Al Referendum voterò no, e dico no alla scelta del "male minore"

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Non ha più senso nulla se non si comincia a scegliere per il meglio. 

Quando, ormai diverso tempo fa, il presidente del Consiglio annunciò il referendum costituzionale, per un breve  momento mi parve un'idea intelligente. Una volta tanto, pensai, il campione di promesse mette mano a quelle riforme (certo non mi sembrò questa, la priorità assoluta, ma…) più che necessarie, al nostro Paese, magari messa in “rete” la prima, poi chissà, ne verranno altre?

Cambiai idea nel giro di qualche ora (forse meno), non appena mi venne in mente che assieme al referendum, il parlamento (con una buona, seppur mal assortita maggioranza)  aveva varato una legge elettorale, a mio avviso molto discutibile (sarò un sognatore o un vecchio arnese del Novecento, ma il mio cuore batte per i sistemi proporzionali), e oggi che lo stesso Renzi pare disposto a ben più che cambiarla, ho due sentimenti: sono felice che la legge, così come fu pensata forse non passerà (salvo peggioramenti e con un bel “forse” sottolineato in rosso), e dall'altra, vivo, in contrasto, un autentico sconforto. Trovo ormai Renzi, le sue politiche e i suoi stessi comportamenti intollerabili: dall’annuncite siamo arrivati al rimpiattino, perché senza il placet di Berlusconi, per esempio, il sostegno al “si” sarà piuttosto debole e mi pare evidente che sottobanco (vedere le interviste a Confalonieri, per esempio) stia avvenendo qualcosa di simile al patto del "Nazareno" e affini "verdiniani".

Va detto, inoltre, che per giungere a tal considerazione, non m'è servito il “Financial Times” che – com’è noto – ha  definito il progetto del governo "un ponte sul nulla" e neanche constatare che le ragioni del “si” e quelle del “no” sono oramai oggetto, piuttosto che di discussione politica, di una bagarre tra comici di professione, come Benigni e Grillo… e chissà, nel frattempo, chi altro ancora. Insomma, s'è messa in moto tutta la macchina della "politca varietà" che Renzi, assai meglio di Berlusconi, promuove e incarna. 

Ok, la mia disistima per Renzi mi ha influenzato, mi son detto (e direte voi), così mi sono andato a guardare con più attenzione ciò che il referendum vorrebbe abrogare e proporre. Si sta spacciando per efficientismo niente di davvero sostanziale. Siamo fuori tempo massimo (unicameralismo, per altro con un numero di nominati che va oltre alla sopportazione) ed è ancora poca roba (titolo V, Cnel) se non pericolosa. Perché se è vero che il federalismo all’Italiana è stato un disastro, non è affatto saggio, a mio giudizio, riportare tutto quello che conta a Roma con un nuovo centralismo di cui nessuno è affatto certo possa portare vantaggi se non - piuttosto – essere foriero di isolamento e disaffezione da parte di molti cittadini, già ben isolati e parecchio disaffezionati alla politica come alla vita pubblica. 

Dunque non ho alcun dubbio: voterò “no” al referendum, non per qualche strano feticismo nei confronti di una Carta costituzionale che, a dire il vero, considero (sia detto con comunque con rispetto) nata sull'onda dell'emergenza e frutto di un compromesso ideologico, quindi illiberale e causa, inoltre, di quel partitismo che ne è notoriamente conseguito. Voterò “no”, perché sono ancora convinto che -  alla fine -  il combinato disposto "riforma senato-legge elettorale" (qualunque  ne sortirà, visto che conosciamo già i desiderata) sposterà il progetto già in essere di post-democrazia renziana, verso una forma di pseudo dittatura postmoderna (ovvero, come dire, bricoleur, velata magari da una patina di falsamente gradevole) a mio modo di vedere, comunque liberticida.

