Alitalia non si vende allo straniero, le fabbriche di armi si

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La necessità di difendere i ''settori strategici'' è, da sempre, una delle scuse più gettonate da statalisti e dirigisti di ogni sorta per giustificare spregiudicate operazioni governative di sussidio a imprese, industrie e patriottici imprenditori a spese dei contribuenti. Non fa eccezione un recente articolo del Foglio (grazie al lettore Marco Boleo che ce lo ha segnalato), che ci richiama all'ordine per aver turbato l'industria patria. Vogliamo solo porre una umile domanda: perché vendere allo straniero una impresa di trasporto aereo mette in pericolo la sicurezza nazionale mentre vendere imprese che producono missili no? Perché, vedete, uno dei nostri capitani coraggiosi, Davide Maccagnani, ha appena fatto proprio questo.

Confesso, non avevo mai sentito parlare di Davide Maccagnani. L'ho sentito la prima volta quando il suo nome è apparso nella collezione dei virtuosi e patriottici imprenditori che si sono sacrificati per garantirci di volare tra Milano e Roma con il tricolore sulla coda degli aerei, fieri di fare un servizio alla patria e accontentandosi solo della nostra commossa gratitudine. Ah sì, anche del diritto di ristabilire una sorta di monopolio feudale per concessione governativa, ma questi sono dettagli.

Poi ho letto questo articolo di Repubblica, in cui si descrivono un po' i vari eroi nazionali accorsi disinteressatamente in soccorso del patrio suolo. Alla voce Davide Maccagnani di Macca si dice:

 

Ex titolare, presidente e amministratore delegato della Simmel Difesa,

unico produttore in Italia di munizioni e di spolette di medio e grosso

calibro per cannoni navali, oltre che di esplosivi, teste

missilistiche, razzi e sistemi d'arma a razzo, questo Davide ha appena

venduto l'azienda, con stabilimenti a Colleferro e ad Anagni, vicino

Roma, agli inglesi della Chemring.

 

Curioso, curioso. Può questo essere vero? Può essere che il nostro Maccagnani, pronto ad arruolarsi nelle eroiche coorti che hanno difeso il sacro marchio Alitalia, non abbia avvertito il dovere di non far cadere in mano nemica razzi ed esplosivi? Abbiamo quindi attivato i nostri formidabili servizi di spionaggio (che operano con una nuova e temibile tecnologia segreta di cui riveliamo solo il nome in codice: ''google'') per raccogliere ulteriori informazioni. Allora, se cliccate qui la Simmel Difesa comincia con un bel comunicato discolpatorio

 

PUR AVENDOLA CAPACITA’ DI PRODURRE QUESTI COLPI CON

CARATTERISTICHECHE SODDISFANO I PIU’

RECENTI E RESTRITTIVI REQUISITI DI SICUREZZA INTERNAZIONALI, LA SIMMEL DIFESA

CON IL NUOVO ASSETTO SOCIETARIO, INIZIATO NELL’ANNO 2000,NON HA MAI PRODOTTO NE’ TANTOMENO ESPORTATO

SUDDETTE TIPOLOGIE DIMUNIZIONAMENTO.

 

dove le suddette tipologie sono le ''cluster bombs'', un tipo di arma particolarmente letale per i suoi effetti sui civili attualmente oggetto di trattative internazionali per la sua proibizione. A parte questo, apprendiamo che dal 2000 esiste un nuovo assetto societario (a proposito, cosa faceva l'azienda riguardo le bombe a grappolo prima del 2000?).

Abbiamo quindi cercato di ricostruire, con i nostri possenti mezzi, la dinamica dell'assetto proprietario. Secondo il sito della società, l'impresa venne creata dalla Fiat nel 1948. Ma:

 

In the year 2000 new share holder acquired

the company to further develop the business prospective.

Traduzione: Nel 2000 un nuovo azionista ha acquisito l'azienda per sviluppare ulteriormente le sue prospettive economiche.

