Per chi non perde tempo sulla mia pagina di Facebook riproduco qui il link del sito dove i brevi pezzetti (estratti da un'intervista più lunga) sono visionabili. Si', avevo il raffreddore quella mattina, oltre che sonno ...
Veniamo al dunque. Durante l'intervista, per dare un'idea di una delle tante cose che credo sia urgente fare, per impedire che il nostro sistema educativo continui lungo la strada dello sfacelo, dico che sarebbe bene "abolire il Liceo Classico". Apriti cielo: Boldrin vuole impedire ai nostri ragazzi di studiare greco e latino ed apprendere la saggezza che fu degli antichi, che grande ci fece - fece chi, scusate? - e che questo mondo globalizzato, da cui gli dei se ne sono andati, non comprende e disprezza. Niente di tutto questo, il problema è un altro. Provo ad articolarlo per punti più sotto. Prima di farlo permettetemi di sgombrare il campo da svariate obiezioni, piuttosto peregrine e probabilmente tali agli occhi del lettore di nFA, che, nondimeno, mi son sentito ripetere a raffica in reazione al mio slogan.
- L'obiezione più frequente è che la mia avversione al modello scolastico centrato sul classico è dovuta a frustrazioni personali, traumi adolescenziali o una qualche forma di invidia tituli. La cretinata non meriterebbe d'essere menzionata non fosse per il fatto che la correlazione fra la medesima e la maturità classica del suo/a autore/trice credo sia uguale a 1. E questo, come dicono gli avvocati nei film americani, è indizio rilevante per il caso che vorrei argomentare.
- La seconda obiezione, in termini di frequenza, è che dal classico italiano sono usciti, da Fermi in poi, fior fior di scienziati naturali, ingegneri, imprenditori e, ovviamente, il professionista di successo che sta scrivendo l'obiezione. Per non parlare dei brillanti giovani italiani all'estero che, nei corsi di dottorato, fanno bene nonostante siano passati, in percentuale ragguardevole, per il classico. Quindi, si argomenta, il classico non è male e non impedisce che poi si diventi grandi scienziati naturali o ingegneri. L'argomento soffre di due fatali errori. Il primo è quello ovvio della "selezione favorevole", spero di non doverlo spiegare. Il secondo è che se non confronti i risultati ottenuti in Italia con quelli ottenuti nel controfattuale (un sistema che NON sia incentrato sull'istruzione "classica") l'efficacia del primo a coltivare talenti non si può certo inferire da quello che ha prodotto sinora in condizioni di assoluto monopolio. Detto altrimenti, l'unico confronto rilevante è con sistemi altri e qui, quando confronto il sistema italiano a quello dei paesi europei avanzati o con quello USA, la differenza nei risultati si vede.
- La terza obiezione degna di nota è che la mia proposta è "autoritaria" perché voglio impedire alla gente di studiare quel che vuole. Come si può evincere dal seguito queste sono fantasie ma va detta una cosa che, ne son certo, scatenerà l'ira funesta di liberalidelcazzo e teorici del primato della famiglia. Il fatto è che l'istruzione, specialmente quando si passa il livello delle medie, diventa un bene come la sanità: c'è molta informazione asimmetrica fra produttore e consumatore. Non è vero, e l'esperienza quasi secolare della scuola USA lo prova a dismisura, che "se il bambino cresce libero [di studiare quel che a lui o ai suoi genitori pare] è molto più contento". Perché, come aveva capito Gaber (parafraso) "se lo lasci fare ti viene l'esaurimento [e lui impara solo a giocare al calcio]". Detto altrimenti: dentro limiti ragionevoli e difficili da prescrivere a priori occorre limitare la scelta all'inizio e poi, mano a mano che il consumatore/studente matura, lasciarlo/a libero di scegliere. Ecco, magari mi sbaglio, ma la mia esperienza di insegnante mi dice che oggi, a 14-18 anni, la capacità di discernere cosa valga la pena studiare e cosa è molto limitata. Da cui ne segue che restringere la possibilità di scelta, dentro limiti socialmente condivisi, è il second best da adottare.
Sgombrato il campo, spero, dalle obiezioni più peregrine vengo al mio argomento.