Ad essere onesto fino in fondo, voterò “no”, neanche tanto, poi, per difendere quello scampolo di democrazia che abbiamo conservato e che ancora è rimasto nella nostra vita quotidiana, perché  - in sostanza, sì lo dico, lo ammetto e mi espongo ad un fiume di critiche - voterò “no”, per vedere Renzi andare a casa. Perché davvero, ripeto, inizio a trovarlo offensivo. Anche se non credo affatto che, in caso di vittoria del fronte del “no”, le dimissioni di Renzi saranno così automatiche. Chi crede più alle sue parole? Non sarà, anche questa, la solita bugia? Del resto, Veltroni non doveva andare in Africa? D'Alema non doveva occuparsi di politica estera? E Berlusconi quante volte ha annunciato il suo ritiro? Mattarella scioglierebbe le Camere, tanto facilmente, tra l’altro senza una chiara legge elettorale? Non è più probabile un governo “di scopo” e guidato da chi? Non so, ma credo dovremmo davvero andare oltre. Finalmente oltre questa finta seconda repubblica. Magari con una fase costituente (immaginate il senso profondo di riscrivere con coraggio nuove regole!) e girar pagina per rimettere in moto la storia. Ma è un’altra storia.

Ora a coloro che trovano sconveniente votare “no” perché ritengono Renzi il cosiddetto “male minore”, mi vien da domandare: ma di “meno peggio” in “meno peggio”, vi rendete conto dove siamo andati a finire? La prossima volta mi aspetto di sentire “votiamo Grillo” che è “meno peggio” di chissà chi altro “peggio” il futuro ci attende! Capite come siamo finiti? Non ha più senso nulla se non si comincia a scegliere per il meglio. Non ha più senso neanche la verità, visto che è stata del tutto soppiantata dall’opinione di chi  sembra raccontarla meglio. E giacché non tutti sono in grado di comprendere che le opinioni - in particolar modo una società liquida come la nostra - sono estremamente labili e facilmente orientabili, da queste siamo totalmente sopraffatti.

Da parte mia voterò “no”, quindi, pur senza aderire alle sollecitazioni dei Brunetta, dei reduci dell'Anpi e di “Casa Pound” o dei costituzionalisti duri e puri. Figuriamoci! Voterò “no”, neanche per un'idea astratta di nazione e di difesa di questa, visto che la parola è talmente degradata da indurre il premier ad accostarla a partito (l’accezione a cui egli fa riferimento, del resto, non è comunità, ma indistinto, non è popolo, ma populismo), ma per la mia idea di libertà. Termine che  - lo so - spesso ha più valore che significato, che gronda di teologia, di metafisica, di morale, ma che, in emergenze come questa, forse bisognerebbe togliere dalla naftalina per tornare a dargli senso e lustro per definire ciò che siamo, o, almeno, quello che vorremmo, finalmente, essere.

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Commenti

Ci sono 31 commenti

Trump (o Hillary) Putin, Renzi, esiste un problema generale: le società progredite non sembrano essere in grado di selezionare persone  all'altezza dei problemi da affrontare. Renzi, tra l'altro, è il meno peggio anche sul panorama internazionale. Se vogliamo discutere su Renzi, in alternativa vogliamo Grillo? Salvini? Brunetta?  Oppure quelli che in Parlamento per 3 (tre) volte hanno votato sì alla riforma e adesso fanno propaganda per il NO?

Se passerà il NO, non avremo alcun cambiamento per i prossimi 30 anni.

Allora chiediamoci: il SI migliora almeno in parte il funzionamento della macchina  politica italiana? Per me assolutamente sì.

Se non altro, non avremo due maggioranze diverse tra camera e Senato, il 97% delle leggi passeranno solo alla Camera, il governo non avrà più scuse: sarà in grado di fare un piano energetico, un piano delle frequenze, grandi opere, il piano di governo del territorio, una politica ambientale degna di questo nome.

Se non farà tutto questo potrà finalmente essere giudicato nel merito.

è, forse, l'unica affermazione che possiamo fare con fondamento in quest'epoca calamitosa, come ci insegnò termpo addietro Eugenio Montale: quindi il voto NO al referendum costituzionale sarebbe semplicemente il rifiuto espresso nei confronti del "Pinocchio di Rignano", come qualcuno lo chiama. 

Io vedo la questione in maniera diversa: Renzi è un politico come tanti altri, forse anche più capace di galleggiare nell'odierna situazione confusionale nella quale versa questo strano Paese. Non ho motivo di fare la guerra a Renzi come tale, di bugiardi ed arroganti ce ne sono a profusione tra i nostri politici: o meglio, avrei non poche critiche al suo comportamento quale PdC, ma qui stiamo parlando del referendum costituzionale.