 

Questa notizia ANSA afferma invece che il passaggio di proprietà è avvenuto nel 2007. Si tratta di una intervista proprio al nostro imprenditore-patriota, in cui egli ci spiega il suo entusiasmo per la operazione Alitalia. Vi si afferma

 

Maccagnani ha un

passato in Fiat Avio dove e' stato responsabile tecnico, poi

amministratore delegato di Snia Bpd, quindi l'ingresso

nell'industria bellica con l'acquisto di Simmel

 

Inoltre

 

Simmel Difesa - settore

produzione di munizioni e sistemi d'arma esplosivi terrestri e

aerei, nata dallo spacchettamento della Bdp che negli anni 50

produceva il famigerato Ddt - e' stata ceduta l'anno scorso al

gruppo britannico Chemring per quasi 80 milioni.

 

La notizia è confermata sul sito di Chemring, dove si precisa che il prezzo di acquisto è stato di 77 milioni di euro. Si noti che Chemring è una società con sede addirittura nella perfida Albione.

Ulteriori informazioni sono fornite da Asdwire, un sito web che si descrive come ''global news distribution service for the Aerospace, Space, Aviation, Defence, and Security market''. Dando notizia dell'acquisizione di Simmel da parte di Chemring il sito afferma

 

Simmel, founded in 1948, is known traditionally for its large calibre

ammunition, particularly for naval applications.

......

After a decade within the Fiat Group, the company was spun out

in 2000 – and by 2006, was owned exclusively by Italy’s Maccagnani

family.

Traduzione: Simmel, fondata nel 1948, è tradizionalmente nota per le sue munizioni di grosso calibro, particolarmente per applicazioni navali. .... Dopo una decade all'interno del Gruppo Fiat la compagnia venne resa autonoma del 2000, e a partire dal 2006 è stata posseduta interamente dalla famiglia italiana Maccagnani.

 

Non possiamo valutare l'affidabilità del sito, ma quello che dice collima con quanto scritto nel sito di Simmel e con quello che dice Ansa. Assumendo che il sito sia affidabile (in verità non abbiamo ragione di pensare il contrario) il pezzo ci fornisce due informazioni interessanti. Primo, si capisce meglio la dinamica della propretà. Secondo, i 77 milioni di euro sono finiti tutti nelle tasche della patriottica famiglia Maccagnani.

Va bene, adesso fateci concludere con qualche osservazione seria. Non abbiamo nessuna ragione per ritenere che ci sia stato qualcosa di male nella vendita di Simmel a una società inglese. Per quel che ne sappiamo, si tratta di una operazione perfettamente legittima. Siamo contenti per la famiglia Maccagnani, che sembra aver fatto un ottimo affare.

Ma una domanda, semplice, semplice la dobbiamo fare a Enrico Cisnetto del Foglio e a tutti quelli che ci hanno spiegato in lungo e in largo che Alitalia è una compagnia strategica, che chiuderla o venderla agli stranieri sarebbe stato un disastro e via delirando. La domanda è: in base a quale stralunata visione del mondo una scalcagnata compagnia aerea è strategica mentre una florida azienda di armi no?

 

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Commenti

Ci sono 33 commenti

Ciao Sandro.

Da un punto di vista storico, direi che in genere è proprio come dici tu...sono le fabbriche di armi ad essere state poste sotto una speciale tutela, per prevenire la loro acquisizione da parte di stranieri...e se dunque si è tollerato che anche quel tipo di produzioni finissero in mano straniera, non si vede perchè, come dici, lo stesso  non dovrebbe accadere anche per le aziende di trasporto.

Inoltre non capisco perchè non si accenni mai al fatto che una eventuale acquisizione di alitalia da parte di AirFrance sarebbe comunque un'operazione interna allo spazio giuridico europeo, con regole che dovrebbero essere condivise da tutti i paesi membri...c'è tanta retorica europeista in Italia, ma da questo frangente mi sembra che l'europeismo sia a corrente alternata.

