di rispondere seriamente ad una domanda che seria, a mio avviso, non è, posso dirti che i barboni che ho visto passano la notte nei posti adibiti a mercato durante le ore diurne o nei sottopassaggi.

Ah, in Turchia pare sia povero il 18% della popolazione (dato del 2008, a cura dell'Istituto centrale di statistica della Turchia)

Nel 1998 era 61° per Indice di sviluppo umano. Nel 2008 era abbondantemente fuori dai primi 60 (60° le Mauritius con 78,5, la Turchia sta a 75,1)

La vita media è aumentata in 10 anni da 69.1 anni a 69.9

In Iran da 68.8 a 71.2

La competizione è sicuramente positiva ma il confronto non regge per un buon motivo: le condizioni di partenza non sono uguali. Io sono andato in pullman da Istanbul ad Ankara e il pullman era di superlusso con tariffe da torpedone stile "Cammino della Speranza" di Pietro Germi. Bellissimo.

Poi però si arriva ad Ankara e prima di finire nella, per alcuni versi, splendida città vecchia, si attraversano i quartieri che sono stati soprannominati "nati nella notte" perché intere tribù di immigrati li hanno costruiti in fretta e furia per avere un tetto dove dormire.

Poiché in Italia (e credo anche in buona parte dell'Europa) devi chiedere l'autorizzazione anche per spostare una piastrella di 2 cm sul tuo balcone, la loro competitività è frutto di una marcata assenza di regole. Che questo sia un bene o un male, io non lo so. Ma, per dirla matematicamente, un conto è l'ottimizzazione libera, un conto è quella vincolata.

Credo di non essere stato chiaro nell'articolo. Nessuno ha detto "che posto meraviglioso la Turchia, dove tutti se la spassano". Ho cercato semplicemente di sottolineare che mentre in Italia, almeno nel campo dei trasporti, si è cercato di fare tutto inter nos coi risultati che tutti conosciamo, in Turchia si è deciso di fare diversamente, con risultati molto migliori rispetto ai nostri.

Per quanto riguarda i gecekondu (i famosi "nati nella notte"), che dire. L'abusivismo edilizio è diffusissimo nel paese ed almeno ad Ankara la cosa non sembra preoccupare granchè le autorità. Ogni tanto mi affaccio dal balcone e becco qualcuno che in fretta e in furia si sta murando il balcone. Dipende anche molto dai quartieri, ad Ulus (la città vecchia), appena ci si allontana dalle arterie principali la situazione è quella che hai visto tu.

Non farei comunque di tutta erba un fascio. Nel settore dei trasporti le cose funzionano molto diversamente. La stradale di Ankara è molto attenta ad ogni minimo sgarro, sia dei tassisti o dei conducenti di dolmuş o dei conducenti di autobus. Entrare all'Otogar di Ankara (la stazione autobus di Ankara) senza autorizzazione con il proprio mezzo è completamente fuori discussione.

Quest'idea che sostenere il libero mercato voglia dire auspicarsi un bello stato di natura hobbesiano dove tutti si prendono a randellate sui denti sembra dura a morire.

In Turchia le regole sui trasporti ci sono e  per quanto  ho potuto vedere vengono fatte rispettare. Funzionano diversamente dalle nostre e ciò non vuol dire che non ci siano. Non è che domattina mi presento con il mio Iveco 370 e mi metto ad operare tra Bursa e Ankara. Si è deciso, immagino negli stessi posti dove in Italia si è deciso che sulla tratta Roma-Teramo è monopolista ARPA spa, di dare concessioni ad un numero molto maggiore di compagnie: i risultati li conosci anche tu. 

Il personale di bordo parla turco (e non qualche dialettaccio)

Che strumenti avevi per capirlo? non sto ironizzando, sono veramente curioso.

Da parte mia posso dire che un paragone ancora più interessante potrebbe essere quello tra la Turchia che descrivi tu e la Grecia dove ho passato qualche giorno a luglio. Non le famose isole, piene di turisti e di vita finta, ma la seconda città per importanza del paese: Salonicco. Una giungla di cemento abusivo come poche (salvo un paio di vie in centro, ma niente di che).