A questo proposito, il mio probabile voto negativo non si ascriverà alla corrente di coloro che - non senza enfasi eccessiva - denunciano l'avvento di un nuovo Uomo della Provvidenza, di un aspirante tiranno. Codesti allarmi, a mio modo di vedere, presuppongono che i testi della riforma costituzionale siano comprensibili e valutabili senza incertezza, che esprimano un lucido disegno (magari frutto di suggerimenti, più o meno occulti, da parte dei soliti "poteri forti" transatlantici): no, prima ancora c'è un insieme di testi che sono stati redatti nel dispregio di qualsiasi buona tecnica legislativa, incompleti, che rinviano a leggi ancora da redigere facendo appello a criteri inapplicabili (tipo la scelta dei rappresentanti delle regioni nel c.d. senato delle autonomie, da compiere con criteri di proporzionalità che non possono operare nei confronti di quelle cui spettano pochissimi senatori), che gettano confusione sul ruolo reale della seconda camera, che non rimuovono il vizio fondamentale per cui le regioni spendono fondi che ricevono dallo stato centrale, non fondi di cui devono rispondere di fronte ai propri cittadini.

In questa situazione, non sono d'accordo con Giovanni Accolla quando rigetta la logica del minor male, perché questo è proprio nella temporanea conservazione della costituzione esistente, che non sarà la più bella del mondo ma almeno fu redatta in maniera dignitosa e non rappresenta più una "terra incognita" quale invece è la riforma escogitata da un gruppo di dilettanti.    

C'è un elemento cardine, a mio giudizio, che non viene sottolineato mai abbastanza e che questa riforma introdurrebbe: la Responsabilità politica.

Un parlamento maggioritario, in cui i partiti vincono le elezioni e governano per cinque anni, permette finalmente ai cittadini di valutare i suoi politici con chiarezza. Allo stesso tempo permette ai politici seri di distinguersi, elaborando piani a lungo termine di cui si potranno vedere i risultati, senza dover essere sempre in continua campagna elettorale terrorizzati da un cambio di governo repentino.

Il premio di maggioranza alla lista, non più alla coalizione, permette di creare maggioranze più coese, con la possibilità di elaborare una chiara linea politica di cui poi essere responsabili. (L'accountability dei politici, oggi in Italia non esiste se non per fatti di gossip, irrilevanti per il vero paese.)

Solo con un sistema del genere sarà fare selezione della classe politica a colpi di elezioni, altrimenti continueremo con il solito scarica-barile per cui nessuno ha colpa e tutti allo stesso tempo sono ladri e delinquenti - nulla cambia. Continueremo a non fare differenza tra Scelta Civica o M5S e i mostri della politica prospereranno nella confusione.

il bicameralismo non viene meno del tutto, sopravvive in maniera sghemba e confusa.

Poniamo che nella prossima Camera dei deputati la maggioranza vada al M5S: avremmo di nuovo una maggioranza diversa rispetto a quella del Senato delle autonomie che, verosimilmente, sarebbe dominato dal PD e dai suoi alleati, e non perderebbe occasione per avvalersi dei suoi residui poteri allo scopo di ostacolare il governo stellato.

Ci aspettano anni interessanti!

Avevo ancora qualche dubbio sul votare si. Il ragionamento politico di Michele (votiamo NO così costringiamo a cambiare la legge elettorale) non mi convinceva, ma era comunque un ragionamento da ponderare.  Avevo anche qualche dubbio  sulla stesura delle riforme, evidentemente frutto di estenuanti mediazioni (il cammello è un cavallo disegnato da un comitato - figurarsi deu assemblee cosa possono fare).

Ma il  Suo pezzo grondante di vuota retorica  (cito solo la chiusa)

 

Figuriamoci! Voterò “no”, neanche per un'idea astratta di nazione e di difesa di questa, visto che la parola è talmente degradata da indurre il premier ad accostarla a partito (l’accezione a cui egli fa riferimento, del resto, non è comunità, ma indistinto, non è popolo, ma populismo), ma per la mia idea di libertà. Termine che  - lo so - spesso ha più valore che significato, che gronda di teologia, di metafisica, di morale, ma che, in emergenze come questa, forse bisognerebbe togliere dalla naftalina per tornare a dargli senso e lustro per definire ciò che siamo, o, almeno, quello che vorremmo, finalmente, essere.

 

MI ha convinto definitivamente: VOTERO' SI.