C'è poi una cosa che mi sembra sia stata trascurata. Alcune località turistiche sono esplose, dal punto di vista delle presenze, più per l'azione commerciale delle low-cost, più che per una politica centrale organizzata dalle sedicenti compagnie di bandiera...anche se le compagnie low-cost sono oggetto anche esse, seppure in misura minore, di aiuti volte ad agevolarne l'insediamento in un aereoporto. Ma tu sai qualcosa di più al riguardo? L'altra sera qualcuno me lo faceva notare, mi faceva notare che anche Ryanair prende soldi dagli scali per essere attirata ad investire...ripeto non so molto, ma intanto la compagnia è in attivo e dunque sarebbero soldi ben spesi, ma poi credo che Ryanair sia attirata per via del volume di passeggeri che attira, esattamente come si incentivano le aziende a investire con sgravi fiscali e altre cose del genere....ma dimmi tu se sai di più di soldi pubblici a Ryanair.

Un ultima cosa. Sono usciti diversi commenti sulla vostra lettera alla Stampa. Mi colpiscono alcune cose.

Finchè si è potuto, siete stati ignorati ora invece si parla di voi per dirvi che sbagliate...però al contempo tutti si professano vostri amici, in accordo con quanto dite quasi sempre. Cioè dico: esistete da diversi anni, avete scritto su tutto, quelli che vi attaccano ora sono vostri amici sempre d'accordo con voi, o quasi, e però parlano di voi solo ora per difendere l'operazione alitalia o la Marcegaglia....questi, si sa, sono i ferri del mestiere dell'intellettuale di successo. 

Ho poi notato di frequente che nel rispondervi si alluda di frequente ad un argomento del tipo: " ma quelle loro sono le teorie economiche, noi dobbiamo confrontarci con la realtà, che è più complessa e difficile, e comunuqe (così prosegue il loro dire) ci sono ragioni che esulano dall'efficienza economica e che vanno tutelate, come appunto avere una compagnia di bandiera e così via. [Questa mi sembra l'applicazione in campo economico di quel primato della politica che i politici italiani invocano quando sono beccati in flagranza di reato: a loro dire esistono sempre circostanze speciali che rendono la loro condotta e le loro scelte non sottoponibili ai metri di valutazione ordinaria, che è un modo complicato per dire che vogliono farsi i cazzi loro a spese nostre].

Se poi anche quest'ultimo argomento è rigettato, si passa all'enumerazione dei casi dove gli altri in Europa non hanno fatto niente di meglio (noi ci teniamo sempre a fare peggio di tutti gli altri).

 

Non dimenticare che anche il luogo di residenza viene giudicato negativamente, quando si esprimono opinioni non gradite: "E poiché siamo persone pragmatiche, non professori universitari che vivono da un’altra parte " (Marcegaglia, intervista su Corriere.it, grassetto mio)

Marcox, grazie per il tuo intervento. Riguardo a Ryan Air è vero che

viene spesso attaccata su questioni di finanziamenti pubblici. Non si

tratta però di contributi diretti, ma di facilitazioni che vengono date

dagli aeroporti piccoli e periferici usati da Ryan Air. Se si tratti di

veri sussidi è difficile dire. Gli aeroporti sono beni pubblici, e

soprattutto i governo locali hanno interesse a che vengano utilizzati e

vitalizzati. In buona sostanza il deal di RyanAir è ''io ti porto

traffico e passeggeri un una landa altrimenti desolata, tu mi fai

pagare poco''. La questione se ci siano sussidi o meno dipende dal

giudizio che dai sul prezzo, sulle condizioni, e sul costo opportunità

delle autorità aeroportuali. Ovviamente le compagnie di bandiera vedono

la cosa come il fumo negli occhi, ma a me che si facciano condizioni

migliori a Orio al Serio che a Malpensa sembra parte di una ovvia

logica economica. Mi sembra anche ben diverso dal prendere soldi

direttamente dallo Stato così a gratis, come è avvenuto con l'ultimo

prestito ponte. L'ultimo attacco è venuto riguardo l'aeroporto di Francoforte--Hahn. Dai anche un'occhiata alla vicenda della condanna europea per l'uso di Charleroi in Belgio. Qui trovi la notizia sul New York Times e qui trovi un articolo di Alesina e Giavazzi in difesa di Ryan Air

 

Si ho visto:

Evidentmente, la lingua batte dove il dente duole, così la Signora Marcegaglia:

 

Poi, per carità: sono consapevole che l’operazione Alitalia ha dei limiti, ma l’alternativa erano 20 mila persone a casa e i pezzi migliori lasciati nelle mani di chi se li sarebbe portati via a prezzi di saldo. E poiché siamo persone pragmatiche, non professori universitari che vivono da un’altra parte...».

