Les Ritals

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Ritals, ma anche Christos o Macaronis, così erano chiamati gli emigrati italiani in Francia

Il 17 agosto 1883 ad Aigues Mortes in Francia,  nove italiani vennero assassinati, una cinquantina feriti e quindici fatti sparire nel nulla a seguito di un attacco di violenza xenofoba collettiva.
La scintilla che fece divampare l'incendio fu una rissa tra operai che ben presto degenerò in un pogrom in piena regola: la popolazione francese del luogo scatenò infatti  una vera e propria caccia all'italiano, sotto gli occhi inerti dei gendarmi.

La causa profonda del massacro fu il contrasto tra i lavoratori impiegati nelle saline: i salariati francesi, tra i più poveri ed emarginati della popolazione locale, vedevano minacciato il loro lavoro dagli operai stagionali italiani, soprattutto piemontesi, i quali accettavano ritmi di lavoro più duri ed un salario inferiore. Il contrasto era quindi di natura economica, dato che  gli italiani venivano accusati di lavorare troppo, anche a cottimo, risparmiando il più possibile per mandare i soldi alle proprie famiglie in Italia, scontentando così anche i commercianti locali. Il processo che seguì al massacro, si risolse in una farsa, con i giudici che mandarono assolti tutti gli imputati francesi, stabilendo, di fatto, un concorso di colpa degli italiani nell'accaduto.

La Francia ha a lungo rimosso i fatti ed il recente libro di Gerad Noiriel, consente di aprire nuovamente una pagina di storia dimenticata, mentre  da noi in Italia va invece segnalato sull'argomento il libro di Enzo Barnabà del 2008: "Morte agli italiani - il massacro di Aigues Mortes" che ha raccontato i medesimi eventi o, in versione romanzata, non sui fatti di Aigues Mortes, ma sulla vita dei Ritals, si potrebbe leggere "Macaroni", scritto da Loriano Macchiavelli e Francesco Guccini, il quale oltre ad ispirare l'avvelenata di NfA, si diletta anche di romanzi gialli.

 

Quella di Aigues Mortes non fu solo però una contesa locale. Se la violenza potè scatenarsi, fu perchè in tutta la Francia si era diffuso, alimentato da politici e giornali, un clima di diffidenza verso gli  italiani. Sui giornali francesi dell'epoca si leggevano frasi che potremmo tranquillamente sentire oggi in un qualsiasi bar o blog razzista italiano riferite ai "nostri" odierni immigrati.

 

 

"Gli italiani presto ci tratteranno come un paese conquistato", oppure "generalmente sono di dubbia moralità, fra loro il tasso di criminalità è elevato: del 20%, mentre nei nostri non è che del 5%". Il quotidiano "Le Jour" chiedeva al governo di proteggere i francesi "da questa merce nociva, e peraltro adulterata, che si chiama operaio italiano".

 

 

Insomma, gli Italiani erano corruttori della Francia, impermeabili alla sua cultura ed al suo modo di vivere, in altre parole diversi, quindi pericolosi. Se i fatti del 1883 ricordano quanto successo recentemente a Rosarno, non deve meravigliare.

 

 

Le due vicende, ma molti altri casi simili si trovano nella storia, ci insegnano che molto spesso le dinamiche dell'accoglienza e della convivenza con gli immigrati seguono percorsi simili a diverse latitudini e longitudini, indipendentemente dalla presunte attitudini razziste dei popoli e che, in particolare, ad entrare in contrasto con gli immigrati sono gli strati più poveri o emarginati della popolazione locale.

 

Perchè le cose degenerino in follia collettiva, però, non basta il solo malcontento verso i nuovi arrivati, occorre anche che le strutture di controllo e di polizia dello stato, invece di prevenire e di intervenire per tempo, rimangano letargiche ed inerti.

 

Non è un caso che sia stato proprio a Rosarno e non, per esempio, a Treviso, che si è scatenata la "caccia al negro": Rosarno è parte della Calabria, dove niente funziona, Treviso eleggerà pure per sindaco un razzista come Gentilini, ma ha strutture sociali funzionanti che impediscono, per ora, che le cose vadano in malora, anche con gli immigrati.

 

L'integrazione degli immigrati è però un processo lento, ma comunque inesorabile. Quelli che per i francesi erano all'epoca pericolosi Ritals erano in realtà i padri o i nonni di Yves MontandJean Claude IzzoMax GalloMichel PlatiniDaniel_Pennac e quando guardiamo gli immigrati che sono oggi in Italia, dovremmo cominciare a pensare a loro come ai genitori di futuri premi nobel, non come delinquenti.