 

...neanche tanto, poi, per difendere quello scampolo di democrazia che abbiamo conservato e che ancora è rimasto nella nostra vita quotidiana

 

suggerisco di partire per il sudan assieme a veltroni e verificare  quanto vale il nostro scampolo. certo, se non si vede la differenza, poi  scappano osservazioni anche del tutto incoerenti:

 

..sposterà il progetto già in essere di post-democrazia renziana, verso una forma di pseudo dittatura postmoderna (ovvero, come dire, bricoleur, velata magari da una patina di falsamente gradevole) a mio modo di vedere, comunque liberticida.

 

cmq, constato che daniel borgogni, alberto rotondi e giovanni federico sul punto  la pensano esattamente come me, compreso il riferimento alle ragioni di michele boldrin. a me fa piacere, a loro non so :-)

... io ci andrei cauto a leggere la retorica solo nelle frasi altrui e non nei propri argomenti.

Perche' tutta la retorica del "votando cosi' almeno cambiamo qualcosa" e', appunto, retorica.

Come lo e' quella della continua minaccia dei grullini al governo, mi ricorda i cosacchi ad abbeverare cavalli a San Pietro.

Eccetera (davvero, posso continuare per un tot).

A leggere il dibattito qui sul sito (in questo e negli altri articoli) a me pare ovvio che abbia vinto, una volta ancora, il peggio del peggio della politica italiana, che Renzi incarna: lo strumentalismo di banda, la guerra di gangs.

Alla fine, chi vota SI non ha mezzo argomento per sostenere che questo schifo di riforma e' utile (attendo il contributo di Sandro, ovviamente) se non "simbolicamente" perche' fa perdere il fronte del NO che raccoglie, in Italia, alcuni dei peggiori arnesi della politica nazionale (alcuni, perche' Renzi, Boschi, Faraone ed il resto della novella banda del buco stanno nel fronte opposto). I contenuti della riforma sono andati a farsi friggere. L'idea che una costituzione debba essere condivisa pure, la progettualita' costituzionale mai c'e' stata, la legge elettorale e' oggetto di oscena trattativa continua che nemmeno BS s'era sognato di arrivare a quei livelli ...

Suvvia ragazzi, cerchiamo d'essere franchi: a nessuno fotte una beata minchia (purtroppo) del contenuto della riforma ne' del disegno istituzionale (si fa per dire) che ci sta dietro. E' la solita squallida partita di calcio fra due bande di quartiere ...

Per il semplice motivo che la riforma non cambierà nulla di sostanziale sul fronte "governabilità" (che metto tra virgolette perchè intendo in senso molto lato), ma rischia di portare grande confusione ed incertezza su tutto il resto.

 

Se c'è un problema di "governabilità" in Italia, questo si risolve superando il parlamentarismo, non il bicameralismo.

 

Fin tanto che il governo dovrà poggiare su un compromesso raggiunto in parlamento (e poco importa che uno ne pensi bene o male di un sistema come questo), non fa differenza sostanziale il fatto che la fiducia debba essere accordata anche al senato o meno. Ci fosse solo questo nella riforma, allora uno potrebbe anche pensare che è meglio di nulla, ma siccome questo superamento del bicameralismo perfetto ci costerebbe un pastrocchio epico su senato e titolo V, allora meglio lasciare le cose come stanno.

 

Detto questo, mi pare abbastanza evidente che i comitati per il NO utilizzano slogan vuoti tanto quanto Renzi. Vedi la paventata deriva autoritaria e la recente polemica priva di senso sul testo del quesito, che è stato formulato esattamente secondo legge.

 

Infine, penso che sia sbagliato decidere come votare ad un referendum costituzionale sulla base della legge elettorale, perchè seppur collegate, restano due cose troppo diverse. Io ho deciso guardando puramente e semplicemente alle modifiche alla costituzione... la legge elettorale si cambia facilmente, la riforma costituzionale è destinata a durare un bel po'...

e il PD vinca le elezioni, ci possiamo scordare cambiamenti della legge elettorale. Questa, forse, piacerebbe anche ad un Parlamento dominato dai 5 stelle.