 

Poi certo, si sa, nel caso di alcuni giornalisti la lingua non batte affatto, ma si poggia dolcemente...e non sul loro stesso palato. Infatti ecco cosa risponde la giornalista a quanto riportato sopra:

 

Frecciata a segno.

 

Comunque c'è qualcosa di incredibile in tutta la faccenda. Il potere politico e quello accademico in Italia sono fortemente collusi, sopratutto la sinistra ama firmare e far firmare appelli di qualunuqe genere, e i professori universitari sono come quei prodotti civetta a prezzo scontato che nei supermemrcati attirano i clienti (qui ovviamente di scontato non c'è nulla, a parte le idee di certi professori, che per altro prendono fondi, lucrano e scrivono editoriali un tanto al chilo). Dicevo la cosa è ironica perchè i politici, ma tutte le elites, anche quelle industriali, amano sempre contornarsi di intellettuali (anzi coturnarsi visto che ce li hanno sempre ai piedi.Vedi: http://www.demauroparavia.it/28575, nel significato 1), creano commissioni su tutto mettendo gli intellettuali-professori vedette che non si capisce che tempo hanno di studiare...ma tutto va bene se gli intellettuali sono compiacenti.

Ma se appena appena il professore fa il suo mestiere, usando le sue conoscenze per smascherare le imposture dei politici, allora no! Bisogna essere pragmatici.

Così va il mondo.

 

Due cose, anzi tre, la prima riguarda il tuo precedente commento: e' vero che esistiamo da "anni" (meno di 3, per la verita'), ma solo da pochi mesi abbiamo ottenuto attenzione mediatica; con questa vengono le critiche.

Le "20 mila persone a casa" menzionate dalla Marcegaglia sono, ma tu lo sai gia', una colossale bugia. Le persone a casa ci sono semmai con questa soluzione che salvaguarda i monopoli. Purtroppo queste cose le diciamo solo noi, in Italia. Ecco, nessuno pensa alle persone che non troveranno lavoro perche' manchera' una vera concorrenza nel settore, perche' imprenditori troveranno piu' costoso volare, perche' ryanair non potra' aprire nuove rotte, o trovera' piu' difficile farlo. Nessuno che dica che il ruolo dello stato sarebbe invece quello di limitare i costi della transizione per quei 20mila. E' il solito "modello superfisso". L'articolo di sandro andrebbe presentato in parlamento all'inizio di ogni legislatura.

Terzo, hai colto nel segno sui rapporti politica-accademia. Anche fra i tanti commenti negativi sugli editoriali, nessuno, nessuno che abbia veramente centrato il bersaglio spiegando con chiarezza tutte le nefandezze della vicenda.

 

 

Punto molto interessante, Sandro. La contraddizione rispetto alla motivazione dichiarata (l'italianita') e' evidente ma puo' essere razionalizzata come segue -- coerentemente con la vera motivazione che tutti conosciamo.

Fino alla fine degli anni 90 l'Italia e' stato un esportatore netto di armi (cioe' ha esportato piu' armi di quante ne abbia importate), ma dal 2000 le importazioni iniziano a salire e in qualche anno a superare le esportazioni (che comunque restano elevate), come mostra il grafico qui sotto. Anche la scomposizione per paesi e' interessante: oggi importiamo soprattutto dalla Germania mentre pochi anni fa importavamo soprattutto dagli USA. La geopolitica cambia.

I dati provengono dall'interessante database del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) sul commercio di armi. La serie e' espressa in (milioni di) dollari del 1990 ma e' costruita in modo da rappresentare volumi e non valori di mercato (la nota metodologica contiene tutti i dettagli).

Il suggerimento che traggo e' che gia' da anni l'industria delle armi produce soprattutto per l'esportazione (anche il 70% del fatturato della Simmel Difesa e' costituito da esportazioni), e' aperta alla concorrenza dall'estero e non e' strategica da un punto di vista politico. So che la seconda parte di questa affermazione e' molto audace, ma la lascio li' appunto come suggerimento -- questi dati non bastano a dimostrarlo.