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Commenti

Ci sono 14 commenti

Segnalo anche il libro del rital Francois Cavanna, Les Ritals. Non l'ho finito di leggere (anzi ne devo aver letto solo una ventina di pagine) quindi non ho grandi commenti da lasciare, ma pare che sia un classico sull'argomento degli immigrati italiani in Francia.

Macaroni è l'unico libro veramente bello del duo Guccini-Machiavelli. Se vi piacciono i gialli vale veramente la pena di leggerlo.

 

 

Non è un caso che sia stato proprio a Rosarno e non, per esempio, a Treviso, che si è scatenata la "caccia al negro": Rosarno è parte della Calabria, dove niente funziona, Treviso eleggerà pure per sindaco un razzista come Gentilini, ma ha strutture sociali funzionanti che impediscono, per ora, che le cose vadano in malora, anche con gli immigrati.

 

 

Tutto vero e giusto. Però è proprio l'atteggiamento politico degli amici di Gentilini a fare in modo che le condizioni disperate e disperanti delle mille Rosarno d'italia rimangano immutate. A cominciare dalla scelta criminogena (vedi Boeri su lavoce.info 1 e 2) del governo che fa della non regolarizzazione della forza lavoro migrante un punto fermo della propria politica filo xenofoba (e anche economica visto che con una forza lavora schiavizzabile i costi scendono e, per quanto riguarda espulsioni e gestione tfr, vengono gestiti direttamente dalle forze dell'ordine e quindi socializzati dalla collettività).

 

 

Dall'interessante excursus, si trae la conferma che conoscere la storia aiuterebbe il tentativo di non ripetere almeno i medesimi errori. Ma la storia pare interessare poco.

Io questa storia l'avevo letta in un bel libro (con sito orribile) di Gianantonio Stella: L' orda. Quando gli albanesi eravamo noi

Se l'episodio conferma che la storia si ripete, cosa si puo' dire su come la Francia ha risolto quei problemi? E c'e' qualche lezione che potremmo applicare noi ora in Italia?

Dal basso della mia scarsa conoscenza di (questa) storia, mi pare che il problema degli immigrati italiani si sia risolto solamente quando l'Italia si e' arricchita ed il flusso migratorio si e' arrestato.

Oppure qualcuno ha informazioni su successivi episodi di integrazione?

 

 

cosa si puo' dire su come la Francia ha risolto quei problemi?

 

Credo che l'unica cosa che risolva questo tipo di problemi sia il tempo. Non esistono ricette per una rapida integrazione dell'immigrato, anche perchè, è inutile illudersi, l'immigrazione dà fastidio sempre e comunque, , perchè si tratta di persone con cultura, lingua, abitudini, religioni diverse da quelle della popolazione locale, che finisce comunque cal sentrisi invasa, ma  poi col tempo la natura fa il suo mestiere, aumentano i matrimoni misti, la abitudini cambiano, i figli dimenticano la lingua dei padri e così via, la politica può provare ad accelerare questo processo, he comunque richiede tempo.

Il rifiuto dello straniero è infatti un sentimento comprensibile e, in qualche maniera anche rispettabile, se non sfocia in atti violenti ovviamente.

In un certo senso è anche un sentimento "eterno". Lo straniero è spesso stato identificato in termini negativi, come portatore di vizi, malattie, pericoli, insomma un rischio per l'ordine sociale ed una minaccia per i più poveri.

Esemplare a questo proposito è quanto si legge "Lamento dei pescatori veneziani", un componimento anonimo scritto in venziano, databile tra la fine del 1569 e il principio del 1570 che, sebbene di origine dotta, attesta il malcontento degli strati sociali più umili contro la classe dirigente, che, come lamentano i due pescatori, tratta   la gente locale peggio degli stranieri (greci, dalmati, ebrei) sebbene questi siano ladroni, prostitute o depravati.

 

perchè non avémo sodi o possessione / semo pur nassù tutti t'i canài / 

Nessun d’e’notti fu giego o schiaón / Zudio, furatolé, mulo o vilan,

Ne puttana, né becco, né monton.

 

Insomma nella Venezia del rinascimento i lamenti  verso gli stranieri non erano dissimili da quelli che oggi potremmo sentire in bocca ad un leghista, nella cui vene, magari, scorre un po' di quel sangue "gieco, schiaon o zudio"  ossia, greco, slavo o ebreo.