Ogni volta che m'imbatto nella distinzione fra il meglio e il meno peggio, come nell'apertura dell'articolo di Accolla, mi sento come Renzo quando il dottor Azzeccagarbugli gli parlava in latinorum. Siccome mi rimane il dubbio di essere io a non capire la differenza, ho provato a ricostruire razionalmente vari possibili significati della distinzione. Ve li risparmio e mi limito a proporre quello che mi sembra uno dei meno implausibili.

Consideriamo (semplifico) una situazione reale A che valutiamo negativamente (ad es. Italia in declino o stagnante) e una situazione B non reale ma realisticamente desiderabile (Italia in buona crescita). In A si presentano due alternative a1 e a2, nessuna delle quali nel breve periodo permette di passare da A a B; perdurando A, a1 ha conseguenze migliori di a2, però nel lungo periodo a2 ha più probabilità di quante ne abbia a1 di consentire il passaggio da A a B. Stando così le cose, potrebbe forse avere qualche senso chiamare a1 il meno peggio e a2 il meglio. (Però preferirei si dicesse che a1 è il meglio solo nel breve periodo e a2 è il meglio solo nel lungo periodo, mi sembrerebbe molto più chiaro.)

Chiedo ad Accolla se sia questo il senso della sua distinzione; altrimenti gli chiederei gentilmente di esplicitarlo. Se il senso fosse poi davvero quello che ho ricostruito, o qualcosa di simile, Accolla dovrebbe argomentare la sua tesi indicando come a2 (il NO al referendum) faciliterebbe più di a1 (il SI' al referendum) la transizione dal peggio (A) al meglio (B).

In attesa di essere convinto dalla sua argomentazione, io rimango persuaso da quella che ho sostenuto (identica a quella del commento di Borgogni sulla Responsabilità politica) e da quelle sostenute da Federico: il SI' è meglio del NO sia nel breve che nel lungo periodo, per quel che si può realisticamente prevedere.

Come è stato osservato, Boldrin ha argomentato la sua tesi a favore del NO in modo radicalmente diverso. Però anche lui in un commento ha proposto questa distinzione fra meglio e meno peggio, che ferisce la mia ottusità.

Nel caso specifico non c'è nemmeno il problema del meno peggio visto che, a mio avviso, il sistema che esce da questa riforma è peggiore (weakly, nel senso di < o =) di quello esistente.  Ho argomentato il perché e non mi pare di aver ricevuto risposte chiare in merito se non il solito, trito e ritrito e platealmente perdente, "tanto il federalismo non si può fare, tanto vale avere tutto gestito dalla burocrazia romana)!

Non a caso il ragionamento del meno peggio si basa tutto su un volo pindarico spacciato per alta politica. Agli italiani, si sa, piace pensarsi grandi strateghi politici eredi d'un mai letto Macchiavelli: i risultati di tale vanesia credenza son visibili. 

Tale volo pindarico dice che la riforma non è né bene né male ma è qualcosa QUA reforma. Ossia, conta il fatto che si faccia una mossa, non importa verso dove. Se si fa la mossa si prova che ci si può muovere, come se il problema italiano fosse che non si muove nulla: si legifera fin troppo da sempre, peccato che sia nella DIREZIONE erronea! Se ci si muove vince Renzi, l'uomo del movimento, allora ci saranno altre riforme a raffica. Una meglio dell'altra, perché i grulli saran sconfitti, bersani e soci pure, salvini fuggirà e finalmente il paese risorgerà sotto la guida di costui.

Ora, capisci, questo non è il meno peggio: questa è una pippa mentale tanto imbarazzante quanto perciolosa. Perché tutta l'evidenza dice che le riforme di Renzi fanno schifo e sono o ben prese in giro (questa), o ben fallimenti (job act e paraggi), o ben compra di voti nel peggior stile Mastella (80 euro e recenti promesse pensioni) o corruzione di sistema (banche). Questa la teoria del meno peggio.

A quel meno peggio io oppongo l'osservazione storica e logica secondo cui qualcosa di decente (il "meglio", come lo chiami tu) che vada nella direzione giusta, può sorgere SOLO da due eventi congiunti: il rifiuto delle riforme finte che vanno nella direzione erronea giustificate dalla teoria del meno peggio, l'assunzione di responsabilità (che non può non essere individuale anche se, ovviamente, ci si augura che sia collettiva) del continuare ad invocare riforme vere che vadano nella direzione corretta. Bastano? Certamente no, nulla basta mai nella storia di un paese e nulla garantisce alcunché. Ma sono necessarie e, notoriamente, se vuoi che X succeda lavori perché almeno le sue condizioni necessarie si realizzino.