(1) Piaccia o meno il nostro sistema scolastico superiore (infatti, il combinato disposto di medie inferiori e superiori) è ancora impostato lungo le linee gentiliane nonostante ed alla faccia delle mille, più o meno contraddittorie ed incomplete, riforme di questi decenni. Certo, non è esattamente lo stesso ma l'impacaltura contenutistica lo è e molti cambiamenti sono stati puramente formali e nominalistici. Se grattate sotto la mano di colore trovate ancora che in cima alla piramide educativa c'è il classico seguito dagli altri licei (fra i quali lo scientifico, figlio guarda caso del liceo moderno ...), ognuno articolato in mille sperimentazioni. Vengono poi le scuole di indirizzo professionale (sì, nella testa dei burocrati ministeriali ci sono ancora i geometri, i ragionieri ed i periti di vario tipo ... ed ovviamente i maestri) raccolte sotto l'etichetta istituto tecnico.
(2) Piaccia o meno, ed alla faccia delle denegazioni pubblicamente ripetute, i "bravi" tendono ad andare al classico. Non tutti, per carità: ricordatevi che ci sono le distribuzioni e che le distribuzioni non hanno solo la moda, hanno anche il resto e le code in particolare! Ed al classico vanno in grande maggioranza i figli e le figlie dell'elite che, in Italia, è particolarmente auto-perpetuante, e questo conta. Insomma, il classico è, in media, la scuola dell'elite dove, sia chiaro, per elite non intendo lo 0,1% dei super-ricchi ma quel 10% che, in ogni generazione, copre poi i ruoli più o meno dirigenziali nei vari settori. Sia chiaro, le scuole per le elite ci sono in tutto il mondo e selezionano, sul piano sociale, in modo simile a quello italiano anche se le procedure formali son diverse. Non è quello il punto. Il punto è che, poi, quelle scuole le elite le formano, gli danno una cultura, delle capacità professionali e cognitive, una visione del mondo, del loro ruolo, di ciò che serve o no, di ciò che conta nella vita o meno. E le elite i paesi li guidano e governano in base anche alla cultura ed alla visione del mondo che hanno. Ed il fatto che quella è la scuola che forma le elite influenza anche chi non ci va. Non solo perché, appunto, i licei altri come lo scientifico vengono percepiti dalla maggioranza come i figli minori e sfigati del classico (perché mai, altrimenti, tanta gente dovrebbe pensare che io "ce l'ho con il classico" solo perché ho casualmente deciso di non andarci?) ma anche perché chi va altrove assorbe una visione del mondo nella quale avere la cultura e le caratteristiche di chi ha fatto il classico contano, ti rendono "meglio" in qualche dimensione socialemente rilevante.
Mi si permetta qui la citazione "dotta" che credo si adatti perfettamente a questa e mille altri questioni il nostro paese dovrebbe avere il coraggio di affrontare per avere mezza speranza di fermare il proprio declino. È da Barrington Moore Jr, Social Origins of Dictatorship and Democracy, pagina 338 dell'edizione Beacon Press del 1993:
Human beings in a wide variety of civilizations have an observable tendency to establish "artificial" distinctions, that is, those that are not derived from the necessities of the rational division of labor or a rational organization of authority [...]. Children elaborate artificial distinctions all the time in Western society. So do aristocrats when freed from the necessities of ruling. Indeed the need to perform a particular task may break down artificial distinctions: military etiquette in the field is generally much less elaborate than it is at headquarters. The reason for this tendency toward snobbishness - highly developed in some of the most "primitive" societies - is not easy to perceive. Though I cannot prove it, I suspect that one of the few lasting and dependable sources of human satisfaction is making other people suffer and that this constitutes the ultimate cause.
BMJr, sta studiando il sistema indiano delle caste in quelle pagine ma l'osservazione vale in generale e, a mio avviso, si adatta perfettamente al sistema scolastico centrato sul "primato" della cultura classica (e di chi la padroneggia) che ancora vige nel nostro paese. Ed a tante altre "tradizioni" nostrane ...