 

ammetto di essere interessato (nel doppio senso di attirato e implicato) all'argomento (residente in Francia da poco ma non so per quanto tempo) quindi prendo un po di tempo per lasciare il mio contributo che non vuole essere un commento al testo ma solo un tentativo di rilanciare questo tema nella speranza di rigenerare la discussione e ricevere altri contributi.

In primo luogo qualche precisazione: Yves Montand non puo essere messo in quella categoria in quanto, se non sbaglio, e nato in Italia.

Per quanto riguarda il termine Rital devo aver letto da qualche parte (non so se da fonte francese o italiana) che il significato deriva dal fatto che gli italiani immigrati in Francia per motivi di lavoro venivano registrati con la denominazione Resident ITALien. Ma forse me lo devo essere sognato visto che dalle fonti citate (premesso di non aver - ancora - letto nessuno dei libri richiamati nel testo) non emerge nessun riferimento in tal senso (anche se a me sembra piu plausibile che le altre spiegazioni fornite).

Per quanto riguarda le considerazioni sul merito, una caratteristica che mi sembra contraddistinguere l'emigrazione in Francia, o perlomeno quella piu recente (secondo dopoguerra), e la volontà di molte famiglie di rompere i legami con la patria natale, ad esempio non permettendo ai figli di parlare italiano, neanche in casa, al fine di accelerare il processo di integrazione (vedi caso di Yves Montand, con addirittura cambio di nome).

Ne deduco (ammetto di essere un po sbrigativo ma mi e difficile dilungarmi nel mio ragionamento) che la Francia abbia da sempre dimostrato (in senso positivo beninteso) di essere un paese con un nazionalismo molto pronunciato e quindi le minoranze si sentivano quasi in obbligo di dimostrare la loro volonta di integrarsi.

Non mi risulta che simili atteggiamenti siano presenti negli Stati Uniti o in Germania, dove le famiglie italiane mantengono dei legami con il paese natale piu marcati. Ma anche qui forse mi sbaglio e quindi attendo altri contributi.

 

 

ad esempio non permettendo ai figli di parlare italiano, neanche in casa, al fine di accelerare il processo di integrazione (vedi caso di Yves Montand, con addirittura cambio di nome)

 

Nel suo caso non é così. Wiki ci informa che

 

Lo pseudonimo è formato dalla francesizzazione del suo nome italiano, e dal grido della madre che lo richiamava in casa dal cortile "Ivo, monta!" (cioè "Ivo, sali in casa").

 

Non ho alcuna competenza per spiegare le ragioni della maggiore assimilazione degli immigrati italiani in Francia rispetto a USA o Germania, nè so se questa maggiore integrazione ci sia realmente.

Come pura ipotesi si potrebbe dire che la vicinanza linguistica, sociale e religiosa, abbia favorito l'assimilazione, così come in Argentina per esempio. Con la Francia poi, gli scambi di popolazione sono secolari (vedi i vari italiani che si chiamano Francioso, Di Francia, Parigi, Provenzano) e molto più marcati che non con l'Inghilterra (e quindi per traslazione gli USA).

In ogni caso, consiglio la lettura dei gialli di Jean Claude Izzo, il cui protagonista è un commissario di origini italiane e le cui vicende affondano le radici in quel calderone di immigrati e di storie che è Marsiglia. 

 

Segnalo anche questo che è un classico ( in lingua francese ) :  http://www.amazon.fr/Voyage-en-Ritalie-Pierre-Milza/dp/2228898503

 

 

Qui la recensione sul Corriere :

archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/26/italiani_Francia_storie_ritals__co_0_9401267517.shtml

Permettetemi di segnalarvi una pagina bilingue FB da me curata che parla del massacro: www.facebook.com/pages/Morte-agli-italiani-Mort-aux-Italiens/181760466338 .

Sono in giro a presentare il mio libro sull'argomento. La prossima tappa è nel Bergamasco: VILLONGO (BG), martedì 23/2, ore 21, Oratorio Parrocchiale – BERGAMO, mercoledì 24/2, ore 18, Libreria Palomar, Via A. Maj 10 – ARCENE (BG), giovedì 25, ore 21, Sala ConsiliareNEMBRO (BG), venerdì 26/2, ore 20,30, Biblioteca Comunale. Se qualcuno di voi è interessato e si trova da quelle parti, è il benvenuto. Enzo Barnabà - www.enzobarnaba.it