Il "meglio" (parola vostra, sia chiaro, io mi accontento del decente) è un processo, una assunzione di responsabilità a fronte dello squallore che il pagliaccio fiorentino (davvero, non ho più ritegno nei confronti di costui: ora vuole anche scegliersi lui i 500 professori bravi da portare in Italia, siamo al delirio) ha offerto in due anni e mezzo d'incontrollato potere.

Mi sembra chiarissimo: la speranza, tenue o meno è irrilevante visto che non c'è altro, di un cambiamento nella direzione adeguata, passa dalla sconfitta di una riforma sbagliata. Se a questa segue anche la cacciata del pagliaccio, meglio, ma lo ritengo irrilevante visto che, comunque, fra meno di due anni vi saranno nuove elezioni. E, probabilmente, prima di esse una nuova situazione di crisi.

Non mi sembra difficile da capire. Ma, da tempo immemore, una fetta cruciale di cittadini italiani "miglioristi" questa banale verità della storia non la vuol intendere. Ragione per cui continueranno a chiedersi se è meglio esser governati da Renzi o da Grillo. 

Sono convinto che per andare da A a B la strada sia quella federalista e che la governabilità non si raggiunge con le leggi elettorali ed eliminando luoghi elettivi di decisione (senato, provincie).
Sono convinto che per imboccare la strada giusta bisogna dire NO a tutte quelle sbagliate.

Sempre più confuso su come votare (attendo anche io di leggere Sandro) ma una cosa che scrive Francesco è sacrosanta: non si può sempre ingoiare qualunque brutta medicina sol perché è 'meno peggio' dell'alternativa

...ma è proprio la logica di questo argomento che mi è oscura, al di là del merito. Probabilmente per mia ottusità, lo dico senza ironia, ma allora chiedo gentilmente di spiegarmi.

A me pare incontrovertibile che il 5 dicembre delle due l'una, o avrà vinto il SI' oppure il NO, una terza alternativa non c'è -- neanche c'è la possibilità di fare fallire il referendum per non raggiungimento del quorum. Quindi, seguendo la tua analogia, per non ingoiare una brutta medicina ne ingoieresti una peggiore? Forse la tua logica (permettimi il tu) è che se ci sono due alternative una più brutta dell'altra, vanno rifiutate entrambe. Ma questa è una terza alternativa, e a me sembra che il 4 dicembre questa terza alternativa non si dia proprio (astenendoti favorirai comunque o il SI' o il NO). Può non piacere, a me spesso non piace, ma ogni volta che c'è un referendum, o almeno un referendum senza quorum, le cose stanno così.

Aspetto quindi con fiducia un'argomentazione che superi questa obiezione. Secondo me non può essere altro che un'argomentazione che sostenga che le conseguenze del NO, a breve, medio e lungo termine, sono complessivamente migliori delle conseguenze del SI', per quanto sia possibile prevedere. Che è poi quello che ha provato ad argomentato Boldrin.

La scorciatoia "non si può sempre ingoiare qualunque brutta medicina sol perché è 'meno peggio' dell'alternativa" è un artificio retorico che non sta in piedi, senza il sostegno dell'argomentazione sopra indicata.

Una delle argomentazioni migliori a sostegno del NO, fra quelle qui lette finora, mi sembra quella implicita in un commento di Francesco Forti, che intendo così: diciamo NO a qualsiasi proposta inutile (rispetto al fine che ci proponiamo, diciamo quello di fare uscire l'Italia dal declino) e in questo modo facilitiamo, a forza di NO, un eventuale e futuro emergere di una proposta utile. Naturalmente il punto problematico di questa argomentazione sta nella clausola "in questo modo facilitiamo...".

io mi sono fatto l'idea che ognuno di noi sia disposto ad ingoiare q.b. pur di avere la percezione di sentirsi un cittadino, piuttosto che un servo: così diventa un problema individuale, relativo alla propria esperienza e sul quale è abbastanza difficile innestare un confronto che faccia cambiare idea. Questo pistolotto mi serve per dire due cose che mi girano in testa da qualche decennio:

1) a leggere gli Atti della Costituente (vol. IV sulle questioni economiche) ricordo di avere avuto la netta sensazione del 'male minore' sul quale si è avuta la convergenza (es.: tutela del risparmio o del risparmiatore). Siccome avevamo tutti la pancia vuota, credo che la convergenza sia stata favorita da necessità economiche di cui si diede carico un'Assemblea ove prevaleva il buon senso;

2) l'altra cosa su cui si incentrano gli strali di molti politici propugnatori del NO riguarda la nomination dei candidati da parte delle lobby (partiti, sindacati, movimenti, organizzazioni più o meno palesi, ecc.): ricordo che, nel corso della prima repubblica, tutte le scelte dei canddidati si facevano `al centro' e si decideva non solo chi entrava in lista, ma anche l'ordine di lista in modo che gli ultimi restassero gli ultimi (e non vado oltre). Il Manuale Cencelli consentiva di organizzare la democrazia sulla base delle rapresentanze dei poteri maturati a livello locale; fu, credo, un'evoluzione in senso più democratico della prassi, in vigore nel PCI almeno fino alla Bolognina, dello slogan `vota PCI' che ai rapprenstanti del poplo sovrano ci pensiamo noi (di Botteghe Oscure).

Renzi ha la faccia di bronzo? Penso di sì. Purtroppo però non scorgendo facce di materiali diversi, voterò SI, anche pensando alle evoluzioni di chi in Parlamento ha votato per la riforma e ora propone il NO: sono sempre quelli della Prima Repubblica un po' invecchiati. Dei più giovani, invidio troppo la loro ingenuità per parlarne.

aspetto che qualcuno mi apra una porta e mi faccia vedere la capra. In mancanza di ciò, credo all'automobile che ci ha promesso Matthew e mi tengo la mia variable(e voto SI).

 

Saluti,

 

 

Ok, votate come vi pare. Ci mancherebbe altro! Ma basta con questo Bartali contro Coppi. Comunque, per rispondere a qualcuno che gentilmente è voluto intervenire, si, in italia (non certo da oggi, ma è in via di peggioramento progressivo) c'è un deficit di democrazia, perché questa si misura - secondo me - anche sui meccanismi che regolano il lavoro, l'impresa, il merito, la trasparenza, la tassazione ecc. Io dall'Italia me ne sono andato e non per fare il milionario al sole di Miami, ma perché - per certi versi - obbligato ad inventarmi un'altra vita laddove, con qualche idea, un curriculum decente, molta umiltà e altrettanta voglia di misurarsi nuovamente, esiste qualche prospettiva. Nessuno ti regala nulla, qui no di certo, ma un curriculum quando lo invii lo leggono e, spesso, se non sempre, rispondono. Quando arriva la cartella delle tasse qui viene indicato dove saranno impegnati i tuoi soldi e quando - tanto per dire - in auto arrivi ad un incrocio, il primo che arriva ha la precedenza e a nessuno gli passa per la mente di non attendere il suo turno! Banalità forse, ma ...

In Italia ogni proposta professionale (dopo la perdita di 'status' e di lavoro) che mi é arrivata, è stata a dir poco umiliante. Nel mondo del lavoro (quello che io conosco e al quale posso ambire) c'è oggi un paradosso doloroso, uno scontro generazionale - per giunta umiliante - davvero grave. Ci sono i cinquantenni (e ultra) abbarbicati al loro (forse sacrosanto, forse no?) antico contratto e con retribuzioni accettabili (coloro che non sono riusciti ad andare anticipatamente in pensione felicemente o ob torto collo) e giovani ( come "anziani" da reintrodurre, come era nel mio caso) che svolgono le stesse funzioni, ma privi della copertura del contratto professionale e con una retribuzione equivalente a circa un terzo degli altri! Va da sé che entro pochi anni tutti verranno retribuiti al ribasso. Mentre il costo della vita certo non diminuisce! Decrescita felice un corno! Si chiama povertà diffusa! Se questa è democrazia, fate voi! Non credo che questa sia una riforma che possa e voglia cambiare quel che ritengo più urgente.