(3) Piaccia o meno, e nonostante le mille riforme, persino oggi al classico si insegna non tanto greco e latino ma, soprattutto, un modello del mondo che è quello pre-scientifico, pre-moderno. Mi dispiace, per cercare di articolare questo dovrei forse scrivere un noioso libro e non ne ho il tempo, quindi sarò brutale. Si insegna un modello del mondo in cui, anzitutto, conta lo status ricevuto e conta la retorica nell'arena publica, conta il saper argomentare la propria posizione e non contano i fatti bruti. Un modello del mondo in cui l'efficienza ed il cambiamento devono sempre cedere il posto alla tradizione ed in cui la logica (che, mi dispiace, è matematica) è secondaria all'opinione e, appunto, all'argomentare. Un mondo nel quale - giustificatamente al tempo, ossia tra i 700 ed i 2000 anni orsono - si riteneva di aver inteso "tutto" quello che v'era da intendere e di poter sedere tranquillamente in cima all'universo in possesso di una "saggezza" tanto antica quanto, molto spesso, cinica e disincantata. Un mondo nel quale il cambiamento continuo che l'innovazione determina entra solo di sfuggita nel corso di studi perché, alla fine, se si studiano e leggono continuamente cose di un mondo che per secoli è stato uguale a se stesso, al centro del quale c'era l'Europa nell'ombelico della quale (si fa per dire) ci stava l'Italia, si finisce (in media, sia chiaro) per pensare che non solo era cosi, è GIUSTO che sia così in secula seculorum. Amen.
(4) Ed infine, piaccia o meno anche questo, la visione di cui sopra dipende certamente da molte cose, da cosa dicono e come si comportano gli insegnanti, da cosa si raccontano fra loro gli studenti, da cosa l'ambiente sociale suggerisce loro e così via, ma dipende anche (ed io penso soprattutto perché le materie poi determinano chi le insegna, il tempo che ci si dedica, le cose che NON si leggono/studiano, eccetera) dipende appunto dalle materie, dai programmi, dai contenuti. E se voi, usando il link alla pagina di Wikipedia che vi ho messo sopra, fate la somma delle ore dedicate a "italiano-latino-greco" (lascio fuori storia, filosofia e storia dell'arte per carità di patria) scoprite che sono la parte dominante, sono ciò che conta non solo al classico ma nei licei. E, temo sia ancora così, persino negli istituti tecnici. E nel resto delle materie, oltre alla religione, c'è anche l'educazione fisica che ora chiamano con un nome nuovo, non C++ o la contabilità nazionale! Morale: l'allievo/a medio/a acquisisce una visione del mondo ed una cultura che sono esattamente quelle del figlio delle elite borghesi italiane di 90-50 anni fa! E questo, se non sei il solito tipo nella coda destra che poi si arrangia da solo, ti segna, per sempre.
È "colpa" del classico? È "colpa" del greco e del latino? L'umanesimo non conta una cippa? Boldrin odia filosofi, poeti, romanzieri, artisti, filosofi greci e rinascimentali? No. Anzi, mi piacciono assai e li consumo a iosa. Ma sono un lusso, un grande, stupendo lusso, come il Parsifal a Vienna la sera del Giovedì Santo o la lettura ad alta voce delle poesie di Zanzotto o l'Edipo Re al Teatro Romano di Merida. Stupendi beni di consumo per le elite che se li possono permettere e che, per permetterseli, dedicano anzitutto il loro tempo a fare medicine, software, robot, opzioni e via elencando gli orrendumi costosi che questa globalizzazione merdosa ci ha imposto invece di godersi il mandolino e le bellezze del Foro ... Fa fastidio dover ammettere che Cicerone e Vasari sono un lusso mentre l'informatica, la contabilità, le nozioni base di ingegneria meccanica ed elettrica sono OGGI una necessità? Sono veramente desolato, cari difensori della tradizione, ma un antistaminico, terribile prodotto della modernità scientifica, potrebbe forse aiutare a superarlo quel fastidio ed a osservare i fatti per quel che sono. È toccato anche a me ammettere questa "triste" verita nel corso del tempo ed approfitto per dare credito a chi lo merita: la persona che più me l'ha fatto, testardamente, capire è D.K. Levine il quale, consapevole di quel che sapeva, ha negato dal giorno uno la superiorità della mia cultura "classica" sulla sua, tutta "UCLA-MIT plus Asimov".
Detto altrimenti: le scuole di elite ci vogliono, eccome. Non serve la scuola uguale per tutti e non è nemmeno possibile. Ma la scuola d'elite forma le elite e le elite - dovendo guidare il paese nel mondo di ora e non dell'altrieri - è bene conoscano il mondo odierno (e le lingue che vi si parlano, ah le lingue straniere ...), le regole che lo governano, le scienze e le tecniche che lo reggono. E, soprattutto, ne acquisiscano la logica, il modello, la visione. Che non è quella dello status ereditato, che non è quella del lei non sa chi sono io, che non è quella dell'elegante locuzione, che non è quella del tanto tutte le opinioni sono uguali e vale quella che meglio si argomenta, che non sono quelle del grande passato dietro alle spalle ma del grande futuro che ti costruisci, che sono quelle della responsabilità individuale e del chi sbaglia paga, che sono quelle dell'innovazione, della competizione, della mobilità sociale e culturale in un mondo globale ed eterogeneo ...