D'altra parte Alitalia e' virtualmente il monopolista delle rotte nazionali. Allo stesso modo le banche italiane (quelle la cui italianita' Antonio Fazio ha cercato di difendere fino a perderci il posto e la faccia) operano in un mercato concentrato che serve gli italiani, non gli stranieri. E questo e' importante per il potere: come si fa a convincere una banca straniera a finanziare il salvataggio di Alitalia anziche' finanziare -- che so io -- lo sviluppo delle low-cost?

Insomma: le cose che produciamo soprattutto per noi e al riparo della concorrenza dobbiamo continuare a produrle noi. Ma se qualcosa la produciamo anche per gli stranieri e su mercati piu' concorrenziali, se ci conviene gli vendiamo pure la fabbrica (tanto se mai andassimo in guerra con l'Inghilterra la Simmel Difesa sarebbe la prima cosa a essere nazionalizzata; ma mica possiamo nazionalizzare l'Alitalia francese se eliminano la rotta Albenga-Roma...)

 

 

 

Il suggerimento che traggo e' che gia' da anni l'industria delle armi produce soprattutto per l'esportazione (anche il 70% del fatturato della Simmel Difesa e' costituito da esportazioni), e' aperta alla concorrenza dall'estero e non e' strategica da un punto di vista politico. So che la seconda parte di questa affermazione e' molto audace, ma la

lascio li' appunto come suggerimento -- questi dati non bastano a

dimostrarlo.

 

Come no, mi pare tautologico: che bisogno c'e' di far comunella con i proprietari di industrie che le mazzette le pagano ai politici stranieri? ;-)

 

Non solo, come dice Fausto, nessun economista si è prestato a copertura dell'operazione ma qualche voce di buon senso si è levata. Sul Corriere di ieri è apparso questo articolo di Salvatore Bragantini che mi pare colga abbastanza nel segno. Su La Stampa, oltre al nostro editoriale, è apparso questo intervento di Stefano Passigli. Oggi, sul Sole 24 è apparso questo articolo di Gianni Dragoni. Quindi, cheer up. You'll never walk alone.

Ovviamente, tutto questo può servire, con qualche fortuna, a influenzare un pochino le elites, rendendole meno timorose del nuovo strapotere peronista. Non avrà invece alcuna influenza sull'opinione pubblica, che è formata soprattutto dalla televisione. Non ho informazioni dirette su come i telegiornali stanno trattando la faccenda ma, visto il diretto controllo governativo, è facile immaginare che stiano disinformando al massimo.

 

Caro Sandro, come ti permetti di dubitare sulla corretta informazione dei TG italiani ? Stanno informando correttamente e benissimo, vediamo, dai TG ho capito che si è evitata la svendita di Alitalia ai francesi, che il governo ha evitato il fallimento grazie a una cordata di imprenditori, che l'unico problema sul tappeto sono i 2.750 esuberi. Nient'altro, facile, semplice e diretto, niente cifre (gli italiani sono notoriamente scemi e con i numeri ci azzeccano poco), niente comparazioni fra l'offerta CAI(no) e Air France, gli "esuberi" sono persone esuberanti e liete.Quindi tutto corretto.

Ho letto un commento su Lavoce.info illuminante:

"Il governo ha evitato la crisi di una grande compagnia aerea. Air France"

 

 

Fantastica questa citazione:

 

Ms. de Palacio said the decision would be of major significance to the

future of air transport in the European Union because it would ensure

full competition among airlines that operate out of small regional

airports.

 

In altre parole si punta alla massima concorrenza tra compagnie di bandiera, senza che le low cost si mettano in mezzo, e lo si scrive pure.

IMO se si può fare una critica a Ryan air è la trasparenza dei prezzi: tasse aeroportuali ed addizionali varie spesso sono più alte del prezzo base.Credo che con quelle gli aereoporti abbiano buone possibilità di rifarsi delle agevolazioni concesse.