Ho preso due pullman: uno per andare al mare e uno per andare in un'altra città vicina. I due terminal degli autobus si trovano in due punti estremi della periferia est ed ovest. Si capisce il motivo (traffico bestiale in centro), ma il risultato è che prima devi attraversare tutta la città in autobus che ci mettono un bel po' di tempo (traffico!). I pullman sono vecchi, stracolmi e scomodi. Soprattutto lenti! Sembra esserci una sola compagnia per tutto il paese. In compenso, se vuoi comprare il biglietto devi sapere in quale cassa esatta vendono i biglietti per la direttrice che ti serve. Le casse in tutto saranno circa 20. Assurdo totale!

E poi ci sono anche i barboni e tutto il resto. Il tutto ricordava molto la stazione Tiburtina di Roma.

Poi ho preso l'intercity notturno per Atene: partenza con due ore di ritardo. Anche qui qualità piuttosto italiana. A metà della tratta finisce la linea elettrificata e si procede a gasolio.

E i greci non fanno altri che parlare di teorie del complotto: prima i turchi, poi i tedeschi, ora la UE. Ma si sono mai paragonati alla Turchia di oggi?

 

 

 

Che strumenti avevi per capirlo? non sto ironizzando, sono veramente curioso

 

 

Conosco il turco abbastanza da poter poter parlare con uno steward e non abbastanza da capire i dialetti o accenti molto stretti :)

 

Ma si sono mai paragonati alla Turchia di oggi?

Non conosco la Grecia ma ci andrei comunque molto cauto. I turchi sono ancora anni luce dall'avere un tenore di vita paragonabile con quello dei greci. Come ho scritto sopra, anche senza allontanarsi più di tanto dal centro di Ankara si vive male assai, in condizioni che di sicuro già ai tempi dei miei genitori avevamo ampiamente superato. Sul fatto che  Ankara, Istanbul e Izmir siano tre città bene organizzate, pulite e piuttosto sicure c'è poco da discutere.

 

Cito, per esperienza personale, un altro paese come esempio di concorrenza che spinge la qualità del servizio di trasporto pubblico: la Colombia. Paese in via di sviluppo (negli ultimi anni di grande crescita), dove accanto a zone come le grandi città dove ci sono large fasce di ceto medio che vivono in maniera paragonabile a quella "occidentale" e zone rurali o periferiche delle metropoli dove si vede parecchia povertà; in questo senso molto simile alla Turchia.

In Colombia, non esiste un sistema di autostrade come in altri paesi, però il sistema di autobus a lunga distanza e il trasporto aereo sono molto sviluppati. Ho provato il servizio di autobus su tratte lunghe, assolutamente di livello ottimo a prezzi abbordabili, analogamente quello descritto dall'autore in Turchia; anche qui, nel terminal dei trasporti ci sono almeno 5 o 6 linee in concorrenza. Lo stesso discorso si può fare per le tratte aeree: diversi operatori in concorrenza, prezzi abbordabili anche per chi appartiene ad una fascia medio bassa (i biglietti per le tratte principale molto spesso non superano i 100 euro), numerose possibilità di scelta di orario anche negli aeroporti minori. 

Potrei fare un discorso simile sui trasporti pubblici cittadini, ma non mi dilungo.

Ieri mattina ho dovuto, mio malgrado, prendere un treno Roma-Napoli.

Il primo disponibile era il regionale delle 5:50, prezzo seconda classe 10,50e, prima classe non disponibile.

Il treno era in condizioni oscene: tanfo di urina, sedili sporchi (era la prima corsa della giornata per il treno e sembra nessuno sia adibito a rimuovere almeno la spazzatura). Durante la corsa in molti salgono sul treno, principalmente pendolari. In molti non hanno il coraggio di sedersi, altri si sono portati un coprisedile. Per andare in bagno ci vuole stomaco, nei due in cui sono provato ad entrare i servizi erano divelti e gli escrementi sparsi sul muro. Il tutto per 2e in più di quanto pagai per il treno veloce ankara-eskisehir.

 

Ad un recente viaggio in Turchia, ho visto una larga diffusione di pannelli solari termici, che - mi hanno detto - non sono sovvenzionati dallo Stato. Qui ho fatto un resoconto e un commento:

giovannistraffelini.wordpress.com/2010/09/05/rivoluzione-copernicana/