Per finire, visto che molti mi chiedono cosa farei io, ecco in soldoni cosa farei. Per renderlo comprensibile, due premesse
(A) L'istruzione deve essere di massa ed a tutti vanno forniti gli strumenti per capire il mondo in cui vivono ed essere capaci di averci un ruolo produttivo. Siccome alcuni sono più tonti di altri è inutile, infatti dannoso, forzare tutti ad apprendere subito la cultura "alta": primum vivere.
(B) Le elite esistono e devono avere la possibilità di determinarsi nel corso del tempo scegliendo anche cosa studiare. Ma non vi è necessità che la scuola pubblica le "fissi" socialmente, in base al modello di un secolo fa, all'età di 14 anni. Soprattutto lo stato deve rendere il più ampio possibile lo spazio di entrata nelle elite, ossia deve offrire a quanti più cittadini possibile un punto di partenza comune che possa loro permettere di provare a diventare elite nel tempo della loro vita.
Quindi, ed in orrendi slogan.
- Scuola dell'obbligo uguale per tutti sino ai 16 anni. Sto parlando di scuola pubblica, visto che c'è: notoriamente sono a favore di buoni scuola e scuole gestite privatamente (non per profitto) da fondazioni/cooperative private in concorrenza fra loro, ma questo è un altro tema, non mischiamo. In altre parole: 5 anni di elementare e 5 anni di media uguali (per, diciamo, 3/4 dei contenuti) per tutti ed obbligatorie. Che insegnino il mondo in cui si vive, che include certo l'italiano ma anche l'inglese (tutte bilingue, dall'età di sei anni in avanti), la matematica, le scienze, l'informatica. Niente religione, latino, educazione fisica, filosofia, greco, storia dell'arte. Mi dispiace ma sono lussi che vanno acquisiti, se ce lo si può permettere, dopo. Geografia del mondo, matematica, scienze, inglese (cinese, tedesco, spagnolo, fate vobis), informatica, storia del mondo, economia, e, certamente, lingua e letteratura italiana - comprensibile ed apprezzabile tra i 10 ed i 16 anni, inutile fargli studiare Parini, Foscolo, Petrarca o Gadda a quell'età! Formare cittadini di questo mondo, capaci di prendere il volo, se vogliono e ne sono capaci, in questo mondo. Non in quello di quel pirla di Giovanni Gentile e del suo duce.
- Due (non tre, due perbacco che in tutto il mondo a 18 vanno al college!) anni di formazione superiore pre-universitaria o di avviamento al lavoro. Elettiva, ovviamente, e quanto differenziata volete. Non serve fare istituti "specializzati" come ora! Basta una "scuola superiore pre-universitaria" dove vanno tutti quelli che ci vogliono andare a seconda di dove vivono o scelgono di andare (avete mai pensato al valore che si acquisisce a quell'età avendo come compagni di classe persone diverse, che studiano anche cose diverse ed hanno ambizioni diverse nella vita?) ed all'interno della quale - fatti salvi corsi di base comuni sulle materie veramente fondamentali (italiano, inglese, matematica, storia del mondo, scienze naturali, informatica) - lo studente possa prendere quello che vuole, dal sanscrito alla fisica delle particelle, se la capisce, alla danza, se la domanda è sufficiente per pagare un'insegnante, al greco, ovviamente. E, possibilmente, anche dei corsi su come si fanno le scarpe di lusso ed i semiconduttori, sempre che vi sia domanda.
End of story. Poi c'è l'università da rifare, ma quello è un altro capitolo su cui abbiamo già dato in abbondanza.
(flag officer Farragut at the battle of Mobile)
per quel che mi riguarda va benissimo, consapevole come sono del fatto che gli italiani detestano dire o fare alcunche' di chiaro.
che i classicisti li formino le universita', succede in tutto il mondo. semmai non sarebbe male se i licei avessero insegnato un pochino di linguistica vera, non scemenze di sociolinguistica, giusto che la gente sappia che le lingue sono parametriche