Per quanto alla retorica del mio pezzo, evidentemente non vi par tale quella di Renzi, della Boschi e dei Benigni quotidiani. Quello è argomentare? Ok! La compagnia del "no" è altrettanto pessima (certo a chi digerisce Alfano, Casini, Verdini dovrebbe sembrare "normale" anche questa o c'è il meno peggio anche qui?), ma il tentativo di cambiamento del governo ha un'ottica dirigistica per me inaccettabile, tanto nella forma che nella sostanza. Tanto più se poi a dirigere saranno i Lotti, i Verdini, i Carrai ... E non è, cari miei, che se vincesse il "no" succederebbe il contrario, ovvero che al governo ci andrebbero automaticamente gli altri, quelli - per intenderci - che ora fanno propaganda contro la riforma Boschid. Si andrebbe, presto (forse dopo un governo tecnico) alle urne. E votare ancora è la cosa più democratica che conosca. Non sarebbe infondo giusto che Renzi si facesse valutare sulla base di un programma, piuttosto che dalle primarie di partito, le elezioni Europe o l' acclamazione?

L'Italia ha bisogno di riforme vere, radicali, strutturali. Questa del referendum potrebbe essere la prima e l'ultima, nel senso che una volta incassato il si degli italiani, Renzi potrebbe avere tale potere da rimanere in sella un altro decennio (e così i Lotti, i Verdini, i Casini ecc...) e non mi pare una grande prospettiva. Vi sembrano, quelli trascorsi, due anni di crescita, di sviluppo, ripeto, di democrazia?

Infine, mi sta bene il montaliano "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" ed anzi, mi ci rispecchio abbastanza, quella generazione forse somiglia alla mia. È forse grave? Per quanto riguarda il mio sommesso appello a non puntare ancora una volta "al meno peggio", sì credo che una sconfitta del governo Renzi sul campo referendario, porterebbe quanto meno ad un "meglio di prospettiva", non è una eterogenesi dei fini, quanto una concreta speranza che certe modalità truffaldine e populiste della politica nostrana, non abbiano più cittadinanza.

 

 

credo che una sconfitta del governo Renzi sul campo referendario, porterebbe quanto meno ad un "meglio di prospettiva", non è una eterogenesi dei fini, quanto una concreta speranza che certe modalità truffaldine e populiste della politica nostrana, non abbiano più cittadinanza.

 

Purtroppo non capisco davvero su cosa si possa basare questa speranza. Non vedo perché ad una vittoria referendaria dei vari Grillo-Brunetta-Salvini-Fassina debba corrispondere una scomparsa o diminuzione del populismo. Io mi aspetto l' esatto contrario, lasciatevi guidare dalla pancia:
twitter.com/beppe_grillo/status/785486816665280512

la retorica strappalacrime dell'emigrante. Dal suo Cv, almeno quello disponibile in rete, appare una robusta attività di  pubblicista e giornalista in Italia

E venendo alla sua domanda

 

L'Italia ha bisogno di riforme vere, radicali, strutturali. Questa del referendum potrebbe essere la prima e l'ultima, nel senso che una volta incassato il si degli italiani, Renzi potrebbe avere tale potere da rimanere in sella un altro decennio (e così i Lotti, i Verdini, i Casini ecc...) e non mi pare una grande prospettiva. Vi sembrano, quelli trascorsi, due anni di crescita, di sviluppo, ripeto, di democrazia?

 

A me sembrano anni di stagnazione dovuta alla mancanza di riforme almeno dai tempi dell'entrata nell'euro sotto il primo governo Prodi (che avrebbe dovuto essere l'inizio di un processo di modernizzazione...). In questi due anni sono state fatte alcune modeste riforme liberali e molti provvedimenti demagogici per farle ingoiare ad una popolazione indifferente se non decisamente ostile (e non parlo della dinamica parlamentare).  Lei pensa veramente che un politico potrebbe vincere le elezioni con un programma di riforme strutturali? Tipo riformare la pubblica amministrazione, liberalizzare, trasferire risorse dai pensionati ai giovani ed alle imprese etc. etc.  E di grazia, se il terribile dittatore uscisse di scena, quale partito/movimento/personalità politica  si metterebbe a capo del movimento per le riforme?

non sono convinto che nella sostanza il referendum cambiera'   granche di sostanziale, e per questo motivo leggo con interesse gli argomenti pro e contro. Ma finora trovo quelli contro veramente poveri, grondanti sopratutto di odio verso Renzi, o di inutili si va bene ma si poteva scrivere meglio e andare oltre. Non interessa nessuno, forse nemmeno a me, ma questi argomenti mi portano a scegliere il si.