OOPS: ho sbagliato a postare, mi riferivo alla vicenda Ryan air/Charleroi

 

 

Spero di trovare il tempo durante il week end per scrivere sulla vicenda di F&F, perché son certo che i giornali italiani (specialmente quelli dove scrivono i signori che conoscono i mercati "concreti" e non quelli "teorici" come me, che vivo lontano, non so nulla e sono solo invidioso di non essere ministro della PA o della PS o della PP, o similia) si riempiranno di saggi editoriali che spiegheranno due cose.

(1) Che la nazionalizzazione/salvataggio di F&F è completamente analoga (solo 100 volte più grossa in dimensioni) di quella di Alitalia;

(2) Che questa è l'ulteriore prova che così fan tutti, anche i "liberisti" USA, e che quindi dobbiamo fare  così anche noi perché così va il gioco e se non si gioca secondo le regole si perde.

Poiché sia (1) che (2) sono da un lato false e dall'altro irrilevanti (oltre che essere il classico caso dell'idiota che quando il dito indica la luna lui guarda il dito) varrà la pena fare un po' di controinformazione preventiva delle balle di regime.

 

 

 

Utilizzando l'analogia con la vicenda Fannie e Freddie, i nostri Bonnie e Clyde (all'italiana) non mancheranno di scatenare la drum machine sulla "liceità" liberale della vicenda alitalia ecco la home page del corriere:

http://www.corriere.it/economia/08_settembre_07/freddie_mac_3b4666ec-7cf7-11dd-ba5e-00144f02aabc.shtml

Scrivete subito qualcosa che ci faccia capire perchè, se lo sono, le due vicende sono distinte. grazie

 

http://www.corriere.it/politica/08_settembre_05/parisi_attacco_pd_fd867938-7b6a-11dd-9625-00144f02aabc.shtml

 

Parisi si scaglia contro il governo ombra e Colaninno. Per amor di verità e di logica, ne son certo.

 

L'unica cosa positiva della vicenda Alitalia e' il rifiuto (almeno cosi' sembra dalle ultime dichiarazioni) all'entrata della regione Lazio e della provincia di Milano nel capitale di Alitalia. Ci mancava solo piu' questa per completare il capolavoro.

La cosa che mi incuriosisce ora e' scoprire come i prodi imprenditori pensano di riportare la societa' in attivo. Da quel poco che sapevo, i costi di Alitalia erano spropositati cosi' come il suo personale. Come possono 3000 esuberi risolvere il problema? Quanti aerei della vecchia flotta saranno riutilizzati dalla nuova compagnia? Qualcuno poi mi sa indicare le 16 rotte intercontinentali che la nuova Alitalia effettuera'?

 

Concordo completamente. Ma come c"$%zo ragionano questi qua del PD? Su questa questione di Alitalia stanno quasi riuscendo a fare una figura peggiore del governo, un'impresa assolutamente titanica. C'è una cacofonia assoluta. Stefano Passigli, che è intervenuto su La Stampa dicendo cose sensate, è un ex parlamentare PD. Poi invece ci arrivano Marrazzo e Penati che fanno la critichina di facciata all'operazione, giusto perché fatta da un governo di centrodestra, ma poi dimostrano di non aver capito nulla di perché l'operazione va criticata facendo proposte allucinanti di rinazionalizzazione strisciante. E in tutto questo i quartieri generali farfugliano o fanno battute penose come quella sulla compagnia di bandierina, dimostrando una volta di più di non aver capito nulla dei pericoli dell'operazione. O, più esattamente, di non voler capire, visto che Colaninno jr i dettagli di questa grandissima presa per i fondelli li conosce sicuramente.

Ci sono invece pochi dubbi su come riportare la società in attivo. Primo, non c'è nessuna società da riportare in attivo. ALITALIA È FALLITA, anche se i giornali e le televisioni si ostinano a parlare di salvataggio. La nuova società dei novelli Pietro Micca si beccherà la polpa buona del cadavere, ossia le rotte interne opportunamente rimonopolizzate per la bisogna. Anche il passaggio di personale dovrà essere oggetto di trattative. I dipendenti Alitalia non hanno automaticamente diritto al passaggio a CAI alle vecchie condizioni.